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Autore: Anna Wanderer Love    20/03/2014    4 recensioni
Seguito di "Shadows"
Nel Castello di Hogwarts vengono ritrovate due ragazze: Celeste e Rachel Elizabeth Dare.
Nessuno ha idea da dove siano spuntate; e loro non sanno come sono finite in quel luogo tanto diverso dal Campo Mezzosangue.
Nico, al Campo, impazzisce di dolore per la scomparsa della sua ragazza; ma un dio lo aiuterà a ritrovarla... forse.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Rachel Elizabeth Dare
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Shadows Cycle'
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I Need You:

Dov’è?

krkrandcat:

The Lonely King
Nico di Angelo. I feel so much for this kid. I’m not done with The House of Hades yet, but man, he needs some love. That book made me cry the other day. Please stop picking on my favorite character.
(Hopefully the contrast here is okay. My monitor is apparently very bright, but I did try to check this on a couple different screens.)
(krkrandcat su tumblr)
 

Campo Mezzosangue, 9 Marzo.

Annabeth alzò la mano, esitante, mordendosi le labbra. Poi la riabbassò, sospirando. Con un sospiro si portò la mano alla fronte, chiudendo gli occhi.
Com’era possibile che non riuscisse nemmeno a entrare nella casa di Nico e chiedergli come stava?
Perché sapeva bene la risposta: perché stava peggio di quanto fosse mai stato.
Lo sapeva bene lei, dopo che Percy era scomparso. Per fortuna era tutto a posto, e dopo varie battaglie era tornato al Campo. Ma Celeste era sparita da una settimana, e di lei neanche una traccia.
E Nico sembrava uno zombie.
Annabeth alzò lo sguardo sulla porta nera, di ossidiana, e con uno sbuffo nervoso si girò di scatto, infilando le mani nei capelli biondi, sciolti sulle spalle. Fece un paio di passi avanti e indietro, cercando di trovare il coraggio di entrare.
Le faceva male guardare quello che ormai considerava suo fratello ridotto in quello stato.
Si fermò, prendendo un grande respiro.
-Okay, Annabeth- si disse -adesso vai là dentro e lo prendi a sberle.


La Casa di Ade era buia, in penombra. Le poche finestre erano oscurate da spesse tende color argento. Annabeth si richiuse la pesante porta alle spalle, mentre i suoi occhi grigi guizzavano da un’angolo all’altro della stanza. Aveva appena fatto un paio di passi, quando una voce gelida la bloccò sul posto.
-Che ci fai qui?
Lo sguardo della figlia di Atena fu attirato alla sua sinistra.
Sul letto addossato alla parete, seduto sulle coperte nere, col cuscino dietro la schiena per non incontrare la superficie dura del muro, c’era Nico.
La guardava. I suoi occhi neri, di ossidiana, che fino a pochi giorni prima erano pieni di vita e amore, adesso erano due pozzi scuri, freddi e vuoti. Avvicinandosi lentamente, Annabeth vide che un'ombra scura, un accenno di barba, gli copriva le guance. Indossava jeans neri e una canottiera bianca. La pelle delle sue braccia scoperte era tesa, i muscoli sotto ad essa contratti. Il figlio di Ade stringeva con forza l'elsa della sua spada nera.
-Nico...- mormorò la ragazza, sentendosi stringere il cuore e sedendosi sul bordo del letto, accanto a lui.
Il ragazzo voltò lo sguardo quando sentì le dita di Annabeth, calde, al contrario delle sue, gelide, stringersi sulla sua spalla.
-Nico, devi lottare- disse Annabeth, la voce piena di rimprovero, compassione e comprensione.
Lui non disse niente, ma si irrigidì impercettibilmente.
-A cosa serve?- Chiese con voce spenta, una voce che fece rabbrividire la ragazza. -L'ho persa. Come ho perso Bianca. Come ho perso mia madre. Come ho perso tutti.
Lo sguardo grigio di Annabeth si indurì, diventando dello stesso colore delle nuvole temporalesche.
-Ah, è così? E allora cosa dovrei dire io? Ho passato mesi a cercare Percy! E ti sembra che non l’abbia ritrovato? Ti pare che mi sia arresa, come stai facendo tu adesso. Senti Nico, io ti capisco. Hai perso tua madre, tua sorella, non sei in buoni rapporti con tuo padre. E adesso è scomparsa pure Celeste. Ma non devi lasciarti andare! Hai Percy, hai Hazel, hai Jo, Laura, Connor e Travis, e hai me! Ti sembra poco? La stiamo cercando dappertutto! Vuo tornare a essere quello di prima? Il ragazzo ombra che non prova sentimenti, che non fa vedere le sue emozioni? Dannazione, Nico, non ce la facciamo a vederti così! Sei nostro amico, sei nostro fratello! Celeste è lì da qualche parte, ti sta aspettando! Credi che Morfeo* si sia arreso? No! Continua a scandagliare tutti gli anfratti possibili e immaginabile per trovar...
-Ed è questo il punto!- Urlò Nico, all’improvviso, facendo sobbalzare Annabeth.
Si voltò verso di lei, stringendo talmente tanto forte la presa sull’elsa della sua spada che le nocche gli divennero bianche. Rivolse uno sguardo feroce alla ragazza, pieno di rabbia, di dolore e di un fuoco ardente.
Ecco, Annabeth, sei contenta? Volevi farlo reagire, ed eccoti qui!, Pensò sarcastica la figlia di Atena, fissando amaramente il ragazzo. Non era questo che voleva ottenere. Voleva spingerlo a uscire da quel buco, voleva farlo vivere di nuovo, farlo vivere come ci era riuscita soltanto Celeste.
-E’ questo il punto, Annabeth! Se perfino un dio non riesce a trovarla, credi che io abbia la minima possibilità di farcela? Se suo padre non ci riesce, lui che ha mille poteri, che può insinuarsi nella mente delle persone, pensi davvero che potrei riuscirci io? No, no, certo che no. Non posso farlo. E io uscirei anche da questa dannata casa, ma sai cosa mi trattiene? Qui l’ho baciata per l’ultima volta, qui abbiamo dormito insieme infrangendo le regole. Uscirei da questa casa, se non appena chiudo gli occhi la vede piangere mentre qualcuno la tortura o mentre è sola in un posto dimenticato dagli dei! Pensaci, Annabeth! Io non posso farcela, senza di lei. L’hai detto anche tu! Non mi resta più nessuno! Lei era l’unica, l’ultima che mi era rimasta e che amavo e che amo tutt’ora. Perché gli dei se la prendono tanto con me? Ho perso tutti, tutti quanti!
Nico guardò il viso sconvolto di Annabeth, sentendo una morsa di dispiacere serrargli il cuore. Le guance della sua amica erano incredibilmente pallide, così come le sue mani strette una all’altra, posate sul suo grembo. I suoi occhi grigi erano immensamente tristi. Aveva insinuato che lei, lei e gli altri, non contassero nulla per lui. E vedendo lo sguardo sanguinante di dolore della figlia di Atena Nico fu tentato di abbracciarla e dare sfogo alle lacrime che si teneva dentro da una settimana. Ma non lo fece, e Annabeth si alzò, annuendo piano.
-Va bene- sospirò. -Se hai bisogno, sai dove trovarmi.
Si sporse in avanti e appoggiando le mani sul collo del ragazzo, gli baciò la fronte, piano. Nico chiuse li occhi, con un groppo in gola che gli impediva di parlare.
-Ti aspettiamo, Nico- sussurrò Annabeth, con un velo di lacrime che le appannava gli occhi mentre le mani del ragazzo le andavano a cingere la vita, aggrappandosi a lei come se fosse l’unica cosa che potesse salvarlo dal baratro. -Ti stiamo aspettando tutti quanti.


Appena Annabeth entrò nella sala riunioni del Campo tutti quanti alzarono gli occhi.
-Allora?- Chiese ansioso Percy, guardando la sua ragazza con una tale apprensione nelle sue splendide iridi verdi che lei si sentì sciogliere il cuore.
Per tutta risposta si spostò e tutti restarono a bocca aperta.
La prima a muoversi fu Joanna, scattando in piedi e saltandogli addosso, stringendolo così forte da rischiare di ucciderlo seduta stante.
-Nico!- Strillò, sorridendo. Lui fece un accenno di sorriso e ricambiò l’abbraccio, posando esitante le mani sulla schiena della figlia di Ecate. Appena lei si scostò, la osservò bene. Erano da giorni che non la vedeva, e due occhiaie blu le circondavano gli occhi chiari e brillanti, in contrasto con la pelle pallida del viso. I suoi lunghi capelli ricci e neri erano raccolti in una coda. Se la ricordava più alta.
-Tesoro, ci hai fatto preoccupare- lo rimbrottò Jo, posando le mani piccole e fresche sulle guance del figlio di Ade, che si sentì rincuorato. Joanna non era cambiata per niente, nonostante Celeste fosse la sua migliore amica... non era cambiata, al contrario di lui.
Poi Joanna fu brutalmente spinta via da Laura, che si gettò tra le braccia di Nico, che sgranò gli occhi, sorpreso da tutto quell’affetto. Dopo mezzo secondo, Laura si scostò e senza dare possibilità a Nico di dire mezza sillaba, gli tirò uno schiaffo.
Il silenzio calò prepotentemente nella stanza, mentre tutti fissavano attoniti la figlia di Apollo, che guardava con i suoi splendidi occhi verdi il figlio di Ade. Il suo volto ribolliva di rabbia mista a preoccupazione e sollievo.
-Ma sei cretino?! Farci preoccupare in questo modo! Deficiente! Ti vogliamo bene, non farci MAI PIÙ preoccupare così, idiota!- E scoppiando a piangere tornò a stringersi a Nico, che l’accolse tra le braccia senza problemi, stringendola al suo petto.
-Mi dispiace- sussurrò tra i capelli biondi della ragazza.
Dopo qualche istante, Connor Stoll si avvicinò e con dolcezza prese la mano della sua ragazza e la tirò via da Nico, rivolgendogli un sorriso amichevole.
-Siamo contenti che tu sia tornato, Nico- gli sorrise Travis, circondando con un braccio le spalle di Jo, che posò la testa sulla spalla del ragazzo.
Nico annuì brevemente e si avvicinò al tavolo, dove erano spiegate diverse cartine. Numerosi luoghi erano cerchiati in rosso, altri in nero o in blu. Aggrottò le sopracciglia, mentre Annabeth gli si avvicinava.
-I luoghi neri sono quelli che abbiamo già perquisito da cima a fondo- gli spiegò, indicando le coste e i territori vicini al Campo -quelli in rosso dove abbiamo cercato, ma siamo stati intralciati da mostri, e quelli blu dove Morfeo ha già dato un’occhiata.
-Sono tantissimi- mormorò stupito il figlio di Ade, mentre Annabeth gli indirizzava un sorriso dolce.
-Morfeo si è dato da fare- concordò, posando una mano sul braccio del ragazzo.
A quel punto Percy prese la parola, alzandosi dalla sedia dov’era rimasto fino ad allora e sporgendosi sulla cartina.
-Nico- lo chiamò. Il ragazzo alzò i suoi occhi neri e si sentì stringere lo stomaco in una morsa nel vedere quanto fossero preoccupati quelli verdi di Percy.
-Ho... delle conoscenze... a Brooklyn. Posso chiedere a... ehm... alle mie conoscenze di cercare anche lì.
Le sue parole provocarono un silenzio interdetto. Annabeth affilò lo sguardo, ma Percy, nonostante sudasse freddo nel pensare a come avrebbe dovuto affrontarla in seguito, continuò a tenere lo sguardo fisso su Nico, che dopo una breve esitazione annuì.
Tutti tirarono un sospiro di sollievo, rincuorati, ma Percy irrigidì le spalle.
Adesso si trovava tra due fuochi. Annabeth e Carter.

 

Campo Mezzosangue, 1 Marzo.

Perseus Jackson.

Apollo le sbatté davanti al naso quel misero foglietto e Rachel sussultò. Alzò gli occhi verde smeraldo in quelli dorati di lui... dorati e brucianti di rabbia.
-Ma cos...- mormorò, posando il quaderno degli schizzi sul cuscino al suo fianco.
Alzandosi in piedi, aggrottò le sottili sopracciglia rosse, osservando attentamente il volto del dio. Era distorto dall’irritazione, le labbra strette in una linea sottile.
-Come sei entrato?- Chiese, prima di ricordarsi che stava parlando con un dio.
Apollo abbassò lo sguardo per un attimo, osservandola, e l’Oracolo arrossì vistosamente quando si ricordò di essere in shorts e felpa gigante blu.
Il dio riportò lo sguardo sul suo volto, scoccandole un’occhiata ostile e incrociando le braccia muscolose al petto, sempre rinchiuso in quel suo dannato mutismo. Rachel sospirò, allungando le mani e posandole sugli avambracci del dio, che strinse le labbra fino a ridurle a una sottile linea rosa.
Era geloso, sì. Sapere che Rachel pensava ancora a Jackson mentre stavano insieme faceva enormemente male. Sapere che la ragazza che stava davanti a lui, con i lunghi capelli ricci e rossi e i dolci occhi verdi che amava ammirare a qualsiasi ora del giorno e della notte, non era sua, lo faceva soffrire. E non importava cosa lei potesse dire, perché sarebbe stato sempre e comunque geloso.
Il dio sentì dei brividi percorrergli la schiena, mentre le mani piccole e fresche del SUO Oracolo gli risalivano dalle braccia fino alle spalle. Rachel allungò una mano e infilò due dita sotto al mento del dio, costringendolo dolcemente a guardarla negli occhi. Le iridi dorate e intense di Apollo si incatenarono a quelle serene della ragazza.
-Ehi- gli disse dolcemente, accarezzandogli la guancia morbida -non devi essere geloso. Io ti amo, amo solo e soltanto te.
L’espressione del dio si addolcì lievemente, mantenendosi comunque diffidente.
-E quello, allora?- Indicò sospettoso con un cenno del capo il foglietto, caduto sul letto dalle coperte azzurre e bianche. Rachel alzò le sopracciglia.
-Oh, dio!- Sospirò, e un sorriso strafottente sbocciò per un attimo sulle labbra del dio.
-Sì?- Rachel lo guardò di traverso, ma lottando per trattenere un sorriso.
-Ieri ho avuto una piccola visione su Percy, e temevo di dimenticarla, come sempre, così ho scritto il suo nome. Ma quando ho cercato di continuare a scrivere mi sono scordata ogni cosa- gli spiegò, dicendo l’assoluta verità.
Si fissarono negli occhi ancora per qualche secondo, poi Apollo capitolò. Abbassò la testa, sciogliendo le braccia dalla posa rigida in cui le aveva costrette e si morse il labbro inferiore.
-Va bene.
Rachel sorrise, vittoriosa, e Apollo le scoccò un’occhiata a metà tra l’irritato e il dispiacere.
L’Oracolo si perse nei suoi occhi dorati, caldi come solo lui poteva essere, tanto più che il dio dovette schioccarle le dita davanti al viso per risvegliarla dalla trance.
-Ehi, da quando in qua mi saluti senza baciarmi?
Apollo posò le mani -estremamente calde- sui fianchi della ragazza, che arrossì lievemente, guardandolo sdegnosamente con i suoi occhi verde smeraldo.
-Fino a prova contraria sei tu che sei entrato in casa mia senza nemmeno bussare per accusarmi di tradirti con un’altro ragazzo che, tra parentesi, è follemente innamorato della mia migliore am...
Le proteste di Rachel furono soffocate dalle labbra del dio, che, già esausto di sentirla parlare, le aveva infilato una mano tra i capelli, sciogliendoli dal nodo della matita infilata tra di essi, e poi aveva fatto scivolare la mano sulla nuca della sua fidanzata, chinandosi e mettendo a tacere il monologo dell’Oracolo.
Rachel si abbandonò completamente al tocco del dio, appoggiando le mani sul suo petto marmoreo, sciogliendosi come, appunto, neve al sole.
Apollo ridacchiò contro le sue labbra, e Rachel gli tirò uno scappellotto, provocando un gemito di protesta.
Si tirò indietro, aggrottando le sottili sopracciglia rosse, e incrociò le braccia, assumendo quell’espressione da cucciolo imbronciato che Apollo trovava bellissima.
-Non fare lo stronzo- si lamentò la ragazza, girandosi e cercando di raccattare il quadernino degli schizzi.
Fu prontamente fermata dalla ripicca di Apollo -non si dicono le parolacce!- e dalle braccia del dio che si avvolsero attorno alla sua vita.
Rachel scoppiò a ridere sentendo le dita del dio solleticarle la pancia e cercò di dimenarsi, ma lui rafforzò la presa, sorridendo come un bambino. Ora che aveva trovato il suo punto debole col cavolo che la lasciava andare.
Rachel tentò il tutto per tutto, spintoni, deboli pugni contro il torace del suo ragazzo, ma non servì a nulla. In poco tempo si ritrovò a contorcersi come un’anguilla, in preda al mal di pancia per le troppe risate.
Apollo fu abile: approfitto di quel suo inaspettato vantaggio e spinse con delicatezza la propria ragazza sul letto, continuando a torturarla e ad ammirare le sue guance rosse, mentre la sua risata cristallina gli risuonava nelle orecchie.
Poi a un certo punto smise e si ritrovò a fissare gli occhi verde smeraldo di Rachel, che lo guardavano incredibilmente grandi e lucidi.
-Sei uno stronzo- ripeté debolmente Rachel, provocando un ghigno da parte del dio.
L’Oracolo tirò dispettosamente un lembo della maglia di cotone del dio, comodamente sdraiato sopra di lei, scoprendo così un lembo di pelle ambrata.
Gli occhi dorati del dio scrutarono improvvisamente vigili le guance della ragazza, che andavano arrossandosi pian piano. Con un impercettibile sospiro, Apollo chinò la testa e posò la guancia sul petto dell’umana. Chiuse gli occhi, ascoltando incantato il suono del battito del cuore di Rachel, mentre accarezzava lentamente il fianco della ragazza, passando le dita sul pesante tessuto blu scuro della felpa.
Rachel immerse le dita nei capelli del dio, accarezzandoli, e posò la testa sul materasse, fissando il soffitto e godendosi il calore del corpo di Apollo premuto contro il suo.
-Sei mia, solo mia- mormorò Apollo, prima di addormentarsi.

 

Olimpo, 9 marzo.

Apollo fissava le fiamme del fuoco davanti a lui, seduto per terra, sul tappeto rosso. Le osservava con sguardo vuoto. Dietro di lui, una snella ed esile figura era in piedi da qualche minuto.
-Apollo...- disse Artemide, guardando con i suoi occhi argentei la schiena curva del fratello.
-Va’ via- rispose secco Apollo, mentre un’ombra calava sul suo viso bellissimo.
-Ma...- esitò Artemide, scostandosi una ciocca di capelli ramati dalla guancia.
Apollo scattò.
La dea trasalì quando il calice di vetro si schiantò contro la parete alle sue spalle, distante da lei solo pochi passi.
-Va’. Via!- Ruggì il dio, gli occhi che brillavano di rabbia e il volto contratto dalla furia.
Artemide lo guardò per un breve secondo, prima di girargli le spalle e sparire nell’ombra della notte.
Apollo rimase a fissare la soglia della sua casa dove era sparita sua sorella, con un crescente groppo in gola. Poi le gambe gli cedettero e cadde in ginocchio, mentre lacrime di dolore e frustazione cominciavano a scorrergli sulle guance.
Rachel.



*Morfeo: dio dei sogni, padre di Celeste.
   
 
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