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Autore: Leannel    09/12/2004    0 recensioni
Storie delle vite passate di Leannel e compagni. In questa primo incontro tra lei e Reimer
Genere: Avventura, Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Leannel respirò affannosamente. Le due mani che stringevano l'arma tremavano.

“Non mi hai risposto” disse “Chi sei, maledetta!” Gridò. Prima che potesse fermarla una lacrima cadde sulle sue guance.

“Stai diventando pallida, sai?” mormorò la voce “devi essere piuttosto scossa. Chiunque lo sarebbe, del resto.” Leannel sorrise. Non avrebbe mai pensato di poter essere tanto tesa. Eppure, era evidente, era spaventata. Aveva freddo.

“Si, Leannel, hai freddo. Hai freddo e paura. E la cosa che più ti terrorizza è il fatto stesso di avere paura. Sei estremamente divertente” Leannel credette di non farcela più. La tesrìta girva freneticamente. Inoltre la voce aveva cominciato a farsi più penetrante. Sembrava entrare nel profondo della sua anima ed uscirne. Sembrava averla in pugno. No, non poteva sopportarlo. E quella donna era orribilmente irritante.

“Che cosa vuoi da..” la mano destra di Leannel lasiò la presa. Ogni muscolo del suo corpo era diventato rigido e doleva. Del sudore freddo cadeva sulle tempie. Stava cadendo. Cadendo nel buio ancora più profondo di quello di cui era intrisa. Non poteva lasciare ce accadesse niente di simile. “Cosa vuoi da me”

La voce rise.

“Si, hai una paura folle. E se io lo vorrò, tra breve cadrai a terra svenuta. Qua la tua volontà non può niente. Ora, abbassa la tua arma. Ti ho detto che per questa volta non morirai”. Sempre puntando la spada corta alla gola dell'avversario, Leannel le fece cenno di alzarsi.

“Così va molto meglio” disse la voce. Leannel sorrise. Afferrò la stessa spada corta e vibrò l'arma. Dalla guncia spigolosa della voce caddero delle gocce di sangue. Un sotile solco rosso si aprì sul suo volto.

“Mentivi”

“Dipende dai punti di vista. Rimane il fatto che io non sono reale. E quando tornerò ad essere me la guancia non sanguinerà. Invece la tua schiena continuerà a sanguinare.” Mentre parlava, la voce spostò l'arma di Leannel con la sua.

“Se tu e la bambina eravate la stessa cosa, che ci fai tu qui?”

“Già, quella bambina. È morta, non è vero?” disse la voce con una semplicità spaventosa “Ho solo preso possesso del suo corpo. Era davvero figlia di quella donna. Ma lei è morta ed io l'ho lasciata morire” Leannel si sentì colma d'ira. Ma poi disse a se stessa che Talmaye non ne avrebbe mai saputo niente.

Leannel sorrise. Ora la vedeva. La voce. Ed aveva un viso bellissimo. Un viso selvatico triste e spavaldo. La frangia mora cadeva sulla fronte, mentre i capellierano rinchiusi in qualche piccola treccia. Era vestita da guerriero. Le ricordava se stessa. E poi c'erano i suoi occhi. Occhi particolari. Occhi di un colore che Leannel non aveva mai visto. C'era una grossa parte di blu, in quegli occhi. Occhi che avevano il sapore amaro della rabbia. Occhi che sapevano di fuoco. E poi, lo vedeva ancora più chiaramente, in quegli occhi c'era del rosso. Occhi decisamente improbabili. Non potevano appartenere a nessuna razza con la quale Leannel avesse mai avuto a che fare. Uno sguardo maledetto.

Leannel pensò che in un momento come quello, l'abilità principale di Talmaye le sarebbe rimasta immensamente utile.

Solo poi si rese conto che la voce era di una bellezza sconvolgente. Presa da un istante di civetteria si chiese quale delle due fosse più bella. Si rispose che probabilmente non l'avrebbe mai saputo. Solo a lei stessa era concesso di vedere la bellezza scolvolgente della voce. Poi, una vampata di disgusto. Quegli occhi crudeli. Perchè se lei stessa si era sempre sentita sporca, il suo avversario la superava nettamente.

Aveva gli occhi sporchi. Era un male da indossare, il suo. Quello della donna bellissima, dagli occhi malvagi, le calzava addosso da quando era nata.

Forse non aveva mai visto nulla del genere. Gli orchi, ad esempio, non erano che macchine. Erano nati dal male ed al male sarebbero tornati.

Poi, per un'istante fu felice che la donna avesse scelo proprio lei. Ora aveva un vero nemico. Gli uomini non erano nemici, e neppure gli orchi. Erano tutti rozzi, o stupidi, o tutte e due. La voce lo sarebbe stata. Si, la voce le avrebbe dato una nuova spinta verso la vita. La vita che sarebbe stata solamente una sfida, fino alla fine.

Ma fu un istante.

Come di frequente, stava prendendo la situazione sottogamba. Si diede più volte di stupida e tornò ad osservare il bel volto della voce.

Questa, con la pelle bronzea, accese a terra un piccolo fuoco. In quel gesto semplice, Leannel, percepì un fondo di lealtà. Ora erano sullo stesso identico piano. Leannel la vedeva con la stessa identica chiarezza.

“Non ti credo” disse Leannel.

“Fa' come preferisci” la voce si sedette e fece cenno a Leanne di fare lo stesso. L'elfo si sedette. In realtà, se quello davvero si trattava di un sogno, era immensamente realistico. La schiena doleva. Cominciava davvero ad avere freddo.

Leannel fissò l'avversario negli occhi.

“Vuoi davvero sapere chi sono?” Leannel rimase sbalordita. Mosse il capo.

“Io non lo credo. Tu sei fatta così, Leannel. Ti piace crogiolarti nelle tue idee. Crogiolartici così tanto da affogare. Adesso hai una certa idea di chi io possa essere. Se io ti dicessi il contrario probabilmente non mi crederesti”

“Così, però” rispose Leannel “Sei tu ad essere sleale. Se mi conosci tanto bene da prevedere quello chesto pensando. Io non conosco nemmeno il tuo nome”

“Non credi che sia presto? Ti accompagnerò fino alla fine dei tuoi giorni. Pensavo di procedere con più tranquillità”

“Peccato” Leannel estrasse il suo pugnale sottile dallo stivale e lo puntò alla gola della donna “peccato che non avevi considerato una variabile. Non avevi considerato me” sorrise.

“Avevi detto che saresti stata brava” la donna dagli occhi purpurei afferrò la lama sottile con le mani nude. Il sague cadeva leggero ma sembrava non le importasse.

“Non ricordo di aver mai detto nulla del genere” Leannel trasse verso di se, con la violenza che non le si addiceva, l'arma sottile; le mani rimasero ferite ed il coltello finì sul petto della donna.

“Allontanati” mormorò la voce. Una forza he le era sconosciuta spinse Leannel lontana dal corpo dell'avversaria, che sembrava non aver più alcuna voglia di combattere. Forse non aveva mantito. Forse era davvero tutto nelle sue mani. O forse quella pietà che credeva perduta, era tornata a farsi viva nel momento più sbagliato.

“Io” la voce si alzò. Leannel stesse all'erta anche se quello, più che un gesto di guerriera sembrava uno di narrante. “Io non appartengo a nessuna delle razze che tu abbia mai conosciuto. Forse perchè hai sempre conosciuto le persone sbagliate. In ogni caso io sarei stata comunque differente. Ce ne sono pochi come me. Anzi, a dire il vero due. I miei fratelli. Non ne saprai mai niente a meno che qualche mortale idiota non decida di muovere una guerra seria, che impegni l'uso di più che sciocchi orchi o di stregoni corrotti. Neppure io sono a conoscenza di come è avvenuta la mia nascita. O almeno il mio signore non hai mai ritenuto il caso di riferirmelo. Rimane il fatto che in me ci sia qualcosa di lui. Forse questo è tutto ciò che mi ha tenuta in vita. Se questa può definirsi vita. Immagino tu abbia già capito a chi mi riferisco con 'il mio signore'” Leannel divenne seria ed annuì. Si trattava di Sauron. Di altri non poteva trattarsi. Tremò. Con chi aveva a che fare?

“I miei fratellidi cui ti ho parlato sono Sima e Sial. Il mio signore gli adora. Sono a sua fianco. Sempre. E poi ci sono io. Io vivo qui”

Silenzio.

Leannel provò per un'istante una grande pena.

“Io non sono niente se non il mio signore. Io sono lui, io vivo per lui. Questa è la mia gabbia di niente. Questa che tu vivi è la mia vita. Tu penseresti che il mio signore è malvagio. Ti sbagli. Lui mi ama. Non vuole che il mondo mi sporchi. Mi lascia uscire quando lo ritiene necessario. Quando riesco ad utilizzare il dono che mi ha fatto. Si, lui mi ama. Lui mi ama.

Penserai che sono pazza e probabilmente hai ragione. Il male porta alla follia. Ma anche io, da pazza, ho un potere così immenso che non puoi nemmeno immaginarlo. Quel potere che tu desideri tanto. Me la concederesti, la tua libertà per il mio potere? Penso di no. Quando tutto finirà, in ogni caso, finirò anch'io. Spero che finisca presto.

Era tanto tempo fa. Fissavo la vita, dall'alto, e ti ho vista. tu. Siamo così identiche. Non so come sia possibile ma in noi due scorre lo stesso sangue. La stessa linfa. Sei travagliata ed infelice. Non sarai mai altrimenti, del resto. Anche tu ami uccidere, vero? E poi, lo sai perchè ti ho scelta? Perchè sei un'elfo. Siamo opposte. E sai cos'hanno di bello gli elfi? Sono immortali. E cosa esiste di più eccitante che uccidere qualcosa di eterno. Qualcosa di immortale?”



Talmaye vagava solo tra le frasche scure. A volte si chiedeva a cosa servisse la sua solitudine, e se non sarebbe stato più semplice essere nato stupido come tutti gli altri. Oppure si era sempre sbagliato. Forse tutti erano nati dritti e lui solo era nato storto. E per questo stesso motivo era attratto da una donna storta come Leannel o da un uomo storto, come Reimer. E per questo stesso motivo era attratto da quei perfetti esempi di rettitudine che erano suo fratello e Morien. No, forse Morien era un paragone sbagliato. Sembrava un perfetto esempio di rettitudine storto con la forza da mani malvagie. O forse era tutto nel suo sangue. Era impossibile pensare che nelle vene di quella creatura, potesse scorrere il sangue dell'elfo, allo stesso tempo migliore e peggiore che avesse mai abitato la Terra di Mezzo. E inoltre, anche se con scarso risultato non avea fatto altro che mentire, per tutto il tempo.

Avrebbe dato tutto quello che possedeva per essere nato diverso. Anzi, per essere nato normale. Sarebbe nato a sud, forse in un villaggio di quegli uomini dai capelli biondi di cui Reimer andava tanto parlando. Avrebbe avuto tre figli maschi, dopo essersi sposato con una bella donna, dagli scompigliati capelli biondo grano e gli occhi blu. Avrebbe avuto il suo fazzoletto di terra e coltivato maiali e mucche. L'immagine di se stesso tra maiali e mucche lo fece sorridere. Ed avrebbe vissuto così, fin quando la morte non se l'avesse portato lontano. In effetti in più di un'occasione aveva pensato a qualcosa di simile. Un po' come aveva fatto Reimer, ogni volta, recandosi alla locanda tra le montagne. Rise di nuovo, rendendosi conto che il suo era un desiderio infantile e, soprattutto impossibile da realizzarsi. E si chiedeva come potesse la gente reputarlo tanto freddo e calcolatore, dato che l'unica cosa che gli faceva sembrare questo sogno così impossibile erano i suoi compagni. In realtà, era innegabile, non avrebbe mai potuto lasciare nessuno di loro. I suoi compagni, che erano poi, tutto ciò in cui era certo di credere.

Era notte ed in quel momento un ramo sbattè sulla sua fronte, riportandolo alla realtà.

'Perchè diamine ti sei allontanato dagli altri?' si disse pensando che il suo obiettivo primario, fallito, era quello di non pensare. Trasse un profondo respiro e, tirando le briglie, ordinò al suo cavallo di andare più velocemente.

Forse non si sarebbe mai ricongiunto con se stesso, alla fine di una galleria buia. Ma adesso non importava. Qualunque cosa fosse accaduta, non avrebbe rimunciato alla sua vita fragile.

Si voltò. Aveva percepito dei passi leggeri nella notte. Poi un tonfo. Di certo nom una creatura adulta. E non un'elfo.

Talmaye ordinò al suo animale di avvicinarsi lentamente. Sfoderò la sua lunga lama.

La bambina cadde riversa all'indietro.

Evidentemente fuggiva da qualcosa.

I perduti occhi verde acqua fissarono Talmaye.

“Chi sei?” Chiese l'elfo

“Non è importante chi sono io.” l'elfo rimase impassibile.

Talmaye avvicinò la lama al colla dell'esserino biondo. “l'importante è chi sei tu” concluse la bambina

“La tua vita è in mio potere; percui se è qualcuno di importante a mandarti, identificati” rispose Talmaye.

“Tu sei Talmaye, vero?”

L'elfo si allungò ad osservare meglio la bambina. Il naso dolce e le labbra sottili. La pelle bianca sporca di terra. Ed i suoi occhi.

Avrebbe dovuto ricordarsi di non guardare i suoi occhi. Talmaye tremò.

“Come conosci il mio nome?”

“Tutti lo conoscono”

“La mia fama è oscurata da quella dei miei superiori”

“E' vero, ma se la tua è grande la loro è enorme”Talmaye sorrise.

“Cosa vuoi da Leannel?” chiese

“Io?Io...” la bambina rimase perplessa “devo dirle delle cose. Mi hanno mandato quelli della mia gente”

“Bene” Talmaye trasse un profondo respiro “io non mi fido di te. Ma ti porterò da Leannel”

la bambina esplose in un grande sorriso e salì goffamente sulla groppa del cavallo.

“Maledizione” mormorò Talmaye mentre una lacrima cadeva sul suo collo.



Leannel fissò per un istante il cielo che andava lentamente rabbuiandosi.

Con l'aiuto di Salmaye Reimer aveva terminato di montare le due tende. Morien li fissava con aria perplessa.

“Da quando in qua possiamo permetterci il lusso di dormire in delle tente?” disse. Reimer sorrise.

“Questa non è una missione come le altre. Possiamo prendercela con calma” rispose.

“va bene con calma ma tra noi c'è chi esagera” mormorò Salmaye, rivolgendosi chiaramente al fratello. Leannel rise.

“Conosci Talmaye. Arriverà. Saprà cavarsela” rispose Morien.

“Lo sa fare fin troppo bene” rispose Salmaye

“Penso che sarebbe meglio se te ne andassi a letto, Sal” disse Reimer. Morien rise. Salmaye si dimostrò ancor più irritabile di quanto avvessero previsto.

“D'accordo” gridò “ Me ne vado a letto. ma sappiate che io so che volete solo parlare tra di voi di qualcosa che non volete che io sappia.”

Salmaye si ritirò nella tenda posta alla destra del fuoco.

“Lo hai fatto arrabbiare” disse Morien.

“Si, è vero, cara la mia bambina” rispose Reimer. I due si avvicinarono.

“Già, cara la mia bambina. E' tardi e domani sarà una giornata difficile” disse Leannel, sorridendo, ironica. Morien le rispose con lo sguardo. Stupida, si disse. Salmaye avrebbe potuto essere ancora sveglio.

“Ti consiglio, cara la mia bambina, di andare a dormire” Reimer fissò Leannel pieno di uan rabbia divertita. Morien sbuffò ed entrò nella sua tanda.

“A volte mi chiedo” mormorò Leannel, sedebìndosi accanto al fuoco “come sia potuto venire in mente a qualcuno di mettere in mano un segreto del genere a due inetti come voi”

“Anche io me lo chiedo” rispose Reimer, facendo lo stesso. I due risero. Leannel rise più forte del normale.

“Che ti prende?” chiese Reimer

“Salmaye. E' così buffo”

“In effetti lo è” Reimer rise “ma resta il fatto che ha ragione”

“Pensavo fosse tuo compito darle sempre ragione” disse Leannel indicando la tenda dove dormiva Morien.

“Lo è. Ma solo quando lei c'è” Leannel rise di nuovo.

“Dovi pensi che si trovi?” chiese l'uomo

“Non troppo lontano. E poi Talmaye ha la pelle molto dura. Arrivarà prima dell'alba”

“Altrimenti?”

“Altrimenti sarà morto e tanti saluti alla missione”

“E soprattutto tanti saluti a noialtri”

Leannel si grattò la fronte. Non si era resa conto del pericolo cui andava incontro.

“Credi?” chiese. Reimer fece cenno di si col capo.

“A meno che non scappassimo. Ma non lo faremo..”

“No. Se accadesse una cosa del genere fa quello che non faresti mai”

“Di che parli?”

“La sciami indietro. Li rallenterei. E non ho paura della morte”

“Io” Reimer non era affatto perplesso. Ma non poteva risponderle di si. “Quei due non si lascerebbero portare via”

“No, tu non li porteresti via. Sei sempre il solito, Reimer”

“Ho l'odioso difetto di esistere. Comunque adesso non ci resta che sperare che Talmaye sia vivo”

Leannel trasse un respiro profondo “Sarebbe stata l'occasione perfetta di morire. Ci sarebbe stata guerra, onore ed eroismo. Ma non posso permettermi di perdere la vita di Talmaye per perdere la mia stessa vita”

Reimer sorrise. Rimasero in silenzio

“Dove dormirai questa notte?”

“Già dove dormirò. Siete stati gentili a non pensare a me” Reimer la fissò con aria interrogativa. “in ogni caso mi sembra chiaro che dormirò con voi due”Reimer la guardò allo stesso modo per qualche secondo.

“E' divertente vedere Morien fingere di non sapere quello che lei non vuole che io sappia.”

“Pensa che io avrei giurato che volessi mettermi i bastoni tra le ruote” ripose Reimer.

“Come sei Maligno. Comunque pensa che lo faccio con affetto”


Un cavallo giunse di corso, sapzzando via il fuoco.

Con un braccio Leannel, si fece scudo alle fiamme.

“Talmaye” gridò Reimer “Cosa stavi combinando?”

“Sono di fretta, Rei” rispose scendendo da cavallo “Sono di fretta”

Si guardò attorno. Vide Leannel. Poi fissò la bambina e si chiese, come aveva fatto a trovare lui e soprattutto come poteva sapere che Leannel si trovasse lì, dato che lui stesso ne era all'oscuro.

“Chi è?” chiese Leannel con freddezza, indicando la bambina

“Non ha importanza. Cercava te” Talmaye sospirò e , con aria distrutta, si avviò verso la tenda. Salmaye si era svegliato.

“Dove sei stato fino ad ora?”

“Non ti deve interessare” rispose Talmaye. “E non parlarmi, se puoi farne a meno”

“che ti prende?” ora Salmaye era ancora più disorientato

“Scusa. Non importa. Lasciami solo” Salmaye uscì dalla tenda. Erano anni che non vedeva suo fratello in uno stato simile. L'ultima volta che era successa erano entrambi poco più che dei bambini. Migliaia di anni prima. Quella volta il corpo di un elfo adulto, dai capelli neri era riverso sulla sua figura esile, imbrattata di sangue.

Talmaye stava piangendo.

Salmaye, ancora turbato dal veloce avvicendarsi degli eventi, si trovò fuori dalla tenda.

“Cosa sta...” mormorò.

Leannel, seduta su di un pietra, lo sguardo rivolto verso la bambina dai riccioli dorati, gli rispose con un debole cenno del capo. Intanto Reimer legava ad un tronco le briglie del cavallo di Talmaye.

La bambina bionda sorrise in maniera eterea, quasi inumana, e abbracciò Leannel. Poi il suo corpicino s'irrigidì. Aveva un pugnale bianco puntato nella schiena.

“Dimmi subito cosa vuoi se hai intenzione di portare a casa la vita” disse Leannel.

“Chi ti da la certezza che io voglia portare a casa la vita?” rispose la bambina. Leannel sgranò gli occhi grigi di stupore. Poi il suo sguardo s'indurì. Trasse un profondo respiro. Poi lanciò il suo pugnale a Salmaye. E, successivamente, la bambina.

“Sorveglaila” ordinò. Reimer la fissò mentre questa entrava nella tenda di Talmaye.



Talmaye sospirò.

“Che ci fai qua dentro?”

“Che ci fai tu” rispose Leannel “tu non piangi. Ricordi? Tu sei quello arido, Talmaye”

“Sei sicura di sapere cosa sono?” Talmaye rise “Perchè io no, Leannel”

Leannel sorrise.

“Allora stai piangendo davvero” mormorò

“Ti disturba?”

“No, Talmaye. Mi conosci. Io non rido quando qualcosa mi disturba”

“Lo so bene” Talmaye rise per qualche istante. Poi si sdraiò con la fronte rivolta verso l'alto.

“L'ho vista anche io Talmaye. Per pochi istanti ma l'ho vista”

“Cos'hai visto?”

“Quella luce. Quella luce negli occhi della bambina”

“Già, la luce. Una luce forte e persistente. Ma voi, ottusi, non vedete mai niente. Solo io posso vedere certe cose. E voi non vi rendete conto di quanto clemente sia stata la sorte nei vostri confronti” Talmaye gridò, cosa che Leannel, a parte durante qualcuno dei suoi rimproveri, non lo riteneva in grado di fare.

“Sta' tranquillo” disse Leannel avvicinandosi. “E vai avanti”

“Hai mai incontrato, Leannel una bambina bionda nel bosco? E l'hai mai fissata negli occhi? E cosa dicevano i suoi occhi, Leannel?

A me è successo. Ma nei suoi occhi era il niente. Nei suoi occhi era scritto Morte. Ed ero certo che solo io avrei potuto leggere quella parola” Talmaye gridò di nuovo. Ora piangeva più forte. Leannel strinse le sua spalle e poi lo abbracciò.

“Il mio piccolo” mormorò



“Chi sei tu?” mormorò Salmaye. La bambina sorrise.

“Potrei farti la stessa domanda” rispose la bambina. Salmaye si sentì colmo di rabbia. Guardò Reimer. L'uomo fece cenno di no col capo e Salmaye si tranquillizzò. Ma fu a lui, allora che Salmaye rivolse le sue domande.

“Secondo te chi è, allora?” chiese

“Non so. Di certo non è qui di sua spontanea volontà. Né perchè la sua gente è stata sterminata. Anzi giurerei che a parlare non è una bambina, ma qualcosa di più” rispose Reimer. Salmaye rimase ancora più perplesso.

“Questa creatura mi spaventa” mormorò. “Prendi il mio posto”

“Leannel l'ha lasciato a te perchè sa che non l'ucciderai”

“Ha ragione” disse la bambina, sorridendo. Reimer pensò che se fosse stato lui ad averla tra le mani, sarebbe già stata uccisa da tempo.

“Che hai fatto a Talmaye?” chiese Reimer.

“Io non gli ho fatto nulla. Ha fatto tutto da solo.”

“Immaginavo che avresti risposto qualcosa del genere” Reimer pensò che la bambina dovesse avere ragione. Talmaye era decisamente fragile, rispoetto al solito in quel lasso di tempo. Inoltre, quella bambina, o qualunque cosa fosse, aveva abbastanza potere da mettere anche Talmaye in difficoltà. Forse l'unico che sarebbe potuto scamparle era lui stesso.

Per una seconda volta Salmaye si sentì colmo di rabbia. Chi era? Cosa voleva da suo fratello? Si chiese perchè Reimer la stesse tenendo in vita. O perchè non le stesse facendo domande più esplicite.

Ma si rispose che sarebbero stati dei mostri se avessero fatto del male a una bambina.

Poi, un'altre domanda. Erano davvero certi che si trattasse di una bambina?


“Tu le chiedi chi sei, ma a me non lo hai mai chiesto. Chi sono io? C'è qualcosa di malvagio in me, Leannel. Qualcosa che non sono incapace di manovrare. Questo Talmaye che piange non sono io, hai ragione. È solo una pallida e malriuscita imitazione di te stesso. Tu non mi abbracci. Io ti tempo, per larga parte, come tuti del resto, ti temono. Ti stimo. E a volte, ho pena di te.” Leannel sperimentò nuovamente il suo totale odio per la parola pena. Trasse un profondo respiro. Non meritava di essere provato, un sentimento vile come la pena.Sorrise, certa che gli occhi di Talmaye comprendessero che il suo non era un sorriso sincero.

“A meno che Talmaye non sia morto, ed abbia lasciato un perfetto sosia di se; tu sei qui. Suppongo, allora di aver sempre conosciuto una pallida imitazione di te”

Talmaye rimase in silenzio. Poi parlò. E le sue parole furono taglienti come lame di bianco acciaio elfico.

“forse è così. Forse Talmaye ha trovato qualcuno di identico a lui. Talmaye è morto settecento anni fa. O forse non è mai esistito. È morto insieme a suo padre e a sua madre. L'unico della loro famiglia ad essere rimasto in vita è suo fratello Salmaye. Sono un'imitazione di me stesso. Chissà come sarei stato se fossi stato veramente me stesso.” Leannel fissò Talmaye. Poi rise.

“Questo non ha senso. No, non ne ha. Se tu avessi ragione significherebbe che io ho amato e conosciuto solo l'imitazione di te stesso. Quindi, l'imitazione di te , ai mieie occhi plebei, sarebbe te stesso. Sei il migliore di tutti quanti ne ho conosciuti.” sorrise. Talmaye si sentiva confuso. Ma Leannel era consapevole che adesso il suo subordinato avesse bisogno di riposare e pensare.

“In ogni caso” concluse Leannel “Chissà se il vero te stesso sarebbe stato migliore di te. Forse non l'avrei mai conosciuto. O magari sarebbe diventato solo uno sciocco ambizioso. Parlerò con la bambina. E forse sarà tuo fratello a metterti sotto torchio prima di domani”

Leannel uscì dalla tenda, lasciando che gli spessi teli di stoffa si chiudessero dietro di lei. In un istante la sua espressione cambiò. Il sorriso divenne qualcosa tra la stanchezza e la rabbia.

“Cosa gli hai fatto, eh mostro” si rivolse alla bambina “per ridurmi a fargli da madre”

Salmaye rimase in silenzio. Poteva essere chiamato stupido o in qualunque altro modo ma aveva creduto davvero che Leannel fosse diventata tanto sentimentale per il tempo che le era stato necessario. Lasiò che il suo sguardo si perdesse. Reimer, dal buio, sorrise. Leannel si avvicinò a Salmaye e con forzqa gli strappò di mano il pugnale. Lo puntò poi alla gola della bambina.

“Ora, maledetta, tu vieni con me” Reimer la fissò. Le chiese con gli occhi se aveva bisogno del suo aiuto. Leannel rispose di no, col suo.

Leannel afferrò la bambina per il polso. La portò con se nel bosco, poco lontano da dove si trovavano.

La bambina si sedette e Leannel si accovacciò davanti a lei. La donna fissò la bambina. Rimasero qualche tempo in silenzio.


“Cosa sta succedendo, rei?” chiese Salmaye

“Non ne ho idea. Ma fino a domani mattina non prenderla troppo sul serio.”

“Non prenderla..?” Salmaye si avvicinò all'altro e puntò la sua arma particolare contro il collo. “Mio fratello” disse “non piange da quando ha ammazzato nostro padre. Mi sembra il caso di prendere la faccend sul serio” gridò.

Reimer rimase impassibile. Nella sua impassibilità afferrò il braccio del suo allievo e lo portò dietro la schiena. Salmaye mugolò e lasciò l'arma a due punte cadere a terra.

“Che ti prende?” disse Reiemer, freddo.

“Niente va nel modo naturale”

“Non pejnsavo che i cambiamenti ti suggestionassero tanto”

“Io non posso sopportare che lei..”

“Allora è questo il tuo sciocco problema? La conosci. Non dirà mai 'gli voglio sinceramente bene'. Forse davvero non gli avrebbe detto certe cose. Ma in realtà gli vuole sinceramente bene. Ed è questo ciò che conta. Ora faresti meglio a calmarti”

Salmaye sospirò e si sedette. Ora si chiedeva soltanto cosa sarebbe successo.


Reimer si introdusse nella tenda di Morien.

“Che succede la fuori?” chiese lei

“Ancora non lo so. Ma ho l'impressione che accadrà qualcosa di importante, domani”

“Di bene in meglio. Non sono certa che ce la farò”

“Se non ne fossi certo non ti lascerei uscire di qui” Morien Sorrise.

“Quando torneremo a casa” disse, dando per certo che a casa sarebbero tornati “Voglio che tu mi porti a Nord, tra la gente mortale”

Reimer sorrise a sua volta

“Perchè mi chi9edi una cosa simile?”

“Tu non vorresti rivederli?”

“Vorrei. Ma dovremmo portare Leannel con noi”

“No, non lo faremo. Le diremo che ho bisogno di un cavallo”

“Non ci lascerà andare”

“No, se glielo chiedi tu. Ma non sarai tu a chiederle una cosa del genere. Voglio non dover essere un uomo.”

“Quella gente mi ama. Ma se venissero a sapere che sei un'immortale ti ucciderebbero”

“Lo sai qual'è il tuo problema? Non li ricordi. Negli ultimi tempi hai frequentato i mortali sbagliati” Reimer si avvicinò all'uscita della tenda. Le voltò le spalle.

“ Ti hanno mandato una lettera.” Morien Sospirò

“Dicono che hanno bisogno di te. Ma non ti lascio andare da solo” rispose.

Reimer uscì in silenzio dalla tenda. Morien respirava affannosamente. Lo amava davvero.


“Cosa ti è venuto in mente?” chese Salmaye al fratello, agitandosi in maniera irreale. Talmaye voltò il viso. “L'hai portata qui senza sapere niente! Che ne sai di cos'è? Che ne sai di quello che potrebbe farle? Ti dai tante arie, fratello, ma sai qual'è la verità? La verità è che non sai niente!Sei un incoscente e un idiota” Talmaye lo fissava con occhi insofferenti. Salmaye non era mai stato capace di parlare né di farsi capire. Era uno sciocco. Lui non sapeva niente. E in quel momento fu colto dalla rabbia. Spintonò il fratello a terra. Poi cominciò a prenderlo a pugni. Salmaye rispose velocemente, allo stesso modo. Dopo pochi istanti la tenda cadde sotto il loro peso, e i due fratelli, a loro volta, sotto il suo. La testa di Talmaye sbucò dalla stoffa grigiastra. Si chiese che cose gli fosse preso. Salmaye, un solco rosso sulla fronte, uscì poco dopo.

Nello stesso momento, Reimer, in piedi, rideva.

“Sei un idiota” disse Talmaye. I due si alzarono lntamente. Salmye cercò inveno di rimettere a posto la tenda. Reimer gli fece cenno che ci avrebbe pensato lui.

“Si, lo sei” mormorò Talmaye. Il fratello, adirato, lo colpì sulla spalla destra.

“Ne vuoi ancora?” mormorò.

Talmaye sorrise.

“Smettetela. Non dovreste essere più dei bambini”

Talmaye si sedette.

“Mio fratello è uno stupido. Non sopporto di essere corretto da uno stupido”

“Non parlare così. Non è una sua colpa” Talmaye, com'era prevedibile, rimase in silenzio e fissò Reimer.

“Tu non vuoi che capisca” disse Reimer.

Salmaye farfugliò qualcosa sul fatto che Talmaye era stato un incoscente. Reimer non l'ascoltò. Solo dopo qualche istante, disse

“L'ammazzaerai tu, non è vero Talmaye. E' per questo che l'hai portata qui”

Talmaye volse lo sguardo.

“Pensavo che non t'importasse della morte” intervenne Salmaye

“Infatti. La morte è sopravvalutata. Prima o poi tutti devono morire. Non importa il dove ed il quando. Camminiamo su miliardi di morti, se ci pensate. Tutta la terra di mezzo giace sotto i nostri piedi” sospirò “ma qualla è diversa. Morendo farà qualcosa di orribile. Senza ombra di dubbio la colpa sarà mia.” lo sguardo tenue, disilluso i Salmaye gli si rivolse. “Ora avrei soltanto voglia di fumare” mormorò.


Il sorriso di Leannel si dipinse di crudeltà, mentre lei, accovacciata, fissava gli occhi verdi della bambina.

“Allora, piccolo mostro, cosa cerchi?”disse. A bambina sorrise.

“Mostro?” rispose

“Si un mostro. Hai fatto cose che ritenevo impossibili.”

“Sono un mostro perchè sono un mortale? Voi elfi chiamate tutti noi mostri”

“Ti sbagli”

“nella tua lingua il mio accampamento si chia ma 'figli del fuoco'.noi siamo i figli del fuoco. Trentacinque figli del fuoco pronti a farvi fuori tutti” Leannel si trasse all'indietro.

“I mortali non ci attaccano. Ci trovano divini. Menti. Chi sei?”

“Questi sono uomini come non ne hai mai conosciuti. L'hai vista la mia pelle? Questi sono uomini del sud. Uomini traviati. Non pregano la tua stessa divinità. E come raramente accade, la differenza non è solo nel nome della loro. Ci sono molte cose che riterresti immorali in questa divinità”

quel registro non si addiceva ad una bambina. Era davvero un mostro.

“E cosa vogliono dalla mia gente?”

“Non vogliono la tua gente o Bosco Atro. O almeno non ancora. Ma la loro divinità vuole te. E ti avrà. In un modo o nell'altro vedrai che ti avrà”

La bambina sorrise. Leannel la fissò. Non era possibile. No, non lo era. Non voleva crederci.

Eppure sembrava che gli occhi della bambina si stessero tingendo di azzurro. Non solo d'azzurro. Anche di grigio. Quegli occhi erano diventati di un grigiore, una tristezza profondi. Sembrava che quegli occhi fossero diventati i suoi.

Leannel si trasse all'indietro, perse l'equilibrio e cadde.

La bambina sorrise.

Leannel si alzò di nuovo. Si, la bambina era la stessa. Nulla era cambiato in lei. Eppure Leannel sentiva che non si era trattato di un vaneggiamento.

Sospirò.

“Tu non meriti assolutamente di vivere” disse la bambina ridendo. Leannel la fissò per qualche istante. Solo dopo pochi istanti si rese conto di averla schiaffeggiata. Le sfuggiva il controllo degli eventi. Le sfuggiva il controllo delle sue azioni. Leannel non lo sopportava. Afferrò con quanta forza potesse il braccio sottile della bambina e la trascinò con se. La bambina gemette.

“Dovresti parlare con più cautela” disse Leannel

“Tu non mi conosci” mormorò la bambina bionda.



Salmaye era crollato in maniera sovrannaturale sotto il peso del sonno. Reimer pensò che chiunque sotto il peso di una tale pressione emotiva, sarebbe rimasti perlomeno ferito. Evidentemente Salmaye evadeva anche da questa sua logica.

Talmaye fissava il vuoto. Reimer odiava quei momenti, quando le parti restavano sfalzate. E Leannel era costretta ad essere forte e Talmaye a pensare a qualcosa all'infuori di se stesso.

E come sempre, Morien era l'unica ad interpretare alla perfezione il suo ruolo.

l'inetto era solo lui, alla finfine. Leannel non si vedeva ma la cosa non lo preoccupava in maniera esagerata. Leannel sapeva cavarsela meglio di chiunque altro. I situazioni del genere si chiedeva come potesse essersi talvolta rivelato in maniera tanto protettiva nei suoi confronti. Capiva la pena, ma non la paura.

In realtà Leannel era erestava forse il miglior guerriero che avesse mai incontrato.

O forse, in realtà, anche lui stava fuggendo al suo ruolo. Anche lui stava fingendosi indifferente. Sarebbe risultato un incosciente, alla fine.

Si, vi stava fuggendo. Se, come diceva Talmaye la felicità, come l'eternità e la perfezione, non esistevano, allora cos'era quello stato di torpore?

Se l'amore non esisteva neanch'esso, cosa provava? Reimer socchiuse gli occhi e rise. Quello non era se stesso. Avrebbe tanto voluto riuscire a tornate ad interpretare la sua parte da solitario, burbero, serioso viandante immortale del Nord. Un ruolo tanto affascinate. Si trovava piuttosto stupido, preso dalla foga di proteggere la sua donna.

Talmaye lo fissò e Reimer si distolse dai suoi pensieri.

Talmaye era uno di quelli che amavano 'trarre delle conclusioni'. Delle conclusioni infinitamente soggettive. Ma da queste conclusioni ricavava quelle che credeva essere l'essenza della verità.

“Stai pensando a me, non è vero?”

“Si” rispose Reimer, convintosi del suo ritorno all'ermetismo.

“A me e alla felicità” Reimer lo guardò con sguardo interrogativo. “I tuoi occhi, cambiano espressione. Da un certo momento in poi basta impararvi a memoria.”

Già, questo lo aveva dimenticato. Talmaye non pensava che conoscere gli altri fosse impossibile, dato che era impossibile conoscere se stessi. Forse il contrario. Talmaye riteneva che tanto meno si conosceva se stessi, tanto più si conoscevano gli altri. Ed in effetti era il suo esempio.

“Da quanto tempo è che non torni laggiù, a Sud” disse Talmaye

“Un po' di tempo.”

“Quindi non ci sei più tornato da quando andasti con mio fartello” Reimer annuì “Non ti credevo capace d mantenere una promessa”

“Una promessa che tu non hai mantenuto” rispose Reimer

“no, nel mio caso non si trattava di proposta. Nel mio caso si trattava di un buono proposito. Ed io non sono fatto per i buoni propositi.”

Reimer rimase in silenzio per qualche tempo. Poi parlò.

“Cosa pensi che succederà?”

“Penso che moriremo tutti. Tutti quanti. Anzino. Tutti tranne Leannel che, disperata si toglierà la vita. E quella bambina mangerà le nostre anime” Talmaye rimase in silenzio. Poi rise. Rise fragorosamente. Reimer fece lo stesso. Eppure provò pena perchè nlle risate di Talmaye erano delle lacrime.

“Non sono bravo a fare l'ottimista.”

“No, decisamente non lo sei”

“Non saranno nemici stupidi. Non orchi”

“Come lo sai?”

“Lo sento nell'aria. Odore di bruciato. Gli orchi non mangiano carne cotta”

“Si, hai ragione” Reimer rispose sorridendo.

“Che sucecde a Leannel?” chiese Tlmaye.

“Non lo so. Arriverà, in ogni caso. Tu va' a letto. E' sinceramente tardi”

“E tu, non dormi?”

“Io devo proteggerla”

“Ma non hai quanlcuno di nuovo da proteggere?”

“Non lo so. Un giorno mi chiederanno di scegliere. Probabilmente morirò, quel giorno”

“Io morirò quando mi infileranno una freccia nel petto”

Reimer sorrise. Talmaye si legò la foltà chioma di capelli neri in una coda. Si allontanò dal fuoco. Si avvolse nelle coperte calde e si addormentò.

Reimer, rimasto solo, si avvicinò alla sua borsa traendone, qualche forglia di tabacco. Ne annusò in profumo. Solo successivamente ne trasse la pipa. Erano stati utili, infondo, tanti viaggi. Conoscere la gente giusta era utile per un immortale. Con una pagliuzza rovente accerse un fuoco leggero nelle piccola coppa di legno, il fuoco si spense emanando un leggero alone di fumo. Il profumo di tabacco riempì le narici di Reimer, e ne impegnò i vestiti.

Reimer trasse il suo primo respiro ed espirò lentamente. In quel momento, al margine del bosco Atro, Reimer, il maledetto, si chiedeva quando la sua vita sarebbe finita.

Tra una vampata di profumato fumo caldo e l'altra si chiese quando, dove e perchè, la sua vita avrebbe terminato di esistere.

Il suo pensiero tornò a Leannel. In effetti talmaye aveva ragione. Leannel avrebbe già dovuto essere tornata. Si disse che forse era meglio così. Le stelle brillavano nel cielo blu scuro. Non avrebbe mai più potuto fumare dalla sua pipa in legno di quercia, da lui stesso intagliata, in un posto simile.

Poi, per la prima volta si rese conto che gli mancavano i suoi monti. Gli mancava il suo re, anzi i suoi re, che cadevano come foglie da un ramo. Morien non aveva mai capito la sua stessa situazione o forse non aveva mai voluto capire. Forse l'amava per questo motivo. Forse per questo motivo sarebbe morto per lei.supplicò a se stesso di non pensare e di riuscire a godersi un moemnto tanto prvilegiato. Nonostante detestasse questa oerte di se, Reimer era un uomo molto pacifico, in fin dei conti.



Leannel tornò lentamente verso le tende. Era tardi. La notte era più buia di come l'avesse lasciata. La bambina, leannel non sapeva se aveva mentito, era caduta adormentata. Due domande. Due risposte.

No, il male non era quella bambina;

E si, il male era la divinità di cui parlava. E forse quella stessa divinità, stregone del male o qualunque cosa di cui si trattasse, l'aveva soggiogata e mandata contro Leannel e i suoi.

Leannel trasseun respiro profondo. Fissò la bambina che teneva in grambo. Per una volta sperò che Talmaye si sbagliasse. Quella bambina non meritava di morire. Almeno quel corpo di bambina. Leannel vide da lontano

l'accampamento. Il fuoco andava spegnendosi da solo, come piaceva a Reimer.si tolse il suo bel amntello verde scuro e lo avvolse attorno alla bambina. I riccioli biondi caddero e sfiorarono il terreno, mentre Leannel lasciava che si coricasse. si sedette attorno a quel che restava del fuoco.

“Pensavo che non saresti più tornata” disse Reimer, alle sue spalle.

“E, invece guarda, sono qui”

“O perlomeno pensavo che sarebbe tornata una sola di voi due”

“Ti sbagliavi. Ammettò però che l'idea di ucciderla mi ha sfiorato”

“Non dovresti sottovalutare la tua emotività. A volte portebbe rimanerti utile”

“Detesto la gente emotiva”

Reimer mugolò.

“No, non è vero” rispose.

Reimer lanciò della legna sul fuoco. Poi smosse la brace. Il fuoco tornò vivo.

“Sei bellissima” mormorò. Leannel sorrise. Poi lo ammonì con lo sguardo.

“Lo so” rispose

“Non lo avresti mai potuto fare” disse Reimer

“Cosa?” chiese Leannel

“Non avresti mai potuto deturpare e corrompere il tuo viso. In realtà ti piace essere bella”

“E a te piace parlare”

“Oh, si” risero.

“Che hanno combinato. Perchè la tenda è a terra?”

“Si sono picchiati”

“Si sono” Leannel scoppiò a ridere “Si sono piacchiati!”

“Si” rise anche Reimer “ e tu non li hai visti”

“Non avrei dovuto perdermeli”

“Già”

rimesero in silenzio.

“A te piace così” disse Leannel “ti piace portare la discussione ad un punto morto. Ti piace mettere la gente a disagio”

“Le persone danno sempre il meglio quando sono a disagio.”

“Danno il meglio della loro insicurezza”

“A me piacciono le persone in sicure” di nuovo silenzio.

l'ha fatto di nuovo, pensò Leannel.

“Quando sarà, che moriremo, Reimer?”

“Non ancora. Del resto a che pro, morire?”

“Non mi sembra un discorso sensato.”

Reimer rise.

“Vai a dormire, Leannel” disse.

“Non ci riuscirei. Vai tu”

“D'accordo. In ogni caso quella là scapperà comunque” leannel comprese che si stesse riferendo alla bambina. Aveva ragione, forse.




  
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