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Autore: StayThereWhateverHappen    24/03/2014    0 recensioni
Sono una persona alla quale piace pensare, sforno pensieri inutili, pesanti e che mi fanno male. Non mi piaccio, sento che tutto mi ruota attorno senza mai sfiorarmi. Mi sento piccolo per la realtà che mi circonda, non sono mai all’altezza delle situazioni e delle persone.
Persone che mi guardano ma non mi vedono, che mi cercano perché devono farlo e non perché vogliono.
Ho bisogno di stare da solo per la maggior parte delle mie giornate, non mi va che la gente mi veda come una persona triste o scorbutica. Mi basta già essere ritenuto inutile.
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono tornata, non so perchèho scritto questa storia, non mi piace e credo non abbia alcun senso, sono mesi che non pubblico e ogni tanto mi vengono delle idee fantastiche per delle os, il problema è che non mi va mai di scrivere.
Oggi ho deciso di farlo ed è uscita una stronzata colossale, boh, si vede che era destino.
Spero che almeno a voi piaccia. Non dovrebbero esserci errori di battitura, l'ho riletta numerose volte e chiedo scusa nel caso me ne fosse scappato qualcuno.
Ah, ho messo il raiting giallo perchè tra le righe si parla di autolesionismo e di problemi psicologici di Harry e di conseguenza ho preferito mettere le mani avanti.
La dedico a me stessa, perchè è mia mia mia.


Non so cosa scrivere, ho diciannove anni, una bella famiglia e degli amici con il cuore a grattacielo.
Non so cosa scrivere, vado a scuola, mi piace ascoltare la musica e leggere il giornale mentre faccio colazione.
Non so cosa scrivere, mi chiamo Harry, sono gay e sono innamorato.
Non so cosa scrivere.
Non so cosa scrivere.
Non so cosa scrivere.
Si chiama Louis, ha ventitre anni ed è bellissimo.
Si chiama Louis e ha gli occhi del colore di una piscina nel mezzo dell’ estate.
Si chiama Louis e i suoi capelli ondeggiano sempre come le alghe del mare.

Sono una persona alla quale piace pensare, sforno pensieri inutili, pesanti e che mi fanno male. Non mi piaccio, sento che tutto mi ruota attorno senza mai sfiorarmi. Mi sento piccolo per la realtà che mi circonda, non sono mai all’altezza delle situazioni e delle persone.
Persone che mi guardano ma non mi vedono, che mi cercano perché devono farlo e non perché vogliono.
Ho bisogno di stare da solo per la maggior parte delle mie giornate, non mi va che la gente mi veda come una persona triste o scorbutica. Mi basta già essere ritenuto inutile.
Odio le parole di conforto perché le persone non sanno cosa provo, non l’ho mai detto a nessuno e non intendo farlo ora. I miei amici cercano di starmi vicini, ma non capiscono che mi fanno solo del male, non capiscono che vederli felici, a me fa solo male.
Mi sento come uno sbaglio, come una parola che viene scritta con l’ “h” quando non ci vuole, come un posto vuoto prima di un “ma”, un posto che dovrebbe essere occupato da una virgola.

Mi chiamo Harry e non sto bene.
Mi chiamo Harry e sono solo.
Mi chiamo Harry e mi piace stare come sto.

Louis era un mio amico, ci siamo conosciuti a catechismo. Entrambi odiavamo andarci. Non vedevamo l’ora che arrivasse il giovedì pomeriggio perché non appena finita la lezione, che ovviamente non ascoltavamo, correvamo al bar dell’oratorio per mangiare il maggior numero di caramelle che riuscivamo ad ingerire.
Siamo stati amici per anni, una volta cresciuti e finita la catechesi, abbiamo continuato a frequentarci. Ci piaceva cantare e suonare, insieme ad altri tre ragazzi abbiamo formato una piccola band. Io e Louis amiamo il contatto fisico, stavamo sempre abbracciati, ci facevamo il solletico e ci scompigliavamo i capelli a vicenda.


Fa male ricordare tutto questo. Riportare in superficie ricordi che con tutte le mie forze ho cercato di affogare e lasciare in fondo alla mia mente. Mi manca essere piccolo e senza pensieri, mi manca non avere più tutto quello che avevo prima. Mi manca non avere Louis accanto.
Non so come ho fatto a lasciare che tutto finisse così, è successo in un attimo, mi è scivolato tutto dalle braccia senza che facessi in tempo a chiuderle per salvarlo. Le ho chiuse e mi sono abbracciato da solo, intanto ai miei piedi ho visto tutta la realtà frantumata. Ho visto il mio microfono rotto, ho visto il sorriso di mia mamma scheggiato, ho visto i capelli di mia sorella arruffati e non ordinati come al solito. Ho visto Louis scomparire e dissolversi tra tutti quei pezzi rotti della mia vita.
Tante volte ho provato ad andare avanti, a vedere le cose positivamente, ad accendere la luce quando era troppo buio. Non ci sono riuscito per un solo motivo, io amo compatirmi, amo far vedere alla gente che non sto bene. Almeno mi guardano, anche solo per un secondo, e mi vedono. Mi vedono davvero.
Sono una persona orribile, ne sono a conoscenza. Faccio piangere mia madre perché non mi vede più sorridere, faccio preoccupare mia sorella perché sono sempre silenzioso. Faccio litigare i miei amici perché non sanno come aiutarmi e ognuno propone un metodo diverso.

Ho sempre detto tutto a Louis; i miei problemi imbarazzanti, i miei problemi a scuola, i battibecchi con i miei genitori. Mi è sempre stato accanto, mi ha sempre abbracciato e detto che tutto si sarebbe sistemato. Mi ha sempre fatto capire che lui ci sarebbe sempre stato, anche senza dirlo apertamente.
Il problema sta proprio qui. Nel momento in cui avevo più bisogno di lui, nel momento in cui avrei avuto bisogno di un suo abbraccio, di un suo sorriso o solo di una sua smorfia, lui è sparito.
Ho sempre visto Louis come una persona della quale non mi sarei mai stancato, ho sempre creduto che la mia anima gemella risiedesse in lui, nascosta da quel sorriso furbo, da quel naso leggermente all’insù, nascosta dentro a due occhi che avrei guardato per ore senza mai stancarmi.

Louis non era un semplice amico, io ero, sono, innamorato di lui. I miei gesti nei suoi confronti sono sempre stati dolcissimi, ho sempre cercato di fargli capire che io avrei fatto di tutto per lui, perché lui era la mia vita. Non scherzo, era la mia vita davvero. Gli scrivevo appena sveglio e in tutte le pause dalla scuola. Al pomeriggio studiavamo insieme e provavamo con la band. Rimaneva a casa mia a cena praticamente tutte le sere e appena se ne andava mi mandava un messaggio. Andavamo avanti a chiacchierare tutta la sera finché uno dei due non si addormentava con il telefono in mano e la luce ancora accesa.
Non avrei mai pensato che rivelargli la mia sessualità lo avrebbe allontanato da me, non pensavo che fosse così superficiale e spaventato.
Ho sbagliato, non avrei dovuto dirglielo così prepotentemente, avrei dovuto farglielo capire, magari facendo apprezzamenti su qualche ragazzo che ci passava davanti. Sono stato impulsivo e ora me ne pento.



Da un anno e tre mesi non sono più lo stesso, non sorrido, non parlo e vivo una vita che non è la mia. Da un anno e tre mesi vivo nei ricordi e lascio che la mia immagine occupi lo spazio che io non sono più in grado di occupare.

Ho paura di scrivergli, ma mi manca così tanto.
Ho paura di scrivergli e di non ricevere una risposta.
Ho paura di scrivergli e sapere che lui si è dimenticato di me.

Ma io il coraggio ce l’ho ancora, no? Io la voglia di combattere l’ho sotterrata, ma ora ho voglia di riesumarla? Io voglio far vedere al mondo a cosa tengo veramente? Per una volta posso fare un gesto altruista e magari tornare a sorridere come prima, smettendo di far preoccupare le persone che mi voglio bene?

Gli scrivo, gli scrivo che mi manca e che ho bisogno di lui.

Tasto la mia tasca e non trovo il telefono, forse è un segno, forse non devo farlo.
Guardo sul comodino e il telefono è lì, fermo, schermo spento.
Mi avvicino piano e lo raccolgo, scorro i nomi della rubrica e mi fermo a contemplare il suo. “Lou.”
Ho deciso, lo faccio, peggio di così non posso stare, no?

Digito velocemente ma fermandomi a rileggere tutto ogni due parole.

“Ciao Lou…mi manchi da impazzire, mi manchi come a te manca l’aria quando sei in ascensore.”

Inivio.

I pensieri mi invadono la testa, un turbine di immagini staziona nei miei occhi e le mani tremano come un cucciolo bagnato sotto la neve invernale.

Se non mi risponde tutto sfuma.
Se mi risponde una candela si accende.

Il telefono vibra sul letto. Chiudo gli occhi prima di riaprirli sul suo schermo.
Mi ha risposto.
E’ lui davvero.
Se non ha più il mio numero e chiede chi sono?
Se si è dimenticato di me?

Prendo coraggio e apro il messaggio.

“Ciao Haz.”

Si ricorda, sa che esisto.

“Come stai Lou?”

Passano pochi secondi, io fisso lo schermo. Apro il nuovo messaggio.

“Sto bene. Mi fa piacere sentirti. Tu come stai?”

Gli fa piacere sentirmi e il mio cuore scalpita come un cavallo durante una corsa.

“Io sto…sto e basta. Sei sicuro che non ti stia disturbando?”

Il telefono vibra ancora.

“Sicuro. Come mai stai e basta? Cosa c’è che non va?”

Come può chiedermi cosa c’è che non va? Tutto non va. Non va che lui non sia con me. Non va che il mio vecchio mondo è appassito. Non va tutto. Non va niente.

“Te l’ho detto, mi manchi. E’ tutto diverso da quando te ne sei andato.”

Forse non avrei dovuto dirglielo, forse lo sto facendo allontanare ancora di più.

“Non è colpa mia se sei gay.”

Il mondo mi crolla addosso per la seconda volta. Non è colpa di nessuno se sono gay. Essere gay non è sbagliato, credo.

“Non è nemmeno colpa mia. Io non sono cambiato, sono sempre stato gay e tu sei sempre stato mio amico. Esserne venuto a conoscenza non ha cambiato nulla. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Potevamo ancora essere amici, sei tu che sei scappato”

Da dove ho tirato fuori le unghie? Ormai le avevo limate contro le pareti della mia testa quando i pensieri urlavano troppo forte.

“Smettila Harry, tu non sai niente, tu non sai perché l’ho fatto. Tu non sai come sono stato io. Non fare la vittima.”

Non fare la vittima.
Non fare la vittima
Non fare la vittima.
Ma io non faccio la vittima, io sono la vittima. Sono io ad essere stato abbandonato. Sono stato io a ricevere un colpo tra le costole tanto forte da farmi vomitare tutti i sentimenti e le emozioni più belle.

“Non faccio la vittima. Te ne sei andato, mi hai lasciato quando avevo bisogno di te, mi hai lasciato cadere nell’oceano senza aiutarmi a risalire.
E se non so perché lo hai fatto, allora spiegamelo, dimmelo tu perché hai fatto lo stronzo.”

Tutta la rabbia che ho tenuto stretta tra le dita per un anno e tre mesi si sta sciogliendo per scivolare dai polpastrelli ai tasti del telefono.

“Stasera. 22.30. Solito parco. Solita panchina.”

Mi ha chiesto di uscire. O mi vuole ammazzare di botte o vuole farmi un lungo discorso.

Sono le 20.00  Faccio giusto in tempo a cenare, a farmi una doccia e a prepararmi.
Sono le 21.30  Devo solo vestirmi e mettermi in cammino per il parco.
Sono le 22. 20  Sto per arrivare al parco e ho le mani sudate, il cuore che batte più forte che mai, la testa piena di domande e le gambe che vanno per inerzia.

Mi avvicino alla panchina e vedo una sagoma nell’ombra, è senza dubbio Louis. Non è cresciuto molto, ha sempre i capelli con il ciuffo rivolto all’indietro, degli skinny jeans e gli occhi che illuminano la notte.

“Ciao Lou” mi metto davanti a lui. Io in piedi, lui seduto.

“Ciao Harry. Siediti pure.”  Mi appoggio allo schienale con le mani e mi ci siedo sopra, poggio i piedi sul sedile e aspetto.

“Allora…sei cresciuto…sei bello.” Mi ha detto che sono bello, posso morire ora?

“Ti ho chiesto di venire perché devo spiegarti un po’ di cose. Hai ragione, sono sparito senza dirti nulla. Hai la pazienza di ascoltarmi? Senza interrompermi?”

Tocca a me, devo rispondere.
Ovvio, la pazienza ce l’ho, sono curioso e la sua voce starei ad ascoltarla per ore.

“Ho avuto pazienza per più di un anno, di certo non me la faccio scappare adesso, parla pure, ti ascolto.” La mia voce è mono-tono, impersonale e vuota, rimbomba nella mia e nella sua testa, rimbomba nella gola e fa vibrare la notte.

“Quel giorno, quando hai avuto la magnifica idea di sputarmi in faccia che sei gay, ho sentito il mio cuore esplodere.
Il nostro è sempre stato un rapporto abbastanza intimo, giusto? Ho pensato che tutto quello che facevamo insieme, tu lo facessi in modo diverso da come lo stavo facendo io. Io lo facevo da amico, non avevo nessun fine se non quello di farti stare bene. Tu invece no, tu eri dolce, mi accudivi, mi facevi sorridere e c’eri sempre. Allora ho avuto paura di piacerti e me ne sono andato. Ho visto passare davanti ai miei occhi tutta la nostra storia. Una storia che aveva due punti di vista completamente diversi. Una storia che veniva vissuta da due persone che non avevano le stesse necessità. Mi sono sentito tradito, ho avuto paura che tutti i miei gesti fossero stati fraintesi. Tu non mi piacevi Harry. Ti ho sempre voluto bene, siamo cresciuti insieme e abbiamo condiviso tutto. Sono scappato e ho sbagliato. Ho sbagliato perché poi le cose sono cambiate, io ho capito che forse eri qualcosa di più di un amico. Ho capito che passare le mie giornate con te era la cosa più bella del mondo. Ho capito che avrei preferito vedere un film sul divano con te piuttosto che andare al cinema con la più bella della scuola. Ne ho parlato con i miei genitori, con una psicologa e con un professore. Tutti mi hanno detto che era sbagliato, che non potevo comportarmi così con te, che non era giusto che mi piacesse un ragazzo. Mi hanno detto che la cosa non era naturale, che ero solo stato condizionato dalla tua confessione. 
Me lo hanno ripetuto talmente tante volte che sono finito per crederci. Come quando stai per troppo tempo al buio e ti dimentichi che esiste la luce. Ti dimentichi di quale sia la realtà, la verità.
Ma credimi Haz, ti ho pensato tutti i giorni, non ho trascorso questo anno senza pensarti almeno mille e cinquecento volte al giorno. Mi sei mancato anche tu. Mi manchi anche adesso che sei vicino a me perché ho paura che tu possa alzarti e andartene. Ho paura che tu possa non credermi.
Insomma, sai che non sono bravo con le parole, ma ti prego, ricominciamo da capo. Facciamo finta che non sia successo nulla. Io sono sempre Louis, non sono cambiato, sono solo arrabbiato, arrabbiato da morire perché ti ho lasciato solo quando invece avevi bisogno, ti ho lasciato le mani quando tu me le stavi stringendo. Ti ho lasciato da solo quel pomeriggio quando hai deciso di aprirti con me.
Sono arrabbiato perché non so nemmeno cosa sto dicendo. Sono arrabbiato perché se tu non vuoi ricominciare, allora sarà tutta colpa mia. Sono stato io a rovinare tutto, a lasciare che la nostra amicizia svanisse così.
Ti prego Harry, perdonami.”

Non sento niente. Le gambe le vedo abbandonate sul sedile della panchina. Le braccia sono poggiate alle mie stesse gambe. La testa ciondola e, credo, sia ancora attaccata al collo.
Le orecchie sono tappate, c’è un fruscio in sottofondo.
Tutto quello che Louis mi ha detto l’ho capito, l’sentito, l’ho toccato.
Ha detto che era spaventato ed è scappato, aveva paura di quello che lui stesso avrebbe potuto provare, non di me.
Non sono un mostro, allora.
Adesso? Sono pronto a riaprirmi? Sono pronto a rimettere nelle sue mani tutto quello che io sono?

A Louis sono sempre piaciuti i colpi di scena. Louis è sempre stato una tempesta, lui arriva, distrugge tutto, ma è bello. E’ bello davvero.
E’ bello come una sorpresa nell’uovo di Pasqua. E’ bello come un cucciolo di cane appena nato. E’ bello come il tramonto in montagna, quando il cielo colora tutti gli alberi e le rocce di rosa. E’ bello come il tuo libro preferito.

E io adesso sento, sento tutto quello che per un anno mi è scivolato addosso. Mi sento dentro ad un tornado perché non sono più abituato alle emozioni. Mi viene da piangere anche se non so se sia così perché sono felice o triste. E’ un anno che non piango. Ho pianto solo all’inizio. Poi mi sono dimenticato come si faceva.
Adesso mi sembra stupido tutto quello che ho pensato da quando Louis se n’è andato.
Adesso ho voglia di stare tra le gente, ho voglia di abbracciare mia madre. Ho voglia di scoppiare a ridere fino a lacrimare. Ho voglia di buttare tutte le lamette che nascondo in camera. Ho voglia di ricominciare a vivere perché adesso Louis c’è ed è proprio accanto a me e mi sta chiedendo di uscire dal mio mondo rotto e tenuto insieme dai fantasmi.

Devo rispondergli adesso.
Adesso.
Adesso.
Adesso.

“Lou, io…io non lo so. Ho una domanda.” Devo bluffare, voglio tenerlo sulle spine, ma mi viene da ridere. Tengo la testa abbassata così non vede le mie labbra.

“Tutte le domande che vuoi, Haz.” Anche Louis ha la testa bassa, vedo che la sua mano si è spostata verso la mia gamba. Non ha ancora trovato il coraggio di toccarla però.

“Il tuo messaggio, non è colpa mia se sei gay, che senso ha? Hai detto di aver capito che ti piacevo praticamente appena te ne sei andato…e il messaggio me lo hai mandato questo pomeriggio.”  
E’ ovvio che accetterò di ricominciare da capo con lui. Adesso voglio solo prendermi tempo e vedere come reagisce.

“Non lo so, non aveva senso. Non pensavo mi scrivessi, mi hai colto disarmato e non volevo spiegarti tutto per messaggio. È stata la prima cosa che mi è venuta in mente. Ti chiedo scusa anche per questo.” Finalmente la sua mano trova il coraggio di sfiorare la mia gamba.
Le sue dita sono così  piccole e delicate, lasciano una scia fresca lungo il mio ginocchio. La testa di Louis si gira verso di me. L’acqua dei suoi occhi si miscela con l’erba fresca dei miei.

Ora tocca a me parlare, devo dirgli quello che provo, devo dirgli che accetto la sua proposta, che non potrei non farlo.

“Tu mi hai fatto male, mi hai fatto malissimo. Ho pensato di essere sbagliato, ho pensato di non poter andare avanti. Mi si è sgretolato addosso il cielo, ho pensato che l’acqua non potesse più dissetarmi perché l’unico il grado di farlo saresti stato solo tu. Ho smesso di sentire, ho smesso di parlare, ho smesso di rendermi conto di ciò che mi ruotava attorno e che mi passava accanto.
Quando ti ho detto la verità, quando ti ho confessato da che parte stavo, non l’ho fatto per dirti che mi ero innamorato di te. Quello sarebbe venuto dopo, molto dopo. Non volevo spaventarti, volevo solo metterti al corrente della situazione.
Adesso sei qui con me e io ricomincio a vivere Lou, mi sei mancato così tanto.
Sono disposto a fare finta di niente, sono disposto a ricominciare e ad uscire con te, ma devi dirmi cosa vuoi. Devi dirmi se vuoi uscire con me da amico oppure no.”

Incrocio le dita della mano che lui non può vedere, spero mi dica che vuole uscire con me non come amico ma come qualcosa di più. Ho voglia di ricominciare a parlare con lui, ho voglia di sfiorarlo ancora, ho voglia di baciarlo.

“Harry no, tu non hai capito nulla. Io mi sono innamorato di te, io è un anno che ti amo come mai ho amato nessuno.
Quale amico, io voglio essere il tuo ragazzo.”

I fiori sbocciano, gli uccellini volano, il sole illumina le colline inglesi e il mio sorriso è tornato al suo posto. Le mie mani ricominciano a tremare mentre fisso il viso del ragazzo che ho davanti. Il ragazzo più bello del mondo, il ragazzo che mi ha fatto soffrire solo per poi farmi riscoprire cosa fosse la felicità.

Louis sorride guardando il mio sorriso, accarezza la mia gamba con dolcezza e piano avvicina il viso al mio.
c’è lo spazio solo per un filo d’erba tra le mie e le sue labbra, i miei occhi non sanno se affogare nei suoi o rimanere aggrappati alle sue labbra sottili.
Lui si avvicina ancora un po’, piano poggia le mani alle mie spalle e le sue labbra alle mie.
E’ un bacio sincero, voluto, un bacio di scuse, un bacio di ritrovo.
E’ un bacio come uno di quelli che si danno i bambini, perché alla fine, noi lo siamo ancora.
Da bambini ci siamo conosciuti, da bambini ci siamo allontanati e, adesso, con l’innocenza dei bambini ci siamo ritrovati.

So cosa scrivere, ho diciannove anni, una bella famiglia e degli amici con il cuore a grattacielo.
So cosa scrivere, vado a scuola, mi piace ascoltare la musica e leggere il giornale mentre faccio colazione.
So cosa scrivere, mi chiamo Harry, sono gay e sono innamorato.
So cosa scrivere.
So cosa scrivere.
So cosa scrivere.
Si chiama Louis, ha ventitre anni ed è bellissimo.
Si chiama Louis e ha gli occhi del colore di una piscina nel mezzo dell’ estate.
Si chiama Louis e i suoi capelli ondeggiano sempre come le alghe del mare.


Mi chiamo Harry e sto bene.
Mi chiamo Harry e sono con Louis.
Mi chiamo Harry e sto bene come sto.
 
Mi auguro di non avervi annoiato, se mi lasciaste una recensione con un parere, non mi farebbe altro che piacere...è molto molto mia la storia quindi ogni critica, costruttuva e non, è ben accetta.
Vi ringrazio per essere arrivati fin qui.
Un bacio.
-Giulia-

 
 
  
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