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Autore: Jude_InTheSkyWithDiamonds    21/03/2014    1 recensioni
" P-padron Regulus si è tolto dalla tasca un medaglione come quello che aveva il Signore Oscuro. E ha detto a Kreacher di prenderlo, e quando il bacile era vuoto Kreacher doveva scambiare i medaglioni...
E ha ordinato...a Kreacher di andare via..senza di lui. E ha detto a Kreacher di andare a casa...e di non dire mai alla padrona...cosa aveva fatto...ma di distruggere...il primo medaglione.
E ha bevuto...tutta la pozione...e Kreacher ha scambiato i medaglioni...ed è rimasto a guardare...e padron Regulus è stato trascinato sott'acqua...e..."
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Regulus Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Vi era un silenzio innaturale li dentro.
Soltanto un rumore echeggiava, in modo quasi ritmico.
I passi del ragazzo.
Camminava lentamente. La mano destra stringeva la bacchetta nervosamente, talmente tanto che le nocche erano diventate bianche.
La sinistra era serrata intorno al collo del mantello nero come la notte, quasi allargandone il bavero, mentre deglutiva nervosamente, passandosi la lingua sulle labbra secche.

Una goccia di sudore freddo traversava la tempia del ragazzo, scivolando sulla guancia pallida, talmente bianca da sembrare quella di un morto.
Attraversò la pelle liscia e senza imperfezioni, facilmente.
Non vi era neanche un po’ di barba ispida a frenare la sua scesa.
Indugiò sul mento, soltanto per pochi attimi, prima di gettarsi nel vuoto.

Il cuore tamburellava furiosamente nel petto. 
Sembrava quasi che da un momento sarebbe saltato fuori.
La mano sinistra scivolò sul petto, fermandosi sul cuore.
Lo sentiva.
Sentiva ogni suo battito. Come se la trachea stessa risentisse ogni suo movimento. 
Lo sentiva.

Si guardò intorno nervosamente.
Gli occhi azzurri, che normalmente erano talmente freddi da sembrare di ghiaccio, adesso erano enormi, pazzi, impanicati.
Gli occhi era cerchiati di nero. I capelli neri come la notte più scura erano lunghi. Più lunghi di quanto li avesse mai portati. Scompigliati.
Il bel viso era sciupato.
Era il volto di un uomo che stava andando a morire.

Sospirò rassegnato. Era il momento.
Diede un’occhiata all’elfo che lo seguiva, talmente silenzioso da passare inosservato, e sorrise.
Kreacher avrebbe fatto ciò che credeva. Si fidava di lui.
Strinse ancora la bacchetta con il pugno e appellò velocemente la barca da dentro il lago.
Al movimento qualcosa saltò nel lago, lontano.
Deglutì nervosamente. Ma non si sarebbe tirato indietro.

- Andiamo Kreacher…

Accennò alla barca, salendovi velocemente e aspettando l’elfo, che lo seguì in silenzio, con i grandi occhi terrorizzati e con le orecchie afflosciate.
Sentiva che c’era qualcosa che non andava, ma non si sarebbe mai permesso di disubbidire ad un ordine diretto.

La barca attraversava la superficie placida del lago quasi dolcemente.
Non procurava nessun suono, eppure l’acqua iniziava a incresparsi.
Sembrava che qualcosa non gradisse la sua presenza. Qualcosa si agitava nelle profondità oscure di quel lago. Ma non si fermò. Sapeva cosa fare.

Giunse al centro del lago e scese agilmente su quello piccolo spiazzo di terra, cercando di non inciampare nel mantello sin troppo lungo, che si tolse e gettò a terra.
Le mani gli tremavano ma un lampo deciso gli attraverso lo sguardo. 
E per un momento sembrò quasi lui.
Si sentì quasi lui
Sempre così deciso. Fiammeggiante quasi.
Cosi diverso da se.
Come ghiaccio e fuoco.

Era il momento.
Diede uno sguardo all’elfo terrorizzato. Doveva ricordargli il suo dovere.
- Hai capito Kreacher? Devi costringermi a bere.. No. Ascoltami..-

Disse, interrompendo il farneticare nervoso dell’elfo. Non doveva attardarsi. LUI avrebbe potuto tornare in qualsiasi momento.

- E’ un ordine. Devi farmi bere. Qualsiasi cosa dirò. Qualsiasi cosa farò. Hai capito? Kreacher, hai capito?-

Attese impaziente il “si” balbettato dall’elfo e, una volta che lo udì, si avvicinò al badile di marmo bianco, posto in cima ad un piedistallo, al centro dell’isolotto.
Si avvicinò titubante. Non sapeva cosa avrebbe trovato ed ora eccolo li.
Si morse il labbro inferiore, affacciandosi al badile, incuriosito - una sensazione che non pensava di poter provare li dentro - dalla luminescenza smeraldina che emanava.
E rimase stupito.
Un medaglione d’oro - quel medaglione - dai disegni complicati e con una grande S incisa sul davanti, era sul fondo. Circondato da uno strano liquido verde smeraldo.
Il verde della speranza.
O dell’Anatema che Uccide.

Ipnotizzato allungò una mano, cercando di immergerla nel liquido smeraldino, per prendere quel medaglione. 
Portò nello stesso momento la mano libera nella tasca del mantello, cercando e poi stringendo un medaglione di identica fattura.
Sentì il freddo del metallo contro la pelle e i disegni incisi premere contro il pugno.
Ma non riuscì a toccarlo.
Le dita sottili del ragazzo si scontrarono con una barriera invisibile, a pelo del liquido, impedendogli di immergervi la mano.

Ci rimase male.
Ma poi scosse impercettibilmente la testa.
Sapeva cosa fare. Come aveva potuto dimenticarlo?

Guardò l’elfo che, dal nulla, evocò un calice, con lo stemma dei Black.
Il suo preferito.
Lo prese con la mano destra, stupendosi soltanto in quel momento del peso dell’oggetto.
Un peso che sembrava gravargli l’anima.
Lo guardò un attimo immobile per poi immergerlo nel liquido, e riempirlo di esso, portandolo alle labbra.

[. . .]

Era a terra. 
Il viso impolverato e gli occhi semi chiusi, mentre con le dita toccava la superficie dell’acqua.
Kreacher come impazzito cercava di sollevarlo, di farlo alzare. Ma non ci riusciva.
Sentiva il corpo pesante.
Anche aprire gli occhi era una tortura.

Un gemito gli scappò dalle labbra carnose quando una mano fredda e bagnata si chiusi intorno al suo polso, iniziando a trascinarlo.
Aprì gli occhi con fatica, irritato dalle urla dell’elfo e il cuore gli saltò un battito.
Un uomo morto lo stava trascinando verso il lago. La sua presa era ferrea. Dura. Quasi tagliente.
La pelle delicata del ragazzo si arrossò subito a quel tocco senz’anima.
Una carica di adrenalina gli pompò nel cuore e diede uno strattone al braccio, cercando di liberarlo.
L’altra mano andò a cercare la bacchetta.
La trovò. La prese. E iniziò a lanciare incantesimi a raffica.
Non funzionavano.
Altri uomini emersero dalle acque.
Il lago, calmo fino a due secondi prima, ribolliva. Sputando corpi morti che barcollavano verso di lui, lo afferravano per i vestiti. Lo tiravano dentro il lago.

Quando quattro inferi lo presero e iniziarono a trascinarlo verso le acque, smise di lottare.
Era un uomo morto. Lo sapeva.
L’aveva sempre saputo.
Si girò verso l’elfo impazzito e, con un tono che non ammetteva repliche, lo obbligò a tornare a casa e a non parlare mai di quello che era successo.

Lo vide scomparire e per un attimo sospirò di tranquillità. L’Horcrux era al sicuro. Kreacher l’avrebbe protetto.
Fu un attimo.
Venne trascinato dentro il lago.
Sentì l’acqua putrida riempirgli la bocca e gli occhi bruciare.
La luce si allontanava sempre di più.
L’aria gli mancava, mentre le mani morte dei cadaveri gli stringevano ogni centimetro del corpo.
La vista si appannava e non riusciva più a cercare di riemergere.
Era finita.

Un ultimo pensiero sensato si formulò nel suo cervello ormai fuori uso.
Forse, Sirius sarebbe finalmente stato fiero di lui.
Forse l’avrebbe perdonato.
Forse grazie a lui quella guerra sarebbe finita e il fratello sarebbe stato salvo.
Sorrise.

E poi il buio. Per sempre.




  
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