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Autore: misci jackson    27/03/2014    2 recensioni
'Non pensavo che l' avrei mai detto ma io... Io non posso scrivere una poesia su di te'.
'Ma sei una scrittrice... È quello che sai fare meglio.. Perchè non puoi?'
'Perchè trovo che dei tratti di inchiostro su un pezzo di carta non possano racchiudere qualcosa di talmente meraviglioso e lucente come te'.
E per la prima volta nella mia vita le dolci ispirazioni e poesie che si rincorrevano nella mia testa si mescolarono con la
realtà. Un bacio, uno vero. Ed era frustrante sapere che non avrei mai saputo descriverlo per quello che veramente era stato, nemmeno con tutte le mie doti di poetessa schizzata.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Seungri, T.O.P., Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Alzai gli occhi sul faccione del signor Colla, il gigantesco proprietario del nostro lido. Sembrava indeciso, ci gurdava con aria superiore. "E voi quanti anni avreste?", chiese, con la sua voce nasale. "Diciotto", mentii in fretta. Avanti, li dimostravamo. Sperai con tutto il cuore che ci cascasse, e in effetti non disse nulla. "E perchè dovrei darvi il posto?". Avanti, è un bagno, non la borsa di Wallstreet, pensai. "Perchè svolgeremo il lavoro con diligenza e impegno", rispose la Claci, che si era un pò ripresa dalla sera precendente. Accidenti, quanto la ammiravo. Io non ero come lei: ero debole, dannatamente debole. Bastava poco per ferirmi, e il tempo per rialzarmi non bastava mai. Se fosse accaduto a me con Top... non sapevo in che stato sarei stata. Perchè ero così sensibile? Perchè avevo bisogno di scrivere fiotti di versi per esternare ciò che sentivo, perchè non potevo prendere a botte un cuscino e sentirmi meglio? Perchè ero totalmente sbagliata in quel mondo freddo. "Mmm", il signor Colla si grattò il mento con la biro, mentre decideva le nostre sorti. "E va bene, il posto è vostro", disse alla fine, "tu come cameriera per il turno serale ed eventualmente del pranzo", mi indicò, "e tu come aiuto in cucina", indicò la Claci, "non c'è molto da fare, devi solo fare da assistente ai cuochi e mettere in ordine a fine serata". Ci scambiammo un' occhiata vittoriosa. "Stasera farete una prova, i nostri ragazzi vi insegneranno come funzionano le cose. Presentatevi qui alle sei, in modo da essere pronte per l' apertura delle sette". "Grazie mille", ringraziammo, prima di uscire dal suo ufficio nel retro del bar. **** SHALLY POV. Va bene, era il momento giusto. Avevo avvistato la ragazza bruna, stava prendendo il sole su una sdraio accanto al suo ombrellone. Corsi sulla sabbia infuocata per arrivare accanto a lei e poggiare i piedi sullo spiazzo di ombra. Si accorse quasi subito di me, quando mi vide si mise a sedere e alzò gli occhiali sulla testa: "ciao, ti serve qualcosa?". "Ciao", risposi, sorridendo amichevolmente, "mi chiamo Shally, sono la ragaz..", mi bloccai. Avevo pensato di darle un punto di riferimento per preentarmi, ma che figura ci avrei fatto a dire di essere la fidanzata di Taeyang e poi chiedere di un altro ragazzo? "Sono un' amica di Taeyang, ci siamo viste qualche volta qui in giro". "Ah, si, giusto. Io sono Claudia, piacere". "Piacere mio. Sai, volevo chiederti una cosa... riguardo a Bruno, quel ragazzo, il cugino della tua amica credo...". "Vuoi chiedermi di B?", storpiò la sua espressione in una smorfia divertita e schifata allo stesso tempo, "che può fregare di B a una come te?". Lo presi come un complimento. "Beh, io e lui abbiamo legato un pò. Siamo stati insieme del tempo, ci siamo divertiti, e ormai da tanto non lo vedo più in giro". "Cavolo, certo, è da un pezzo che è tornato a casa". "A casa? Dove?". "A Montecatini, da sua mamma". Ripensai alle parole che mi aveva detto sua cugina, quella volta: non tornerà MAI più, lo aveva detto con aria malinconica, tanto da farmi preoccupare. Ma che aveva? A quanto pare il ragazzo non era così irraggiungibile. "E perchè è tornato a casa solo lui? Insomma, alla fine delle vacanze mancano ancora tre settimane, e voi siete ancora qui...". "Questo non lo so, pare siano cose tra lui e sua madre. Mi dispiace, Shally". "Ah", sospirai, delusa, "quindi non sai proprio nient' altro? "No". "Come si chiama di cognome?". "Pistacchio. Si chiama Bruno Pistacchio". "Perfetto, grazie Claudia". Beh, almeno qualcosa avevo ottenuto. ****MISCI POV. Entrai in camera mia. Il sole era altissimo, erano le tre di pomeriggio e fuori sarei morta di caldo. E dovevo riposarmi per arrivare fresca alla mia prima serata di lavoro. Mi sedetti alla sedia della mia scrivania. Quella stanza mi apparteneva fin da piccola, avevo passato molte stati della mia vita in quella casa, prima con mia madre, la zia e B e poi, quando mia mamma si fu stancata di badare a ragazzini che ormai sapevano cavarsela da soli, solo con la Claci e mio cugino. Non è che ci lasciasse lì al mare senza alcun adulto con noi: al piano inferiore abitava una donna, una mia zia di terzo grado, che mamma usava come capro espiatorio di qualsiasi cosa combinassimo nei tre mesi e mezzo di vacanza. La donna aveva promesso di badare a noi e venirci a trovare, ma in realtà erano poche le volte in cui la incrociavamo o venivamo a chiederle qualcosa. Posai lo sguardo sulle mura, vi erano appese mille foto. Aprii un cassetto, per gioco. Soliti pacchetti di matite, soliti vecchi compiti delle vacanze. E un foglio. Lo presi. Era ripiegato quattro volte, e sopra c' era scritto qualcosa: per Misci. Il cuore ebbe un sobbalzo nel mio petto: era la calligrafia di Bruno. E fu come se una gigantesca serpe mi stesse strisciando nel petto, mentre leggevo le sue parole, con quella scrittura tirata via. Strinsi così tanto il figlio di carta che lo bucai con le unghie, lo sconforto si impossessò di me. Chiusi gli occhi, quando ebbi finito di leggere. Respirai, piano, concentrandomi solo sul respiro. -Calma, devo stare calma. Estraniati-, dissi a me stessa. -Io non ho bisogno di scrivere poesie, di piangere. Io sono forte. Sopporterò tutto. Niente poesie. Mi fanno stare solo più male". Ma era difficile andare contro la mia natura. Era difficile scordarmi chi ero e cosa stavo passando, anche se ci provavo. Alla fine della mia estate mancavano tre settimane, e alla fine della sua vita? Come sarebbe finita quell' estate, per lui? Sentivo freddo, ed ebbi paura. Ebbi paura, perchè sentivo che il freddo se lo sarebbe portato via. Non sarebbe stata colpa del freddo, ma del tempo, eppure era il freddo a farmi paura. La mia quarta poesia per lui non era una vera e propria poesia: era un risposta a quella sua lettera. L' aveva scritta andandosene...e io non volevo lasciarlo andare. Gli risposi, gli parlai spassionatamente, era come schiacciare il mio cuore in una mano e riversarne il succo su quella carta. E io divenivo leggera, mentre la voragine dentro di me si colmava con quei tratti di inchiostro. Non l' avrebbe mai ricevuta, non volevo che sapesse del mio dolore infinito. Anzi, era meglio che pensasse che fossi una stronza. Una dannata stronza che se ne fregava. Perchè almeno si sarebbe arrabbiato con me, avrebbe avuto una ragione per incontrarmi ancora e urlarmi in faccia. "...E non scordarti mai che ti amo, Super B, ovunque andrai". Ovunque era un concetto più grande di quello che avrei voluto.
  
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