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Autore: MaybeShadyKnows    24/03/2014    0 recensioni
"Quante volte le avevano ripetuto che doveva tenere alta la guardia, quante? Che la cosa più importante è proteggersi, non attaccare, e che l’importante è finire l’incontro in piedi, non necessariamente con le mani alzate?
Ma aveva avuto paura, non poteva non ammetterlo a sé stessa."
Ho dedicato una one-shot alla boxe, il mio sport!
Spero che vi piaccia, Mo Cùishle.
Genere: Generale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Laila fissava il professore, vedendo sulla sua faccia pienotta contornata dall’ispida barba color neve sporca, altro. Vedeva altro.
Lui sgranava gli occhi enfatizzando il concetto sul quale si era accanito, e che doveva assolutamente spiegare alla classe, e lei riusciva a fissarlo, ogni tanto persino ad annuire, ma senza avere la minima idea di ciò di cui stava parlando.
Attraverso il suo sguardo vuoto e spento si intervallano le immagini della sera prima, di una realtà purtroppo realistica.

Quante volte le avevano ripetuto che doveva tenere alta la guardia, quante? Che la cosa più importante è proteggersi, non attaccare, e che l’importante è finire l’incontro in piedi, non necessariamente con le mani alzate?
Ma aveva avuto paura, non poteva non ammetterlo a sé stessa. Dal momento in cui si era messa le fasce, i guantoni, il caschetto e il paradenti. Ma probabilmente da prima. Ore, giorni prima. Era dal primo pugno che aveva paura, da quel primo fottuto labbro spaccato. Non le era mai passata.

Suona la campana.

Non è proprio una di quelle campane dal suono pulito, limpido, argentino. E’ più che altro una tromba fastidiosa, che dura una manciata di decimi di secondi, rintronandoti il cervello quasi come a dirti “Hey, muoviti, ti tocca”. Ma ormai ci era abituata.

L’arbitro urla “Boxe!”

Ci siamo. Lo prevedeva. Improvvisamente deve andare in bagno, deve grattarsi un braccio, sente la treccia ai capelli lenti, i ciuffi che le coprono gli occhi in modo impertinentemente fastidioso, il caschetto troppo stretto sulle tempie e il guantone sinistro troppo largo. Ma sono cose alle quali non può più rimediare. Ora deve combattere.

L’avversaria è poco più bassa di me, ma è più robusta, dai suoi occhi neri non traspare alcuna emozione. Le sue labbra sottili sono contorte in una smorfia inesplicabile, le sopracciglia aggrottate accentuano i tratti spigolosi del suo viso, nel complesso delicato.

Si guardano, ma non sono sguardi di odio. Certo, non sono d’affetto, ma diciamo che c’è una certa indifferenza nelle loro espressioni. Forse tentano di intimorirsi a vicenda fingendo di non aver paura. Ma Laila, che è sempre stata una ragazza molto attenta a cose come gli sguardi e le impressioni che ne derivano, ne ha ugualmente, e avrebbe continuato ad averne.
Si guardano, si studiano, e saltellano un po’ sul ring, fingendo di cercare il momento giusto per attaccare, ma celando un segreto timore per chi debba tirare il primo colpo. Non è Laila a tirarlo.

Indietreggio, ma il secondo mi colpisce dritto sul naso. Ci risiamo. Fatemi scendere. Ci ho ripensato.

Ma ormai è tardi. Laila tira qualche jab, ma senza grandi risultati sull’avversaria, la quale intanto sta iniziando a capire la maggiore debolezza di quella ragazzina con gli occhi color del ghiaccio e lo sguardo atterrito, un po’ impacciata nei suoi pochi movimenti. La debolezza peggiore che un pugile possa avere.

Ho troppa paura. Cerco di non pensarci, ma è inevitabile.

Laila ha il volto totalmente scoperto, la guardia abbassata. E chi la trova la forza di alzare bene i guanti? Troppo pesanti. Il suo viso è completamente succube dei colpi dell’avversaria. Come può rimediare a questa situazione?

Non ce la posso fare a vincere, ma nemmeno a perdere. Voglio morire prima, si può?

Poi lo sente.
Il colpo che fermerà questo schifo di incontro. Lo sente, il montante nel suo stomaco, e si accascia per terra. Guarda da sotto le corde del ring l’espressione preoccupata  e visibilmente delusa dell’allenatore, mentre una miriade di emozioni la assale.
Rabbia, per un breve momento anche sollievo, insoddisfazione, nervosismo, voglia di non doversi rialzare mai più per non dover guardare negli occhi la gente, orgoglio andato a puttane, poi di nuovo rabbia.
Voleva rimanere in quel limbo di frustrazione per l’eternità.

Ha una gran voglia di piangere, e buttarla fuori, tutta questa rabbia, ma non può. Non deve dare soddisfazioni a nessuno, deve uscirsene a testa alta, per quanto alta possa tenerla dopo essere finita a terra dopo mezza ripresa in un incontro.

Osserva confusa l’arbitro che intanto solleva il braccio della vincitrice, mentre due figure arancioni si precipitano preoccupate sul ring per appurare le condizioni della ragazza a terra.
Ma lei sta bene, il male ce l'ha dentro.

Lascio che il sangue caldo scorra sul ring blu elettrico. Deve essere un orribile accostamento cromatico.
Lascio che l’odore del sangue che cola –e che tra l’altro mi piace anche- entri nelle mie narici, dopo esserne appena uscito.
Fottuti capillari sensibili.

Non sono durata nemmeno tre minuti, faccio davvero pena.

Si sente sollevare.
 
Va tutto bene?











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Come ho già scritto nella descrizione della
one shot, ho deciso di ispirarmi al mio
sport, appunto la boxe, per scriverla,
e penso che ora ci scriverò una vera storia..
Spero che vi piaccia,
Mo Cúishle.
  
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