Character: Testuya Kuroko; Daiki Aomine;
Pairing: DaikixTestuya {Aokuro};
Rating: PG
Genre: Fluff
Words: 984
Prompt: A035 [KUROKO NO BASKET] Aomine Daiki/Kuroko Tetsuya, qualunque
cosa fluff andrà bene.
Warning: Shounen-ai
Disclaimers: I personaggi di Kuroko no basket appartengono a chi di
diritto.
Scritta per il
Gransorpresa Challenge @
maridichallenge
Ricordare il sorriso di Aomine, era stata la parte più dolorosa.
Ricordarlo come se fosse ancora tatuato sulle sue labbra scure, luminoso,
infantile e felice, come se facesse parte di lui - di loro - e poi non
ritrovarlo. Perderlo non solo nella realtà, ma anche nel ricordo.
E Kuroko lo aveva cercato a lungo, scavando nella propria memoria, richiamandolo
ad ogni suo «Aomine-kun.» { Aomine-kun. Aomine-kun… Aomine-kun! Ao–min… }
solo per vederlo dissolversi nella polvere di giorni ormai passati, sospeso in
un tempo che non sarebbe più tornato, come quel pugno sollevato a fine partita
che Daiki non gli aveva più battuto.
Guardarsi indietro e ricordare di essersi lasciato alle spalle quel sorriso, era
stata la parte più dolorosa…
«Ohi, Testu!» raschiante, la voce di Daiki si fece largo nel buio della stanza.
C'era una smorfia sul suo volto, le labbra arricciate, il naso storto e gli
occhi affilati; Testuya poteva immaginarla, anche senza vederla.
«Mi dispiace, non volevo svegliarti.»
Le sue scuse mancarono di convinzione e la mano di Daiki vagò nell'aria,
cercandolo, grande, calda { fatta apposta per stringere un pallone e
lasciarlo andare solo una volta raggiunto il canestro }, anche quando si
aprì sul volto del più piccolo, raccogliendolo tra le dita, proprio come avrebbe
fatto con un pallone da basket. Non c'era stata violenza, Testuya aveva chiuso
gli occhi, ma era rimasto immobile e l'impatto era stato lieve, sostituito
subito da una carezza ruvida, che partiva sempre un po' impacciata, ma che poco
alla volta si faceva più sicura.
«Tsk.» se ci fosse una frase dietro a quel verso che pretendeva di apparire
seccato, si era persa tra le parole non dette di Daiki. Ce n'erano così tante,
Kuroko stava ancora imparando a scoprirle. Era così diverso dai tempi delle
medie, Kuroko stava ancora cercando di conoscerlo – di recuperare il tempo che
avevano perso.
Sentì le dita del ragazzo arpionarlo dietro al collo e spingerlo verso il basso,
obbligandolo a tornare sdraiato nel letto che condividevano. Una piazza e mezzo,
non troppo grande, non troppo piccolo. Giusto. Come il suo finire tra le braccia
di Daiki e venir circondato dal suo odore, sentire il suo cuore battergli contro
la guancia e la sua bocca avventarsi alla propria spalla nuda, in un morso
provocatorio. Giusto. Perfetto.
«Invece di scusarti, perché non inizi a dirmi che ti prende, Tetsu?»
C'erano farfalle nello stomaco ogni volta che Aomine si rigirava il suo nome in
bocca, dandogli quella sfumatura maliziosa, ruvida e sensuale che usava quando
erano da soli o quando voleva marcare il territorio – Testuya, lui era il suo
territorio.
«Testu?» la bocca di Daiki si riempì della sua spalla, mordendolo ancora per
assicurarsi che lo avesse sentito.
Kuroko chiuse gli occhi, stringendoglisi addosso, sdraiato sul corpo più alto
del ragazzo.
«Scusami.» mormorò, non trovando nulla di meglio da aggiungere, nessuna
spiegazione, solo scuse, cordiali. Inutili agli occhi di Daiki. Non aveva mai
avuto bisogno di scuse e Testuya era l'ultima persona che avrebbe dovuto
porgergliele.
«E che palle.»
«Scu–»
«Se lo dici ancora ti butto giù dal letto.»
La bocca del più piccolo si piegò contro il petto dell'altro, una curva che
premeva contro la sua pelle nuda e definiva un sorriso che gli occhi di Aomine
non riuscivano a vedere. Ma poterlo sentire aveva tutto un altro sapore.
«Alle volte ho ancora paura.»
Era stato un sussurro appena udibile, mescolato al respiro di entrambi e al
frusciare delle lenzuola quando le mani di Daiki scorsero sulla schiena sottile
di Kuroko in una carezza dolce – come tutti gli animali feroci, quella bestia
del basket era capace di ferire, di abbattere e di atterrire, ma c'era
dell'altro, riservato solo a chi sapeva come prenderlo. Tetsuya si lasciò
circondare dalla sua dolcezza, trovando in essa il coraggio di parlare.
«Ho paura di dimenticare com'eri.»
Sentì i muscoli del ragazzo farsi più rigidi, il volto sollevarsi e reclinarsi
per guardare il suo profilo e le dita fermarsi in mezzo alla sua schiena,
spalancate a coprirla.
«Di che diavolo parli?»
«Non– non fraintendere, Aomine-kun, non voglio dire che mi piacessi di più di
ora. Non è assolutamente così.» aveva cercato i suoi occhi, alzando la testa e
riempiendo lo sguardo di sicurezza così come la bocca si era riempita della sua
solita sincerità. Mentire non era nel DNA di Testuya. «È che voglio ricordare
tutto di te, ogni cosa che mi abbia fatto innamorare di te.»
Daiki rigettò il capo sul cuscino, in un verso disgustato che aveva dato voce al
suo imbarazzo.
«Se avessi saputo che avresti cercato di farmi cariare i denti, avrei continuato
a dormire.» il commento era giunto con uno sguardo al soffitto e un battito del
cuore che si era perso, trafitto da una stilla e poi scaldato dalle stupide
parole di un ragazzino innamorato.
Avevano taciuto entrambi e avevano capito che c'era dell'altro, avrebbe solo
dovuto trovare le parole giuste per esprimersi. Accidenti a Tetsu.
Sbuffò, gonfiando le guance e lasciandole gonfie a lungo, in un'espressione
buffa che attirò l'indice di Testuya e il bisogno di pungolarle, svuotandole
dell'ossigeno raccolto insieme alle parole.
«Chi se ne frega di quello che ti ha fatto innamorare.» l'aveva detto tutto d'un
fiato, senza rimpianto, senza dubbi, con la forza fiera che rappresentava Daiki
Aomine. Cercò gli occhi di Kuroko nel buio della stanza, ritrovandoli già
specchiati nei propri «Vorrà dire che, se te ne dimenticherai, troverò il modo
per ricordartelo ancora, per darti altro da amare.»
«Aomine-kun…»
«E.» riprese, in un soffiare indignato «Non lo ripeterò una seconda volta,
quindi mettitelo bene in testa e torna a dormire.»
Testuya sorrise, annuì e posò le labbra sulle sue, in un bacio casto, troppo
diverso da quelli avidi e possessivi di Aomine, eppure così perfetto.
Daiki rilassò i muscoli, tornando ad abbracciarlo e la sua bocca trovò ancora
quella di Tetsuya e poi ancora e poi ancora.
Ricordare il sorriso di
Aomine, era stata la parte più dolorosa.
Ricordarlo. Perderlo. E venire ignorato, come quel pugno sospeso a mezz'aria.
Fino a quando le nocche di Daiki non si erano unite di nuovo alle sue.