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Autore: DarkBeaver    20/03/2014    1 recensioni
Basicalmente, la rappresentazione della mia più grande paura.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cammino in un lungo, triste sentiero.

Sono in una fitta foresta, la luce del sole filtra a malapena, ed il mio respiro è irregolare, affaticato.

Mi rendo improvvisamente conto di non star camminando, no, in realtà corro.
Perché corro? I dettagli cominciano a sbocciare nella mia mente, sbocciati cosi come lo erano i fiori appassiti che calpestavo lungo il sentiero.

I particolari emergono, ai piedi ho delle catene spezzate, le mie mani sono ruvide, rovinate, il mio volto eroso dal vento gelido, un forte vento, forte abbastanza da accecarmi con granelli di terra che veloci, imperterriti, ghermiscono il mio viso.
I miei capelli sono lunghi, incolti, e arrivano fin oltre le mie spalle. Le mie gambe sono sporche di qualcosa  –ricordo ora il colore, rosso- è sangue.

Affiora nella mia mente l’immagine del mio vestiario: rovinato, trascurato, ho uno squarcio sulla maglietta, all’altezza della schiena, ormai resta poco dei miei jeans, e nella mia sinistra ho un guanto sporco di qualcosa  non ben specificato, probabilmente fango.

Come d’incanto la mia mente rievoca suoni e sensazioni; è udibile in lontananza il gracchiare di un corvo, il vento produce un suono dolce, tranquillo, non adatto alla situazione vissuta. Percepisco fitte di dolore sul petto e sulla gamba destra, ed arrivo quindi a collegare il sangue che ho addosso alle ferite che ora ricordo di percepire.

Su un ulivo solitario, malinconico, una civetta mi guarda, con uno sguardo stranito, meravigliato, che però presto diventa severo, aggressivo. Io la ignoro, e continuo a correre.

Il mondo davanti a me si fa sempre più livido, più vivo, riesco a  ricordare molti dettagli della foresta, ma sento, un sentimento ancestrale, dettato da una qualche forza superiore a me ed al mio stesso esistere, che qualcosa manca.
Mi sforzo di ricordare, cerco in tutti i modi di allacciarmi al mondo attorno a me per evocare quella figura mancante, il tassello che, credo, potrebbe risolvere questo insolito enigma.

E il mio inconscio, perfido,  dispettoso, mi accontenta:
Capisco ora perché correvo. Una figura tetra, losca, mi segue velocemente, e si appresta oramai a raggiungermi. Utilizzo tutte le mie forze per sfuggirle, per scappare da quello che deve essere chiaramente un mostro, quel qualcosa, più che qualcuno, che doveva avermi messo in catene. Purtroppo la foga del momento mi fa inciampare.
Ruzzolo rovinosamente sul terreno, cadendo sulle ginocchia, che riesco presto a sentire in fiamme, doloranti. Cadendo emetto un gemito, e sento la losca figura rispondere allo stesso con una sprezzante risata.

Sono fiaccato, stremato dalla ardua prova tenuta, e so che ormai per me non c’è più speranza.

La figura si avvicina sempre di più, ed io sono pronto, pronto a sopportare le torture a cui vorrà sottopormi. Evito comunque il contatto visivo, non sono persona da guardare la morte in faccia, perlomeno non in senso letterale. Comincia a piovere, fragili e plumbee perle cadono dal cielo, dando un’aria ancora più drammatica alla vicenda; la figura  continua ad avanzare, inesorabile, imponente, non curante delle pioggia che ora cade su entrambi indistintamente.
Arriva al mio cospetto, e dispettosa al pari della mia mente che l’ha fatta apparire, mi prende per il volto, con quel suo guanto sporco di fango,  e mi costringe a fissarla.

Quello che vedo mi inorridisce:
In ogni ruga d’espressione della figura, nel volto arido eroso dal vento, riconosco orrore, spavento, ed al contempo un senso di completo vuoto; vedo la sofferenza, il dolore, la frustrazione. In quel freddo, pallido essere trovo la personificazione della cattiveria, della perfidia; una grigia astuzia domina i suoi occhi, ed il suo sorriso è un evidente allegoria alla sua malvagità. Tutto di quel volto mi turba, mi perseguita, trascende il mio essere e lo percuote dall’interno rivoltandolo a suo piacimento.
Quel volto….
 
 
 


…Il mio.
 

 
  
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