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Autore: _joy    25/03/2014    6 recensioni
"La sera in cui Ben Barnes lasciò Rebecca Milani era una sera piovosa e grigia."
Quello che accadde tra un addio e un ritrovarsi.
Perché niente altro conta.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Becky entrò correndo al prontosoccorso.
 
Saltò la coda all’accettazione e, con il cellulare attaccato all’orecchio, seguì le istruzioni che Carolina le stava singhiozzando in diretta.
Salì al primo piano facendo le scale due a due e scansando bruscamente tutte le persone che trovava sul suo cammino.
Una signora con un braccio ingessato protestò vivacemente, ma Rebecca non la sentì neppure.
«Arrivo, arrivo, Caro!» ansimò «Sono al primo piano… Hai detto porta verde e poi a destra, giusto?»
Piombò in una sala d’attesa dove quattro o cinque persone guardarono male quella ragazza sudata e scarmigliata, che tra l’altro parlava al cellulare.
Poi quelle persone riportarono lo sguardo su un’altra maleducata, che strillava come un’aquila al telefonino e, contemporaneamente, insultava un infermiere che cercava di dirle che lì i cellulari non si potevano usare.
Ah, le ragazze d’oggi!
«Mi lasci il braccio!» stava appunto gridando la ragazza «Non mi tocchi, ha capito? Becky, sì, a destra…»
«Caro!» Becky le corse incontro «Eccomi!»
Carolina diede in un grido di gioia, chiuse il cellulare e si divincolò dall’infermiere.
Un secondo dopo era tra le braccia dell’amica e singhiozzava senza ritegno.
Rebecca le accarezzò i capelli, mentre con lo sguardo aveva già individuato Tommaso - illeso! – tra le braccia di Jack.
Il ragazzo parlava al telefono (facendo molto meno casino di Carolina… Forse per questo nessuno lo rimproverava? Ecco che risultati aveva l’aplomb inglese!) e aveva un’aria molto seria.
La vide e le fece un cenno con il capo, ma non attaccò.
 
Carolina ululava ancora, disperata.
Becky la strinse un’ultima volta, poi la accompagnò a una sedia e corse a prendere il figlio.
Tommaso aveva un’aria seria e gli occhi umidi di lacrime, però non piangeva.
Le si attaccò al collo e mugugnò qualcosa nel suo linguaggio approssimativo.
Rebecca lo strinse forte e cercò di calmarsi.
Chiuse gli occhi e respirò l’odore di suo figlio, così familiare e rassicurante.
Lui si lamentò, probabilmente perché lo stava stringendo troppo, quindi lei tornò a sedere vicino all’amica.
Carolina si stava soffiando il naso.
Tommi la guardò con due occhioni seri, come a dire che capiva perché piangeva.
Automaticamente, Becky abbassò appena la maglietta per offrirgli il seno, perché quello lo calmava sempre.
Il piccolo, infatti, si attaccò subito.
«Dov’è Ben?» chiese Becky dopo qualche minuto.
Carolina tirò su con il naso.
«Dentro… Lui… Si è fatto parecchio male, mi sa…»
Le tremava la voce e scoppiò di nuovo a piangere.
«Becky, scusami, scusami!» singhiozzò «Sono stata una stupida! Non merito la tua fiducia! Se fosse successo qualcosa a Tommi…»
Rebecca non ribatté e fissò stanca il pavimento.
Non aveva capito nulla dalla telefonata isterica che Carolina le aveva fatto, se non che era successo qualcosa e che erano all’ospedale.
L’amica le aveva detto almeno cento volte che Tommaso stava bene, che non era per lui, ma di sbrigarsi e correre lì.
Deglutì a vuoto.
«Male quanto? E cos’è successo?»
Ma Carolina continuava a singhiozzare.
Becky non insistette e guardò Jack; lui la stava fissando.
Aveva le sopracciglia aggrottate e disse ancora qualcosa in inglese al cellulare, quindi chiuse la comunicazione e si avvicinò al gruppetto.
«Scusa, ti prego» fu la prima cosa che disse «È stata colpa mia»
«No, mia!» gemette Carolina.
«No, io sono stato stupido e superficiale e…»
«Se non la smettete subito, prendo le vostre teste e le sbatto una contro l’altra!»
Il tono secco di Rebecca li zittì all’istante.
Tommaso aprì un occhio e sbirciò inquieto la madre.
«Insomma, voglio sapere cos’è successo!» disse ancora lei, con voce bassa ma minacciosa.
I due scattarono sull’attenti.
«Abbiamo portato Tommi al parco» iniziò Jack «Stava giocando a palla quando è arrivato Ben. Io e lui… abbiamo litigato. Ero furioso per come si sta comportando e… bè, gliel’ho detto e ci siamo messi a litigare di brutto e…»
«Becky, non sono stata abbastanza attenta!» gemette Carolina «Davvero, non so come ho fatto! Stavo controllando Tommi, poi mi sono girata un secondo… e lui era già quasi in strada! E arrivava una macchina!»
Becky chiuse gli occhi e deglutì a vuoto.
«Colpa mia» fece Jack «Solo colpa mia, perché io e Ben abbiamo alzato la voce, come due idioti… Non è stata Carolina, lei voleva solo assicurarsi che non arrivassimo alla mani…»
«Sì, ma comunque…» lo interruppe Caro.
«No, davvero, tu non potevi… Siamo stati noi! Con un bambino piccolo lì vicino! Ma cosa mi dice la testa?»
«Ecco, ottima domanda!» lo gelò Rebecca «Se fosse successo qualcosa a Tommi, io…»
Carolina rabbrividì, poi disse:
«Appena ci siamo accorti che stava andando in strada siamo corsi tutti e tre… ma Ben era il più vicino. E… bè, è saltato in avanti per prenderlo. Solo che una macchina… l’ha investito»
 
Rebecca chiuse di nuovo gli occhi.
Com’era possibile?
Pensava che non potesse esserci niente di peggio di quegli stupidi sentimenti che provava e che avevano rotto l’armonia della sua vita… e ora questo!
Suo figlio che rischiava di essere investito.
Ben che era stato investito per davvero, al posto suo.
 
Batté le palpebre e Jack e Carolina si fissarono, guardinghi, temendo un suo scoppio d’ira.
Invece lei si limitò a chiedere:
«E Ben?»
Jack si morse un labbro e fu l’amica a rispondere:
«La macchina l’ha preso in pieno. Penso che… di sicuro ha una gamba rotta, perché era piegata in modo… in modo innaturale, ecco. E si teneva le mani sul ventre, ma non so… Comunque ha protetto Tommi, ecco. È stato proprio… eroico. Era a terra e sanguinava, ma quando ha visto che Tommi si era spaventato e piangeva lo ha stretto e non ha detto nulla, non ha fatto nemmeno un gemito…. Anche se probabilmente stava male come un cane: era pallido da far spavento!»
Scese il silenzio.
Jack affondò il viso tra le mani; dopo un attimo Carolina si protese per mettergli una mano sulla spalla.
Becky abbassò gli occhi sul bambino, il suo bambino così simile a Ben.
«Che cazzo ho fatto» mormorò Jack «È tutta colpa mia…»
«No, non è vero» Carolina, che fino al giorno prima sembrava non aspettare altro che tirare il collo ai due fratelli, ora gli parlava dolcemente «Non sei stato tu! Lo vedrebbe anche un cieco che adori tuo fratello e quello che gli hai detto… bè, lo hai fatto per lui! Se lo meritava e aveva bisogno di una bella svegliata! Non potevi sapere che…»
Le sfumò la voce.
Tommi smise di prendere il latte e lanciò un vagito stanco.
Rebecca prese a cullarlo automaticamente.
Lui le tirò una ciocca di capelli, come comprendendo che – per una volta – sua madre non gli stava dando la sua totale attenzione.
In quel mentre arrivò un medico, che chiese:
«Barnes? O almeno… Si dice… Barnes?»
Saltarono tutti e tre in piedi.
«Chi di voi è parente?»
«Io sono il fratello!» disse Jack.
Il medico lo guardò con occhio critico ma l’accento inglese parve convincerlo.
Quindi guardò le due ragazze e il bambino.
«Va bene. Se vuole seguirmi… Per la privacy, capisce»
«Senta, non perdiamo tempo! Come sta mio fratello?»
Quello sospirò seccato.
«Al momento è in sala operatoria»
Jack e Rebecca sbiancarono.
«Perché?» chiese Carolina, l’unica che aveva ancora voce.
Il dottore la guardò seccato.
«Posso parlare solo con i familiari. Mi scusi, lei chi è?»
Jack fece per afferrarlo per il bavero ma non fece in tempo, perché Becky si  intromise:
«Io sono la moglie. Che ne dice di smetterla di perdere tempo?»
Il dottore la guardò dall’alto in basso, chiaramente sospettoso.
«Mi scusi, ma mi riesce difficile crederle e la privacy è una questione molto seria per l’ospedale e…»
«Spero allora non voglia chiedere anche il test del DNA per nostro figlio» ribatté lei, implacabile «Ma se preferisce, mentre lei ciancia di burocrazia, io vado a chiamare i carabinieri per una denuncia, perché mi fa perdere tempo mentre mio marito viene operato!»
Il medico guardò tutti e tre, furioso, ma poi cedette.
«Molto bene. Suo marito sta subendo una splenectomia, ovvero un intervento di asportazione della milza»
«Perché?» chiese Jack, che non aveva capito niente.
«Perché l’incidente gli ha causato un forte trauma addominale: abbiamo operato d’urgenza perché c’era già rottura traumatica e il rischio di emorragia era troppo alto»
Jack si grattò la testa; Becky gli tradusse velocemente le parole del medico.
La voce non sembrava nemmeno la sua, da quanto era fredda e impersonale.
«Altro?» chiese poi al medico.
Quello annuì.
«La gamba destra è fratturata in due punti. Abbiamo ridotto la frattura prima di portarlo in sala operatoria, ma dovrà vederlo un ortopedico: forse serve una vite, in quel caso si tratterebbe di un secondo intervento»
Becky annuì e poi scivolò sulla sedia.
Accarezzò in automatico i capelli del figlio e il dottore esitò poi chiese con voce burbera:
«È questo il bambino che ha protetto? Continuava a chiedere come stava suo figlio»
A quelle parole, gli occhi di Rebecca si riempirono di lacrime.
Annuì, con le labbra che le tremavano.
«È un bambino bellissimo» disse ancora il medico, quasi rabbonito «Somiglia molto a suo marito»
 
Becky aprì la bocca per dire qualcosa, invece scoppiò a piangere.

   
 
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