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Autore: CherryBomb_    26/03/2014    6 recensioni
Alessandro è un attore nella vita, ma non sul palco. Recita una parte che si è assegnato da solo e indossa una maschera d'indifferenza e odio quando, in realtà, vorrebbe dimostrare altro. Qual è la sua storia e come finirà?
Dal testo:
Recitai. Recitai la parte dello stronzo, odioso e insopportabile come ormai facevo da due anni. Indossai la maschera d’odio che mostravo ogni volta che mi rivolgeva la parola o solo uno sguardo al di fuori delle nostre battute sul palco. Non potendo più rivelare i miei veri sentimenti senza sembrare uno zerbino, uno stupido o, peggio, un cretino, mi ero armato delle migliori doti recitative e calato nei panni dell’uomo che non avrei mai voluto essere, non per lei almeno, ma quello sembrava l’unico modo per mantenere un po’ di amor proprio.
Storia partecipante al contest Shopping di Prompt e di Bonus di AllisonMonster.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Odio e amo









Odio e amo

 

“Il coinvolgimento emotivo ci conduce
verso sentimenti pericolosi”
Once upon a time


 

Odio: sentimento di forte e persistente avversione, per cui si desidera il male o la rovina altrui; o, più genericamente, sentimento di profonda ostilità e antipatia.
Questa è la definizione del sentimento che sembrava caratterizzare gran parte della mia vita. All’inizio la credevo una fortuita coincidenza, poi mi resi conto che fossi completamente fuori strada: era destino, il mio, nient’altro. Un crudele destino che a occhi esterni poteva solo essere visto come una profonda mancanza di rispetto verso gli altri, puro egocentrismo e stronzaggine allo stato puro, ma non era affatto così. Se mi toccava recitare in quel malo modo era solo a causa mia o, per meglio dire, del mio cuore. Purtroppo quell’organo così importante per la nostra vita è anche quello che a volte ce la rovina. Quando ci sono di mezzo i sentimenti, la fine è certa come lo scorrere del tempo, sempre, e la mia situazione non era un’eccezione, ne ero sicuro.
La disgrazia della mia vita avvenne quando, per puro caso, mi ritrovai a partecipare a un provino per una parte in una rappresentazione teatrale. Nulla di strano, ero abituato a quel genere di situazione, ma ciò che non mi sarei mai immaginato era di incontrare la creatura più bella che avessi mai visto, dai capelli scuri, ricci e gli occhi di un intenso azzurro, che solo con uno sguardo erano riusciti a catturarmi il cuore. Mi ritrovai a dover provare la scena con lei come mia compagna e fu un piacere averla al mio fianco. Era un’attrice eccezionale, sapeva cambiare il tono della voce in base alle frasi che doveva dire e la sua mimica facciale lasciava senza parole. Quel giorno il mio autocontrollo fu messo a dura prova a causa sua. Mi costò un grande sforzo concentrarmi su come recitare nel modo giusto, se non l’avessi fatto mi sarei sicuramente soffermato a guardarla con la bocca aperta e gli occhi sognanti come uno stupido.
Ero fregato, completamente. Il peggio fu quando mi fermò dopo il provino e mi fece i complimenti per come avevo recitato, lo stesso feci io. Non so con quale coraggio –non ero tipo da farmi avanti così spudoratamente con le ragazze, almeno che non le conoscessi-, ma le chiesi di andare a bere qualcosa per chiacchierare un po’. Accettò senza la minima esitazione e sorrise come se le facesse un immenso piacere. S’insinuò dentro di me il pensiero che non fosse solo lei ad aver fatto colpo su di me, ma che l’avessi fatto anch’io su di lei. Ci speravo, davvero.
Si chiamava Marta e aveva studiato per diventare un’attrice. I suoi studi erano stati proficui, non c’erano dubbi. Aveva ventiquattro anni, come me, e il suo sogno era di diventare un’attrice teatrale di fama mondiale.
Il nostro rapporto da quella sera non fece altro che migliorare di giorno in giorno, di prova in prova. Riuscimmo a entrare in quella compagnia teatrale per cui avevamo fatto il provino, ma non significava che le nostre fatiche fossero finite, c’era ancora tanto, troppo, da lavorare e lo sapevamo entrambi. Ci restammo accanto ad ogni difficoltà, goccia di sudore e battuta da ripetere. Nonostante avessimo ottenuto solo parti minori nello spettacolo, il regista pretendeva che dessimo il 100%, ma sembrava che non bastasse mai.
Marta veniva bacchettata più di tutti e due e, sinceramente, non ne capivo il motivo. Per me, lei era perfetta in tutto ciò che faceva, nei suoi movimenti, nella recitazione, nel modo in cui sorrideva o solo mi guardava.
M’innamorai di lei come s’innamorano gli stupidi: consapevoli di ciò che sta succedendo, ma non vogliono far niente per impedire che accada. Per quale motivo avrei dovuto? Sembrava essere la donna perfetta per me ed io l’uomo per lei. La vedevo come la compagna della mia vita e la madre dei nostri figli. Sembrava anche che il suo pensiero fosse lo stesso, che per lei fossi più di un semplice amico. Avrei dato qualsiasi cosa per renderla felice e vederla sorridere. Ogni volta che ricevevo una sua telefonata, correvo senza pensarci due volte e lo stesso faceva lei per me. Tutti nella compagnia pensavano che stessimo insieme e m’illusi che presto, molto presto, sarebbe successo.
Ero solo un povero illuso. Illuso e stupido, tanto da pensare che l’arrivo di Sergio, un nuovo attore della compagnia bello e attraente da far invidia a una Divinità, non avrebbe sconvolto la vita di nessuno, soprattutto la mia o quella di Marta. Ero stato così ingenuo da pensare che, quello sguardo così sorpreso e quasi ammirato di Marta nei confronti di Sergio, fosse solo per il modo in cui recitava e non per la sua notevole bellezza. Ero stato così cieco da non rendermi conto che quei due me la stavano facendo sotto il naso senza che me ne accorgessi, e non perché loro fossero furbi e facessero tutto di nascosto, ma perché continuavo ad accampare scuse una sopra l’altra per giustificare gli atteggiamenti di lei e far crescere la mia speranza di una possibile storia tra di noi.
Ci credevo talmente tanto che quando li vidi baciarsi in modo molto appassionato mi cadde il mondo addosso. Non potevo credere ai miei occhi, dovevo essermelo per forza sognato, non c’era altra spiegazione. Lei non poteva aver fatto una cosa del genere, non avrebbe tradito la mia fiducia, il mio amore per lei. Non lo avrebbe mai fatto.
Chi prendevo in giro? In fin dei conti non mi ero dichiarato, non sapeva i miei sentimenti e non avevo mai provato a comportarmi in modo diverso da un semplice amico. Mi ero accecato da solo con la mia speranza rendendomi ridicolo davanti a tutti, di nuovo, perché non era di certo la prima volta che mi succedeva una cosa del genere. Avevo continuato a dare amore a una persona che voleva riceverlo da qualcun altro, ma basta, non sarebbe successo mai più. Lo zerbino, stupido e illuso Alessandro avrebbe levato le tende e se ne sarebbe andato. Ero pur sempre un attore, giusto?
«Rifacciamola! Marta mettici un po’ più di entusiasmo, di amore! Mettiti al passo con Alessandro, la parte dell’innamorato gli viene piuttosto bene.»
Ironia della sorte, due anni dopo aver visto Marta baciare un altro e capire che di me come ragazzo non le importasse niente, eravamo sul palco a recitare la parte di due innamorati.
«Strano» commentò Marta a bassa voce, ma non abbastanza, il suo commento arrivò forte e chiaro.
Era una provocazione nei miei confronti, lo sapevo, e ne ebbi la conferma quando mi guardò di sottecchi. Il cuore perse un battito e le farfalle sbattevano le ali nel mio stomaco, ma le rivolsi lo sguardo più duro che sapessi fare.
Recitai. Recitai la parte dello stronzo, odioso e insopportabile come ormai facevo da due anni. Indossai la maschera d’odio che mostravo ogni volta che mi rivolgeva la parola o solo uno sguardo al di fuori delle nostre battute sul palco. Non potendo più rivelare i miei veri sentimenti senza sembrare uno zerbino, uno stupido o, peggio, un cretino, mi ero armato delle migliori doti recitative e calato nei panni dell’uomo che non avrei mai voluto essere, non per lei almeno, ma quello sembrava l’unico modo per mantenere un po’ di amor proprio.
«Non credevo che le tue doti recitative si basassero sulla tua vita privata. Sì, insomma, capisco che Sergio se ne sia andato da tre mesi e che da allora non si sia più fatto sentire, ma non credevo che ne avrebbe risentito la tua recitazione. Sono deluso, davvero molto deluso.»
«Sei uno stronzo, ecco cosa sei» sputò tra i denti avvicinandosi al mio viso.
M’imposi di non abbassare lo sguardo e fissare le sue labbra. Non osai muovere un muscolo, ma continuai a guardarla negli occhi. Quello che ci leggevo era odio puro scatenato dalla mia arroganza e dalle mie parole da puro stronzo. Sapevo che aveva ragione, perfettamente.
«Ragazzi, che succede?» ci chiese il regista.
«Niente. Possiamo fare una pausa?»
«Sì, ok, dieci minuti per tutti e voi due» ci indicò «qualsiasi cosa sia successa voglio che chiariate. Mettete agitazione a tutto il gruppo. Andavate bene fino ad adesso!»
Alzai gli occhi al cielo e seguii Marta che si era incamminata verso l’uscita.
Mi rilassai quando il mio viso fu investito dall’aria fresca e chiusi gli occhi per godermi il momento. Fingere di essere qualcuno che non ero, era più stancante di quanto avrei mai immaginato. Dovevo sforzarmi di essere indifferente in ogni momento, fingere di non provare niente, soprattutto quando Marta m’insultava o mi guardava con occhi carichi d’amore mentre recitavamo. Odiavo talmente tanto quella maschera che avevo deciso di indossare, che quando me ne liberavo per recitare il ruolo dell’innamorato mi sentivo sollevato. L’unico motivo per cui mi veniva bene era che non fingevo, esprimevo esattamente ciò che provavo per lei, da sempre. Non c’era finzione né recitazione: ogni parola, sguardo, tocco erano di un innamorato. Avrei recitato ventiquattro ore al giorno se avessi potuto, solo per poter essere realmente me stesso senza menzogne e  maschere. Volevo poter essere libero di esprimere i miei pensieri e sentimenti senza dovermi sentire uno stupido o un semplice amico.
Mi sentii osservato e tornai alla realtà. Marta era a qualche metro da me e mi guardava, quasi scrutava.
«Che c’è?» gli chiesi tranquillo rendendomi conto che stessi sorridendo.
Scosse la testa e increspò un po’ le labbra, cercava di reprimere un sorriso. Abbassò lo sguardo e mi permisi di studiarla come avevo l’abitudine di fare ogni volta che ne avevo l’occasione.
«Ok, se non vuoi dirmelo, fa niente.»
Alzai le spalle e la superai. Non potevo tradirmi proprio in quel momento.
«Ecco, ci risiamo, per un secondo ho quasi avuto l’impressione che fossi tornato il vecchio Alessandro. Figuriamoci, non devo neanche pensarle queste stronzate» mi disse con disprezzo e feci una smorfia.
Quello era il prezzo da pagare per il mio atteggiamento e dovevo farlo in silenzio. Era solo colpa mia se venivo trattato in quel modo, ma meglio essere disprezzato o odiato piuttosto che ricevere un’amicizia che non volevo. Sarei stato un ipocrita se avessi detto che la volevo nella mia vita come amica, soprattutto quando i miei sentimenti erano di tutt’altro tipo. Volevo che diventasse la mia ragazza, la donna della mia vita e la futura madre dei miei figli e accontentarmi di un’amicizia mi sembrava sminuisse ciò che provavo per lei. Non volevo illudermi o interpretare male un suo gesto pensando che lo facesse perché per me provava qualcosa di diverso, non volevo passare la vita nell’oblio assoluto.
«Mi spiace, dolcezza, credo che tu abbia preso un abbaglio.»
Mi girai a guardarla e le feci un sorrisino strafottente.
«Sai cos’è che fa più male? Sapere che una volta eri mio amico, che non eri così e che mi fidavo di te. Mi fidavo, capisci? Credevo che la nostra amicizia fosse sincera.»
Non riuscii a reprimere una smorfia quando disse la parola amicizia.
«Le persone cambiano, Marta.»
«Purtroppo sì, a quanto pare.»
Mi diede le spalle e fece per entrare, ma poi si fermò.
«Devo farti i complimenti, sai? Sei diventato talmente bravo a recitare che, quando sei sul palco, sembri davvero una persona che può provare amore, dei sentimenti per qualcuno. A volte ci casco, lo giuro. Rimango a guardarti mentre reciti una battuta e me la bevo. Sembri così sincero in quello che dici, nel modo in cui mi guardi, che mi sento davvero la donna più fortunata sulla terra, poi ritorno alla realtà e mi rendo conto di chi tu sia davvero. Mi chiedo solo che cosa ci vedessi in te quando eravamo amici. Per quel che vale, eri un ottimo amico, una persona fantastica che avrei voluto avere ancora nella mia vita, ma forse è meglio così. Non dovrei nemmeno prendermela quando mi rispondi male o mi guardi con disprezzo. Mi piacerebbe solo capire cos’è successo per farti diventare così.»
«É la vita» risposi sincero.
Mi guardò e poi scosse la testa, dandomi le spalle.
Il suo discorso era stato come un coltello piantato nel cuore dalle sue stesse mani. Ogni sua singola parola era stata percepita come una pugnalata. Era quello il problema principale di tutto: lei mi vedeva come un amico, una persona fantastica che avrebbe voluto facesse ancora parte della sua vita; non mi vedeva come un uomo che poteva renderla felice e farle vivere le gioie dell’amore. Ero stato semplicemente un ottimo amico che l’aveva aiutata, le era stato accanto e le allietava le giornate nere. Ero stato un ragazzo con cui scherzare, parlare anche dei propri problemi, ma non ero l’uomo che l’avrebbe baciata, abbracciata o fatto l’amore con lei. Non lo ero e non lo sarei mai stato.
Non era nemmeno stata capace di leggermi negli occhi e di capire che stessi fingendo, che qualcosa dentro di me stava bruciando e chiedendo di uscire, ma che reprimevo. Non si rendeva conto di ciò che stessi facendo, e come avrebbe potuto? Non aveva mai avuto idea di ciò che provavo per lei, neanche in quel momento. Come avrei potuto spiegarle che ogni volta che decantavo sul palco la sua bellezza mi innamoravo ancora di più di lei? Come avrei potuto anche solo dirle che ogni volta che la sfioravo o toccavo il mio cuore perdeva un battito? Come avrei potuto raccontarle cosa succedeva al mio stomaco quando mi guardava con occhi sognanti come se provasse qualcosa per me, illudendomi in quei minuti che fossimo una coppia?
La amavo come una vittima ama il suo carnefice. La amavo in segreto come se quello che provavo fosse sbagliato, ma era meglio così.
Sapevo, ne ero certo, che alla fine nella mia vita sarebbe arrivata la donna che mi avrebbe corrisposto e ci saremmo amati a vicenda, ma, nel frattempo, avrei atteso fingendo di essere qualcuno che non ero, provare sentimenti che non sentivo e odiare qualcuno che amavo.
Quando ci sono di mezzo i sentimenti non è mai facile, non si sa mai quanto si soffrirà e se si verrà contraccambiati. Tutto ciò che ne scaturisce sono emozioni, sensazioni, pensieri che non portano mai a nulla di buono, solo a qualcosa che non sapremo gestire e che non potrà far altro che farci male, in un modo o nell’altro.
I sentimenti sono armi a doppio taglio: pericolosi e, allo stesso tempo, così affascinanti e inebrianti da non poterne fare a meno.






Eccomi di nuovo tornata!
La storia è stata scritta per il contest Shopping di Prompt e di Bonus di AllisonMonster. Una OS non molto lunga che racconta qualcosa di particolare e che, in un certo senso, è un pezzo di me anche se non ho odiato nessuno xD
Mi piaceva scrivere dal punto di vista di un maschio perché è qualcosa che non viene vista molto spesso. Anche loro, a differenza di quanto noi donne a volte pensiamo, soffrono e molto.
Spero che vi sia piaciuta e… fatemi sapere! ^^

   
 
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