Buonasera
cari lettori
e care lettrici, vi prego di scusarmi per il lieve ritardo sulla
tabella di
marcia. Comunque, spero che la lunghezza del capitolo vi soddisfi e vi
induca a
perdonarmi per il ritardo. Ho una comunicazione abbastanza importante
da farvi:
questo capitolo è in doppia versione, una
“innocente” (che è quella che vi
apprestate a leggere) e una a rating rosso, che è pubblicata
in un capitolo
extra in contemporanea a questo (il titolo sarà lo stesso,
Redenzione?, con il
punto di domanda obbligatorio visto che Hans, qui, ha toppato
clamorosamente
…). Come ben sapete, il regolamento di EFP è
chiaro a proposito di scene di
sesso descritte esplicitamente, e così devo adeguarmi.
Sì gente, sesso
esplicito: siamo alla prima notte di nozze (qualcuno aveva chiesto dei
colpi di
scena?)
MA…!
Dubito fortemente
che un minorenne sia così innocente, soprattutto dopo aver
visto certe robette
in altri fandom o certe role su Facebook. Pertanto, chi è
curiosa di leggere la
parte p0rn e ha raggiunto almeno 13/14 anni (vabbè che non
chiedo la carta di
identità ma non voglio nemmeno corrompere ragazzine con una
sola cifra nella
loro età quindi siate oneste!) mi mandi un mp e
invierò senza problemi un link esterno
a EFP che porterà liberamente al capitolo a rating rosso.
Non credo che questo
annuncio sia contrario al regolamento di EFP, se così prego
l’amministratore
eventualmente interpellato di avvisarmi e suggerirmi la via da
intraprendere.
Beh,
buona lettura! ^^’
Adrienne
CAPITOLO
4 – Rating innocente
Non
c’era possibilità di far durare un ricevimento per
sempre, ed Elsa si sentì
sollevata e inquieta allo stesso tempo quando le danze si chiusero
definitivamente e la regina dovette fare i suoi saluti mentre gli
invitati
porgevano gli ultimi omaggi alla coppia reale. In mezzo alle altre
persone era
stato facile non avere a che fare con il verme al di là
delle finzioni di
cortesia che il protocollo aveva richiesto, ma ormai era giunto
inesorabile il
momento in cui avrebbe dovuto trovarsi faccia a faccia con lui, da
soli, per
mettere in chiaro un altro paio di cosette.
… avrebbe preferito
congelarlo all’istante
piuttosto che rivolgergli ancora la parola ma pazienza.
Anna
e Kristoff si erano congedati anzitempo, mentre erano ancora fuori
nelle
stalle: Anna era inconsolabile, come Elsa aveva previsto, e tutti
avevano
preferito salutarsi lontano da occhi indiscreti che avrebbero
finalmente colto,
senza ombra di dubbio, tutto il dramma celato dietro
all’atmosfera di gioia che
aveva caratterizzato la giornata di tutti gli abitanti di Arendelle.
Anche
Olaf era partecipe della situazione pesante, ma era altrettanto preso
dal nuovo
amico, il pupazzo smemorato che sembrava turbato dal non ricordare il
proprio
nome. Anna, una volta, aveva raccontato ad Elsa del suo primo incontro
con Olaf
mentre stava cercando la sorella sulla Montagna del Nord, e il pupazzo
non
l’aveva riconosciuta, né sembrava ricordare il
giorno in cui era stato
costruito dalle sorelle bambine. Probabilmente la stessa amnesia era
presente
nel nuovo pupazzo. Eppure Olaf aveva ricordato il proprio nome e la
propria
caratteristica principale, amare i caldi abbracci, mentre
l’altro pupazzo
ricordava soltanto quella strana filastrocca … per non
parlare della sua
cecità. Era strano che il nuovo pupazzo sembrasse turbato
solo dalla sua
amnesia e non dalla sua menomazione agli occhi. Che fosse sempre stato
cieco?
Certo questo avrebbe spiegato il suo comportamento, e certo avrebbe
placato il
timore della sovrana di aver in qualche modo provocato lei quella
menomazione …
Tempo
di abbandonarsi a quei pensieri, e appena Elsa tornò al
presente, si accorse
che il salone era ormai deserto, fatta eccezione per la sgradevole
presenza al
suo fianco, che la scrutava con divertita indifferenza.
“Siete
così stanca che vi addormentate in piedi, moglie?”
mormorò Hans accennando un
sorrisetto beffardo.
No,
decisamente non voleva iniziare alcuna conversazione col verme.
Girò i tacchi e
si diresse a passo sostenuto verso l’ala privata del
castello.
Il
verme la stava seguendo, senza fretta apparente ma sostenendo il passo
allo
stesso modo. Non intendeva raggiungerla, né fermarla,
semplicemente la seguiva.
Era irritante.
Giunti
davanti alla porta della camera da letto, Elsa ritrovò la
sicurezza che, lungo
i corridoi, sembrava essere stata sul punto di abbandonare. Non dormiva
più
nella stanza in cui aveva vissuto da bambina. Era l’area
della nursery,
dopotutto, e ora lei era la regina, senza contare poi il fatto che
proprio non
aveva alcun desiderio di dormire tra le mura dove era stata tanto
infelice.
No,
adesso la sua stanza da letto era una stanza regale, da donna adulta,
con al
centro, appoggiato al muro, il talamo nuziale. Ma nonostante il grande
cambiamento, Elsa era decisa a ripristinare una sua vecchia tradizione,
stavolta senza alcun dispiacere: chiudere a oltranza la porta in faccia
a
qualcuno di indesiderato.
Sfortunatamente
per lei, la mano saldamente appoggiata alla porta, che le impediva di
chiuderla
dietro di sé, fece ben comprendere ad Elsa che
l’impresa non sarebbe stata così
semplice come lo era stata anni addietro con Anna.
“Buonanotte,
principe Hans” disse a denti stretti la regina, facendo forza
con le mani per
chiudere la porta.
“Non
potete tenermi fuori dalla porta, Elsa” ribatté il
verme, e per sicurezza pose
il piede tra la porta e intercapedine per evitare che la ragazza
raggiungesse
il suo scopo.
“Oh
sì che posso. Il castello non manca di stanze da letto.
Trovatene un’altra”.
“Se
non vi spiace, vorrei dormire con mia moglie”.
“In
effetti sì, mi dispiace”.
“Non
vorrete suscitare i pettegolezzi dei domestici?”
“I
nostri domestici sanno essere molto discreti. Come credete che abbia
fatto a
tenere nascosto il mio potere per oltre dieci anni?”.
“Ci
siete riuscita per perché voi
volevate tenere nascosto il vostro potere. Cosa vi fa credere che io voglia tenere nascosta la vostra
reticenza?”.
“Principe
Hans …” sospirò con lieve esasperazione
Elsa.
“Se
desiderate, potete chiamarmi soltanto Hans. Siamo sposati
ora”.
“…
Principe Hans, appunto, siamo
sposati. Avete il titolo che avevate tanto ambito. Il vostro scopo
è stato
raggiunto” .
“Dunque
è questo che pensate” mormorò il
giovane, più a se stesso che alla donna
davanti a lui.
“Elsa,
ascoltatemi. Non vi toccherò nemmeno con un dito ma
è indispensabile che
chiariamo alcuni punti il prima possibile, e possibilmente, non
separati dalla
porta. Fatemi entrare e sarò un galantuomo”.
All’espressione scettica di Elsa,
si vide costretto ad aggiungere con un sospiro “Non ci tengo
a dare spettacolo
ai domestici che potrebbero accorrere alle vostre grida”.
“Non
avrei bisogno di chiamare alcun aiuto, fareste bene a ricordare che
posso
difendermi da sola” a conferma delle sue parole, una
leggerissima brina
ghiacciata fece la sua apparizione sullo stipite.
“Non
mi riferivo a grida di paura o di aiuto” prima che Elsa
potesse cogliere
allusioni poco lusinghiere, si affrettò ad aggiungere
“Proprio per via del
vostro potere, potete sentirvi al sicuro dalle mie eventuali cattive
intenzioni.
Lasciatemi entrare. Per favore”. Aggiunse lo stesso sguardo
che le aveva
rivolto nella cella delle segrete quattro anni prima, mentre la
supplicava di
far tornare l’estate.
Che
essere falso. Ma aveva ragione, non poteva farle nulla di male. Elsa
lasciò la
porta aperta e si allontanò da essa senza mai dare le
spalle. Lasciò entrare il
giovane che richiuse la porta mentre lei indietreggiava fino al camino
che i
domestici avevano provveduto ad accendere prima del loro arrivo.
“Ebbene,
ditemi quello che avete da dire e poi uscite da qui!”
esordì la regina senza
tanti preamboli.
Hans
si avvicinò al fuoco. Un po’ di calore gli avrebbe
dato la forza per resistere
a quelle parole di ghiaccio come colei che le aveva pronunciate.
“Pensate
davvero che abbia ottenuto tutto ciò che desidero stasera?
Siete mia moglie e
siete una bellissima donna. Niente mi renderebbe più felice
che toccare la
vostra pelle e sentire se è liscia come il ghiaccio che
sapete evocare”.
“Non
pensate di poter lusingarmi con belle parole come avete fatto con mia
sorella!
Anzi, farmi ricordare ciò che le avete fatto rende ancor
più controproducente
tutto quello che avete appena detto!”.
“Oh, ma io sono
sincero questa volta. Elsa,
voi sapete chi sono, sapete cosa ho fatto, sapete cosa ho sempre
voluto. Perché
dovrei nascondere la mia indole se già l’avete
scoperta?”.
“Quindi
siate esplicito anche questa volta: cosa volete ancora da me?”
“Voglio
voi, Elsa. Stringervi tra le mie braccia e farvi mia stanotte, la notte
successiva e quella successiva ancora, finché morte non ci
separi”.
Elsa
rimase letteralmente a bocca aperta davanti a quella … oltraggiosa pretesa. Ma la sorpresa
durò pochi istanti, mentre una
gelida rabbia si impossessava di lei. Come osava
anche solo pensare di fare con lei quelle … cose!
Si
costrinse a mantenere la grazia che la contraddistingueva anche in
quella
situazione così scomoda.
“Non
ci tengo minimamente a farmi sfiorare da una persona viscida come voi,
principe
Hans. Non vi farei toccare nemmeno le mie scarpe, se dipendesse da me.
Invece è
già troppo aver dovuto baciarvi in chiesa. Fatevelo bastare
per il resto della
vostra subdola esistenza!”.
“No”
rispose Hans senza scomporsi.
“No?”
ripeté Elsa innervosita oltre misura.
“Quel
bacio è stato piacevole, malgrado la scarsa collaborazione
da parte vostra, e
non desidero proprio rinunciarvi d’ora in avanti”.
“Lo
farete invece. Avete detto voi stesso che non avreste alzato un dito su
di me
senza il mio consenso.”
“Lo
avrò”.
“Vaneggiate”
“No,
sono realista.”
“Siete
così sicuro che io possa desiderare … qualunque
cosa con voi?!”
“Approfondiamo
quel qualunque cosa” disse il principe accennando un
sorrisino malizioso.
Elsa
ignorò l’imbarazzante allusione. “Siete
davvero pieno di voi se credete che io
possa condividere i vostri desideri”.
“Non
dovete per forza condividerli.”
“Cosa
state dicendo?”
“Il
contratto, Elsa” la voce di Hans divenne improvvisamente
gelida come quello che
aveva tenuto Elsa ... fino a quel momento
“Cosa
c’entra il contratto adesso?” chiese
Elsa, inquieta come mai era stata in tutta la giornata – il
calore del fuoco
nel camino iniziava a perdere la sua battaglia contro il freddo che
stava
aumentando nella stanza.
“Voi
stessa avete accettato i termini del contratto nuziale che abbiamo
stipulato.
Arendelle avrebbe goduto dei vantaggi economici stipulati col mio
Paese, e io
avrei goduto dei privilegi di principe consorte”.
“Questo
è esatto” convenne Elsa, non capendo dove volesse
andare a parare ma allo
stesso tempo timorosa di scoprirlo.
“Sono
vostro marito, Elsa. Non credete forse che condividere il talamo
nuziale con la
regina sia un diritto del principe consorte?”.
“Ciò
che dovrebbe accadere nell’intimità del talamo
nuziale non ha a che fare con la
politica. Il matrimonio è un contratto politico, il
matrimonio è stato
celebrato, il resto è solo un fatto privato!”
Elsa
era profondamente convinta di quello che aveva detto, sulla base di
questa
convinzione aveva ingoiato il rospo e acconsentito ad unire la sua vita
con
quella del verme che la guardava così intensamente da farle
distogliere lo
sguardo, ora fisso imperterrito verso il camino, da cui le fiamme
uscivano
sempre più deboli.
Il
tono di voce del principe tradiva la risatina repressa dalla sua
risposta: “Un
matrimonio non è valido se non è consumato.
Potreste richiederne l’annullamento
in qualsiasi momento.”
Quelle
parole ebbero un effetto potente su Elsa. Le fiamme del camino si
spensero
all’istante, sconfitte dal clima gelido che si impose
prepotente nella stanza.
La maggior parte della luce era data dal fuoco del camino, le
sporadiche
candele accese nei candelabri non potevano emanare una chiara
illuminazione. Le
finestre erano ancora aperte; era molto tardi ma il cielo
“era sveglio”. Il
bagliore dell’aurora boreale contribuiva a dare alla stanza
una tenue ma
inquietante illuminazione spettrale che ben si conciliava con
l’animo della
regina.
La
donna non aveva mai pensato che un matrimonio, per essere valido,
necessitava
di essere consumato! Lo sapeva dai suoi studi di politica, eppure era
genuinamente convinta di non interessare al verme da quel punto di
vista, lui
voleva il trono, era stato esplicito su questo! Ma possibile che nessun
ministro un po’ più navigato di lei avesse pensato
di metterle la pulce
nell’orecchio? … Come avrebbero potuto immaginare
di doverlo fare, lei non
aveva mai espresso esplicitamente il suo desiderio di conservare la
propria
verginità, non era certo argomento da esternare a cuor
leggero!
“Non
chiederò mai l’annullamento, principe
Hans” tentò di temporeggiare Elsa “voi
non volete me, volete Arendelle. Ora l’avete. In condivisione
con me, però
l’avete. Non datevi pena nel dover adempiere ai doveri coniugali, non siete obbligato a
farlo”.
“Forse
allora non sono stato abbastanza chiaro” Hans si
avvicinò alla donna e si mise
di fronte a lei, in modo da guardarla negli occhi e dare
così forza alle sue
parole. “Voglio tutti i privilegi che, in quanto principe di
Arendelle, mi
spettano. Tra questi privilegi, vi sono anche i diritti
coniugali, Elsa. Voglio Arendelle e voglio la
sua regina”.
Il
gelo si fece più intenso, Hans iniziò a tremare
ma mantenne imperterrito il suo
contegno, deciso a imporsi. La voce di Elsa si fece, suo malgrado,
più sottile
e tesa.
“Non
voglio farlo. Avete detto che non mi avreste forzata”.
“È
vero. Non vi prenderò con la forza. Che ci crediate o meno,
non sono quel tipo
d’uomo. Ma in questo caso” aggiunse con una pausa
significativa “sarò io
a chiedere l’annullamento, e tutti
gli accordi prematrimoniali andranno in fumo. Tornerò al mio
Paese, e voi vedrete sprofondare
nella miseria il
vostro!”.
Hans
tremava ancora, ma a quelle parole anche Elsa iniziò a
rabbrividire, sebbene
per una ragione diversa. Scattò lontano dal principe,
dandogli le spalle, per ragionare
sulle sue parole.
Una
via di fuga, doveva esserci una scappatoia a quel pasticcio! Ma non lo
trovava.
Era un ricatto bello e buono, ma era perfettamente legittimo. Aveva
accettato
gli accordi, avrebbe dovuto pensarci prima. Era in trappola. E a
malincuore, si
vide costretta a cedere al ricatto del verme. Non aveva speso notti
insonni ad
aspettare quel matrimonio per poi permettere al principe di mandare
tutto
all’aria. Aveva bisogno del sostegno del Regno delle Isole
del Sud e l’avrebbe
ottenuto. Doveva solo … estraniarsi dall’atto che
doveva compiere. Tutto
sarebbe finito presto.
“Solo
per stanotte. Con- consumeremo il matrimonio, e che sia
finita”.
“Ti
avrò ogniqualvolta lo desideri”
continuò imperterrito il principe.
“Questo
non è giusto!” sbottò Elsa e il vento
iniziò a sibilare nella stanza portando
con sé piccoli cristalli di neve.
“Questo
è il matrimonio!” sbottò a sua volta
Hans, iniziando a stufarsi della
situazione (e del freddo, tanto per essere onesti). “Se la
cosa ti può
tranquillizzare, non ci tengo a stare con una donna che non desidera
divertirsi
assieme a me. Accadrà una volta ogni tanto, non sempre. Sono
un uomo, non un
monaco. Te lo dico ora, giusto per confermarti quanto detto
all’inizio: non
sento il bisogno di nasconderti niente”.
“Almeno su una
cosa siamo d’accordo” un
sottile strato di neve iniziò a posarsi su tutte le
superfici e i mobili della
stanza “non ci divertiremo. Né tu né
io. Né stanotte né in tutte le notti che
seguiranno”.
Non
si voltò, non si mosse, non sentì il bisogno di
fare altro che mantenere bassa
la temperatura. Aveva finito di protestare.
Sentiva
i passi del verme farsi più vicini e il rumore di qualcosa
di leggero che
toccava terra.
“Così
sia” mormorò il principe dietro il suo orecchio.
***
…
Finalmente, per la gioia di entrambi, tutto finì. Hans si
liberò in Elsa con un
sospiro travagliato mentre la donna gemeva per lo schifo. Aveva gradito
il non
essere stata imbrattata dal sangue di quel maledetto, ma a poco valeva
quel
gesto quando si rese conto di esser stata sporcata con altro.
Una
volta libera dallo scomodo abbraccio, si scostò da lui con
la stessa rapidità
che avrebbe avuto a contatto col fuoco, e si rifugiò oltre
la porta comunicante
che dava alla stanza da bagno attigua alla camera da letto.
Hans
poteva percepire il freddo farsi via via meno intenso ma la cosa non lo
rincuorava. Si alzò dal letto, ignorando il suo sangue ma
con lo sguardo fisso
su altro sangue, in posizione distante rispetto a quello perso dalla
spalla,
poche macchie scarlatte di piccole dimensioni. Non ci voleva un genio
per
capire che quel sangue non era suo, ma di Elsa. Dunque lui era stato il
suo
primo uomo. Lo aveva immaginato, eppure non si sentiva per nulla
compiaciuto.
Si
riallacciò i pantaloni e si diresse verso il camino, dove
alimentò il fuoco per
riscaldare la stanza. Non fece nulla per rimuovere la stalattite che
Elsa gli
aveva conficcato a sorpresa nella spalla, il fuoco l’avrebbe
sciolta e allora
avrebbe curato la ferita. Non era arrabbiato per l’uso che
Elsa aveva fatto dei
suoi poteri. Non l’aveva ucciso, come avrebbe potuto fare
facilmente, né lo
aveva ferito in modo serio. Lui aveva ferito lei e lei aveva ferito
lui.
Sentiva piuttosto di essersi rimesso in pari con lei, sebbene non ne
fosse così
sicuro.
Tuttavia
non poteva farci niente. C’era un piano da rispettare, un
piano a cui avrebbe
volentieri fatto a meno di partecipare, ma ormai c’era dentro
e non poteva più
fermarsi.
FINE