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Autore: Sundance    01/07/2008    6 recensioni
Quando si dice 'karma negativo'.
Sei lì che sogni un romantico e sensuale tete-à-tete con qualsivoglia bel figaccione hollywoodiano, e tua madre irrompe stile Annie Wilkes di Misery (Stephen King of course) in camera sbraitando in sanscrito o simili, finchè non ti desti completamente e t'accorgi che, in quel groviglio di frasi, una spicca per la quantità di volte (e decibel) in cui viene ripetuta:
"La cameraaaaaaaaa fa schifoooooo sistemaaaaaa!!!" punti esclamativi a gogò.
Ok. Occhiata alla sveglia, prima imprecazione della giornata.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota: è tutto rigorosamente vero. A parte l'incontro col protagonista (che non mi appartiene, good for him, e quindi non intendo insultarlo nè simili), ovviamente, la vostra Jools è riuscita a realizzare tutte queste belle vicende nel giro di forse un'ora e mezza, questo pomeriggio, nella bella e calda Pisa; ciò che inoltre viene descritto relativamente alla quieta giornatina in famiglia è altrettanto reale. Godetevi le mie disgrazie e ridete con me della sfiga che mi perseguita, e soprattutto della superba faccia tosta per non dir peggio che mi permette di trarne fuori una fanfic XD







Quando si dice 'karma negativo'.
Sei lì che sogni un romantico e sensuale tete-à-tete con qualsivoglia bel figaccione hollywoodiano, e tua madre irrompe stile Annie Wilkes di Misery (Stephen King of course) in camera sbraitando in sanscrito o simili, finchè non ti desti completamente e t'accorgi che, in quel groviglio di frasi, una spicca per la quantità di volte (e decibel) in cui viene ripetuta:
"La cameraaaaaaaaa fa schifoooooo sistemaaaaaa!!!" punti esclamativi a gogò.
Ok. Occhiata alla sveglia, prima imprecazione della giornata.
T'alzi, ti lavi, speri tra te e te che giunga presto l'inverno perchè 36 gradi alle otto non si reggono minimamente, e cominci ad adempiere ai tuoi obblighi.
Litighi tre o quattro volte con la genitrice, due con la sorella e cinque con la gatta che ha scambiato i tuoi piedi per spiedini di carne e ci si avventa appena li muovi, provocandoti fragorose cadute dalle scale in cui riesci a non spezzarti niente, e finalmente arriva il pranzo. Si mangia, perciò si spera che uno stia zitto.
Ovviamente, no.
"Ma gli esami, ma la laurea, ma i libri" e così via, al chè ingolli quel che avevi a gola e attacchi a tutto volume il juke-box mentale.
Sfortunatamente hai sbagliato canzone, e così scoppi a ridere ascoltandoti nella testa i GemBoy. Questo, naturalmente, provoca una serie di rimbrotti vari da parte degli adulti. Sospiri ed in qualche modo arrivi al pomeriggio.
Ti metti la gonna gitana color verde-grigio, un top nero sportivo, i sandali, prendi cd e chiavi e parti.
E così comincia il delirio.



Guido con serenità fino in città, nel lettore cd risuona allegramente "Buddha's Delight", io canticchio e scruto la strada alla ricerca di un parcheggio.
Eccolo là.
Sistemo la macchina, spengo tutto, chiudo, mi accosto alla portiera per evitare di finire investita da un camion, faccio tre passi e STRACHT.
Non è il sentirmi tirare che mi dà idea di cosa sia successo.
Non è neanche il chinare lo sguardo e vedere.
E' che l'onomatopea STRACHT in genere viene usata quando si squarcia qualcosa. Soprattutto un tessuto.
"Oh maremma cignala."
La mia gonna penzola dalla lamiera scoperta, omaggio di qualche imbecille che ci ha picchiato senza dirmelo mesi fa, strappata e misera. E ora che faccio?
Non posso tornare a casa, la benzina non si spreca. E comunque l'auto va a gas, ma lasciamo stare. Idea! Mia nonna abita nei paraggi, ci può dare qualche punto.
Speriamo.

Esco da casa di nonna allegra e soddisfatta, mi giro a salutarla mentre cammino sotto i loggioni e mi slogo una caviglia posando il piede su una pietra instabile.
Fuoriesce un "E accidenti!" dalle mie labbra, cosa che sconvolge i passanti, così doppiamente imbufalita comincio a chiacchierare tra me e me riflettendo sulla sfiga quando passa un bel ragazzo in auto che mi guarda più o meno così: O_O
Eccerto. E vabbè.
Taccio, estraggo le sigarette e con tutto diritto me ne accendo una. Tiro una boccata, abbasso la mano che regge la sigaretta, passa una macchina che mi fa volare la gonna e olè, spengo letteralmente la sigaretta sul mio povero capo d'abbigliamento.
Ringhio tirando fuori l'accendino, dopo aver constatato che non ci siano danni ulteriori alla stoffa, e lo accendo. La fiamma decide di prendere vita propria e si innalza stile stendardo, bruciandomi la pelle. A quel punto non trattengo il "Porco Giuda!"
Avverto una presenza demoniaca dietro di me e voltandomi vedo gli occhi spiritati di un prete che mi guarda malissimo. Mhm. Casualmente stavo passando davanti ad una chiesa.
"Signoriiiinaaaaa! Rispeeeettoooo!" mi sibila con voce sepolcrale.
Mi tappo il viso con le mani e corro via, stendendo tre persone dico tre, stile birilli. Poveri innocenti passanti.
Mi fermo e prendo fiato.
"Ok, basta, è il momento di cambiare pagina, da questo momento tutto mi deve andare bene."
Un pò di training autogeno, insomma.
Tiro fuori il pacchetto delle sigarette e mi accorgo che l'accendino è stato malamente conficcato al suo interno, troncando di netto l'ultima sigaretta rimasta.
Sì, avverto distintamente una lacrimuccia premere all'angolo dell'occhio destro.
Alzo un dito per asciugarla prima che decida di scendere e me lo conficco nell'orbita in seguito ad un'altra scivolata.
Comincio a deprimermi.



Venticinque minuti dopo.
Non so cosa sia stato peggio. Camminare in ogni singola viuzza alla ricerca di una copisteria che non fosse chiusa mi ha demoralizzata, certo, ma ammetto che anche l'incontro con l'ex-tipo-che-ci-provava mi ha colpita.
Sfiduciata, mi appoggio ad un muro per riprendermi e convincere le mie caviglie - specie quella malridotta - a tornare indietro, quando un piccione mi si fionda addosso sbattendomi le ali in piena faccia.
"Ma santissima Jane Austen, che cavolo! Buddha! Dio! Javè! Allah! Ce l'avete con me?" grido straziata al cielo, prima di inginocchiarmi sconfitta.
"Ehi, ti serve aiuto?" domanda una voce. Pretendo di essere fucilata prima di potermi voltare e trovo due occhi castani che mi guardano gentilmente.
Sbianco.
No. Non è vero. Mi volete proprio male.
"N-no. No, sto bene. Grazie. Davvero."
Se mai avessi voluto beccarti, non sarebbe certo stato con il viso sudato ed i capelli raccolti a sbuffi.
Ma lui mi osserva senza essere invadente, con fare interessato ma cortese. Sorrido simulando calma:
"E' che è una giornata un pò così, e quindi... niente, grazie, davver..."
Non finisco. Non faccio in tempo. Perchè nell'indietreggiare sbando e la caviglia sana perde l'equilibrio, facendomi quasi cadere.
Stonk.
No. Lo stonk no.
Abbasso lo sguardo e vedo il residuo di quello che una volta era il mio tacco mollemente adagiato sull'asfalto, come le vestigia di un soldato caduto.
A quel punto, scoppio.
Va bene la resistenza, ma qui si spara sulla crocerossa.
"No, no, no..." a intermittenza, perchè i singhiozzi non mi lasciano molto libera di parlare. Nè di tirare giù qualche accidenti, in effetti.
"Ehi, aspetta, non fare così. Vieni qui" fa lui, tendendomi le braccia perchè possa mantenermi salda, ed io me ne frego completamente di chi sia o di che cosa pensi lui e metà città - che per inciso sta li a guardarci - e scoppio a piangere come una fontana, affondando le dita nelle sue braccia. Che non mi lasciano.
Anzi, mi trattengono, aiutandomi a raggiungere una panchina poco distante, vicina ad un bar.
Tengo il viso chino perchè non ho più dignità per mostrarlo al sole.
Vedo i suoi piedi allontanarsi e nuovi singhiozzi mi soffocano. Ma certo. Povero cristo, chissà che ha pensato. Ma perchè, perchè tu, perchè ora? Non potevo trovarti l'altra sera al Temple Pub, dove ero perfettamente vestita e truccata ed in compagnia di un gruppo divertente? Non potevo incrociarti in un altro stato?
"Tieni."
Un bicchiere d'acqua mi si para davanti. Alzo lo sguardo e incontro il suo, preoccupato e dolce.
"E' fresca, fa bene con questo caldo."
Prendo il bicchiere con la mano destra appena tremante, tento un sorriso e bevo un sorso. Lui mi guarda sereno, un sorriso leggermente comprensivo. Chino lo sguardo e mi schiarisco la gola.
"Scusa. Non pensare troppo male di me, è che questa è la classica giornata in cui non dovresti alzarti dal letto per nessun motivo."
"Le conosco, queste giornate" lo sento sorridere divertito "Non devi certo scusarti. Piuttosto, come sta il piede? Ti sei fatta male?"
Torno rossa come un papavero.
"Un pò, ma all'altra caviglia, non a questa. Grazie di avermi presa, invece."
"Figurati."
Silenzio. Dio, quanto vorrei scomparire. Altre lacrime, più silenziose, si aggiungono alle precedenti. E toh, mi ricordo che essendo allergica al mascara water-proof, probabilmente sto colando quello e ombretto. E dannazione.
"Ehi, ehi. Ssshh. Non fare così" mi sussurra lui chinandosi, quasi in ginocchio, piegando le gambe per guardarmi in viso. Quanto è bello, con quest'aria tenera e preoccupata, indifesa. Sorrido appena e recupero un pò di dignità.
"Scusa. Sono un disastro."
"No che non lo sei. Capitano questi momenti. Una disgrazia dietro l'altra, senza darti il tempo di respirare. Succede."
Alza appena le spalle sorridendomi, ed io mi sento un pò meglio. Soprattutto quando allunga la mano a toccarmi la guancia, che va in fiamme.
"Ridici su. Le lacrime non si addicono a questa bella giornata, ti pare?" mi chiede indicando il sole. Annuisco, in trance completa. Lui mi sorride e mi offre la mano.
"Orlando."
Guardo lui, la sua mano e di nuovo lui. Cambio postazione al bicchiere - miracolo! Non l'ho fatto cadere! - e gli stringo la sua destra con la mia.
"Cassidy."
"Piacere di conoscerti" sorride lui, trattenendo la mia mano. Basta questa stretta a farmi credere che sia vero. Che sia davvero un piacere, chissà. Che lo abbia detto sinceramente. Forse, per la prima volta nella giornata, posso non sentirmi un completo fallimento.
"Sei venuta con la macchina o sei in metro?" chiede lui tranquillo.
"Macchina" affermo io.
"Riesci a raggiungerla? E' lontana?"
"Mhm... Un pò, in effetti."
E' dall'altra parte del globo, a dirla tutta. O almeno, con una caviglia dolorante, per me un metro ne vale quindici. Di chilometri.
"Ti accompagno io."
"Eh?"
Eh? "Eh" esprime bene tutto. Esprime il "Cosa scusa?" educato che volevo riferire a lui, e il "Ma sei scema a fare 'eh' come una troglodita?!" che volevo riferire a me.
Ma lui invece mi sorride tutto premuroso.
"Ti fa male la caviglia, se la tua macchina è lontana ti accompagno io. A meno che tu non abbia impegni, certo..." e arrossisce. Lui?!
Ma quale cretina potrebbe rinunciare a questo viso? Io le donne non le capisco.
"No, non ho impegni... però non voglio incomodarti."
"Non preoccuparti per questo. Ho la moto lì davanti."
Io. In moto con Orlando Bloom. Lo devo stringere, ho paura della velocità. E... gli devo mettere le mani sul torace...
Mi infiammo nell'andare avanti di una serie di fotogrammi non necessari in questo momento.
"No, no, davvero, sei gentile ma sto bene..." comincio, alzandomi. E ricadendo subito seduta con un uggiolio degno di un cane. Porca miseria che male la caviglia!
Orlando si china subito su di me e mi prende la caviglia tra le mani, muovendo appena le dita in un gentile massaggio. Ha il viso preoccupato e teso. Io invece sono sull'autostrada diretta al Paradiso.
"Spero che tu non te la sia infiammata" mormora in ansia. Poi alza lo sguardo incrociando il mio. Ed io mi perdo. C'è solo il silenzio, l'assenza di qualsiasi sensazione che non sia assoluta pace. Poi assume un'aria seria.
"Deciso. Ti accompagno io."
Si rialza e sorride tendendomi la mano.
"Non si discute."
Che cosa posso fare? Scorro rapidamente le altre soluzioni e mi sembrano tutte improbabili. E così...
"Ok, accetto."



Dieci intensi minuti dopo.
"Non so come ringraziarti, davvero."
"Non dirlo neppure. La tua caviglia sta meglio?"
La muovo piano, roteandola. Fa ancora un poco male ma è passato il peggio. Sono certa di poter guidare, almeno.
"Sì, sta meglio. Grazie, grazie di tutto, e scusa del tempo che ti ho fatto perdere."
"Stai scherzando? Se avessi avuto da fare, non te lo avrei proposto."
Sorridiamo.
E torno indietro di pochi minuti. Le mie dita sui suoi addominali, la pelle calda attraverso la maglia leggera, la sua voce serena che mi grida attraverso il casco:
"Reggiti pure più forte se hai paura!"
La mia voce emozionata che ribatteva:
"Ma non ti do fastidio?"
E di nuovo la sua risata:
"Tu? Leggera come sei? Semmai ho paura che voli via!"
Ed ho appoggiato la testa sulla tua schiena, ho sorriso nel vento e chiuso gli occhi per trattenerti con me per sempre, come se non fossimo mai scesi.

"Mettici del ghiaccio quando arrivi."
"Certo. Ancora mille grazie, Orlando."
"Di niente Cassidy. E mi raccomando..."
Lo guardo, in attesa, e mi sorride nella luce del sole sul fiume.
"Quando ti capitano giornate come questa, sorridi e sii serena lo stesso. Pensa che a tutto c'è rimedio."
Ha ragione. Ci rifletto seriamente. La gonna l'ho sistemata, non ho trovato i libri ma ho trovato lui, e la caviglia sta meglio perchè mi ha evitato una camminata estenuante. Sorrido.
"Hai ragione. Ho incontrato te in effetti."
Sorride chinando il capo e grattandosi la fronte, imbarazzato. Gli stringo un'ultima volta la mano tra le mie e sussurro:
"Grazie per tutto, e alla prossima. Spero di rivederti ancora."
Apro la portiera e mi infilo al posto di guida, ma prima che possa chiuderla lui la ferma con la mano. Mi volto a guardarlo e lui si china verso di me sfiorandomi le labbra con un bacio delicato quanto struggente. Non mi accorgo di avere gli occhi chiusi finchè non li apro e trovo i suoi, caldi, dolci, un accenno di malizia.
"Farò in modo che succeda."
Si rialza e accosta la portiera con sicurezza ma senza troppa forza, e torna alla sua moto. Completamente abbacinata e senza respiro, mi allaccio la cintura e lo guardo dallo specchietto. Si infila il caso, mette in moto, ed alza la mano in saluto. Anche se non è possibile, mi immagino e quasi riesco a scorgere il luccichio dolcissimo delle sue iridi. Passa accanto alla macchina e vedo il suo sorriso gentile ed amichevole.
Passano almeno cinque minuti perchè possa essere sicura di guidare senza perdere d'occhio la strada, completamente confusa come sono.
Quindi innesto la prima, tolgo il freno a mano, inserisco la freccia e, dopo aver controllato che nessuno stia arrivando, parto e torno a casa mia.
Chiedendomi se domani le copisterie siano o meno aperte di mattina.









Perchè bisogna ridere sempre e disperare mai.
Spero di avervi rallegrato un pò con la mia giornata XD
Ora se permettete vado ad impaccare di ghiaccio il piede <.<
Hugs and kisses,
Jo
  
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