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Autore: lascrittricedisogni    25/03/2014    3 recensioni
A volte basta poco per cambiarti la vita. tutto quello che hai costruito in anni viene polverizzato in pochi secondi. È questo il caso di Astrid, una ragazza la cui vita è stata distrutta da un cancro alla gamba destra che oltre ad avergli preso l' arto gli ha tolto la sua più grande passione: correre. Proprio quando pensa che non valga più la pena lottare un' altro colpo sconvolgerá la sua vita, ma stavolta in modo positivo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'OBLIO • "il vento mi scompigliava i capelli. Il sole batteva forte sulla pista ed io ero accaldata. I muscoli delle mie gambe erano tesi, pronti a scattare. Lo sparo della pistola mi fece scattare in avanti e io cominciai a muovere le gambe, una dopo l'altra, sempre più veloci. Ero in testa e stavo distaccando le altre di un bel pó. La sensazione del vento sul viso era qualcosa di talmente meraviglioso che in quel momento pensai che avrei potuto correre tutta la vita pur di provare quella sensazione di libertá che avevo solo quando ero in pista. Andava tutto bene ma poi cominciai a sentire le gambe pesanti come non mai. Erano come piombo che si fondeva sotto il sole cocente e dopo poco rimasi inchiodata alla pista. Sentii la mia voce gridare aiuto ma nessuno si accorgeva di me e del mio panico. Gridavo sempre più forte ma ogni secondo che passava nel mio campo visivo appariva una macchiolina nera e presto anche l'ultimo bagliore di luce fu coperto da quello strato di macchie simili a petrolio. Un ultimo flebile suono uscì dalle mie labbra prima di cadere nell' oblio. Mi risvegliai nel mio letto d'ospedale. Il mio petto si alzava e si abbassava troppo velocemente e il "bip" continuo della macchina situata vicino al mio letto mi risuonava nelle orecchie. Solo un sogno. O un incubo. Non lo sapevo, era tutto così confuso... Provai a mettermi a sedere ma persi l'equilibrio e caddi dal letto. Non ero ancora abituata a vivere con una gamba sola e mi sembrava tuttora impossibile. Gridai e una donna bionda vestita da infermiera si precipitó nella stanza. mi prese per le braccia e mi rimise nel letto. "Stai attenta o saremo costrette a legarti al letto tesoro" disse nello scarso tentativo di fare una battuta. Facile per lei scherzare. Lei non aveva avuto un tumore a 16 anni. A lei non era stata amputata una gamba. Lei non doveva sopportare gli sguardi pietosi delle persone che la vedevano. Ma gli rivolsi comunque un timido sorriso per dimostrarle che stavo bene. Questo sembró tranquillizzarla e dopo 10 minuti mi lasciò sola. Presi il mio diario dal comodino e cominciai a disegnare un bozzetto dei fiori che i miei genitori mi avevano portato una settimana fa. Stavano appassendo ma a me piacevano comunque. D'altronde anche io dentro ero come quei fiori: scolorita, morente. Riuscii a delineare l'ombra del vaso prima di cadere in un altro sonno dovuto ai farmaci. Un sogno buio, privo di sogno o emozioni.
  
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