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Autore: Delilah Phoinix Blair    16/03/2014    26 recensioni
12 febbraio 2014
Il pianeta deve prepararsi ad una Terza Guerra Mondiale.
Tutti sanno che non è pronto, ma che è necessario.
Sarà una lotta per la libertà contro l'oppressione dell'uguaglianza ridotta ai minimi termini: il comunismo, così come lo conosciamo, non è una soluzione accettabile.
In questo fiume di sangue, un soldato e una ragazza troveranno il loro angolo di paradiso in Abruzzo per tenersi a galla l'un l'altra.
Dal testo:
"《Ti amo, piccola Dea.》 Dopo aver pronunciato quelle parole, accostò la fronte a quella di lei. La sua voce era una carezza.《Non con la consapevolezza che questa potrebbe essere l'ultima volta che i miei occhi incontreranno i tuoi. Non potrei amarti come meriti sapendo che la guerra potrebbe strapparmi a te in qualunque momento.》 Lo disse scandendo le parole lentamente, come a volerle imprimere sul cuore di entrambi. Fece una pausa accarezzando dolcemente quella pelle di porcellana con entrambe le mani ruvide e grandi. 《No, ti amo come se potessi davvero farlo per sempre.》
C'era qualcosa che stonava nelle lacrime amare che le piovvero dagli occhi, simili a frammenti del cielo in estate.
La loro estate."
Genere: Guerra, Introspettivo, Satirico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Prologo


Se pensier fosse la mia carne stanca
l'empia distanza non m'arresterebbe,
saprei arrivare, gli spazi annientando,
dai limiti del mondo fino a te.

 

Invano allor calpesterei le lande
più remote dal luogo che ti serra:
mari e terre il pensier rapido varca
e, dov'esser vorrebbe, e pensa ed è.

 

Pensar m'uccide che pensier non sono
per balzarti in un lampo, se mi manchi;
ma d'acqua e terra son fatto, e con doglia

 

deva aspettare quel che al tempo piace:
e sì tardi elementi non mi danno
che il pegno loro, lacrime pesanti.

 

William Shakespeare

 

12 Febbraio 2014

 

La Repubblica Bolivariana del Venezuela è una democrazia federale fondata sull'uguaglianza.
Così dicono.
In realtà è una dittatura comunista che si basa sul petrolio, che galleggia sul petrolio, che si nutre del petrolio quasi fosse la sua linfa vitale affinchè il governo possa continuare indisturbato a fare ciò che preferisce mentre la popolazione muore di fame sotto gli occhi di organizzazione sovranazionali quali l'ONU, comprando la loro noncuranza con il petrolio.
Chavez è morto di cancro a Marzo dell'anno scorso. Le elezioni del suo successore si sono svolte a Dicembre e Maduro inspiegabilmente ha vinto.
Il popolo venezuelano ancora una volta si è lasciato demagogicamente incantare da un uomo che ha promesso tutto e poi lo ha abbandonato.
La situazione economica è insostenibile: il governo raziona i beni di prima necessità. Latte, caffè, zucchero, olio e sapone sono reperibili solo di contrabbando. Il Bolivar (la moneta ufficiale) non vale assolutamente nulla al cambio.
Oggi gli studenti scendono in piazza per ottenere risonanza nel mondo: c'è bisogno di fare qualcosa, il paese sta morendo.
Il pianeta risponde con il silenzio.
Maduro invece si fa sentire di più: annulla i diritti costituzionali.
E' guerra civile.
Le persone muoiono per strada ammazzate di botte o semplicemente con un colpo di pistola, la nazione è ferma, viene imposto il coprifuoco.
Maduro chiede al suo amico Raul Castro di prestargli l'esercito visto che la polizia statale non basta a tenere a bada gli studenti. Lui acconsente di buon grado.
E' necessaria una svolta.
E' necessario che gli Stati Uniti prendano in mano la situazione, Venezuela ormai non è più in grado di salvarsi da sola.
E loro lo faranno, come fanno sempre, arrivano all'ultimo momento e cambiano le regole del gioco, non sempre come tutti si sarebbero aspettati.
L'Italia però non ha mai saputo giocare.

 

***

 

Nicolàs guardava fuori dalla finestra, con quello che Cilia chiamava "sorrisetto da bastardo" a deformargli il viso, nonostante la bocca fosse nascosta dai suoi baffi pesanti.

Sentì la sua segretaria bussare lievemente alla pesante porta in legno massiccio del suo studio e aprirla successivamente senza alcuna esitazione.

«Señor, han empezado a forzar las puertas. La manifestacciòn se ha puesto demasiado violenta.»[Signore, hanno iniziato a forzare le porte. La manifestazione è diventata troppo violenta.] Il tono della sua voce malcelava un certo timore. La folla fa paura a tutti, ma non a lui, non ai grandi.

«Tenemos que irnos o no va a lograr regresar a casa hoy,» [Dobbiamo andarcene o non riuscirà a tornare a casa oggi] continuò in un crescendo di sollecitazione, vedendo che l'uomo davanti a lei non accennava a muoversi.

«Raquèl, llama a James. Dile que ya todo està listo.» [Raquèl, chiama James. Digli che ormai è tutto pronto.] Disse invece Nicolàs, come se non avesse sentito una parola di ciò che la giovane donna gli stava cercando di dire. I suoi occhi rimanevano fissi sulla folla che si agitava come un'unica massa informe contro le pareti del Palacio de Miraflores. «Si, Venezuela està lista para esto.» [Si, il Venezuela è pronto per questo.]

Ormai Raquèl lo fissava con le labbra rosse dischiuse, come se fosse diventato pazzo. «Señor, a lo mejor usted no ha visto lo que està pasando, pero-» [Signore, forse lei non ha visto quello che sta succedendo, ma-] cercò di farlo ragionare, ottenendo solo di essere bruscamente interrotta.

«Que coño piensas que es lo que estoy mirando desde esta mañana?» [Che cazzo pensi che sia quello che sto guardando da questa mattina?] sbraitò infatti Nicolàs, voltandosi finalmente a guardarla, prima di riprendere con maggiore veemenza. «Si quieres irte, pues, vete! Y no regreses mañana porque no te necesitamos.» [Se vuoi andartene, bene, vattene! E non tornare domani perchè non abbiamo bisogno di te.] Una volta pronunciate queste parole, tornò a voltarsi verso la finestra e la liquidò con un rapido «Mientras te vas, mandame Ana Lucìa.»

Quelle parole e quel tono inumidirono immediatamente gli occhi di Raquèl. Rendersi conto di essere così facilmente sostituibile le fece molto male, lei che per mesi aveva seguito Nicolàs nei suoi progetti e lo aveva sempre aiutato, mettendosi a disposizione notte e giorno. C'era una sola cosa che le restava da fare e lo sapeva perfettamente.

«Que es lo que tengo que decirle a James?» [Cos'è che devo dire a James?] chiese, cercando di dare forza ad una voce che avrebbe solo voluto irrompere in un pianto di stanchezza ed esasperazione. Sì, perchè aveva contribuito a ciò che vedeva per strada, anche se solo come segretaria. E quel peso, che presto sarebbe diventato familiare e l'avrebbe accompagnata per tutta la vita, iniziò lentamente e subdolamente (proprio come avevano agito loro) a gravarle sulle spalle.

Ovviamente non vide, nè poteva immaginare, il "sorrisetto da bastardo" comparso sulle labbra di Maduro, mentre il suo popolo si affannava così strenuamente a fare i suoi interessi.

 

***

 

James era alla sua scrivania quando Stephenie fece il suo ingresso su quei tacchi alti che erano sicuramente uno dei lati migliori del suo nuovo incarico.

«They called from Caracas,» [Hanno chiamato da Caracas] esordì la ragazza, avvicinandosi a grandi falcate sinuose.

«Mmm...» mugugnò lui, osservandola da capo a piedi mentre si appoggiava con entrambe le mani al tavolo. «What did they want?» [Che volevano?] Chiese oziosamente.

Tutto quel temporeggiare lo irritava, ma non di un irritazione rabbiosa, quanto piuttosto annoiata.

«We can proceed,» [Possiamo procedere] rispose lei con un'alzata di spalle. «It's all set.» [E' tutto pronto.]

James si raddrizzò immediatamente sulla poltrona. «Are we sure?» [Siamo sicuri?] Un sorriso iniziava a farsi largo sul suo volto, di riflesso a quello di Stephenie.

«So it seems.» [Così sembra.]

James non potè fare a meno di alzarsi in piedi e iniziare a misurare la stanza a lunghi passi, tra i risolini della ragazza che lo fissava.

«Call Andrea for me.» [Chiamami Andrea.] Si interruppe all'improvviso, guardandola negli occhi. «We have a lot of things to arrange.» [Abbiamo molte cose da sistemare.]

 

***

 

Afrodite era bella.
Può sembrare scontato, insomma è la dea dell'amore e della bellezza, eppure è importante dirlo perchè la storia che mi accingo a raccontarvi non parla della dea Afrodite, ma solo di Afrodite, una ragazza pescarese di diciotto anni che frequentava il quarto anno del liceo classico Gabriele D'Annunzio e doveva il suo nome insolito alla passione per la letteratura greca e latina del padre, insegnante di queste discipline nello stesso liceo della figlia.
Ed era bella.
Di quella bellezza fresca ed intoccabile che ti fa sorridere dolcemente solo a guardarla.
Non era un cuore avvezzo al dolore.
Non era un cuore avvezzo all'amore.
La vita la coprì dell'uno e dell'altro.
Quel giorno, il 12 febbraio 2014, non fu affatto particolare per lei, mentre dall'altra parte del mondo la morte preparava il suo banchetto.
Lei invece era andata a scuola, dove la sua migliore amica, Silvia, le aveva raccontato di come avesse incontrato Tal dei Tali il pomeriggio precedente. All'uscita Paolo era passato a prenderla in macchina, premuroso come sempre, per riaccompagnarla a casa, dove si era fermato a pranzo su invito di Silvana ma sotto lo sguardo indagatore di Ferdinando e divertito di Marco.
Una giornata come molte altre in quella parte del globo.
No, per lei l'inferno iniziò solo successivamente.
Ma le portò via la vita.
Donandole Ryan.




 

 
NDA
Dunque, questa sarà una storia strana: narra l'ipotesi di una terza guerra mondiale di cui vedremo gli sviluppi nei prossimi capitoli. Di volta in volta vi scriverò nelle note finali cosa di ciò che scrivo che riguarda lo sfondo sociale della guerra è vero e cosa invece è inventato. Per intenderci qui l'unica invenzione è quella che riguarda gli Stati Uniti, che per il momento non hanno nessunissima intenzione di intervenire per fermare ciò che sta succedendo in Venezuela.
Per quanto riguarda i personaggi, qui sono come vedete solo citati, la storia vera e propria inizia nel primo capitolo.
Spero di leggere i vostri pareri per sapere se la storia vi intriga!
A presto!
  
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