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Autore: Delilah Phoinix Blair    20/03/2014    25 recensioni
12 febbraio 2014
Il pianeta deve prepararsi ad una Terza Guerra Mondiale.
Tutti sanno che non è pronto, ma che è necessario.
Sarà una lotta per la libertà contro l'oppressione dell'uguaglianza ridotta ai minimi termini: il comunismo, così come lo conosciamo, non è una soluzione accettabile.
In questo fiume di sangue, un soldato e una ragazza troveranno il loro angolo di paradiso in Abruzzo per tenersi a galla l'un l'altra.
Dal testo:
"《Ti amo, piccola Dea.》 Dopo aver pronunciato quelle parole, accostò la fronte a quella di lei. La sua voce era una carezza.《Non con la consapevolezza che questa potrebbe essere l'ultima volta che i miei occhi incontreranno i tuoi. Non potrei amarti come meriti sapendo che la guerra potrebbe strapparmi a te in qualunque momento.》 Lo disse scandendo le parole lentamente, come a volerle imprimere sul cuore di entrambi. Fece una pausa accarezzando dolcemente quella pelle di porcellana con entrambe le mani ruvide e grandi. 《No, ti amo come se potessi davvero farlo per sempre.》
C'era qualcosa che stonava nelle lacrime amare che le piovvero dagli occhi, simili a frammenti del cielo in estate.
La loro estate."
Genere: Guerra, Introspettivo, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Grazie ad aithusa87, delusjone che hanno inserito la storia tra le seguite.
Grazie a Lott che ha inserito la storia tra le preferite.
Grazie ad AbigayleWood, Lott, delusjone che hanno recensito.
A proposito, alcune ragazze mi hanno chiesto di avvisarle privatamente ad ogni aggiornamento ed ho già scritto, rispondendo alle recensioni, che sono dispostissima a farlo, quindi basta chiedere, non siate timidi! :D





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It's nothing but some feelings.

 
 
6 Aprile 2014
 
 
Il sole bagnava con i suoi caldi raggi l'aria stranamente secca di quella mattina, districandosi a fatica dalle acque del mare per riuscire ad illuminare Pescara anche quel giorno.
Afrodite si perse quello spettacolo, ancora immersa nella calma del sonno, con i capelli biondi e liscissimi sparpagliati sul cuscino tra le lenzuola candide.
Quando si alzò dal letto il cielo aveva ormai raggiunto la stessa tonalità di celeste dei suoi occhi: era domenica e poteva permettersi di rimanere a poltrire fino a tardi.
Quel giorno si avviò in sala per la colazione quando erano ormai le 11.30 di mattina, costretta a quell'atto eroico dalla mole di studio che si ritrovava a dover affrontare.
Poi nel pomeriggio doveva vedersi con Paolo.
Si lasciò cadere di peso sulla sedia in cucina, iniziando a sbocconcellare un biscotto per trovare la forza di alzarsi e preparare il caffè.
《Buongiorno principessa!》 la salutò suo padre, accarezzandole teneramente il capo con una mano mentre le passava accanto diretto allo studio.
Si decise finalmente a dirigersi verso i fornelli, masticando una risposta.
《Che programmi hai per oggi?》 le chiese invece sua madre, sedendosi al tavolo per farle compagnia mentre mangiava, nonostante avesse fatto colazione ore prima probabilmente.
Afrodite si voltò verso di lei mentre aspettava che il caffè salisse, appoggiandosi al ripiano della cucina. 《Devo studiare per il compito di dopodomani su Virgilio. Oggi pomeriggio invece pensavo di vedermi con Paolo.》
Sua madre annuì sorridendo: adorava Paolo.
《Dov'è Marco?》 chiese Afrodite, scansandosi i capelli dal viso e guardandosi intorno come se si rendesse conto solo allora che la casa era più tranquilla del solito.
《E' andato a correre》 rispose sua madre, con espressione seria.
《Ovviamente》 commentò l'altra impassibile.
Poco dopo entrambe scoppiarono a ridere.
Era sempre stato divertente per loro vedere come Marco fosse ossessionato dal suo aspetto fisico.
Afrodite adorava la sua famiglia. Era una delle poche adolescenti della sua generazione a non avere problemi con i propri genitori.
Sua madre Silvana gestiva un fioraio vicino al conservatorio della città. Grazie alla sua passione la loro casa era sempre impregnata di un odore delicato ma caratteristico, dolcissimo. Era una donna leggermente pienotta, dalla quale Afrodite e suo fratello avevano ereditato i capelli biondi e lisci, ormai irriconoscibili nella madre a causa dell'età e quindi della tinta più scura.
Suo padre Ferdinando insegnava letteratura latina e greca nello stesso liceo che lei frequentava e ne era molto appassionato, tant'è che aveva dato alla figlia il nome della dea greca dell'amore e della bellezza, quasi a volerle augurare di trovare un giorno quell'amore divino che ti impedisce e ti permette di respirare, ed al suo primogenito quello dell'oratore migliore della storia di Roma, Marco Tullio Cicerone, come portafortuna per una carriera brillante.
Quest'ultimo, come se si fosse sentito chiamato in causa, entrò proprio in quel momento in cucina afferrando una bottiglia d'acqua piena per metà e scolandola tutta d'un fiato, per poi tergersi il sudore dalla fronte contro il pigiama di sua sorella, che nel frattempo si era voltata per versare il caffè.
《Buongiorno sorellina!》 la salutò poi, gettando la bottiglia ormai vuota nel cestino ed apprestandosi a monopolizzare il bagno.
《Marco che schifo!》 gli urlò dietro Afrodite pronta per il contrattacco, ma ormai suo fratello si era messo in salvo.
Lui e Paolo frequentavano la stessa classe, la 5 F, del liceo scientifico Galileo Galilei ed erano migliori amici, ma non esistevano sulla faccia della terra due persone più diverse tra loro.
Rassegnata a dover trovare un altro momento per la sua vendetta, Afrodite si avviò, caffè alla mano, in camera sua per iniziare a studiare.
La sua scrivania era situata sotto la finestra dato che adorava la vista di cui si poteva godere da lì: il mare.
Il condominio in cui alloggiava con la sua famiglia distava dal mare solo lo spazio di una strada. Affacciandosi un po' era in grado di sentire l'odore della salsedine trasportato dal vento che le sferzava il viso. La vista del placido Adriatico riusciva ad infonderle una calma ed una tranquillità che non riconosceva in nient'altro. Il lento andirivieni delle onde sul bagnasciuga avevano un ché di ipnotico e rassicurante.
Le piaceva rimanere seduta a quella scrivania ed immaginare le situazioni più disparate lasciandosi cullare dal suono della risacca.
Le risultava romantica anche l'idea di leggere l'Eneide, la storia di un viaggio per mare alla ricerca di un luogo da poter chiamare casa, sotto lo sguardo attento delle onde, quindi si mise al lavoro.
Prima ancora che la sua mente fosse in grado di entrare nell'ottica giusta, però, il suo cuore stava già divagando verso porti più dolci, dove le fumose sagome dei ricordi la attendevano sorridenti a braccia aperte.
Ricordava ancora perfettamente la prima volta che aveva visto Paolo: aveva dieci anni e suo fratello aveva portato a casa un amico conosciuto il primo giorno di scuola delle medie, si erano adorati fin da subito, in quella maniera litigiosa e fredda ma allo stesso tempo cameratesca che hanno i ragazzi. Paolo era entrato in casa loro con quel sorriso timido che conservava anche una volta diventato ormai maggiorenne e che le faceva sempre battere il cuore.
A quell'epoca ogni volta che Paolo andava a far visita a Marco, loro tre si ritrovavano insieme a guardare film o giocare in spiaggia tra le giostre di quei pochi stabilimenti che non le mettevano via per l'inverno. D'estate poi diventavano inseparabili: tutto il giorno in acqua a fare la lotta di sabbia oppure a giocare a racchettoni o "schiaccia sette".
Le cose erano cambiate quando Paolo e Marco avevano iniziato a frequentare il liceo, un anno prima di lei. Lì avevano trovato nuovi amici e la sorellina piccola era diventata un peso, così l'avevano scaricata. Aveva pianto tanto, la vedeva come una tragedia quando in realtà era perfettamente normale. Anche lei, una volta entrata al liceo, aveva fatto amicizia. Silvia era stata la sua prima compagna di banco tra quelle mura che l'avrebbero accolta o soffocata per i cinque anni successivi. Era stata la sua unica alleata in un mare di indifferenza, ipocrisia, falsità e superficialità intrecciate insieme a formare una trappola indistricabile dalla quale si erano tenute lontane l'un l'altra.
E Afrodite si era resa conto che la sua generazione, salvo rare eccezioni, valeva ben poco.
L'ultimo giorno di scuola del suo terzo anno all'uscita si era ritrovata davanti una sorpresa che le aveva cambiato la vita: Paolo era appoggiato alla sua macchina, fuori dal liceo, ed inspiegabilmente, nonostante tutto quel traffico che caratterizza le ore di punta e la ressa di motorini ed auto parcheggiate in doppia fila, gli occhi di Afrodite era stati subito catturati dal suo viso. Aveva stretto il braccio di Silvia per attirare la sua attenzione, mentre si poggiava una mano sul petto, come a voler controllare che ciò che vi si agitava dentro non fosse percepibile anche dall'esterno. Poi insieme si erano dirette verso di lui.
Aveva visto il suo sorriso allargarsi, mentre gli si avvicinava, fino ad illuminargli completamente il viso.
《Sono venuto qui per rapirvi》 aveva esordito quando si erano trovate a portata d'orecchio.
Era stata la settimana più bella di tutta la sua vita: erano partiti davvero, assieme a Marco, per la casa di Paolo a Capestrano, in montagna vicino a Bussi.
Avevano passato sette giorni splendidi, tra risate e scherzi e bagni all'allora nuova piscina comunale e gelati e cene tipiche scroccate ai vicini e passeggiate per le campagne e i boschi e il lago di Capodacqua, che era più una pozzanghera ma poco importava, e il monastero e il castello. Era stato un sogno, ubriacarsi di sole e felicità.
E Afrodite e Paolo erano tornati a Pescara mano nella mano.
Era iniziata così tra loro: gradualmente si erano avvicinati e la loro relazione era andata inspessendosi quasi senza che se ne accorgessero perchè era stato qualcosa di assolutamente naturale. Non sarebbe potuta andare che in quel modo.
Smise di fantasticare solo all'ora di pranzo e, rendendosi conto che era davvero tardi, decise di continuare a fare i compiti in cucina.
 
Afrodite aveva finito sia di studiare che di prepararsi quando suonarono alla porta.
《Vado io!》 esclamò prima di precipitarsi all'ingresso.
Una volta aperto l'uscio, la vista che le si parò davanti la lasciò senza parole come ogni volta.
Paolo era il tipico ragazzo che ispira fiducia al primo sguardo. Capelli scuri e ribelli, come se si fosse sempre appena svegliato; occhi tra il verde ed il dorato, particolarissimi e teneri allo stesso tempo, magnetici; labbra perfettamente disegnate, da cherubino, che sembravano morbide non meno di quanto realmente lo fossero; corporatura media, sicuramente non era troppo grosso, ma abbastanza da farla sentire protetta sul suo petto. Dove peraltro si ritrovò nel giro di pochi istanti, con il viso premuto nell'incavo del suo collo e le sue braccia a stringerle delicatamente la vita sottile.
《Ciao》 la salutò, respirando tra i suoi capelli e provocandole brividi con il suo fiato caldo.
Lei non riuscì a fare altro se non sorridere e chiudere gli occhi, lasciandosi trasportare da quell'abbraccio.
《Buonasera signora Trini.》 Fu lui il primo ad interrompere quel contatto per salutare Silvana.
《Quante volte dovrò ripeterti ancora che puoi chiamarmi anche solo Silvana!》 lo rimproverò bonariamente lei sorridendo.
《Ancora una volta, come sempre》 si intromise a quel punto Afrodite con una risata.
《Suo marito è in casa?》 chiese Paolo, stringendo la ragazza a sè con un braccio attorno alle spalle.
《Sì, ma è nello studio, sta correggendo alcuni compiti. Se vuoi te lo chiamo, così puoi salutarlo》 rispose Silvana, facendo per voltarsi.
《Non si preoccupi!》 la bloccò Paolo. 《Non lo disturbi. Me lo saluti lei, per favore.》
《Ma certo!》 esclamò una raggiante Silvana, visibilmente entusiasta del ragazzo di sua figlia.
《Hei coso!》 La voce di Marco fece capolino dal soggiorno, subito seguita dalla sua testa bionda, che spuntava dalla porta. 《Non ti scordare che è mia sorella》 lo redarguì, passandosi poi il pollice lungo tutto il collo in una non troppo velata minaccia.
Afrodite sbuffò e Paolo rise.
《Sei tu a dimenticare che io sono una brava persona》 si difese poi, calcando particolarmente sui pronomi personali.
Silvana annuì vigorosamente e fu il turno di Afrodite di ridere, mentre Marco si defilava in tutta fretta borbottando ed assottigliando gli occhi marroni, retaggio di Silvana. 《Non finisce qui.》
 
Erano in macchina. La strada sfrecciava al di là del finestrino abbassato quasi del tutto, unica testimone assieme al cielo corallo delle loro dita intrecciate sulla leva del cambio. Lui guardava di fronte a sé, lei invece il panorama, ma ogni tanto gli gettava sorridenti occhiate furtive che provocavano dolci carezze di rimando sul dorso della sua mano.
《Quanto manca?》 chiese ad un certo punto, voltandosi completamente verso di lui e rinunciando al proposito di mascherare la sua curiosità.
《Non fare la bambina》 la prese in giro lui ridendo.
Per tutta risposta lei mise su uno dei suoi bronci adorabili, tornando a guardare il panorama a braccia conserte.
Lui allora si passò la mano tra i capelli, prima di lasciarle una lieve carezza sul viso, che ne fece distendere e rilassare i lineamenti.
Si stava ancora beando di quelle attenzioni quando lui parlò di nuovo.
《Eccoci qui!》 esclamò, accostandosi al ciglio della strada e tirando il freno a mano per poi voltarsi verso di lei e avere modo di osservarla meglio mentre si guardava intorno.
《Dove siamo?》 chiese Afrodite, gli occhi celesti sbarrati.
《Non vuoi saperlo.》 Lui la guardò serio. 《Credimi, se ti dicessi dove ti ho portata poi dovrei ucciderti o tuo fratello ucciderebbe me.》
《E credi che Marco non ti ucciderebbe se scoprisse che mi hai uccisa?》 chiese allora lei, trattenendo a stento le risate.
《Non ci avevo pensato.》 disse allora lui, grattandosi il mento con fare cospiratorio.
Risero entrambi per un momento, poi Afrodite gli gettò le braccia al collo con trasporto, facendogli sbattere la testa contro il finestrino.
《Oddio, Paolo stai bene? Scusami!》 Si allontanò di scatto, fissandolo mortificata mentre si tastava il punto dolente a capo chino.
D'un tratto vide le sue spalle scosse dai singhiozzi e rimase paralizzata.
《Paolo...》
Il tremito non accennava a diminuire, così gli poggiò una mano sulla spalla per attirare la sua attenzione. Quando finalmente si decise ad alzare il volto vide i suoi occhi colmi di lacrime.
Paolo non riusciva a smettere di ridere.
《Scemo! Mi hai fatta preoccupare!》 lo rimproverò lei, colpendolo ad una spalla con un pugno.
《Ahi!》 gemette lui. 《Credi che mi lascerai tornare a Pescara intero?》
《No, se non ti decidi a dirmi dove siamo!》 replicò Afrodite, facendo davvero fatica a mantenere quel cipiglio infastidito.
《D'accordo, ma poi non dire che non ti avevo avvertito.》
《Avanti parla!》
《Siamo a Chieti》 ammise lui alla fine, rassegnato.
Afrodite rise di gusto, subito seguita dal ragazzo.
Tra Pescara e Chieti, entrambe capoluoghi di provincia, distanti una ventina di minuti l'una dall'altra, c'era una rivalità epica che non si sarebbe estinta nemmeno con la fine del mondo.
Il panorama che si stagliava davanti a loro, però, non aveva prezzo.
Erano al lato di una strada su uno dei colli che circondano Chieti, completamente immersi nel nulla o, per meglio dire, nel verde e a pochi metri da loro si trovava una valle, subito seguita da altri colli boscosi su cui ogni tanto sbucava qualche abitazione coraggiosa. Sullo sfondo del cielo in fiamme, infine, si imponeva alla vista il profilo della bella addormentata, nella sua posa romantica: sdraiata con le mani giunte sul ventre ed il corpo adagiato sulla roccia, se ne individuava perfettamente la forma da quell'angolazione nella cima frastagliata del Gran Sasso.
《E' davvero meravigliosa》 esordì Afrodite, dopo qualche minuto di estatica contemplazione.
《Anche tu lo sei》 disse semplicemente Paolo, senza smettere di osservarla.
Un lieve rossore si fece spazio sulle gote della ragazza mentre lo guardava di sottecchi.
《Vieni qui》 le disse una volta intercettato il suo sguardo, allargando le braccia per quanto permesso dall'abitacolo dell'auto.
Lei si lasciò abbracciare, tentando di non fare danni e stringendosi delicatamente a lui.
《Ti amo》 le sussurrò lui nella chioma bionda, quasi sperasse che tra quei fili dorati la sua confessione sarebbe andata perduta.
Lei si allontanò lo stretto necessario per riuscire a vedere quel volto che nascondeva un emozione così grande da stringerle il cuore. Ma non riuscì a proferire alcuna parola.
《Non è necessario che tu dica niente》 si affrettò a tranquillizzarla lui, vedendo il suo sguardo smarrito. 《Volevo solo che lo sapessi》 terminò con un'alzata di spalle.
E allora Afrodite fece l'unica cosa di cui era capace per riuscire a trasmettergli ciò che provava.
Lo baciò. Come non aveva mai fatto prima. Per quelle che parvero ore. Senza esserne mai davvero sazia.
《Torniamo a casa?》 le chiese Paolo, perso nelle attenzioni che lei stava riservando con quelle mani di seta ai suoi capelli e al suo viso, quando il fiato divenne troppo corto.
《No, restiamo ancora un po'》 rispose lei accoccolandosi contro di lui e voltandosi nuovamente verso quello spettacolo senza pari, oramai illuminato dalla luce opalescente della luna.

 
 
***
 
 
Afrodite osservava distrattamente le macchine che si susseguivano in quel pigro lunedì su via Venezia, fuori dalla finestra della sua classe, giocherellando quasi senza accorgersene con una ciocca di quei capelli del colore del grano. Mai come in quel momento, durante la lezione di inglese, si era resa conto di quanto fosse fortunata: se la vista fosse ricaduta sul cortile interno del liceo avrebbe visto solo una manciata di ragazzi seduti sulle scale antincendio a fumare, spettacolo ben più noioso rispetto al traffico mattutino.
L'aria era immobile in quella stanza spoglia.
D'un tratto, mentre la professoressa descriveva minuziosamente il teatro inglese durante la Restaurazione, entrò nell'aula il bidello attirando l'attenzione di tutti i presenti.
《Mi scusi professoressa》 la interruppe timidamente, guadagnandosi un'occhiata infastidita e piuttosto ostile. 《Il preside ci ha detto di avvisare tutte le classi che alle 10.30 in punto il Presidente del Consiglio farà un annuncio in diretta streaming importantissimo.》 Poggiò un foglio sulla cattedra avviandosi poi verso la porta, quasi stesse scappando. 《Quello è il link. Arrivederci!》 si affrettò a sgusciare fuori, chiudendosi immediatamente la porta alle spalle.
Parecchi sbuffi e diverse lamentele dopo, avevano acceso la LIM nuova di zecca ed erano miracolosamente riusciti a collegarsi alla rete wi-fi.
Il volto che apparve quando iniziò la diretta era completamente sconosciuto.
《Italiani!》 esordì con tono solenne l'uomo brizzolato.
Afrodite corrugò le sopracciglia a quell'invocazione, così come alcuni altri suoi compagni.
Qualcosa non andava.
《La situazione alla quale ci troviamo costretti a reagire oggi è tra le più incresciose.》 Fece una pausa. 《L'Italia ha coraggiosamente deciso di imbracciare le armi contro i demoni dell'oppressione. Ci sentiamo in obbligo》 Su quest'ultima parola il tono di voce si fece più elevato 《di ergerci al fianco dei nostri compagni statunitensi a paladini della libertà e del rispetto dell'individuo in quanto tale. E' per questo che, quando il presidente degli Stati Uniti d'America ha fatto appello al nostro senso di giustizia, chiedendoci di unirci alla loro causa, non abbiamo esitato》 altra frase detta con più enfasi di quanta ne fosse necessaria, 《nel dare una risposta affermativa.》 Fece un'altra pausa, come a voler dare ai telespettatori il tempo di metabolizzare quanto aveva detto. 《L'ex Presidente del Consiglio Renzi ha volontariamente》 parola che venne scandita con attenzione, per penetrare meglio nelle loro menti, 《presentato le sue dimissioni questa mattina ed io, Andrea Pinocchi, sono stato scelto dal nostro fidato Parlamento per guidarvi nell'atto eroico che ci accingiamo a compiere, per essere il vostro punto di riferimento in questa missione di pace. Ora io, con l'amore e la fiducia di un padre nei confronti dei propri figli, invito tutti coloro in età da lavoro ad unirsi al nostro esercito nella lotta comune per i diritti umani nel mondo!》
Il nuovo Presidente del Consiglio rimase per un attimo in silenzio, fissando la telecamera come se riuscisse davvero a vedere i volti delle persone dall'altra parte, sorridendo in un modo che aveva qualcosa di viscido e sornione dalla scrivania alla quale sedeva.
《Per chiarire meglio il contesto nel quale ci siamo venuti a trovare, ora ci collegheremo con il signor Simons, l'attuale Presidente dei nostri fidi alleati. La versione sottotitolata del suo intervento sarà disponibile a breve.》
《Oh, bene! Almeno faremo un po' di pratica》 commentò la professoressa, mentre lo scenario cambiava.
Il volto che si presentò loro davanti questa volta era molto più famigliare: Simons era entrato in carica al governo degli stati uniti il 20 gennaio 2013, soffiando il posto ad Obama. La sua espressione era molto meno gioviale e, quando iniziò a parlare, il suo discorso fu decisamente più diretto.
《Pochi sanno dello scempio che si sta compiendo in Venezuela》 esordì in inglese. 《Gli Stati Uniti ritengono che sia giunto il momento di porre fine a questo massacro ed hanno preso accordi con molti stati europei. Se state vedendo questo video significa che il vostro è tra questi e che da domani tutti coloro compresi tra i diciotto ed i quarantacinque anni saranno chiamati alla leva obbligatoria. Non vi dirò che la guerra sarà facile perchè non lo sarà: il Venezuela ha dalla sua parte la maggioranza degli stati sudamericani, la Russia e la Cina; ma insieme la vinceremo, questo posso garantirlo.》
Ci fu qualche attimo di silenzio.
《Cosa ha detto?》 chiese qualcuno.
《Siamo in guerra》 rispose Afrodite con un filo di voce roca.
La professoressa teneva lo sguardo fisso sullo schermo ormai nero.
Singhiozzava.
 
 
 
NDA
Allora! Ci sono molte cose da dire su questo capitolo: anzitutto Pinocchi e Simons sono personaggi di mia invenzione. State tranquilli, nel mondo reale Renzi e Obama sono ancora al potere! Il nome di Pinocchi ha un suo significato ma non voglio dirvelo, preferirei leggere le vostre ipotesi hahaha. Ora, perchè ho deciso di inventarli invece che lasciare immutati i governi? Perchè non sono dei bei personaggi e non volevo diffamare nessuno. Ovviamente c'è un motivo se Renzi viene scansato mentre Obama perde semplicemente le regolari elezioni.
I luoghi citati in questo capitolo sono tutti reali. L'Abruzzo è la mia regione, Pescara è la mia città e Capestrano è la mia infanzia, quindi conosco la zona pertanto le descrizioni ed i riferimenti saranno quanto più possibile precisi, dettagliati e fedeli, proprio perchè questa storia si pone come obiettivo quello di essere verosimile.
Il prossimo aggiornamento non sarà rapido quanto questo, ma vedrà la comparsa del tanto atteso Ryan (Lotta sa di cosa sto parlando!). Spero comunque di riuscire a mantenermi costante nel giovedì. Ripeto anche qui che, come ho già assicurato ad alcune ragazze, sono disposta ad avvisare privatamente per gli aggiornamenti, basta chiedere! :)
Ringrazio Danilas che ha realizzato questo bellissimo banner! Anche Miriana Di Carlo ne aveva fatto un altro davvero meraviglioso, ma purtroppo ho dovuto scegliere. Ad ogni modo non escludo affatto che prossimamente potrei decidere di utilizzare anche l'altro!
Il titolo del capitolo viene da una splendida canzone di Bon Jovi che si intitola Always ed ha un testo meraviglioso.
Spero davvero che vogliate lasciare un parere su questo primo capitolo!
A presto, vi abbraccio!
 
 
Per chi non l'avesse mai vista, questa è la bella addormentata d'Abruzzo! C'è chi ce la vede e chi non ce la vede, ma il Gran Sasso visto da Pescara e Chieti viene chiamato così hahaha

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