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Autore: Kicca    25/03/2014    2 recensioni
Un Orchetto rovinò a terra ai piedi di Monica che osservò disgustata il ventre lacerato. Alzò lo sguardo e quello che vide la pietrificò. Il cuore iniziò a batterle ancora più velocemente. Non riusciva a credere ai suoi occhi. “Sto sognando! E’ l’unica spiegazione plausibile!” pensò non staccando gli occhi di dosso all’individuo davanti a lei. Nonostante l’oscurità riusciva benissimo a vedere due orecchie a punta che spuntavano tra la lunga e folta chioma nera.
Spero che la storia vi piaccia! Mi raccomando recensite! :D
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di J. R. R. Tolkien, mentre Monica e gli amici sono di mia proprietà, quindi se li volete usare o prendere come spunto, prima siete pregati di chiedermelo. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

ERINTI

CAPITOLO 14: TORNARE A CASA.

Dall'arrivo dei giovani Uomini, le giornate ad Imladris si erano leggermente vivacizzate. Ma mai come quel giorno. Da quando era stata data loro la notizia che presto sarebbero tornati a casa, l'entusiasmo e l'euforia avevano preso il sopravvento.  
L’unica che era di umore completamente opposto era Monica. Aveva provato in tutti modi a cercare di essere felice, ma la cosa non le riusciva. Sapeva che tutto quello le sarebbe mancato, una volta tornata. E dato che non riusciva a reggere la felicità degli amici, aveva deciso di non stare con loro.
Suo fratello Alessandro e Elisa avevano capito la situazione e non le avevano detto niente.
Aveva iniziato a girovagare per l’Ultima Casa Accogliente, provando ad imprimere nella mente quel posto spettacolare. Melime ed Elveon erano con lei. Dato che non li avrebbe più rivisti, era contenta di passare quegli ultimi momenti con loro. Le dispiaceva che non ci fosse anche Lastie. Era partita la sera precedente, come ordinatole da Elrohir. Nonostante fosse infuriata, aveva deciso comunque di passare il pomeriggio del giorno precedente con lei. E questo Monica lo apprezzò tantissimo. In fondo, anche se avevano trascorso poco tempo insieme, le piaceva. Ed era stato veramente difficile dirle addio.
Quella mattina era anche arrivata la notizia che gli Orchetti non sembrava volessero tornare sulle rive del Bruinen e continuavano ad avanzare verso nord.
Quindi Elrond aveva deciso che, senza perdere altro tempo, i ragazzi sarebbero partiti l’indomani mattina, avrebbero poi sostato la notte nell’accampamento, per ripartire poi il giorno dopo fino a raggiungere la grotta da dove erano arrivati, il tutto scortati dagli Elfi. Il problema sarebbe stato trovare la grotta. Comunque questo punto l’avrebbero affrontato una volta là.
Quel pomeriggio fu decisamente deprimente. La ragazza aveva il cuore pesante, non le andava di parlare, lo faceva solo per rispondere alle domande che le venivano fatte.  Aveva completamente il morale sotto le suole delle scarpe.
Glorifindel aveva pensato di proporle un ultimo duello, ma dato la condizione emotiva in cui si trovava, non gli sembrò il caso. Gli dispiaceva un sacco doverle dire addio. E non era l’unico. Molti erano tristi per la sua partenza. La sua somiglianza con Erdie aveva risvegliato i sentimenti che avevano sepolto con la sua morte.
La sera Monica mangiò pochissimo. Restò completamente in silenzio immersa nei suoi pensieri. Poi, una volta che la cena terminò, si alzò e si dileguò. Voleva restare da sola per un po’. Iniziò a vagare senza rendersi conto di dove stesse andando. Si ritrovò dopo un po’ sotto un piccolo porticato circolare, situato proprio sopra il Bruinen. Si avvicinò al parapetto in pietra e vi appoggiò le mani. C’era la luna piena e tirava un venticello piacevole. Sembrava che il tempo si fosse fermato. Il profumo dei pini era inebriante e il rumore del fiume assordante.
La vista era davvero stupenda. L’Ultima Casa Accogliente, avvolta nel chiarore della luna e con le luci rosse delle fiaccole, aveva un aspetto incantato.
Il macigno che aveva sullo stomaco si fece ancora più pesante. In quell’istante pensò che se qualcuno le avesse chiesto di rimanere, l’avrebbe fatto, senza pensarci due volte. Non voleva più tornare a casa. Forse era pazza a pensare quelle cose, ma in tutti quei giorni che aveva passato lì si era sentita viva come non le era mai successo prima. Come se quei diciannove anni che aveva vissuto fino a quel momento li avesse trascorsi all'interno di una bolla che, una volta arrivata ad Arda, era scoppiata. Era come se avesse iniziato a respirare per la prima volta. Come se si fosse svegliata da un sogno grigio e monotono. Cosa sarebbe successo una volta tornata? Si sarebbe formata di nuovo quella bolla? Sarebbe tornata a vivere quei giorni monotoni, tutti uguali, che l'avrebbero fatta spegnere lentamente? Probabilmente i colori vividi che vedeva in quel momento sarebbero tornati del solito grigiore. Avrebbe dovuto lottare per andare avanti, giorno dopo giorno e vivere una vita piatta. Sarebbe riuscita ad affrontare tutto questo? Ragionando su queste cose, la paura la investì. Forse in futuro, ripensando a questi giorni, si sarebbe convinta di aver fatto solo un sogno. Un brivido le percorse la schiena. Non voleva che succedesse. Non voleva rinnegare quello che aveva provato, quello che aveva passato. Avrebbe preferito fosse davvero solo un sogno perché sentiva che per reprimere il dolore di quel ricordo, si sarebbe autoconvinta che fosse stata solo un'illusione. Si accasciò a terra non riuscendo più a sostenere il peso del cuore. Un singulto la scosse e in quel momento si rese conto che stava piangendo, aggrappata disperatamente alle colonnine in pietra sotto il parapetto. Voleva continuare a sentirsi viva. Strinse i denti, le nocche delle dita erano diventate bianche per quanto stava tenendosi forte. Represse un urlo. Non voleva andare via.

Erano partiti prestissimo quella mattina, così sarebbero arrivati all'accampamento in serata.
Fecero una sosta per far riposare i cavalli verso l'ora di pranzo, poi ripresero spediti. Per tutto il tempo Monica non aveva aperto bocca. Anche quella mattina era stata di poche parole. Aveva tenuto in braccio Elveon per quel poco tempo che la separava dalla partenza. Era inutile dire che le sarebbe mancato da morire. Poi, lo aveva baciato sulla fronte prima di restituirlo a Melime. L'Elfa le carezzò la testa e le regalò un dolce sorriso. Toccò quindi ad Elrond dire le parole d'addio. Ma non sapeva cosa disse perché da quel momento si estraniò completamente. Non si rese nemmeno conto che qualcuno la stava seguendo da lontano. Due occhi blu, gelidi, un viso pallido solcato da un ghigno. Quindi montarono tutti in sella ai cavalli e partirono. Sentì la vocina di Elveon che la chiamava Silwen, per l'ultima volta. Poi fu come se la coltre di nebbia l'avvolgesse definitivamente.
Non si accorse che Diana era scoppiata in lacrime, anche lei dispiaciuta e triste di lasciare quel posto. Né delle facce mogie che avevano i suoi amici.
Restò per tutto il tempo ad osservare la criniera e il manto bruno del suo cavallo, oppure guardava a terra. Tutti i movimenti che faceva erano automatici e senza alcuna energia. Era completamente vuota. Come se le avessero strappato l'anima.
Accanto a lei avevano cavalcato per tutto il tempo Elrohir, Elladan e Glorfindel. Quest'ultimo era voluto andare a tutti i costi con loro. L'aveva vista la sera prima. Era rimasto tutto il tempo a guardarla disperarsi, impotente.
Ricordò la chiacchierata che aveva avuto quella notte con Elrond. Glorfindel era entrato di foga nel suo studio e gli aveva detto di averla vista, che voleva fare qualcosa, che voleva chiederle di restare ancora un po'. Ma Elrond l'aveva fatto ragionare. Anche se fosse rimasta per dell'altro tempo, poi sarebbe stata ancora più dura per lei doversene andare. E gli ricordò che Arda non era il suo posto. Che lei proveniva da un altro mondo. Non poteva restare con loro.
L'Elfo biondo spostò lo sguardo sulla figura sulla sua sinistra. Era incurvata in avanti, come se avesse un macigno sulle spalle. Il viso era pallido e gli occhi erano rossi e gonfi, contornati dalle occhiaie violacee. Notò con dispiacere che erano spenti. Quella luce vivace che vi aveva visto fino a pochi giorni prima, era completamente scomparsa. Sospirò preoccupato.
Ovviamente non era l'unico. Elrohir si trovava dall'altra parte, alla sinistra della ragazza, anche lui visibilmente preoccupato. Aveva intuito che la ragazza non avesse chiuso occhio tutta la notte. Ogni tanto si voltava verso il fratello, come per cercare sostegno, o per chiedergli mentalmente cosa potesse fare. Ma nemmeno Elladan sapeva cosa dire o come comportarsi.
Quindi restarono tutti e tre chiusi in silenzio.

Arrivarono per l'ora di cena all'accampamento. I ragazzi erano stanchissimi dopo aver cavalcato per tutto il giorno e si lamentavano dei muscoli indolenziti mentre seguivano gli amici Elfi fino ad un grande fuoco, intorno a cui avrebbero mangiato.
Anche Nolon, Alyon, Turion e Varnohtar avevano voluto accompagnarli. E, grazie a loro che avevano scherzato con i ragazzi, il viaggio non si era trasformato in un corteo funebre, come probabilmente sarebbe accaduto date le condizioni in cui riversava il gruppetto con Elrohir, Elladan, Glorfindel e Monica.
Anche la cena fu abbastanza allegra, la tristezza aveva abbandonato i cuori dei giovani Uomini che ora erano elettrizzati per l'imminente ritorno a casa. Anche se spesso tutti lanciavano occhiate preoccupare verso la loro amica che continuava a non dire niente.
Toccò di nuovo pochissimo cibo e rimase a fissare il fuoco fino a che non vennero spediti a letto.

Stava iniziando a farsi giorno quando Monica si alzò dal giaciglio ed uscì dalla tenda. Si guardò intorno alcuni istanti, poi iniziò ad incamminarsi senza meta. Lasciò che le gambe andassero da sole. Ma non si allontanò di molto. Aveva fatto alcuni metri fuori dell'accampamento quando una voce la chiamò. Lei si riscosse dai suoi pensieri e si fermò. Non fece in tempo a farsi delle domande che qualcuno le atterrò davanti la faccia. Ma stranamente non ne fu sorpresa e non si spaventò. L'elfo moro ne sembrò divertito, poi una smorfia gli si dipinse sul bel volto - Sapete di non avere affatto un bell'aspetto? - proferì non togliendole gli occhi verdi di dosso. Lei non rispose, si limitò a ricambiare l'occhiata. Quello allora riprese a parlare – Non volevo interrompere la vostra passeggiata mattutina... ma purtroppo non posso farvi allontanare più di così. - incrociò le braccia al petto – Questo posto non è sicuro, nonostante gli Orchetti se ne siano andati... ecco perché stiamo facendo da sentinelle... e voi fra altri due passi avrete superato il confine. - spiegò spostandosi accanto a lei, poi indicò una linea immaginaria a terra, davanti a loro – Sia chiaro... dopo quello che avete mostrato di essere capace di fare ad Imladris, potrei anche optare per il lasciarvi proseguire oltre... - un sorriso divertito gli incurvò le labbra – Ma poi Glorfindel, Elladan ed Elrohir mi uccideranno! Quindi... vi sarei immensamente grato se potreste invertire la vostra rotta e dirigervi in un altro posto! - dichiarò allungando un braccio in direzione dell'accampamento – Oh, ovviamente restando sempre nei confini. - aggiunse facendole l'occhiolino.
Monica restò ad osservarlo in silenzio per alcuni secondi – Parlate troppo. - puntualizzò ad un tratto. In lontananza le sembrò di percepire una risata.
L'Elfo la guardò sorpreso per un po', poi scoppiò a ridere – Sì, me lo ripete in continuazione anche Turion. Perdonatemi. - accompagnò quest'ultima parola con un inchino.
La ragazza accennò un gesto del capo, poi si volto e fece per allontanarsi.
- Silwen! - la chiamò Alyon. Lei sgranò gli occhi nocciola e si pietrificò sul posto. - Riesco a capire che questo sia un momento difficile per voi... - mormorò, il tono della voce si era fatto dolce – Ma volete davvero andarvene così? -
Lei rimase alcuni istanti spiazzata dalla domanda, poi si voltò di scatto, ma Alyon già non c'era più. Si guardò in torno, sollevò lo sguardo fra i rami degli alberi, ma non riuscì a scorgerlo.
Sospirò e si incamminò verso l'accampamento, la domanda che le rimbombava in testa.
Aveva perfettamente capito a cosa si riferisse l'Elfo. E aveva pienamente ragione. Sapeva anche lei che restarsene in silenzio non avrebbe risolto niente. Stava sprecando quegli ultimi momenti, quando avrebbe potuto passarli a fare le ultime chiacchierate con coloro che le erano stati accanto in quest'ultimo periodo. Con quegli Elfi che le avevano sconvolto la vita, che l'avevano aiutata e che le avevano insegnato un sacco di cose. Quegli Elfi che presto non avrebbe rivisto mai più.
Strinse i pugni lungo i fianchi accelerando il passo. Si fermò a chiedere delle informazioni ad un Elfo, quindi corse verso la sua meta.
Entrò nella tenda di Elladan ed Elrohir di slanciò ritrovandosi puntati addosso tre paia di occhi che la guardarono sconvolti.
- Dama Monica... è successo qualcosa?- chiese preoccupato Elladan che da seduto scattò in piedi, imitato dagli altri due.
- Io... io... - ansimava per la corsa, aveva il cuore che le batteva a mille, gli occhi erano velati dalle lacrime. Prese un bel respiro cercando di calmarsi, le lacrime le rigarono il viso – Grazie! - fu tutto quello che riuscì a dire. Poi chinò il capo e si lasciò andare alle lacrime, in silenzio.
I tre Elfi si scambiarono un'occhiata d'intesa e sorrisero dolcemente. Elrohir le si avvicinò e l'abbracciò, accarezzandole la testa. Lei gli si aggrappò istintivamente alla casacca.

Avevano superato il Bruinen quella mattina presto ed ora cavalcavano seguendo la strada grigia.
I ragazzi si erano lanciati occhiate basite per tutto il tempo. La loro amica, da quella mattina, sembrava essersi ripresa, conversava tranquillamente con gli Elfi e anche con loro. Sorrideva perfino. Certo, non sprizzava gioia da tutti i pori e aveva un'aria stanca, ma sembrava aver riacquistato un po' di buon'umore.
In effetti le era servita la conversazione che aveva tenuto con i tre Elfi. Dopo essersi calmata, aveva continuato a ringraziarli e rivelò quanto fosse stata felice per tutto quello che le era capitato in quei giorni. E che grazie a quell'esperienza, si sentiva cambiata, ovviamente in meglio. Anche i tre la ringraziarono per il coraggio che aveva risvegliato in loro. Le promisero che avrebbero continuato a lottare e ad opporsi a questo nuovo Male.
Alyon ogni tanto lanciava occhiate divertite verso la ragazza. Era contento che le sue parole l'avessero aiutata a riprendersi. La giovane non mancò di ringraziarlo di cuore.

Stava calando la sera. Il cielo si stava tingendo di blu e stavano comparendo le prime stelle.
In quei giorni il tempo li aveva sempre assistiti. Erano state delle bellissime giornate tiepide. Anche quella sera non vi era una nuvola in giro.
Quella mattina Elladan riferì loro che non si sarebbero accampati per la notte, ma avrebbero proseguito fino a che non fossero giunti alla grotta. Sarebbe stato troppo rischioso fermarsi. Il fatto che fino a quel momento avessero proseguito il viaggio indisturbati era stata una vera fortuna. Come fece notare scherzosamente Varnohtar quel pomeriggio, sembrava come se qualcuno volesse farli tornare a casa sani e salvi.
I ragazzi si ritrovarono a pensare che fosse una cosa decisamente ottima. Per i loro gusti ne avevano passate anche troppe. Ne avevano abbastanza di Troll e Orchetti.
Fecero una breve pausa per far riposare e sgranchire i giovani Uomini, misero qualcosa sotto i denti e si rimisero in viaggio. Era passata da poco la mezzanotte. La mezza luna illuminava flebilmente la strada grigia. Ad un tratto Monica sollevò il capo e si guardò in torno, rallentando l'andatura del suo cavallo. Continuò ad osservare la scarpata sulla sua destra.
- Che c'è? - le chiese Glorfindel iniziando anche lui a scrutare tra le piante che ricoprivano il pendio.
- Credo... - proferì scendendo da cavallo – Credo che sia questo il punto... -
Gli altri si erano arrestati poco più avanti. Alessandro evitò di chiedere alla sorella come facesse a saperlo dato che lui non ci vedeva quasi niente. Ma sembrava che in quei giorni lei avesse sviluppato un'ottima vista e, si accorse quella mattina a spese della cugina, anche un ottimo udito. Milena se ne era uscita con una delle sue solite frasi fuori luogo e ricevette una pignata in testa da Monica che cavalcava in fondo al gruppo.
Elladan raggiunse la ragazza e Glorfindel, chiedendole se ne fosse sicura. Monica riferì che quel posto le sembrava familiare. Poi spiegò loro che se era il punto esatto, poco più in su avrebbero trovato a terra le loro torce che avevano lasciato lì venti giorni prima. Le ci volle un po' per spiegare che non erano fatte come le torce che conoscevano loro. Sempre se qualcuno non se le era portate via, poi.
Nolon e Turion si offrirono volontari ad andare a controllare. E così, agli altri non rimase che attendere. Non molto, in verità. Un quarto d'ora dopo i due erano già di ritorno e Nolon aveva in mano qualcosa. Si diresse verso Monica e le mostrò l'oggetto che aveva in mano. Gli amici scattarono verso di lei domandandole cosa fosse, se erano riusciti a trovare qualcosa. Come risposta vennero abbagliati dall'improvviso fascio di luce che si sprigionò dall'oggetto.
- Ecco, questa è una pila o torcia, qual dir si voglia. - proferì lei rivolta verso gli Elfi che guardarono l'oggetto stralunati e incuriositi. Poi iniziarono a fare domande di ogni genere, ma lei non rispose, lasciò le spiegazioni agli amici. Non appena aveva visto la pila fra le mani di Nolon, il cuore le aveva perso un battito e fu investita da uno tsunami di emozioni. La tristezza prevaleva su tutte.
Aveva sperato con tutto il cuore di essersi sbagliata, che quello non fosse il punto. Si rendeva conto di essere una stupida a pensare così. Probabilmente si sarebbero trattati di pochi minuti in più, ma lei avrebbe dato qualsiasi cosa anche per un solo secondo da aggiungere a quel poco tempo rimasto da trascorrere lì.
Senza perdere altro tempo, iniziarono l'arrampicata sul pendio. Se per gli Elfi era come camminare in piano, i ragazzi ebbero dei problemi ad inerpicarsi. Ma alla fine riuscirono a raggiungere il punto in cui giorni prima avevano dormito, dopo essere stati inseguiti dal Troll.
- Non è che quel Troll è ancora qui in giro? - chiese ad un tratto Sabrina aggrappandosi al braccio di Leonardo.
- Tranquilla, se fosse qui nei dintorni ce ne renderemmo subito conto. - le rispose Elladan sorridendole.
- Ora il problema è trovare quella benedetta caverna... - mormorò Michele puntando la pila in alcuni punti attorno a lui.
Avevano recuperato anche le altre e ora stavano cercando di orientarsi.
- Non vi ricordate proprio niente? - domandò Turion a Leonardo.
Il rosso scosse la testa – Eravamo troppo spaventati per renderci conto di dove ci stessimo dirigendo. -
Mirco era concentrato sul punto in cui avevano dormito – Mmh... - mugugnò ad un tratto – Se non sbaglio, la direzione da cui siamo venuti era... - iniziò dando loro le spalle – Quella! - esclamò puntando il dito davanti a sé, dopo essersi fermato – Ricordo che voi ragazze vi eravate accasciate qui... - riferì accucciandosi – Avevamo quell'albero davanti, contro cui poi aveva dormito Stefano... ti ricordi? - chiese rivolto all'amico. Quello corrugò alla fronte cercando di ripensare a quella notte, poi affermò il capo – Ecco, quindi dobbiamo essere venuti da là! - ripeté indicando di nuovo il posto.
Gli amici concordarono. In effetti, ora che lo aveva detto, si ricordavano vagamente qualcosa.
Allora si misero in cammino in quella direzione.
- Comunque, ricordo che non abbiamo fatto molta strada. - dichiarò Stefano – Abbiamo corso per pochi minuti, prima di fermarci... la grotta non deve essere lontana da qui. -
Glorfindel ordinò agli altri di tenere gli occhi aperti.
Fu Varnohtar, pochi minuti dopo, a scorgere qualcosa: era proprio la tanto agognata grotta.
- Quindi è da qui che siete venuti... - proferì Elrohir. Gli occhi grigi scrutarono all'interno.
Calò il silenzio. E man mano che passavano i secondi si faceva pesante. Fu Alyon a romperlo, proponendosi di accompagnare i ragazzi fino all'uscita dalla caverna. In fondo, il Troll era comparso nel loro mondo, dalla soglia avrebbero potuto aspettare che fossero al sicuro e controllare che non succedesse loro niente.
Si addentrarono nella grotta. Era abbastanza spaziosa, ma non ci misero molto a percorrerla. Una volta all'uscita, i ragazzi fecero alcuni passi nel loro mondo e si fermarono, voltandosi verso i loro accompagnatori che rimasero ad osservarli.
- Andate pure tranquilli, se succede qualcosa interverremo noi. - comunicò Glorfindel sorridendogli.
I ragazzi si guardarono incerti. Ora che era arrivato il momento di salutarsi, non erano più felici come fino a poco prima. L'unica cosa che riuscirono a fare fu ringraziarli per tutto. Gli erano più che riconoscenti. Poi si dissero addio, gli Elfi gli augurarono tutta la felicità del mondo, e i ragazzi iniziarono ad inoltrarsi nel bosco davanti a loro.
- Dama Monica... - la chiamò Glorfindel – Posso chiedervi un favore? - La ragazza si era voltata verso di lui e attese che continuasse – Continuate ad allenarvi. -
Lei lo guardò stupita, poi inarcò le labbra sottili in un sorriso – Ci proverò. - affermò. Restò ad osservarli ancora per un po' – Namarie. - sussurrò prima di dar loro le spalle ed incamminarsi con passo celere per raggiungere gli amici che non si erano fermati.
Nel momento stesso che si voltò, sentì rompersi qualcosa dentro di sé. Non sapeva se fosse il suo cuore o la sua anima o entrambi. Ma non pianse. Continuò a proseguire dritta davanti a sé, non si voltò più. Sentiva gli occhi di tutti vegliare su di loro, anche quando ormai avevano raggiunto la radura dove trovarono ancora accampate le tende. Aveva iniziato ad albeggiare.
- Che strano... - mormorò Stefano guardando il cielo celeste pallido.
- Cosa? - gli domandò Alessandro che si sedette su una sedia accanto ad un tavolino da pic-nic.
- Un sacco di cose... - continuò quello spostando lo sguardo su di lui – Innanzi tutto... non dovrebbe essere ancora notte fonda? - chiese perplesso.
- Sì, ma devi tenere conto che il tempo nella Terra di Mezzo non corrisponde con quello qui sulla Terra...  - gli ricordò Mirco che, recuperata una sedia, si sedette anche lui al tavolo. Presto tutti si ritrovarono lì intorno a discutere.
- C'è un'altra cosa che non mi torna... - continuò Stefano – Se è vero che qui il tempo scorre tre volte più velocemente... Non è strano che le nostre tende siano ancora qui? - domandò girandosi a guardare la sua – Voglio dire... quanto tempo è passato in verità qui sulla Terra da quando siamo partiti? -
I ragazzi rifletterono sulla cosa – Credo una sessantina di giorni. - proruppe Diana – Quindi adesso sarebbe... settembre... i primi del mese. - calcolò.
- Ecco! Quindi sono passati due mesi... e le nostre tende sono ancora qui... - proferì il ragazzo castano.
- Certo... non si smontano da sole! - gli fece notare Leonardo.
Stefano gli lanciò un'occhiataccia – Quello che voglio dire è che dopo due mesi, sono ancora qui... io mi aspettavo minimo che ci fosse il nastro della polizia, quello che si mette sulle scene del crimine, tutto intorno a questa zona... -
- Tu vedi troppi film polizieschi. - lo interruppe la ragazza divertita.
- Milena, Stefano non ha tutti i torti... - replicò invece Sabrina – Insomma... c'è un gruppo di dieci ragazzi che è scomparso da due mesi... anche io non mi aspettavo di ritrovare qui le tende. E se ci hai fatto caso, è rimasto tutto come lo avevamo lasciato. - i suoi occhi azzurri si posarono sulla bottiglia di birra vuota lì sul tavolo.
Gli amici confermarono confusi. Restarono in silenzio per un po', ognuno a rimuginare su quei fatti. Quando ad un tratto Milena urlò facendo sobbalzare tutti.
- Che diavolo ti prende?! - sbottò Mirco infastidito.
- Se siamo ai primi di settembre... - iniziò con un'espressione terrorizzata in viso – Vuol dire che tra poco ricomincerà la scuola... -
- Sì, per te, Sabry, Ale e Stefano. - ricordò Elisa. Erano i quattro più piccoli.
- E io ho da fare le versioni di latino e greco! - piagnucolò afflosciandosi sulla sedia con espressione disperata.
- Al diavolo te e le traduzioni! - imprecò Michele lanciandole un'occhiataccia.
- Ma la prof. mi ammazzerà... lo so! - esclamò aggrappandoglisi al braccio, l'altro iniziò a strattonarlo per farle lasciare la presa.
- Ragazzi... - li richiamò Monica, aprendo bocca per la prima volta da quando avevano lasciato gli amici Elfi - Credo che abbiamo un problema più grande e importante da affrontare. - spostò lo sguardo su ognuno per vedere se tutti le prestassero attenzione – Che scusa ci inventiamo da dire ai nostri genitori e alla polizia? - domandò.

Mirco fermò la macchina davanti casa di Monica e Alessandro e si voltò a guardarli – Buona fortuna, ragazzi! - gli augurò prima che i due scendessero dalla macchina.
Recuperarono le loro cose dal portabagagli e lo salutarono ricambiando l'augurio e ricordandogli che si sarebbero sentiti poco dopo per sapere come fosse andata.
Dopo una lunga chiacchierata, in cui erano uscite anche opzioni alquanto strambe, avevano optato per dire ai propri genitori che si erano persi fra le montagne sopra la radura e che, disorientati, non erano più riusciti a trovare la strada per tornare indietro. Era una cosa semplice, ma non erano riusciti a pensare ad altro. Sempre meglio dell'opzione di essere stati rapiti dagli alieni con cui era saltato su Leonardo. Tutti gli altri ritennero che, a quel punto, sarebbe stato di gran lunga più credibile raccontare a tutti la verità della “scampagnata” nella Terra di Mezzo. Ma convennero che entrambe le storie li avrebbero condotti dritti dritti al manicomio.
Ecco perché avevano optato per quella più semplice, anche se forse poco credibile. Ed è per questo che avevano tutti promesso di provare ad essere il più convincenti possibili nel momento che l'avrebbero raccontata.
Erano circa le nove del mattino di un giorno ignoto quando i due varcarono la porta dell'ingresso di casa. Si chiusero la porta alle spalle, si lanciarono un'occhiata di incoraggiamento, presero un bel respiro e chiamarono i genitori.
Un rumore di passi e poi la porta della cucina si aprì. Spuntò una donna sulla quarantacinquina, i capelli neri che le ricadevano sulle spalle, gli occhi verdi come quelli di Alessandro, un biscotto in bocca e un cipiglio sul bel viso. Morse il biscotto e li osservò crucciata mentre masticava il pezzo.
I due ci stavano rimanendo male. Si erano immaginati che, appena li avesse visti, gli fosse saltata al collo dalla felicità.
- Che ci fate voi qui? Non dovevate tornare domani dal vostro campeggio? - domandò.
Monica e Alessandro restarono in silenzio senza trovar nulla da dire e la guardavano basiti – Eh? - fu l'unica cosa che uscì dalle loro bocche.


SIGNIFICATO DELLE PAROLE ELFICHE:

Namarie: addio.


NOTE DELL'AUTRICE:
Linciatemi pure... me lo merito!
Non ho scusanti, se non quella che questo capitolo è stato davvero difficile da buttare giù, almeno fino all'altra sera, quando ho avuto l'ispirazione fulminante e si è scritto da sé. Non ho mai abbandonato questa storia. Ho sempre continuato a lavorarci e negli ultimi mesi stavo cercando di scrivere nero su bianco questo "dannato" capitolo.
Poi una mia carissima amica, pochi giorni fa, mi ha chiesto a che punto fossi. Forse è stata lei a sbloccarmi. :) Quindi la ringrazio infinitamente!
Dunque... vorrei tornare un momentino al discorso del Beta. Tre anni fa (sì, è passato un sacco di tempo T.T) si era proposta Nayomi, non so se sia ancora disponibile... in caso c'è qualcun altro che si vuole proporre? Fatemi sapere.
Detto questo, vi saluto, sperando di portarvi presto un nuovo capitolo.
Ovviamente la storia non è finita. u.u Ma non vi prometto niente.
Spero vi sia piaciuto. Aspetto una vostra recensione. :3
Kicca
   
 
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