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Autore: Jessica Fletcher    22/03/2014    11 recensioni
E finalmente, un giorno, Christian e suo padre si parlano e mettono a nudo le loro anime.
Per tutti i papà che ci seguono, una storia molto dolce
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Carrick Grey, Christian Grey
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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essere padre

Father and Son



Seduto nel giardino di casa, Carrick Grey osservava i suoi nipoti giocare sul prato. Teddy e Phoebe, rispettivamente quattro e due anni, si rincorrevano ridendo e squittendo come topolini.
Era sopprattutto Teddy, copia pressochè sputata di Christian, ad attirare maggiormente la sua attenzione.
Sospirando, lasciò che il proprio sguardo, meditabondo e malinconico, vagasse lontano verso l'orizzonte sul mare e che i pensieri gli si affollassero in mente.
Era così preso dalle sue meditazioni che quasi non si era accorto che qualcuno si era venuto a sedere vicino a lui e che lo stava osservando.
"Pensieroso, papà?" la voce di suo figlio Christian gli giunse improvvisa e tuttavia cara alle orecchie;
"Eh?" domandò, quasi come se si ridestasse da un sogno "dicevi?";
"Dicevo che ti trovo pensieroso.  A cosa stai pensando?",
"A niente...niente di importante";
"Proprio così poco importante non deve essere, vista la tua espressione. Hai l'aria triste"
Da quando in qua mio figlio è diventato così sensibile? Soprattutto nei miei confronti. Devo dire che è proprio cambiato. Non avrei mai creduto.
"Vedi, figliolo, il fatto è che guardavo tuo figlio e mi sono reso conto che ti assomiglia veramente tanto. Sembra di vedere te alla sua età, solo che...";
"Solo che lui non è per niente come ero io alla sua età. Vero papà?";
"Fortunatamente no. Tu eri...Figliolo, non augurerei mai a nessun bambino di essere come eri tu a quell'età."

Carrick chiuse per un istante gli occhi, il ricordo delle condizioni in cui avevano trovato il piccolo Christian era ancora un dolore vivo nel suo animo. "Eri piccolo e così spaventato. Ricordo che tua madre mi aveva telefonato dall'ospedale dicendomi se potevo fare qualcosa per un bambino che avevano appena ricoverato. Mi era sembrata molto scossa al telefono, così avevo deciso di andare da lei per aiutarla e vedere se stava bene. E lì ti ho visto per la prima volta, Gesù, avevi quattro anni ma ne dimostravi poco più di due, tanto eri denutrito e sottopeso. Ti si potevano contare le costole e tutte le ossa. Eri parecchio disidratato, eri stato per quattro giorni senza bere né mangiare nulla. Avevi segni di lividi, di cinghiate e di morsi un po' dappertutto, per non parlare delle ustioni sul petto e sulla schiena. Quando tua madre mi ha proposto di adottarti ho accettato subito; speravo di poterti dare tutto l'amore che fino a quel momento ti era stato negato e non avresti mai più sofferto la fame, mai più".
Si accorse di avere gli occhi umidi, li asciugò con il dorso della mano e continuò il suo racconto:
"Contavo di poterti prendere in braccio, abbracciare, confortare, coccolare, fare con te tutte le cose che avevo sempre fatto con tuo fratello Elliot. Ma mi resi conto ben presto che questo non era possibile. Tu non volevi essere toccato da nessuno, nemmeno da tua madre o da tuo fratello e avevi paura di me, una paura folle ingiustificata. Quando mi avvicinavo ti ritraevi e stringevi forte quella copertina celeste  che era il tuo talismano contro tutto. Non serviva a niente che io cercassi di essere dolce e  pacato nei tuoi confronti, nonostante cercassi in ogni modo di farti capire che non dovevi avere niente da temere; comunque eri terrorizzato. Lo sapevo allora come lo so adesso che non era colpa tua, che era quello che quel bastardo ti aveva fatto a renderti così, ma ne soffrivo, ne soffrivo enormemente. Non potere essere per te padre allo stesso modo in cui lo ero per tuo fratello e per tua sorella, non poterti abbracciare o prendere in braccio, rendermi conto che c'era come un muro fra di noi, un muro con del filo spinato, e che, col passare del tempo, anziché ridursi o cadere, si ergeva  sempre più massiccio, capire che la freddezza con cui mi trattavi e con cui trattavi tua madre derivava non dal tuo carattere o dal nostro comportamento, ma dagli orribili abusi che avevi subito nella tua prima infanzia, tutto questo, figlio mio, mi rendeva estremamente triste e amareggiato. Per me, per tua madre, ma soprattutto per te".

"Oh, papà" disse allora Christian "io ti voglio bene, ne ho sempre voluto a te e alla mamma. Solo non potevo dimostrarlo, non ci riuscivo. Non sono mai riuscito a esprimere il mio amore per nessuno fino a che...fino a che non ho incontrato Ana, lo sai, lei mi ha cambiato. Solo che è difficile, è ancora molto difficile per me potere accettare di amare ed essere amato. Forse, solo adesso che anch'io sono padre, incomincio a rendermi conto di che cosa vuole dire amare senza aspettarsi niente in cambio. Essere padre mi ha cambiato la vita, mi ha fatto capire tante cose".
Il giovane uomo si passò le mani nei capelli, come era solito fare nei momenti di turbamento, poi guardò il proprio padre negli occhi e proseguì:
"Mi rendo conto solo adesso, papà, quanto deve essere stato penoso per te. Penso che se non potessi prendere i miei figli in braccio, se non potessi abbracciarli, coccolarli, fare loro il solletico, diventerei matto; soprattutto se fossero loro a rifiutare ogni contatto con me, a scappare, irrigidirsi. Mi dispiace papà di essere sempre stato freddo con te e la mamma. La mia era una reazione istintiva, inconscia, ho sempre desiderato essere oggetto del vostro amore ma qualcosa in me non riusciva a tollerarlo. Non so se sono ancora pronto, ma ti chiedo una cosa, papà: abbracciami! Fallo ora, subito, prima che sia troppo tardi e che io possa cambiare idea. Fallo adesso, per la prima volta in quasi trent'anni. Non spaventarti se inizialmente mi irrigidirò o cercherò di ritrarmi, vai avanti senza indugi. Perché è giusto che sia così, perché lo hai sempre desiderato, perché tu ne hai bisogno, e in realtà ne ho tanto bisogno anch'io".

Carrick non se lo fece ripetere un'altra volta e allacciò con un braccio le spalle di suo figlio. Christian inizialmente si irrigidì, avrebbe voluto scostarsi ed scappare via ma si sforzò di tenere duro. Chiuse gli occhi, accostò il proprio viso a quello di suo padre e, piano piano, cominciò a rilassarsi e a lasciarsi andare.
Carrick sentiva il cuore del proprio figliolo battere forte contro il suo, il suo respiro contro la guancia. Lo strinse ancora di più e, improvvisamente, si rese conto che non era più un giovane uomo di successo quello che stava tenendo fra le braccia in quel momento ma un povero bambino di quattro anni spaventato e indifeso contro la cattiveria del mondo.
 Rimasero a lungo l'uno fra le braccia dell'altro, Christian piangeva sommessamente e suo padre gli accarezzava la schiena mormorandogli "Va tutto bene, va tutto bene figliolo. Ti voglio bene ragazzo mio, ti voglio bene, tanto bene, tantissimo bene."

Fu solo dopo parecchi minuti che trovarono la forza di staccarsi.
"Grazie, papà" disse Christian "grazie di tutto";
"Grazie a te, figliolo, non sai quanto ho aspettato questo momento. E sappi che non ho mai rimpianto per un solo istante di averti adottato, di averti voluto con noi; anche se non è stato facile. Ma sei mio figlio e ti amo profondamente, anche con i tuoi casini, anche con i tuoi problemi. Ci sono e ci sarò sempre per te, come ci sono sempre stato anche quando non mi volevi. Tutte le volte che ne avrai bisogno, chiama e io verrò da te; fino a quando potrò, fintanto che le mie forze me lo consentiranno. E, ora, prendiamo i bambini e rientriamo che si sta facendo tardi. Tua madre e tua moglie si staranno domandando che fine abbiamo fatto" Carrick si accorse di avere nuovamente  gli occhi umidi, li asciugò col dorso della mano e sorrise quando vide suo figlio fare altrettanto.

Recuperarono i piccoli; Carrick prese Phoebe in braccio, Christian si caricò Ted a cavallina e, in silenzio, ritornarono insieme a casa.


Sarà corretto dire "a cavallina"? E, soprattutto sarà un termine italiano o piuttosto dialettale? Non importa, l'importante è che si sia capito.

Allora questa fan fiction la volevo postare per la festa del papà ma non mi piaceva come mi era venuta e allora me la sono tenuta in caldo e ho cercato di migliorarla. Non che ne sia molto convinta ancora adesso, comunque almeno l'ho resa pubblicabile. E, magari, a qualcuno piacerà anche.
Mi sono un po' commossa nel scriverla.

Sappiatemi dire se vi piace
A presto
Love
Jessie


PS: Father and son è una bellissima canzone di Cat Stevens (o Yusuf Islam, come si fa chiamare adesso) riproposta qualche anno fa con successo da Ronan Keating.
Nella versione che vi propongo la eseguono insieme https://www.youtube.com/watch?v=aVbbYYUMI-c

  
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