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Autore: Sexy_Shit    18/03/2014    0 recensioni
I bambini non dovrebbero mai andare a dormire; si svegliano più vecchi di un giorno e, senza che uno se ne accorga, sono cresciuti.
E ora siamo nel pieno della vita, ce lo dicono tutti.
Se cadi nella merda o affoghi, o ti rialzi.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Musica ad alto volume, chiasso e una miriade di adolescenti in preda a crisi ormonali di terzo grado: tutto ciò che Penelope Farrel odiava. Si sentiva sempre dannatamente a disagio con i suoi jeans in mezzo a quella miriade di gonnelline semitrasparenti. Per non parlare del suo piccolo seno, che teneva quasi sempre nascosto sotto felpe e maglioni esageratamente grandi. Si sentiva ancora più piatta in mezzo a tutte quelle tette siliconate e imbottite. Si guardò velocemente intorno per capire se c'era qualcuno che conoscesse, ma non riconobbe nessuno. E non si accorse affatto che lo sguardo di un ragazzo in particolare la stava trapassando da parte a parte. La sua postura scorretta, la sua camminata leggera, il suo sedere perfetto: tutto in quella ragazza eccitava Zayn Malik.

- che guardi? - gli chiese Niall, bevendo un sorso dell'ennesima birra.

- devo andare al bagno. - disse il moro alzandosi – credo che ci metterò un po'. -

Il biondo rise, forse più per l'effetto dell'alcol che per quello che aveva detto il ragazzo.

Penelope non era mai stata una grande osservatrice. Era molto sbadata, sempre tra le nuvole. Non si curava mai delle occhiate che le lanciavano i ragazzi quando passava. Non le importava. Si avvicinò al tavolo degli alcolici e riempì un bicchiere con della vodka alla liquirizia. Le piacevano le bevande dai colori scuri. Dentro a quel bicchiere sembrava un piccolo buco nero. Lo bevve tutto d'un sorso. Voleva ubriacarsi presto, così la serata sarebbe passata veloce e allegramente. Non sapeva nemmeno di chi fosse quella casa. Non capiva perché la gente organizzasse delle feste durante l'anno senza motivazione. Insomma, chi vorrebbe farsi distruggere casa gratuitamente?

- ti piace quella roba, eh? - chiese Zayn, atteggiandosi.

La mora si voltò, rendendosi conto di aver già scolato tre bicchieri di vodka.

- io...è buona. - disse cercando di non sembrare troppo disponibile a conversare con lui.

- a me piace di più quella alla pesca. È più dolce. -

Svitò il tappo della bottiglia e gliene riempì il bicchiere. Lei annusò il contenuto e lo guardò. Sapeva cosa voleva fare, ma non le importava. Voleva bere fino a non ricordarsi più nemmeno il suo nome. Portò il bicchiere alle labbra e buttò giù il liquido tutto d'un fiato. Zayn sgranò gli occhi.

- ehi, vacci piano! Non sarà come la vodka pura, ma non è acqua! -

- già. È meglio. -

Se ne versò un altro bicchiere e lo bevve tutto d'un fiato.

- come hai detto che ti chiami? -

- Penelope, ma per te solo Penny! - disse lei scoppiando a ridere.

Portò le mani alla bocca, rendendosi conto che, forse, non avrebbe dovuto dargli tutta quella confidenza ma, all'improvviso, sentiva uno strano bisogno di parlare.

Il ragazzo sorrise, sapendo di avere la strada libera.

- questa musica fa cagare. - disse la mora guardandosi intorno – ma ballerò lo stesso. -

Cosa insolita, dato che Penelope detestava ballare. Si tuffò tra la folla, iniziando a muoversi. Il moro la osservava sempre più convinto che quella serata non sarebbe potuta andare meglio. Le si avvicinò e iniziò a ballare con lei. Poggiò le mani sui suoi fianchi e appoggiò il petto sulla sua schiena. La mora si muoveva sfrenata, quasi non accorgendosi che lui le fosse appiccicato. Finalmente si voltò, conficcando il suo sguardo in quello del moro. Quegli occhi avevano qualcosa di magnetico, qualcosa che conquistava tutti quelli che la guardavano. Era lo sguardo intrigante di una bambina innocente, qualcosa di puro e sfrontato al tempo stesso. Qualcosa di estremamente eccitane per Zayn. Risvegliava il suo istinto animale. Afferrò la ragazza per i fianchi e l'avvicinò a se, per poi baciarla, senza che lei potesse fare nulla per fermarlo.

- ti va di ballare al piano di sopra, bella? -

- cosa? - chiese Penelope, non avendo una singola parola in mezzo a tutto quel baccano, ma lui non rispose alla sua domanda.

La prese per un polso e la trascinò al piano superiore. La ragazza non fece storie, forse perché quasi non riusciva a reggersi in piedi o forse perché un po' la cosa la intrigava.

- non preoccuparti, il padrone di casa è un mio amico. -

Aprì una porta, l'unica con un cartello: “scopate a casa vostra luridi pervertiti” c'era scritto, ma a Zayn non sembrò importare molto. La camera era grande e il blu era il colore prevalente: armadio blu, letto a due piazze con lenzuola blu, tende blu e un'enorme tappeto che copriva quasi tutto il pavimento, anch'esso blu. La luce pallida della luna filtrava dalla finestra lasciata aperta, illuminando la sagoma della ragazza. Sotto quella luce sembrava ancora più pura di prima, pensò Zayn. Si sentiva quasi in colpa a pensare a quello che stava per fare. Anche se, poteva scommetterlo su sua madre, quella ragazza non era più vergine da un pezzo, si era auto convinto che doveva esserlo per forza. Così pallida, così esile. I capelli neri le contornavano il viso scendendo lungo le spalle. Non aveva mai visto capelli così lucenti. Chiuse gli occhi e liberò la mente, cercando di dare ascolto soltanto al suo corpo. Quando li riaprì lei era sdraiata sul letto e aveva le mani in bocca. Il ragazzo rise, andando a sedersi accanto a lei.

- che diavolo fai? - le chiese, allontanandole le mani dalla bocca.

- non mi sento più la lingua. - biascicò.

Penelope era abituata a bere, ma quella sera aveva davvero esagerato: due bicchieri di vodka pura – e i bicchieri di Penelope erano boccali di birra – prima di partire e mezza bottiglia di vodka alla liquirizia lì alla festa. La stanza vorticava, le stelle fosforescenti appese al soffitto le sembrava che potessero schiantarlesi addosso da un momento all'altro. Era davvero presa così male?

Vide il moro allungare una mano e sfiorarle le labbra con la punta dell'indice. Un gesto delicato, che non si aspettava. Lei spalancò la bocca e lo guardò, come un pesce lesso. Il ragazzo rise.

- con una bocca del genere devi fare dei pompini davvero eccezionali. -

Lei lo fissò per qualche istante e scoppiò a ridere. Sapeva che la stava offendendo, ma non poteva smettere di ridere.

- e tu non hai idea di che seghe faccio con i miei bei piedini! - rispose a tono, tra le risate.

Zayn non se l'era aspettata così: pensava che fosse seria e sbrigativa. Ma forse era solamente ubriaca.

Basta aspettare.

- allora voglio proprio provare. -

Rotolò su di lei, facendole divaricare le gambe. Puntellò i gomiti sul materasso per non pesarle. Le scostò una ciocca di capelli dal viso e la baciò dolcemente, come se fosse fatta di vetro e potesse rompersi con un soffio. Si liberò prima della sua maglietta e poi anche di quella di lei. Penelope non riusciva più a ragionare, il cervello inebriato, il corpo intorpidito, il viso accaldato. Sentiva l'eccitazione crescere in lei. Nonostante tutto fosse favorevole, la sua coscienza continuava a urlarle che tutto ciò era dannatamente sbagliato. Infilò le mani dentro i suoi pantaloni, abbassandoli. Zayn sorrise e premette il bacino contro quello di lei, facendole sentire la sua eccitazione. Penelope superò anche la barriera dei boxer e poso le sue mani affusolate sul sedere di Zayn, stringendolo leggermente. Wow, aveva davvero un bel sedere. Il ragazzo le mordicchiò il lobo dell'orecchio sinistro – l'altro era stato sfondato da un dilatatore da un centimetro e mezzo – scendendo poi con dei baci fino ai suoi piccoli seni. Sganciò il reggiseno e lo gettò a terra. Si tolse jeans e boxer, e abbassò i suoi, senza il minimo di delicatezza. Ma prima di arrivare alle mutandine si fermò, sentendosi in colpa; c'era qualcosa in lei, nel suo sguardo che gli diceva che non era giusto. Non meritava il trattamento di tutte le altre ragazze, non era sesso selvaggio. Forse, per una sera, avrebbe potuto fare qualcosa di più che del semplice sesso. Le solleticò l'intimità da sopra gli slip neri con l'indice e il medio, indeciso. Penelope ridacchiò.

- allora, Penny...non sei vergine, vero? -

- come fai a sapere il mio nome? - gli chiese quasi sconvolta, alzando il capo.

- me lo hai detto tu poco fa... -

Si sdraiò di nuovo – ah già. -

Sollevò i lembi sull'inguine con i pollici, scoprendo appena la peluria pubica.

- e tu come ti chiameresti, bell'imbusto. - chiese in un modo che sembrava più un'affermazione che una domanda.

- Z...Zac. - disse il moro guardando il soffitto.

- oh, ma io ti conosco! - esclamò la mora puntando le braccia verso il soffitto – tu sei Malik! Quello che è stato bocciato perché aveva una tresca con quella di Inglese, giusto? -

- non avevo una tresca – rispose tra i denti, lo aveva fregato – era molto giovane e attraente e...ci simo solo baciati. -

Penelope scoppiò ancora a ridere.

- certo, come no. Tanto che il preside l'ha licenziata. E tu sei stato segato. -

- tutti abbiamo fatto qualcosa di sbagliato nella vita, ma poi si ripara. O no, Miss Santarellina? -

La ragazza lo guardò un istante negli occhi prima di tirarlo a se e baciarlo, come se avesse pensato a qualcosa che anche lei aveva sbagliato nella vita. I suoi capelli erano impregnati della puzza di fumo stagnante, mischiato a quello fresco del gel. Le poggiò una mano sul fianco e l'accarezzò scendendo lentamente fino agli slip, che tolse con un unico gesto. Come aveva già detto, voleva essere più delicato con lei. In una frazione di secondo si alzò dal letto per rovistare nelle tasche dei jeans. Si voltò verso la finestra e si infilò il preservativo, anche se Penelope non riuscì a capire cosa stava facendo. Tornò su di lei, lasciandole un bacio proprio sulla sua intimità. Sentiva il calore emanato dal suo corpo e l'odore dell'eccitazione. Tornò all'altezza del suo viso. Puntellò di nuovo i gomiti sul materasso e si posizionò, entrando in lei. Non era stretta come si era aspettato, forse non era vergine. Pericolo scampato. Cominciò a muovere il bacino su e giù, incitato dai gemiti di lei. Il senso di colpa svaniva sempre di più ad ogni movimento. I suoi capelli scuri erano sparsi sul cuscino bianco, risaltando nel buio. Sembravano dei tentacoli. Dopo venti minuti circa Penelope venne travolta dall'orgasmo, urlando così forte che anche qualcuno al piano di sotto riuscì a sentirla. Zayn non era ancora venuto ma uscì da lei senza continuare; ansimava accaldata e aveva l'aria distrutta. Non voleva farla affaticare ancora di più. Diavolo, ma che cosa gli stava prendendo? Non si riconosceva più. Da quando gli importava di una sconosciuta? Anche se, a dire la verità lui la conosceva, tutti la conoscevano: lei era la stronza di quinta E. non aveva amici, non voleva amici. Se ne stava per i fatti suoi e non dava fastidio a nessuno; ma nessuno doveva dare fastidio a lei, altrimenti avrebbe finito di vivere. Jhonatan Brown aveva cambiato scuola a causa sua e Marta Jones era stata espulsa per azioni che non aveva mai compiuto. Ovviamente era stata Penelope a far credere a tutte che invece le avesse fatte. Zayn avrebbe dovuto temere le conseguenze che avrebbe prodotto quella notte ma ora sembrava così innocente. Le sue piccole labbra a cuore erano schiuse, il naso alla francese leggermente arricciato, gli occhi chiusi e lunghe ciglia nere accarezzavano le gote arrossate. In quel momento Zayn si rese conto che non era carina; era davvero bella. Gli venne una voglia insana di darle un bacio sulla fronte. E fu proprio quello che fece. Confuso, si alzò in piedi: è solo una ragazza, continuava a ripetersi. Si passò una mano tra i capelli e abbassò lo sguardo, notando il lavoro non finito. Portò le mani ai fianchi, sospirando, continuando a guardare il suo membro ancora duro. Si voltò a guardare la ragazza che dormiva beatamente e poi guardò la porta del bagno, sconsolato. Raccolse i suoi vestiti e si chiuse dentro. Dieci minuti dopo stava già scendendo le scale, dopo aver abbandonato Penelope sul letto, da sola. Ormai non era più un suo problema. Passò a fatica fra la gente calcata nella stanza e uscì dalla casa. Si strinse nella giacca di pelle e percorse il vialetto, incamminandosi verso casa.

 

 

- ehi Bionda. - disse Harry con la voce più sensuale che potesse avere – come mai da queste parti? -

I ricci castani erano appiccicati alla fronte sudaticcia e stava facendo una sauna dentro quella giacca. Ma era la sua preferita, non avrebbe mai potuto andarsene senza. Melanie si voltò esitante, sapendo già di chi si trattasse e di che intenzioni avesse.

- Bionda – disse con disprezzo – lo dici alle tue amichette, capito Styles? E, in ogni caso, non sono affari tuoi del perché sono qui, anche se mi sembra ovvio. -

- non essere acida...piuttosto, hai già preso da bere? - chiese atteggiandosi.

A Melanie scappò un sorriso. Non era mai riuscita a resistere a quel suo atteggiamento da spaccone. Era ormai così abituato ad avere successo con le ragazze che non si rendeva nemmeno più conto di quanto fosse scadente la sua tattica di seduzione, ma forse lui credeva di risultare davvero sexy. Per meglio dire, quella tecnica funzionava con tutte, ma non con lei. Voleva di più.

- oh, avanti Harry. È tutto qui quello che sai fare? - chiese con un tono di superiorità.

- se è davvero solo questo che fai per rimorchiare, ti scegli proprio delle morte di cazzo. -

Harry la guardò interessato; sopracciglio alzato, mezzo sorriso di sfida e sguardo che riuscirebbe a stendere chiunque, lui compreso. Il riccio si inumidì le labbra secche e si scompigliò i capelli.

- io sono un libero professionista, signorina Payne. -

- dimostramelo. -

Detto questo, si voltò e si mischiò tra la folla. Indossava un abito blu elettrico. Come avevamo già accennato, il blu eccitava Harry da impazzire. L'unica cosa che lo eccitava ancora di più era Melanie Payne vestita di blu. Era un tubino aderentissimo, che non arrivava nemmeno a metà coscia. I capelli sciolti arrivavano appena alle spalle e il ciuffo ribelle le andava negli occhi. Harry la seguì, facendo a gomitate con le persone per riuscire a starle dietro. Quando la ritrovò era appoggiata ad una scrivania in legno di quercia, e stava sorseggiando da un bicchiere di carta rosso fuoco. Si guardava intorno come se stesse aspettando che qualcuno venisse a salvarla. Sapeva cosa stava facendo: gli stava dando una seconda occasione per dimostrargli le sue potenzialità. Si scompigliò i ricci e si sistemò il ciuffo. Poi le si avvicinò con passo deciso e un sorriso malandrino stampato in faccia.

- sei sola? -

- già. -

- problemi di cuore? Ubriacarsi non è la soluzione giusta sai. -

Lei sorrise – niente problemi di cuore. -

- fammi indovinare: stai cercando uno per spassartela, poi ti innamorerai di lui, ma lui ti farà soffrire e alla fine ti ritroverai ad una festa come questa e sarà proprio per problemi di cuore. Un classico. -

Melanie ridacchiò: sapeva che aveva talento in questo campo.

- ma se rovini il finale non è divertente. -

- tanto finiscono tutte così. Ma le ragazze sono egoiste, non pensano mai che non sono le uniche a soffrire. Anche noi ragazzi ci stiamo male, la maggior parte delle volte. -

- sei mai stato scaricato? -

- ...no, ma... -

- e allora stai solo dando aria alla bocca. -

Poggiò una mano sulla scrivania e accavallò una gamba sull'altra.

- nemmeno tu hai l'aria di una che si fa spezzare il cuore facilmente. -

- semplicemente, non mi faccio fregare. Io i ragazzi me li so scegliere. Non vado con il primo che capita. -

- oh, questo sarebbe un complimento? - chiese Harry d'istinto, dimenticando di stare interpretando la parte di uno sconosciuto.

- forse. - disse lei, prendendo un altro sorso dal suo bicchiere.

“missione compiuta” pensò Harry, sorridendo furbo.

- sai di chi sia questa casa? - chiese lui, tornando a calarsi nella parte.

- si, è un amico di mio fratello... -

- allora, sai dov'è il bagno? Questa casa è enorme, non vorrei perdere tempo a cercarlo. -

- seguimi. - disse lei con sguardo magnetico.

Gli afferrò il polso e lo guidò su per le scale. Aprì la porta del bagno e si appiattì contro le mattonelle lisce della parete, sovrastata da lui che le stava già baciando il collo.

- prova superata. - disse tra gli ansimi e infilò le mani nei suoi pantaloni, abbassandosi all'altezza della cintura.

 

* * *

 

Aprì lentamente gli occhi. Un forte fascio di luce la colpiva dritta in faccia. Si coprì il volto con un braccio e si voltò dall'altro lato. Le lenzuola avevano uno strano odore e non ricordava che il suo letto fosse mai stato così grande. Dopo che i suoi occhi si furono abituati alla luce si sedette, osservando la stanza: scrivania di legno di faggio, moquette verde chiaro, una chitarra appesa alla parete opposta. Un poster dei Foo Fighters era appeso sull'anta dell'armadio davanti a lei, accanto ad alcune foto di ragazzi che non riusciva a distinguere. Abbassò lo sguardo e vide che era completamente nuda. Si coprì il decoltè con il piumone blu notte, rabbrividendo a causa della corrente fredda che entrava dalla finestra, lasciata aperta. All'improvviso la porta della camera si spalancò facendole gelare il sangue nelle vene. Un ragazzo biondo entrò saltando e canticchiando una canzone, suonando una chitarra invisibile. Quando la vide si fermò e la osservò, prima di sorridere sornione.

- buon giorno. -

Penelope spalancò gli occhi e si coprì ancora di più.

- sono contento di vedere che la gente se ne frega delle mie regole. -

- scusa io...penso di aver bevuto parecchio...io non... -

- sta tranquilla, è tutto ok. - disse sorridente – fa pure con calma. -

Fece un cenno con la mano e uscì da dov'era entrato. Sentiva il sangue caldo che le scorreva velocemente sotto la pelle. Perché cazzo Zayn l'aveva lasciata lì? Quel biondo doveva essere un suo amico.

- lo stronzo di Zayn deve averci dato dentro ieri sera. C'è una moretta niente male di sopra. -

Niall aprì l'anta del frigorifero e cominciò a rovistarvi dentro.

- ma avevi detto di non scopare in camera tua... -

- infatti c'è un cartello a caratteri cubitali attaccato sulla porta, ma evidentemente Malik se ne sbatte il cazzo delle regole, perché lui è trasgressivo. - disse sbattendo l'anta con rabbia, le braccia piene di cibo.

- domani se lo vedi digli che Niall è molto, e sottolinea molto, incazzato con lui e che le scuse non servono a un cazzo tanto lo so che è stato lui. -

- signor sì, Capitano! - disse Harry, mettendosi sull'attenti.

Penelope fece capolino in cucina.

- ehm... - si annunciò così che i ragazzi si accorgessero della sua presenza – scusa ancora, ho visto ora il cartello... -

- tutto apposto, non muore nessuno. - disse il biondo sorridente.

Anche Penelope si sforzò di sorridere.

- allora io vado. Grazie per non avermi mandata via a calci in culo, io l'avrei fatto. -

- non sono il tipo che se la prende con le belle ragazze. -

Penelope fece un sorriso tirato e lo risalutò con un cenno della mano.

- ci vediamo a scuola Farrel! - gridò Harry dalla cucina prima che potesse uscire.

- speriamo di no Styles! - urlò lei di rimando facendo ridere entrambi i ragazzi.

Si strinse nel cappotto e cacciò fuori dalla tasca le sue sigarette. Ne sfilò una e l'accese. Faceva freddo, per essere quasi mezzogiorno. Si incamminò fino alla fermata dell'autobus. Si sentiva dannatamente stupida; si era lasciata usare, senza alcuno sforzo. Si era ripromessa che non sarebbe più accaduto. Chiuse forte gli occhi cercando di restare a galla, ma fu tutto inutile.

ma quella non è in prima?” “sì, che troia” “io ho sentito che è stata con quello di filosofia” “io avevo sentito del supplente di ginnastica!” “probabilmente è stata con entrambi” “già, chissà di chi è il bambino”.

Lacrime calde di dolore scesero a rigarle le guance. Strinse i pugni dentro alle tasche della giacca; strinse così forte da conficcare le unghie nella carne dei palmi, ma non badava al dolore. Poteva sopportarlo, doveva. Pensava che l'unica cosa che si meritasse fosse il dolore. Soffrire le dava l'idea di scontare la sua pena, facendola sentire una persona un po' meno orribile. E ogni volta che ripensava a lui e alla serata precedente si mordeva la lingua così forte da perdere sangue. Entrò in casa e si tolse la giacca, appendendola sull'attaccapanni in entrata; abbandonò le scarpe di fianco al porta ombrelli.

- ma ti sembra il modo... - mugugnò Jenna, seduta sul divano con un pacchetto di patatine da aperitivo.

Guardava uno di quei reality finti, dove partecipano soltanto persone idiote senza un briciolo di cervello. Pennelope li odiava.

- non rompere cicciona. -

- cicciona sei tu, lurida. - rispose a tono.

- con tutte le schifezze che mangi diventerai una palla di lardo. -

- non ho un chilo di troppo addosso. -

La mora le si avvicinò con un sorriso malvagio sulle labbra.

- ora sei bella e carina ma, tra vent'anni vedrai, quando la pelle ti si affloscerà, – disse tirandole le guance – la pancetta crescerà, e il tuo culo e le tue cosce annegheranno nella cellulite. -

La ragazzina la spinse via, stringendo a se il sacchetto di cibo. La mora ridacchiò.

- vattene puttana bastarda. -

La ragazza tornò seria, offesa. La ragazzina sapeva perfettamente quali erano i suoi punti deboli.

- sei solo una stronzetta con la puzza sotto il naso. - disse tra i denti per poi salire le scale di corsa.

- Penny? Sei tu? - chiese la signora Farrel dal piano di sotto.

Lei non rispose. Chiuse la porta a chiave e si stese sul letto. Non aveva davvero voglia di affrontare il terzo grado della madre. La donna salì le scale e provò ad aprire la porta, trovandola però chiusa.

- Penny, apri la porta. - ordinò.

La ragazza fece finta di non aver udito; accese lo stereo a tutto volume, coprendo la voce della madre con le urla dei System of a Down.

- Penelope Beatrice Farrel, apri immediatamente questa porta! - urlò irata Clara.

Sospirò e rinunciò, sapendo che non avrebbe ceduto. Sapeva per certo che era successo qualcosa e Penelope doveva essere arrabbiata con se stessa. Venne attraversata da un brivido di paura; temeva che potesse ricadere nella depressione che da tre anni aveva superato. O quasi. Terribili ricordi le tornarono alla mente, facendola precipitare di nuovo alla porta. Bussò ancora e con voce singhiozzante la chiamò di nuovo.

- Penny per favore apri. -

Penelope spense la musica, ma non si alzò.

- va tutto bene mamma, sono solo stanca. - disse con tono scocciato, per farle capire che andava tutto bene.

La signora Farrel sospirò ancora e scese di nuovo in cucina.

- devi essere più gentile con tua sorella. - rimproverò la minore.

- è lei che fa la stronza. -

- non tirare in ballo quella cosa. Capito? - la rimproverò dura.

- sì, signor capitano... - rispose sbuffando.

Penelope si coprì con il piumone del letto fin sopra alla testa e si addormentò, cercando di non pensare all'immagine sfuocata di quel ragazzo dai capelli neri.

  
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