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Autore: httpjohnlock    20/03/2014    6 recensioni
“Ci sono persone con lo sguardo accattivante, quelle con lo sguardo dolce, quelle che danno l'impressione di stare sempre sulle nuvole, quelle con lo sguardo indifferente e... e poi ci sono quelle dallo sguardo infinito.”
 
* * *
 
“Non si fa toccare, Marco.
Non un bacio, non un abbraccio, non una carezza.
Parla poco, Marco.
Non mi dice più “Ti amo” né altre dolci o semplici parole ma comunica quasi solamente a gesti e a monosillabi.
Marco non è felice.
Si chiude in camera sua, a chiave, e inizia a singhiozzare. Lo sento tirare su col naso, fare delle piccole urla soffocate dai cuscini e piangere, piangere tanto.
Gli dico “Apri, te prego” ma lui non risponde.”
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II


 
- Tutti gli errori grammaticali nelle frasi dette da Michael non sono messi casualmente.
 
* * *

Da quella porta, a passo svelto, entra un uomo che avrà più o meno venticinque anni, molto magro e alto non meno di 190cm. Mi fisso a guardarlo dal basso verso l'alto: ha un viso molto tenero con un ammasso di ricci scuri sulla testa.
Si dirige verso un tavolo rotondo in fondo al negozio e si accomoda sulla sedia gialla.
«Marco, Marco, sei tra noi?» Ritorno sulla terra e trovo Riccardo che sventola una mano a pochi centimetri dal mio viso. Scuoto leggermente la testa come per far scivolare tutti i pensieri, «Oh, certo...».
Dopo qualche minuto, la mia mente non riesce a staccarsi da quell'essere così... perfetto al che mi pulisco le mani con uno straccio e ritorno da Riccardo, «Richard, non credi che forse quel ragazzo lì vorrebbe ordinare?» «Sì ma il cameriere è andato a fare una commissione dieci minuti fa, strano che non sia ancora tornato. Perché non vai tu?» «Ma chi? Ma cosa? Ma quando?» Riccardo inizia a ridere. «Daje Marcolì» dice con il suo accento ancora un po' romano dato che si è trasferito in Sicilia cinque anni fa. «E' da quando è entrato che lo guardi, chiedigli cosa vuole prendere, magari fate amicizia e...» continua lui con un po' di divertimento nel tono di voce. «Sì, sì, ho capito ma... no! Diamine, non riuscirò a muovere un solo piede, insomma, sono la persona più timida del mondo e lui sembra così... così...» dico con enfasi guardando il ragazzo riccio che è ancora seduto a smanettare con il suo iPhone bianco. «Così?» chiede Riccardo incitandomi a continuare. «Così... elegante!» esclamo facendo cenno con la testa per indicare i vestiti del ragazzo: indossa una camicia azzurrina un po' sbottonata ai primi bottoni, una giacca blu e dei pantaloni bianchi. «Elegante? Marcolì.. non è che te piace er ricciolino?» sussurra avvicinandosi al mio orecchio. Credo di stare arrossendo, anche perché lui si allontana e scoppia a ridere di gusto.
«Scusate!» Una voce delicata e dolce rimbomba nel negozio. Mi volto e mi accorgo che il riccio sta parlando proprio con noi. «Io ho ordinare!» esclama con uno strano ma simpatico accento. «Daje Marco, vai da lui» Riccardo quasi mi spinge in avanti ed io lo maledico mentalmente. «Vorrei un.. hum, caffè sporco!» esordisce l'uomo. Ridacchio. «Caffè macchiato, vorrai dire» lo correggo mettendo un braccio dietro al collo. Okay, sì, sono imbarazzato. «Oh God! Sì, quello, e anche un croissant» dice sorridente facendo spuntare due adorabili fossette ai lati della bocca. Ha un sorriso talmente bello che nella mia mente in questo momento ci sono solo delle scimmiette che saltellando da una parte all'altra suonano la batteria. «Ripieno o vuoto?» gli chiedo. Lui avvicina un po' la sua testa verso di me e riesco a sentire il suo profumo mischiato a quello della panetteria.
«Eh?» «Nel cornetto, ci volete qualcosa? Crema, nutella...»  «Ah, sorry! No, senza niente, grazie mile» risponde sempre sorridendo. Io annuisco, abbozzo un sorriso e vado a riferire l'ordine a Riccardo.

Mentre lui prepara il caffè macchiato io mi appoggio con i gomiti al bancone mentre Riccardo mi guarda sottecchi e ammicca un sorriso. «Che ridi, tu?» gli chiedo un po' irritato. «Niente, niente. Ecco qua» dice appoggiando un vassoio rosso con una tazzina di caffè e un cornetto fumante avvolto in un tovagliolo.
Pregando tutti i Santi del mondo che il vassoio non mi scivoli tra le mani, a passo leggero arrivo al tavolo del riccio. «Ecco» dico essendo più cordiale possibile. «Grazie!» esclama di rimando. Non faccio un passo che sento un tonfo. Mi volto e noto un iPhone a terra, così mi abbasso per prenderlo quando la mia testa si scontra con quella del ragazzo.
Sento le guance in fiamme. I suoi ricci hanno sfiorato il mio ciuffo, niente di che, ma è stato abbastanza forte da farmi venire la pelle d'oca sulle braccia. Ritiro la mano e lui afferra il suo cellulare. «Ahiò» dice massaggiandosi la testa ma continuando a sorridere. «Scusami! Ti sei fatto male?» chiedo ridendo dalla vergogna. «No, no, è ok, scusa tu!».

Torno da Riccardo che è di spalle dietro al bancone. Soltanto quando gli poggio una mano sulla spalla mi accorgo che sta ridendo come se non ci fosse un domani. «Non ridere delle disgrazie altrui!» esclamo. Lui si sventola con le mani e quasi si mantiene la pancia dal ridere. «Okay, okay, scusa ma era troppo divertente. Dovevi vedere la tua faccia!» Mentre chiacchieriamo il ragazzo si avvicina a noi. E' davvero altissimo.
Riccardo di colpo esce fuori dal negozio. Ma che gli prende?
«Quanti soldi è?» La voce del riccio mi fa tornare alla realtà. Solo quando alzo lo sguardo noto il colore dei suoi occhi: sono nocciola ma con pagliuzze verde scuro; dire che sono fantastici è poco. Fruga nel suo portafoglio in pelle e fa una faccia contrariata. «O Dio, ho solo soldi inglese!» dice sconsolato. «Oh, non importa!» «Vengo un altro giorno a darti i soldi»
Vengo un altro giorno. Merda, ritorna! Annuisco leggermente. «Allora ci vediamo!» esclama sorridendo. Io sorrido di rimando e lo saluto con la mano.
«Respira, inspira» dice Riccardo, rientrando nel negozio. «Ritorno al lavoro che è meglio».
Alle 13:30 la mia giornata lavorativa termina, così mi tolgo il grembiule ormai infarinato, lo infilo in un mobiletto, saluto Riccardo e mi dirigo verso casa.
Che giornata: il riccio, il cellulare, il
Vengo un altro giorno.
Mio padre è morto dieci anni fa mentre mia madre vive a Napoli, la città dove sono nato ma per fortuna mi ha dato il permesso di trasferirmi qui in Sicilia.
Un anno fa avevo un ragazzo, si chiamava Federico ma poi l'ho mollato. A diciotto anni, mi ero stancato di sentirmi dire da mia madre che non le portavo mai una ragazza a casa così ho convinto una mia amica a farmi da fidanzata per poi lasciarmi dopo un mese. Ha funzionato perché mia madre non ha più nominato l'argomento.
Pensandoci bene: sono ore che non smetto di pensare a quel ragazzo; chissà se ritornerà, non mi importa una polpetta dei soldi ma ho voglia di rivedere quell'accumulo di ricci mori e quel sorriso che ti stende.
Oddio, la devo smettere di pensare a lui. Quanto sono idiota solo Dio lo sa.
       
* * *
 
#spaceofthewriter
Ecco un'altro scoppiettante e tanto atteso (?) capitolo.
Mi son divertito a scriverlo e spero che vi abbia fatto scappare un sorriso.
E niente, ah, sì, devo specificare una cosa:
-
Alcuni di voi mi hanno chiesto se il Marco della storia è Mengoni, la risposta è no, anche se ammetto che mi sono ispirato un po' a lui.
Ringrazio infinitamente tutti quelli che hanno recensito il primo capitolo, siete stati in tantissimi,
non me lo aspettavo, quindi grazie mille. c:
E un grazie anche ai lettori silenziosi.
  
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