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Autore: viv0diniall    19/03/2014    0 recensioni
'' Rimango immobile, davanti a lui come una statua. Lo sguardo fisso nel vuoto, l'espressione neutra ma con lacrime che silenziosamente, solcavano il mio volto. Deglutisco più, e più volte, senza che la voce esca fuori. Ma rimango costantemente ferma, nessuna particella del mio corpo ha intenzione di muoversi, il mio cuore si è fermato come il tempo, la vita intorno a me. Il mio sguardo sfocato sempre sulla tazza di thé affianco alla scatola di cereali, i suoi cereali. Tutto diventa sordo e confuso, persino i rumori della città si riducono a un ronzio di sottofondo. In quel momento, ci sono solo io, sola e frastornata. ''
Leggetela, datemi una possibilità e non vi deluderò, spero vi piaccia seriamente. xx
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E dicono che solo quando perdi una persona,
ti accorgi quanto questa sia importante per te.


Sono le 18e57 del 17 aprile 2009 quando mio padre torna a casa. Sono sdraiata sul divano a guardare la TV quando viene in sala e mi comunica la notizia. Mi alzo.  « È morta » sussurra con voce rotta dal pianto, il suo sguardo basso e gli occhi rossi e gonfi a causa del pianto. Rimango immobile, davanti a lui come una statua. Lo sguardo fisso nel vuoto, l'espressione neutra ma con lacrime che silenziosamente, solcano il mio volto. Deglutisco più, e più volte, senza che la voce esca fuori. Ma rimango costantemente ferma, nessuna particella del mio corpo ha intenzione di muoversi, il mio cuore si è fermato come il tempo, la vita intorno a me. Il mio sguardo sfocato sempre sulla tazza di thé affianco alla scatola di cereali, i suoi cereali. Tutto diventa sordo e confuso, persino i rumori della città si riducono a un ronzio di sottofondo. In quel momento, ci sono solo io, sola e frastornata.

Solo quando mio padre fa un passo verso di me, il mio corpo ricomincia il suo processo, le ginocchia deboli cedono, facendomi cadere sul freddo pavimento. Metto le mani davanti a me, sostenendomi solo con la forza delle braccia, per non cadere completamente al suolo. Lo sguardo offuscato dalle troppe lacrime, una dopo l'altra, scendono giù, senza fermarsi, lasciando un sapore salato sulle labbra, il sapore della tristezza misto a quello della consapevolezza. Consapevole che non avrei più risentito la sua voce, o rivisto il suo volto, a questo punto, mi rimangono solo i ricordi.

Come ha osato? Come ha potuto lasciarmi, lasciarmi sola con tutto questo inferno attorno a me? Non doveva, ha rovinato tutto. Ma sono stata io, è colpa mia se non ho detto parola a nessuno.

Aveva smesso di mangiare, era sempre stanca, non riusciva più a dormire ed era di cattivo umore. Lei non lo sa, ma avevo percepito il suo cambiamento. La luce che c'era sempre nel suo sguardo, di giorno in giorno, si affievoliva sempre di più, fino a scomparire. Vedevo le piccole curve che le si erano formate sotto l'occhio, senza più andarsene. Avevo notato il suo improvviso dimagrimento, era sempre stata una donna un po' in carne e non poteva, da un giorno all'altro, diventare uno scheletro. In bagno avevo visto i fazzoletti sporchi di sangue ancora fresco, avevo visto tutto ma facevo finta di non aver visto niente.

Il 4 febbraio 2009, alle 21e23 arrivò con urgenza l'ambulanza, mia madre non riusciva più muoversi, non ne aveva la forza, e poi cominciò a sputare sangue, usciva velocemente per poi non fermarsi più. Credetti che potesse soffocarsi con il suo stesso sangue, forse sarebbe stato meglio, avrebbe provato meno dolore. Ero nascosta dietro la porta, guardavo da un leggero spiraglio, lasciato inavvertitamente da mio padre, la scena atroce che mi si presentava davanti agli occhi. Non volevo vedere la mamma così, non doveva soffrire in quel modo, era una buona persona e non doveva morire, non in quel modo.

Le luci delle sirene risuonavano assordanti nel silenzio della sera, le luci rosse e blu nitide nel buio delle strade, illuminate solo da fari, alcuni mal funzionanti che andavano a intervalli irregolari.

Inizialmente doveva restare in ospedale per qualche giorno, i giorni divennero settimane e le settimane divennero due mesi. Fino ad oggi. Non feci nemmeno in tempo a dirle per l'ultima volta quanto le volessi bene, l'ultima parola che le dissi, fu 'ciao' come se sapessi che l'avrei rivista il giorno seguente, ma così non fu, evidentemente mi sbagliavo. Avrei voluto dirle quanto fosse importante per me, quanto la ringraziassi per avermi amata così tanto anche se per poco, ma non ci riuscii. Ho passato solo nove anni con la mia mamma, troppo pochi per una bambina, troppo pochi per chiunque. Se solo avessi potuto salvarla o almeno arrestare la sua sofferenza, l'avrei fatto.

Sono le 19e04 del 17 Aprile 2009, e qualcosa di sinistro, violento, irrequieto, sta nascendo dentro una timida ragazza.
 




#SPAZIO AUTRICE#
 
Okayy, spero che vi piaccia perché ci ho messo davvero parecchio impegno. È la prima volta che scrivo sia al presente che al passato, ho ricontrollato e spero che non abbia fatto gravi errori grammaticali. Ho cercato di utilizzare un linguaggio appropriato, quindi lasciate una recensione per farmi sapere cosa ve ne pare. xx

 

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