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Autore: elyxyz    21/03/2014    31 recensioni
“Gaius! Aspettate! Cosa...?” esclamò il mago, squadrandolo come se fosse impazzito.
L’uomo ricambiò lo sguardo. “Perdonate l’ardire, ma... potrei sapere chi siete?”
“Sono
io!” sbottò allora, allargando le braccia “Gaius! Che scherzo è mai questo?!” domandò retorico, battendosi il petto. “Non mi ricono-” Merlin boccheggiò incredulo, accorgendosi di colpo del florido seno che stava toccando, e lanciò un gridolino terrorizzato. Fu per istinto che raccattò il lenzuolo e si coprì alla bell’e meglio.
Gaius se ne stava sull’uscio, sbigottito anche lui.
“Merlin?” bisbigliò alla fine, come se dirlo ad alta voce fosse davvero
troppo.
“Sì, sono io!” pigolò l’altro. “O almeno credo!”
“Che diamine ti ha fatto Ardof?!” l’interrogò l’archiatra.
(...) Merlin si coprì gli occhi con le mani, mugolando. “Come spiegherò questo ad Arthur?”
[Arthur x Merlin, of course!]
NB: nel cap. 80 è presente una TRASFORMAZIONE TEMPORANEA IN ANIMALE (Arthur!aquila) e può essere letto come one-shot nel caso in cui vi interessi questo genere di storie.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Prima stagione, Contesto generale/vago
Capitoli:
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SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON contiene/conterrà volutamente alcuno spoiler della quinta stagione; eventuali coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e succederà in capitoli che ho già pronti)

SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON contiene/conterrà volutamente alcuno spoiler della quinta stagione; eventuali coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e succederà in capitoli che ho già pronti).

 

Linea temporale: Seguito diretto del capitolo precedente.

Fine estate del terzo anno dall’arrivo di Linette a Camelot.

 

 

Riassunto generale: Merlin è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?

 

Riassunto delle ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è morto, ma la sua maledizione non si è sciolta. Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va saldandosi sempre più… fino a quando, durante un agguato, lui non scopre che la sua serva è una strega e lei gli rivela che anche Merlin lo è: questa sconvolgente ammissione, ovviamente, cambia le carte in tavola e li porta ad un nuovo sodalizio in cui, finalmente, i due si confessano reciproco amore e cedono alla passione… Ma la gioia è breve, perché Merlin – contrariamente a quanto sperato – non è tornato in sé dopo essersi unito ad Arthur e quindi cede alla disperazione…

 

 

Dedico l’aggiornamento a chi ha recensito il precedente capitolo e invito i lettori silenziosi, se lo desiderano, a lasciare un segno (che è sempre gradito).

A DevinCarnes, Barby_Ettelenie_91, Rosso_Pendragon, FlameOfLife, Chappy_s girlfriend, chibisaru81, melleth, Grinpow, strangerinthistown, elfin emrys, Martolilla96, katia emrys, gialia96, Lucylu, chibimayu, Yuu chan, Ishimaru, Delfino97, saisai_girl, Tappoluna98, Emrys3103, Menma__, aria, Carmen_PS, misfatto, Raven Cullen, Yuki Eiri Sensei, principessaotaku97, Burupya, Little Fanny, Orchidea Rosa, Morganalastrega, sejamerthurshipper, smakina e Sheireen_Black 22.

E a quanti commenteranno (SE vi va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

The He in the She

 

(l’Essenza dentro l’Apparenza)

 

 

 

Capitolo LXXXV

 

 

“Dobbiamo parlare”, le comunicò, inflessibile.

La frase colpì la valletta come una sferzata in pieno viso, e le fece scendere un brivido freddo lungo la schiena.

 

Qualunque cosa Arthur avesse avuto da dirgli, Merlin era certo che non gli sarebbe piaciuta.

Lo capiva dal tono di voce, che non era arrabbiato, ma terribilmente serio.

E dall’espressione granitica, dai lineamenti contratti del volto.

 

Linette posò cautamente il vassoio della colazione sul tavolo, il principe non si curò neppure del gesto. Era come se quel cibo non esistesse, egli non prestò nemmeno attenzione al fatto che si sarebbe inevitabilmente raffreddato.

 

“Accomodati”, le ordinò, additando una sedia vuota, messa a distanza di sicurezza tra loro.

 

Lo stregone si chiese se l’erede al trono l’avesse predisposta appositamente lì, in quella posizione distaccata, solo per lui.

E, anche se la cosa lo aveva istintivamente ferito, poi ne fu quasi sollevato: era ancora smisuratamente forte il tumulto dentro al suo cuore e non avrebbe sopportato una vicinanza fisica ad Arthur; erano trascorse appena poche veglie e il corpo del principe era una presenza troppo vivida nella sua mente.

 

“Preferirei rimanere in piedi…” rifiutò, stringendo nervosamente le mani sul grembiule, lanciando uno sguardo di sottecchi per sondare le regali reazioni dell’Asino di fronte a quel diniego.

 

Arthur aveva una faccia lugubre.

Era ovvio che si fosse arrabbiato con Linette, trovandosi solo al suo risveglio. E forse l’avrebbe sgridata per quella che – ai suoi nobili occhi – era stata una fuga immotivata, ma

Ma Merlin non era pronto a sentire quello che uscì dalla bocca del principe.

 

“Abbiamo commesso un errore”, prepose il giovane Pendragon, gonfiando il petto e raddrizzando le spalle, con un’inflessione simile a quando doveva comunicare una missione fallita a suo padre, il re. “E me ne dolgo”.

 

Il mago si era arenato alla parola ‘errore’. E tale fu il suo stupore che le frasi seguenti sembrarono solo un ronzio indistinto che rimbombava nella sua testa senza vera comprensione.

 

“Gradirei che dimenticassimo entrambi ciò che è accaduto stanotte. È stato solo un madornale sbaglio”, continuò l’altra metà della sua medaglia, senza neppure attendere una sua qualche reazione. “È più saggio archiviare tutta la faccenda; se riprendessimo dall’inizio…

 

Co-cosa?!” farfugliò lo stregone, strozzandosi col proprio respiro.

 

No! Doveva aver frainteso, doveva

Arthur non poteva fare una colossale marcia indietro!

 

“Ti sto dicendo che, per me, la scorsa notte non è mai avvenuta. Abbiamo sbagliato a cedere al momento… perché in fondo non significava davvero niente. Niente di importante”.

 

Merlin sentì un nodo stringerlo in gola così forte da sentirsi soffocare, mentre le palpebre bruciavano come se la stanza fosse stata invasa dal fumo e le prime lacrime minacciavano di tracimare dalle ciglia.

Quindi aveva ragione.

Arthur si era incapricciato di Lin, e si era lasciato travolgere da quel sentimento; ma non l’amava e si era pentito di quello che avevano condiviso. In fondo… non si erano mai chiariti al riguardo. Il suo signore non gli aveva fatto né promesse né dato certezze.

 

Anche il mago non gli aveva detto “Ti amo”. Però gliel’aveva dimostrato e al principe era sembrato sufficiente.

E invece no. I fatti avvaloravano il contrario.

E i fatti avevano sempre ragione.

 

E tale era il proprio, sbigottito dolore che non si accorse di come, in realtà, anche il principe stentasse a contenersi, la voce roca, le mani strette a pugno così forte che le nocche erano illividite.

 

“Riconosco che per te le implicazioni della faccenda siano un po’ diverse. Ma fingeremo che non sia mai accaduta. Concorderai con me che questa sia l’unica strada percorribile”.

 

Questa scelta era annichilente. Ma Arthur sapeva che un giorno sarebbe stato re, e in quanto tale era consapevole che certe decisioni, pur facendo soffrire, andavano prese e portate a compimento.

 

Eppure la sua determinazione quasi vacillò, nel momento in cui i suoi occhi incrociarono quelli sconvolti di lei.

 

Le stava facendo un favore, quindi avrebbe dovuto sentirsi lui ferito e arrabbiato. Non il contrario.

Ma la verità era che il nobile la preferiva adirata piuttosto che triste. E quella faccia smarrita e dolorosa di Linette era una cosa insopportabile per lui, gli stringeva le viscere aggiungendosi al proprio dolore.

Invece doveva farla reagire, a costo di mentire, a costo di farle saltare i nervi.

Se si fosse sfogata, forse sarebbe stato meglio. Lei avrebbe trovato la via per buttare fuori la vergogna e il dispiacere, no?

 

“Gradirei che ti degnassi di rispondermi”, la rimproverò, imponendosi durezza. “Sei diventata improvvisamente sorda?!” la provocò, attingendo all’antica altezzosità.

 

“No, Arthur, no!” sbottò, esasperata, la valletta.

 

Sire”, la corresse lui. “Sire, oppure Maestà, o Vostra Altezza”, precisò. “È così che ti devi rivolgere a me. NonArthur’”.

 

Merlin boccheggiò, preso in contropiede.

E pensare che, neppure un giorno addietro, quell’Idiota si era beato nel sentir gemere il proprio nome dalle sue labbra, gliel’aveva ansimato più e più volte, mentre raggiungevano il punto di non ritorno. Ma in quel momento andava bene, ora non più.

Era assurdo. Assurdo.

 

“Oh, suvvia!” eruppe quindi il mago. “Non fate l’Asino!”

 

L’espressione imperturbabile del principe lo stordì ancor di più.

“Ebbene? Fatemi capire: non posso chiamarvi per nome, ma posso darvi impunemente del somaro?

 

“Sì, esatto. Puoi. Perché lo facevi prima che…” succedesse quello sbaglio. “L’hai sempre fatto, del resto. Insolente sin dall’inizio”, si corresse. “Dubito che tu riesca ad imparare le buone maniere adesso”.

 

Ma io…”

 

Linette non gli stava certo rendendo le cose più facili.

“Ti sto chiedendo – ti sto ordinando” rettificò “di tornare come allora. Al punto esatto in cui sei entrata nella mia vita. Potrebbe essere un inizio”.

 

“È pura follia”.

 

“Puoi scegliere di andartene”.

 

Merlin indurì lo sguardo. “Sapete che non lo farò”.

 

Anche Arthur rafforzò l’espressione stentorea, sollevandosi in piedi per rendere più formale la propria affermazione.

“Allora non hai altra scelta”.

 

Voi!” ruggì il mago, azzerando le distanze. “Stupido, arrogante Asino! Voi non capite!” gli urlò contro, afferrandogli la casacca all’altezza del cuore per strattonarlo e farlo rinsavire.

 

“Oh, io capisco benissimo, invece!” ghignò, supponente.

 

“Vi ha dato di matto il cervello?!” ritentò lo scudiero, alterato. “Siete uscito di senno!

 

“Sei tu, quella che sta facendo la sciocca!” la sfidò, conducendola esattamente dove voleva che Lin arrivasse. “Avanti, sfogati! Colpiscimi! Così, forse, certe frivole idee ti passeranno di mente!

 

Si era aspettato l’ira di lei. E quando vide i suoi occhi di cielo diventare d’oro, seppe di aver fatto centro.

 

“Avanti, che aspetti?! Piagnucolona!” rincarò.

 

Di solito le donne reagivano strepitando un po’ – aveva assistito egli stesso a qualche scenata isterica, oppure gli era stato raccontato di qualche moglie infuriata – e se la sarebbe cavata con qualche graffio, al massimo un manrovescio dato per sfogo, o qualche pugnetto che il suo torace avrebbe sopportato con stoica rassegnazione.

Non era pronto al gancio destro che ricevette, improvviso e imprevedibile, e volò a gambe all’aria.

Massaggiandosi la guancia contusa con gli occhi sgranati dallo sconcerto, egli vide Linette rassettarsi la gonna stropicciata e poi rivolgersi a lui.

 

“Questo ve lo dovevo fin dal nostro primo incontro e spero che sia stato di vostro gradimento, Sire”, sibilò, con disprezzo.

 

Raccogliendo i cocci del suo orgoglio e del suo cuore infranti, Arthur si risollevò dal pavimento.

“Bene. Ora che ti sei presa la tua soddisfazione, siamo pari”.

 

Pari?, ripeté fra sé il mago, sarcastico. Un pugno non compensava certo la sua vita andata in pezzi. Neppure se avesse ucciso quell’idiota a suon di ceffoni, avrebbe trovato la giusta soddisfazione.

 

Ma c’è un’ultima cosa da chiarire…” riprese Sua Maestà, distogliendolo dai propri, amari pensieri.

 

Cos’altro?” buttò fuori, come se la misura fosse colma.

 

“Come ho detto poc’anzi, esigo che questa notte venga cancellata e quando… quando sarà il momento, riparerò al mio torto, esercitando il mio Ius Primae Noctis…”

 

Merlin spalancò la bocca, sconvolto. “Ma a Camelot non-”

 

Eppure Arthur continuò a parlare, come se l’altro non avesse fiatato.

“Ovviamente lo insceneremo solamente, però così non avrai leso il tuo onore di fronte all’uomo che sposerai. Non è usanza di Camelot, lo so, ma faremo un’eccezione”.

 

Lo stregone fremette, senza sapere se doveva essere più sconvolto, o indignato, o ferito, o Diosolosapevacosa.

 

“Hai qualcosa da dire, prima di chiudere questa storia?” concesse l’erede, scrutando la sua valletta.

 

Quale storia?, considerò Merlin, con sadica ironia.

 

“Sì. Una cosa ce l’ho”, sputò. Grattando poi il fondo della gola, perché la voce gli era uscita roca. “Con questa vostra gentilezza, mi avete appena fatto sentire come la più lurida delle puttane – e scusate se ho utilizzato un linguaggio a cui siete poco avvezzo, Milord”, lo sfidò, fingendo un inchino sarcastico. Poi riprese, prima che il principe replicasse. “Ma giuro su tutti gli dèi dell’Antica Religione che io” – Arthur sussultò, vistosamente, a quell’invocazione della serva – “rimarrò alle vostre costole fino alla fine dei miei giorni, o dei vostri. Prima, non vi libererete di me. Siatene certo!” ringhiò, sfidandolo ad affermare il contrario.

 

Era un patto solenne. Suo malgrado.

 

“Così sia”, cedette il futuro re, chinando il capo.

 

Bene”, stridé il mago, con cinica soddisfazione. Poi si prese il tempo di guardarsi attorno, come se quella stanza fosse diventata improvvisamente un luogo mai visto prima. Lo fece per riprendere possesso di sé, per cercare di calmare il battito forsennato del suo cuore impazzito, per tentare di placare quella nausea violenta che minacciava di fargli vomitare anche l’anima lì, sul pavimento, da un momento all’altro.

“Pulirò come sempre i vostri appartamenti. Ora intanto vado a fare il bucato”, disse Merlin, con finta calma, rendendogli noti i suoi progetti.

 

Pur essendo consapevole che l’altro stava sorvegliando ogni suo movimento e reazione, non si aspettava una vera risposta dal nobile padrone; quindi lanciò appena un’occhiata distratta alla colazione ormai immangiabile e si diresse al baldacchino, vittima incolpevole della sua ira.

 

Appena l’incantesimo fu pronunciato, le lenzuola si sradicarono violentemente dal letto e si appallottolarono con impetuosità tra le sue braccia.

 

Spesso Linette aveva usato la magia davanti al principe, per divertirlo, o fargli vedere che era innocua o positiva. Ma non oggi, oggi no. Oggi sembrava quasi una sfida. Una dimostrazione di forza. Un’imposizione.

 

La cesta vuota del bucato fluttuò a mezz’aria verso la strega ed ella lanciò dentro i tessuti, i ricordi, i sentimenti di quella notte – della loro prima volta – trattandoli come se non fossero stati nient’altro che ciarpame.

 

Poi, sbattendo fragorosamente la porta dietro di sé, uscì dagli appartamenti reali e andò a vomitare.

 

 

***

 

 

Fu una fortuna che quel giorno non vi fossero state in programma Riunioni del Consiglio.
Il principe dedicò ogni minuto e ogni oncia di energia all’addestramento dei suoi uomini, sfogando sui cavalieri e sulle reclute dei Pendragon il suo tormento interiore.

 

Sir Leon, suo fidato Braccio Destro, pur comprendendo presto che qualcosa non andava – l’erede al trono aveva lo stesso umore nero di un temporale estivo – non osò chiedere nulla.

 

In qualche modo, Arthur gliene fu grato, poiché quella fu l’unica concessione che quel giorno gli avrebbe donato.

 

Forse la mente no, ma almeno avrebbe tenuto il corpo occupato, si disse il giovane Pendragon, falciando sfidante su sfidante, stremando il proprio fisico.

 

Si era illuso che l’esercizio lo avrebbe aiutato…

 

Ma Arthur credeva di impazzire.

Se smetteva di concentrarsi sugli assalti e le parate, appena abbassava la guardia della sua ragione, la fantasia tornava raminga là, sempre là. A quella pelle bianca e morbida, a quei sospiri rubati, ai gemiti di piacere che le aveva strappato, che lo avevano inorgoglito e gonfiato d’amore per lei.

 

Rammentava le sue parole bisbigliate ad un passo dal precipizio.

 

E poi ricordava l’intraprendenza di Linette mentre lo svestiva.

Aveva ridacchiato della sua impudenza “Che ragazzaccia impaziente!” l’aveva blandita, mentre lei si muoveva veloce ed esperta – era il suo lavoro da anni, e sapeva farlo bene – ma in quel momento gli sembrava fosse passata un’intera vita e non solo poche ore.

 

Linette gli aveva fatto la linguaccia, sbarazzina e sfacciata come sempre, e poi si era lasciata ricambiare il favore e lui ne aveva approfittato, per far crescere la tensione, indugiando di proposito su ogni asola, su ogni bottone, sulle stringhe da allentare del corsetto, mentre la lambiva e la portava verso il limite.

 

Come avrebbe fatto a vivere, d’ora in poi, senza averla?

 

Pur nella sua evidente inesperienza, Linette era riuscita a donargli un godimento così intenso che neppure la più esperta delle meretrici aveva mai ottenuto.

I suoi tocchi – se il principe non fosse stato certo del contrario – sembravano sapere già come condurlo verso le vette del piacere più assoluto o nel baratro più profondo.

E il corpo di lei sembrava essere nato solo per accoglierlo, in un’armonia di movimenti così perfetta che pareva frutto di infinita esperienza insieme.

E invece quella prima volta sarebbe rimasta l’unica.

Incisa nella sua mente. Così dolorosamente perfetta.

 

 

***

 

 

Merlin ringraziò ogni divinità del cielo per il fatto che Gaius non fosse stato presente a casa, quando vi fece ritorno.

Appena oltre la soglia, il mago lasciò cadere malamente la cesta della biancheria, che si riversò sul pavimento, ma egli non se ne avvide, mentre correva verso la propria stanzina e, insonorizzate le pareti con un incanto, liberava lo stomaco quasi vuoto nel catino e poi si accasciava sul proprio letto soffocando i singhiozzi contro il cuscino.

 

Se Merlin chiudeva gli occhi, veniva investito da tutti i frammenti dei ricordi, ancora troppo vividi nella sua mente.

Sentiva sulle labbra i baci leggeri di Arthur. Le sue rassicurazioni sussurrate bocca contro bocca.

La tenerezza dei suoi gesti, l’affiatamento che li aveva coinvolti, le mappe immaginarie che avevano tracciato in punta di dita sui rispettivi corpi, l’intimità che avevano condiviso…

Rammentava con dolorosa precisione la consistenza dei suoi muscoli sodi e scattanti sotto le proprie mani, lo sguardo con cui gli chiedeva una conferma, prima dell’irreparabile passo, il modo in cui l’aveva distratto dal bruciore, l’ondeggiare del suo bacino contro il proprio, i suoi versi rochi e sensuali, il guizzo della sua lingua insolente e scandalosamente lussuriosa…

 

Quella stessa lingua che aveva pronunciato quelle terribili frasi. Stiletti conficcati nel suo cuore sanguinante.

E il piacere andava a mescolarsi al fiele delle parole crudeli del principe.

 

Arthur aveva rinnegato ogni cosa. Aveva sminuito e dissacrato la loro unione.

Come aveva fatto, Merlin, a non accorgersene per tempo? Perché aveva voluto essere così cieco?

 

Per tutta la giornata, appena abbassava la guardia, appena la mente perdeva la concentrazione di quello che stava facendo, essa – malefica – tornava là, ad attingere alle memorie dolorose di quella notte maledetta.

 

 

***

 

 

Quando Arthur fece ritorno dagli allenamenti, trovò il letto perfettamente rifatto e il bagno caldo che lo attendeva, ma di Linette non v’era traccia.

Fu Gaius stesso a venire ad avvisarlo che la sua valletta personale era indisposta e che non poteva presentarsi al suo servizio.

 

Comprendendo le reali motivazioni di quella defezione, il principe non fece una piega.

Non si chiese neppure se il medico di Corte sapesse la verità dei fatti, o se si fosse semplicemente limitato a mentire per coprire l’assenza della sua protetta.

 

Il giovane Pendragon le fu quasi grato per quella bugia – che forse, invero, del tutto bugia non era.

Probabilmente Lin stava male realmente, ma il suo male non era fisico. Semplicemente, non voleva vederlo.
Ugualmente, anch’egli sentiva il bisogno di starle lontano, di avere il tempo per ricucire le ferite del proprio animo e averla sott’occhio come sempre avrebbe reso impossibile la sua guarigione.

 

Arthur sapeva di aver usato parole dure con lei e quasi certamente di averla ferita, ma se Linette si era pentita di essersi concessa a lui – come egli riteneva –, la cosa migliore da fare era assecondare la scelta della sua valletta, facendole credere che anche lui si era pentito, e sminuendo il tutto, di modo da farla sentire meno colpevole.

Il principe la conosceva abbastanza da sapere che quella era l’unica via percorribile.
Se le avesse detto quanto il suo ripensamento – quell’assurdo voltafaccia, il pentimento, le lacrime sul letto – lo aveva ferito, la strega ne sarebbe uscita mortificata e i suoi sensi di colpa non le avrebbero mai, mai dato pace. 

 

E lui, che ugualmente l’amava con tutto se stesso, non voleva cagionarle questo.

Il suo animo di cavaliere era pronto al sacrificio e, per il bene di Linette, avrebbe cercato di dimenticarla, uccidendo, a poco a poco, i sentimenti che provava per lei.

 

 

***

 

 

Quando l’erede al trono aveva congedato l’archiatra, ambasciatore della propria figlioccia, le aveva concesso cinque giorni di permesso. Un tempo che riteneva ragionevole per entrambi.

 

Ma allorché essi finirono, subentrò la scusa della sua infermità mensile – che sembrava essere giunta con un’esattezza quasi sospetta.

 

E dopo che anche il Buffone se ne fu andato, del ritorno di Linette non v’era traccia.

 

Per i giorni a venire, l’ancella risultava ufficialmente indisposta – questo gli era stato riportato da un contrito Gaius –, ma ella andava ugualmente a cogliere erbe per il suo mentore, consegnava per lui le medicine ai vari pazienti del castello, lo aiutava in qualità di sua assistente come aveva sempre fatto, e come Merlin, prima di lei.

 

Lei era malata solo per Arthur e come valletta reale.

 

I primi dì, il nobile Babbeo aveva giustificato quel comportamento come un atto lecito da parte della sua serva.

Forse Lin voleva punirlo a modo suo, ma anche a lui andava bene quel temporaneo distacco. A volte egli si mentiva convincendosi che, non vedendola, sentiva meno i crampi di sofferenza dentro al cuore e allo stomaco. Ma non era vero.

 

Con l’andare dei giorni, però, le cose non erano affatto migliorate e la mancanza di lei – dei suoi sorrisi, della sua impudenza, della sua sola presenza – erano un dolore costante a cui si imponeva di non cedere.

 

Ad ogni buon conto, il principe riconosceva a Linette la straordinaria abilità dell’essersi resa invisibile.

Forse lei aveva usato qualche incanto, ma dal giorno del loro infausto colloquio non era più riuscito ad incrociarla, neppure per sbaglio, né fra i corridoi del maniero né nei luoghi che abitualmente entrambi frequentavano.

Ovviamente, egli s’era ben guardato dal correre alla fonte del problema: il laboratorio di Gaius era considerato dall’erede alla stregua di un terreno paludoso e infido, una trappola mortale in cui non avrebbe mai messo piede di sua iniziativa.

 

Il fatto che lei si negasse lo feriva, ma piuttosto che risolvere la cosa egli preferiva crogiolarsi nel proprio tormento e sfogare il conseguente malumore sui suoi sottoposti, dedicando ogni energia ai propri regali doveri.

 

 

***

 

 

“L’acqua del bagno era a malapena tiepida e la mia corazza non era lucida! Voglio che ci si possa specchiare, idiota!” ruggì il principe, esprimendo il proprio malcontento verso il povero valletto che lo assisteva nei suoi bisogni, lanciandogli contro un fermacarte a portata di mano. “E ora vattene, o ti farò fustigare!” minacciò.

 

S-sì, Maestà! S-subito, Maestà! S-scomparirò all’istante, Maestà!” Il giovane fece un mezzo inchino che quasi gli costò un capitombolo e si precipitò alla porta, verso la salvezza.

 

Un istante dopo, tuttavia, Arthur sentì la soglia riaprirsi, col familiare cigolio.

 

“Che diamine hai dimenticato, ancora?!” ululò quindi, ingoiando il resto degli insulti quando si avvide che no, non era la testa dello scudiero quella che spuntava dall’uscio, bensì quella della sua sorellastra.

 

“Abel stava correndo come se avesse avuto un’orda di Barbari alle calcagna!” gli appuntò, fingendosi impressionata, annuendo alla volta del corridoio.

 

“Si chiama Anton”, la corresse il principe, per puntiglio.

 

“Oh, no!” Morgana non si sforzò neppure di trattenere un sorriso saputo. “Anton era il valletto di due giorni fa. E Brian quello di tre giorni fa. E Steven era il precedente, e prima ancora-

 

“D’accordo. Ho capito l’antifona”, tagliò corto l’erede al trono, sbuffando. “Sono molto impegnato; quindi ti pregherei di essere celere nel riferirmi il motivo della tua inattesa visita”.

 

“Hai spaventato Abel a morte…” considerò la dama, ignorando volutamente l’ordine implicito del principe.

 

“È un incompetente!” si difese il nobile, afferrando la penna d’oca con fin troppa energia, scribacchiando qualche parola a caso su un pezzo di pergamena, per corroborare la sua farsa sull’essere impegnato. “Forse è pretendere troppo, in questo castello, che un servo sappia fare il proprio lavoro?!

 

“Dov’è Linette?” gli chiese sua sorella a tradimento, mentre lui si fingeva impegnato con un altro scritto.

 

“È a casa sua, da Gaius”, replicò il principe, senza guardarla.

 

“E perché mai…?”

 

Dev’essere indisposta… o una cosa del genere…” aveva liquidato in fretta.

 

“Il suo male non è fisico, Arthur. Che diamine le hai fatto?” s’infervorò la nobildonna, sbattendo le dita ingioiellate sul tavolo, affinché il fratello le dimostrasse la giusta attenzione, senza svicolare.

Gwen mi ha riferito che è molto preoccupata per lei… Linette è triste, pallida, sembra persino smagrita…

 

Il nobile sussultò, a quelle parole, mentre il suo sguardo tormentato e colpevole si specchiava in quello verde di Lady Morgana.

 

“E tu non sta meglio di lei. A quanto vedo”, considerò la donna.

 

“Morgana…” soffiò il principe, come se gli costasse un’infinita energia di cui non disponeva.

 

“Non mi devi spiegazioni, Arthur”, lo tacitò. “Solo…” tentennò. “Solo, risolvi questa cosa con lei, d’accordo? È per il bene di entrambi…”

 

Dopo averlo visto annuire, la castellana se ne andò.

 

 

***

 

 

Ma lei non poteva sapere che, in quello stesso momento, Linette era stata convocata dal re in persona, nelle proprie stanze private.

 

“Che cos’ha mio figlio?” aveva esordito il sovrano, senza tanti preamboli, sondando l’ancella con malcelato astio.

 

Cosa intendete, Sire?”

 

“Chiunque può notare quanto sia nervoso, stanco, irritabile, distratto… Ha delle occhiaie da far spavento ad un orso!”

 

“Il principe si applica duramente per assolvere ai suoi doveri di erede al trono, Mio Signore. Forse è solo un po’ di stanchezza accumulata, a causa dell’eccessivo impegno. Provvederò a chiedere a Gaius un buon ricostituente per lui…” suggerì, conciliante.

 

Ma… cosa lo turba?” domandò inaspettatamente il re.

 

Merlin parve sconcertato.
I-io non… non c’è nulla, Maestà”.

 

“Oh, avanti! Sono suo padre e non sono cieco!” sbottò il sovrano, stringendo i pugni fino a fare scricchiolare la pelle dei guanti che indossava. “Capisco quando qualcosa preoccupa mio figlio!”

 

“Beh…” lo stregone si sentì in colpa a mentire, ma era l’unica occasione per uscirne vivo da lì. “I delegati in arrivo lo preoccupano molto, così come il destino di Lady Morgana e il suo imminente matrimonio…”

 

Uther non parve sorpreso che lei sapesse i particolari di una questione tanto delicata.

Ma tacque e annuì.

“È molto legato a lei, anche se non lo dà a vedere”.

 

“Sì, Maestà”, assentì l’ancella.

 

“Bene. Puoi andare”, la licenziò. “Ma se notassi dell’altro, avvisami immediatamente”.

 

“Sarà fatto, Vostra Altezza”, rispose Merlin, con un inchino, uscendo da lì.

 

Ma la faccenda era tutt’altro che risolta

 

 

Continua...

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio alla mia kohai e a Laura, che subiscono le mie paranoie. X°D

 

Note: D’accordo. Penso sia chiaro che stiamo toccando il fondo, perché la medaglia si è incrinata. Di buono c’è che l’agonia sarà breve, visto che manca poco alla fine, no? XD

 

Ok. Quindi qui capiamo che l’amore del principe è sincero e profondo per Lin (anche se, va ribadito, Arthur ama Linette perché in lei vede ciò che amava di Merlin). Solo che, a causa del malinteso, anch’egli deve fingere. È un idiota, ma un idiota cavalleresco!

 

S’è capito il perché del pugno di Merlin, vero?

 

Sullo Ius primae noctis ho trovato notizie discordanti.

L’espressione Ius primae noctis (dal latino, letteralmente diritto della prima notte) indicherebbe il diritto di un signore feudale di trascorrere, in occasione del matrimonio di un proprio servo della gleba, la prima notte di nozze con la sposa.

Questa era una pratica utilizzata in diverse civiltà antiche, come quella mesopotamica e tibetana, ed esistono varie leggende al riguardo. Tuttavia, non vi sono fonti storiche certe che garantiscano la consuetudine in epoca medievale.

Se e quanto lo ius primae noctis fosse effettivamente diffuso, e in quale misura i signori feudali ne facessero uso, è stato argomento molto discusso. (Info prese da Wikipedia e siti vari).

 

Ehmm… non è molto lusinghiero che Arthur paragoni l’abilità di Linette considerandola migliore di una scafata meretrice. XD

Ma, dal suo punto di vista, era una apprezzamento sincero. È segno di una chimica profonda.

So che sembra strano ma, diciamocelo, è risaputo che un maschio sa come dare piacere ad un altro maschio… quindi Merlin, benché da tre anni sia in un corpo diverso, non ha scordato come adempiere a certi doveri. XD

 

Il rating arancione non permette una lemon esplicita. Ad ogni modo, e in tutta sincerità, ho preferito aspettare per dare la giusta importanza al vero merthur, cioè quando entrambi sapranno esattamente chi hanno di fronte e chi stanno amando.^^

 

Nel caso vi siano rimasti dubbi, chiedete pure! ^^

 

 

Precisazioni al capitolo precedente e domande varie: (a random)

- Allora… sono contenta di avervi stupiti con la scena del bacio! A suo tempo, avevo detto che avrei cercato di non essere scontata!

- È interessante che metà di voi fosse convinta che la maledizione si sarebbe sciolta con la ‘notte di passione’ e l’altra metà era certa di no. *_*

- Se Merlin fosse tornato in sé lì, nel letto, ci saremmo giocati la sanità mentale dell’Asino! XD Immaginate che shock?!

- Merlin è consapevole di non essere stato solo un divertimento’ per Arthur, ma crede che per il principe ci sia solamente una forte attrazione, una sbandata colossale, se vogliamo, ma non vero amore, o quantomeno… non forte come il suo.

- Sono due idioti, sì, perché hanno rotto tutto su un malinteso!

Arthur è innamorato di Merlin, da un sacco. Solo che non lo ammette. E amare Linette è come amare Merlin, per lui, perché sono dannatamente uguali, e in più lei è una donna e lei è lì con lui, mentre Merlin è chissà dove e forse non lo ricambierà...

Ma è Merlin che ha frainteso le parole del drago, e quindi si aspettava una cosa impossibile. Manca un passaggio fondamentale che Merlin ha saltato. Senza questo, anche se lui potrebbe aver avuto la giusta intuizione, la maledizione non si romperà!

- A domande specifiche, ho risposto direttamente sotto la recensione.

 

 

Vi metto BEN QUATTRO anticipazioni del prossimo:

 

Le mani di Arthur. La bocca di Arthur. La virilità di Arthur.

...Arthur...

 

Arthur...” gemette Merlin, risvegliandosi di colpo, ansante e madido.

Si mise una mano sulla bocca, spaventato dall’intensità delle emozioni che provava. Non sapeva neppure se aveva urlato quel nome solo nella sua testa o se gli aveva dato voce per davvero.

 

Ma quel dannato sogno – quel dannato ricordo – era così reale, maledizione!

 

(...)

 

Gaius si era ormai persuaso che il suo figliolo e l’erede al trono fossero destinati a qualcosa di unico e irripetibile – al di là delle convenzioni, al di là del perbenismo –, a qualcosa che, probabilmente, neppure loro avevano ancora capito, o accettato, appieno.

Forse era per questo che avevano litigato in modo così devastante.

Quando due facce della stessa medaglia si allontanano, l’equilibrio si spezza. Ma una metà non può rimanere senza l’altra; una da sola non ha ragione d’esistere, si disse, lanciando uno sguardo desolato alla porticina dietro cui stava il suo figlioccio e, contemporaneamente, indirizzando un pensiero altrettanto sconfortato al principe, ovunque egli fosse.

 

Che la strada verso Albion fosse lunga e tortuosa, l’anziano medico lo sapeva. Ma si dispiacque ugualmente per quei due giovani cuori, ancora una volta, ingiustamente, messi a dura prova dal Destino.

 

(...)

 

Erano mani curate, ma callose. Segno che era abituato al duro lavoro.

 

“Lei lo sa?” chiese Arthur, a bruciapelo.

 

Carl sbatté le palpebre, smarrito, ritrovandosi libero dalla presa del nobile.

Co-cosa?” tartagliò, incapace di raccapezzarsi.

 

“Linette lo sa?” insistette Sua Maestà, spazientito. “Sa che vuoi frequentarla?”

 

“Beh, n-no. Non ancora…” incespicò il servo, preso in contropiede. “Ho ritenuto giusto chiedere prima a voi…” motivò.

 

“E cosa ti fa credere che lei ti contraccambi?” lo interrogò, ancora.

 

Un inaspettato sorriso fiorì sulle labbra dello staffiere.

 

(...)

 

Arthur sussultò ugualmente, poi strinse i denti ordinandosi di non arretrare.

Chiudendo gli occhi, si lasciò invadere la mente da quel tocco lieve e gentile, dal profumo di lei – quanto gli era mancato! – dalla sua vicinanza.

 

Anche Merlin si sentiva turbato, ma si impose di non fuggire, mentre gli sussurrava un incantesimo di guarigione e la pelle martoriata guariva miracolosamente.

 

Solo alla fine, il mago si accorse che il principe gli aveva afferrato un lembo della gonna.

Come avrebbe fatto un bambino spaventato, temendo di essere abbandonato da sua madre.

 

“Mi dispiace. Non vi colpirò mai più”, si scusò, a sua volta, prendendosi finalmente il tempo di specchiarsi negli occhi che tanto amava, ora così lucidi e vulnerabili.

 

“Potremmo… ritornare ad essere amici? Sarebbe un buon inizio”, offrì il principe, come proposta di pace.

 

Ed egli annuì.

Per egoismo. Per necessità.

E perché gli accordi per il matrimonio di Morgana andavano conclusi prima dell’inverno.

 

 

Avviso di servizio (per chi segue le altre mie storie):

 

  • Ho trasformato la oneshot merthur modern!AU MpregThat’s wonderful (Our Little Miracle)” in una raccolta di momenti fluffosi tra Arthur, Merlin e il loro bambino e ho postato il cap. 2.
    (Se vi va di darmi un parere, lo apprezzerei molto!)

 

 

 

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