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Autore: SparklingLetters    27/03/2014    1 recensioni
[Stable Queen]
Regina non ha vita facile, tra il complicato rapporto con la madre e l’isolamento dal resto del mondo. Poi, un giorno, fa amicizia con un ragazzino di nome Daniel…
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cora, Daniel, Henry (Padre), Regina Mills
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5
My Fair Stable Boy

È un giorno caldo e soffocante. L’aria è ferma, fuori dalla finestra non si muove una foglia. Un’ape ronza nell’orecchio di Regina e si allontana pigramente; a quanto pare, persino lei è troppo sopraffatta dal calore per lavorare. Eppure vogliono che lei stia seduta con le mani in mano e ascolti il tono monocorde della voce del suo avvizzito precettore, intento a ripetere all’infinito goffe formule grammaticali.
Lo sguardo di Regina vaga verso la finestra. Lontana, può vedere la stalla. Lui è lì: Daniel, che sembra minuscolo per la distanza, e la sagoma scura di un cavallo accanto a lui. Anche da lontano, Regina sa che lui lo sta rigovernando. Sospira piano. Se solo anche lei potesse andare a cavallo nei prati riccamente verdi e in crespi campi di grano; muovere un po’ d’aria, assorbire un po’ di sole. In un lungo giorno di scuola come questo, tuttavia, non c’è tempo per le passeggiate; solo per la grammatica, la matematica, la retorica, la logica, la musica e il cucito più tardi nel pomeriggio. Daniel, d’altra parte, è libero…
«Signorina Mills, per favore». Il precettore s’intromette nei suoi sogni ad occhi aperti con una traccia di impazienza nella voce. «Il paradigma della coniugazione verbale, se non vi dispiace».
«Oh… sì… Scusate la mia lentezza, vi prego». Lei abbassa la testa. Lui è esigente ma giusto, e riferisce regolarmente alla mamma i suoi progressi. Difficilmente ha motivo di lamentarsi – Regina è una studentessa diligente, coscienziosa, benché un po’ sdegnosa verso certe materie che considera indegne del suo tempo, o del tempo di chiunque altro, in quanto a ciò. Preferisce la letteratura alle aride regole grammaticali, perciò il tutore ha cominciato ad utilizzare la cosa a loro vantaggio illustrando la grammatica e il suo uso pratico, e le fa leggere libri grandi e piccoli. Consapevole di quella concessione, lei si sente imbarazzata e vergognosa per la propria negligenza, e inizia a declamare immediatamente le regole della coniugazione, recitandole in modo impeccabile.
«Molto bene, signorina Mills. Per oggi abbiamo finito. Ritengo che abbiate iniziate il libro, ora continuatelo, e finitelo entro questa settimana. Non dimenticate di esercitarvi quotidianamente negli esercizi di retorica. Ricordate di completare il compito di algebra, e…»
La porta si spalanca.
«Lady Cora». Il precettore s’inchina mentre la mamma entra maestosamente.
«Ritengo abbiate appena concluso?»
«Certo».
«Come va mia figlia? Lavora sodo, spero?»
Regina si morde ansiosamente il labbro. La mamma lo sa? Come può saperlo?
Prima che il tutore abbia l’opportunità di rispondere, la mamma lo fa uscire: «Vi aspettiamo la prossima settimana al solito orario».
«Arrivederci, Lady Cora. Signorina Mills». Lui raccoglie le proprie cose e se ne va senza ulteriori indugi, chiudendo la porta dietro di sé.
«Regina, cara, guardami».
Regina guarda.
«Non c’è niente che devi dirmi?»
Regina inghiottisce. Lo sa, pensa disperatamente. «Io… Oggi fa così caldo, mamma, era solo difficile concentrarsi».
«Presumo che preferiresti girovagare per la campagna a cavallo, non è vero?»
Lei tenta di rimanere impassibile ma sa che la mamma può leggerle la verità negli occhi.
«Quante volte devo dirtelo? Tu hai il privilegio di poter ricevere questa istruzione. Ho cercato in lungo e in largo un precettore adeguato. Avrai un’istruzione degna di una lady, un’istruzione che in effetti supera quella di molti. Non vorrei altrimenti; non voglio niente di meno per te. Ma devi collaborare».
«Ma io collaboro» si lascia sfuggire Regina alla pura ingiustizia di quel rimprovero. «Sono una brava allieva; oggi tutti i miei esercizi erano senza errori! Ho anche letto più di quanto dovevo!»
«Lo so, cara» replica la mamma e le accarezza una guancia. «Tuttavia, non possiamo permetterci una scarsa concentrazione. Tu devi sempre, sempre fare del tuo meglio, lo capisci?»
Regina annuisce con aria scoraggiata.
«Oggi ti eserciterai al pianoforte per un’ora extra. L’istitutrice è malata e non verrà, quindi sarò io ad accertarmi che tu lo faccia come si deve. Successivamente dovrai anche lavorare sul tuo ricamo. Mi è stato detto che i tuoi punti sono ancora deludenti».
Regina rimane in silenzio. Lei odia il cucito, specialmente ultimamente; trova difficile sedere immobile, chinata sulle tele con l’ago in mano per lunghe ore, quando la prospettiva di godersi i grandi spazi aperti ha di gran lunga più fascino. Sa che è meglio non dirlo a voce alta, certo. Ringrazia la sua buona stella per non dover imparare anche a filare come fa la maggior parte delle ragazze; la mamma sembra avere un’inesplicabile avversione per la filatura e l’ha proibita fermamente.
La mamma la valuta per un po’. Questa volta, non nota niente di sospetto sul suo viso, per il sollievo di Regina. «Se farai bene, più tardi questa sera predisporrò del tempo supplementare con quel tuo cavallo».
Questo è quasi troppo bello per essere vero, da parte dalla mamma, specialmente dopo una sgridata – gentile, certo, ma pur sempre una sgridata.
«Oh, Regina, perché quest’incredulità? Non sono un mostro».
Inesplicabilmente, in qualche modo Regina si sente improvvisamente male per lei. «Grazie, mamma!»
Si china in avanti e stampa un bacio veloce sulla guancia della mamma, cosa che porta un sorriso compiaciuto sul volto di Cora.

La musica e il ricamo sembrano interminabili, ancor di più sotto l’occhio attento della mamma; ma finalmente finisce, e Regina si riversa nel prato e si dirige verso le stalle nella luce accecante del sole prossimo a tramontare. Daniel la sta già aspettando. «La mamma ti ha detto che stavo arrivando?»
«Sì, mi ha chiesto di preparare il tuo cavallo. Possiamo partire subito».
Così lo fanno; Regina sul suo sauro, Daniel su un baio, cavalcando con calma nel tramonto.
Eppure c’è qualcosa che non va. Regina gli getta molte occhiate di traverso prima di rompere finalmente il silenzio, che sente non essere del solito genere confortante: «Daniel? Va tutto bene?»
Gli occhi di Daniel incontrano i suoi per una frazione di secondo, ma poi lui torna a fissare dritto davanti a sé.
«Ho cercato di finire il ricamo il più in fretta possibile ma avevo paura che i punti sarebbero stati troppo malfatti se avessi lavorato troppo velocemente, e che non sarei stata autorizzata a venire per niente» offre lei in modo incerto. L’intera cosa sembra sciocca mentre la pronuncia. «Odio il ricamo» aggiunge amaramente. «L’altra roba va bene per lo più ma posso comunque pensare a cose più divertenti da fare, specialmente in giorni splendidi come questo. Sei così fortunato ad esserti liberato della scuola».
Invece di rallegrarsi, Daniel sorride un sorriso mesto. «Vorrei che mi insegnassero ancora» sospira.
«Ma… perché? E… perché non succede? Pensavo fossi andato a scuola – dopotutto sai leggere e scrivere».
«Sì, visto che eravamo sempre in movimento ho imparato per lo più da mio papà. Mi ha insegnato le lettere. Non tutti gli stallieri sanno come leggere e scrivere – in effetti, molti non lo sanno. Ma mio papà voleva che io imparassi tanto quanto potevo; aiuta, se si vuole ottenere un lavoro da una buona famiglia. Quando siamo venuti qui, il Padron Henry ha promesso che mi sarebbe stato permesso di andare alla scuola del villaggio». Lo sguardo sconcertato di lei lo porta a fermarsi. «Sai, quando qualcuno del popolino vuole che i suoi figli vengano istruiti, deve avere il permesso del signore del maniero».
«Non lo sapevo» ammette lei. «Quindi siccome papà è d’accordo, tu puoi andare, non è vero?»
«Non più. C’è sempre il lavoro a tenermi occupato. Non posso evitare il lavoro».
Regina fissa dritto nel sole. «Ma… questo non va bene» mormora. «Se vuoi imparare, dovrebbe esserti permesso. Anche la mamma lo dice. È per questo che è così severa a questo riguardo, dice papà. Per lo più le ragazze prendono solo la parte sul ricamo e la musica e le lettere. Non mi piace sempre tutto il lavoro o tutte le cose – alcune di esse sono semplicemente ridicole» dice pensosamente, «ma non mi importerebbe se qualcuno cercasse di impedirmi di imparare».
Daniel annuisce solennemente. «Ma non è tutto. Lady Cora non approva che tu trascorra del tempo con qualcuno di così… rozzo».
Regina aggrotta la fronte. «Sembra una parola che la mamma userebbe. Le stanno molto a cuore le buone maniere – ma le tue vanno bene! E come hai detto tu, sei molto più istruito di molti stallieri!»
La sua indignazione è così chiara che Daniel non può evitare di sorridere. «Non penso che sia con questo che ha un problema» spiega pazientemente. «Va bene che io stia attorno ai cavalli. È solo che non dovrei stare troppo attorno a te. Credo che lei pensi che dovresti trovare degli amici in cerchie più alte. Più… Acculturate» conclude Daniel amaramente. Apparentemente seguita a fissare davanti a sé, mentre in realtà continua a lanciare occhiate al viso di Regina, aspettando la sua reazione.
Le guance di lei si arrossano alle sue parole. «Comunque nessuno è mai abbastanza buono per lei», Regina fuma di rabbia, «oltretutto, io non voglio altri amici! A me piace trascorrere il tempo con te!»
Daniel si rincuora alle sue parole, e alla sincerità con cui lei le pronuncia. Legge l’angoscia scritta sul suo volto più chiaramente delle lettere in un qualsiasi libro – angoscia di perdere il suo amico, capisce. «Anch’io» replica. «Credo dovremo solo sperare che lei non ci veda insieme troppo spesso. Chiederò a papà se alla sera dopo il lavoro può darmi qualche altra lezione. O procurarmi un libro. Non è molto, ma vale la pena di tentare».
«Io ho dei libri» replica lei con un’espressione curiosa sul volto. «Ho anche un precettore. Puoi imparare tutto quello che imparo io. Almeno le cose importanti. La mamma non deve sapere che ti insegnerò – è meglio che nessuno lo sappia. Possiamo imparare insieme – sarò io ad insegnarti!»
Raggiante, Regina lo occhieggia con una certa aspettativa. Un largo sorriso gioca sul volto di Daniel, rivelando un entusiasmo che uguaglia il suo. «Facciamo a gara sino a quella collina?» Regina accetta la sfida; e così il loro patto è sigillato.

«P-p-p-p-p-p-p-p-p-p-p-p-p!» scandisce Regina con un sorriso da diavoletto sul volto falsamente serio. Daniel si stringe lo stomaco, piegato in due dalle risate sulla sella. «Non ridere, giovanotto, aspirare le tue P correttamente è una questione di grave importanza!» Lei lo rimprovera agitando un dito, combattendo per mantenere serio il proprio viso, poi crolla lei stessa in un attacco di risa.
Quando le loro risate si calmano, il viso di Regina emerge dalla criniera del sauro, le lacrime nei suoi occhi. «Regola cardinale numero due: pronuncia bene le r! Ripeti dopo di me: una rara rana nera sull’arena errò una sera» pronuncia pomposamente.
Daniel ridacchia. «Qual è il problema con le rane? Rane sull’arena e rane in campagna?»
«Oh, ce ne sono anche altri. Più divertenti, pure, possono essere questi scioglilingua. Come… È passato lo stracciatoppe e non m’ha stracciatoppato. Quando ripasserà mi stracciatopperà».
«Sono piuttosto sicuro che “stracciatoppare” non sia una parola adatta a una lady. In effetti, non è nemmeno una vera parola» la prende in giro Daniel, la lingua nelle guance.
Il più piccolo, il più fugace dei cipigli attraversa il viso di Regina, poi viene rimpiazzato dal sollievo quando lo scherzo è recepito. «Oh davvero? Allora che ne dici di questo?» Solleva maestosamente il mento, interpretando il ruolo: «Sa chi sa che non sa, non sa chi non sa che non sa. È considerato un discorso abbastanza signorile?»
«Penso che andrà bene» concede lui con un sorriso compiaciuto. Dopo la pausa di un momento, la guarda in faccia e aggiunge, scherzi a parte: «Così come quello dello stracciatoppare, per me, signorile o no. Va bene ogni cosa finché tu rimani, be’… Regina».
Nel riparo delle stalle, nascosto in un box recentemente pulito, Daniel siede guardando di traverso i diagrammi scritti sul pezzo giallo di pergamena. Regina giace sulla pancia lì vicino, scarabocchiando su un altro foglio spiegazzato con una penna appuntita piumata di rosso. Daniel scuote la testa e sospira, alzando lo sguardo dalle sue annotazioni.
Regina solleva gli occhi dai suoi compiti. «Cosa c’è?»
«Be’… scusami, ma questo è un po’ sciocco. Tutti questi diagrammi per dirti come sono fatte le piante, come si riproducono… Perché non uscire, e impararlo osservandole?»
Sconcertata, Regina morde la fine piumata della penna. «Capisco la tua opinione, ma non sarebbe un po’ poco pratico? Ci vogliono anni perché una pianta faccia tutto, e alcune fasi che non puoi nemmeno vedere. Non saprai mai tutto solo guardando, e neanche di così tante piante ed animali diverse».
«Forse» replica lui, senza essere convinto. «Così sai più di teoria. Ma di come le cose funzionano per davvero? Regina, hai mai provato a piantare qualcosa tu stessa? Sai cosa occorre per farla crescere, o la gioia che porta quando lo fa perché te ne sei presa cura nel modo giusto?»
Lei appoggia pensierosamente la penna sgualcita. Lentamente, scuote la testa, sconcertata dalla validità del suo ragionamento.
«Ti piacerebbe provare?»
Quando la piantina è pronta, loro hanno scelto un bel posto, soleggiato e fertile, sulla cima di una collinetta. Daniel fatica con la pala finché non ha scavato un buco sufficientemente largo e profondo, libero da erba ed erbacce. Regina trasporta cautamente la piccola pianta, tenendola delicatamente come se fosse il più prezioso dei tesori, e Daniel la aiuta a collocarla cautamente nel terreno smosso.
«Assicurati che le radici siano distese come si deve» spiega. Lei si sporge più vicino, il suo viso concentrato, la sua fronte leggermente corrugata, le sue dita agili intente a separare e raddrizzare le radici meglio che possono. Le loro mani si incrociano intorno al fragile stelo mentre loro procedono a coprire le radici, schiacciando per far uscire l’aria. Daniel vi rovescia un sacchetto di paglia come pacciame, che Regina sparpaglia uniformemente in un largo cerchio attorno alla pianta.
«Va bene così?» chiede ansiosamente.
Lui occhieggia il risultato e annuisce. «Adesso puoi portare l’annaffiatoio».
Regina inclina lievemente il contenitore e versa un piccolo getto d’acqua così da non danneggiare la giovane pianticella. La irriga abbondantemente, poi appoggia a terra il contenitore vuoto. Entrambi si tirano indietro per ammirare il loro lavoro.
«Crescerò le mie mele» dice Regina incredulamente. «Una volta era solo un minuscolo seme, e col tempo diventerà un albero alto; potremo sederci nella sua ombra e mangiare i frutti dei suoi rami». Sorride con fare sognante mentre Daniel le circonda le spalle con un braccio.

Il canto degli uccelli entra attraverso la finestra aperta, col suono sfuggente di zoccoli e ruote sulla pietra. Lei mette da parte il calamaio, sorridendo tra sé e sé, e spinge il rotolo di pergamena verso il precettore perché lo controlli. Lui si sporge sulla scrivania e studia in silenzio gli esercizi di algebra. Il precettore si gira verso di lei. «Che approccio interessante, Miss Mills, non quello che vi ho insegnato, ma a quanto pare sembra più adatto a voi. Posso chiedere da dove l’avete raccolto?»
L’erba e i cespugli frusciano fuori dalla finestra – forse un uccello, o un cane, pensa Regina. Dei passi si spostano lungo il corridoio.
«Ho studiato con un…», lei esita, «…un amico».
«Oh, capisco che avete preso lezioni supplementari?»
Regina si sposta sulla sua sedia a disagio. È sicuro parlare, e se lo è, quanto può dire?
«In realtà, gli ho insegnato. L’algebra va più d’accordo con lui che con me».
«Quindi entrambi ne avete tratto profitto. Capisco. Confido allora che prenda lezioni da qualcun altro, questo vostro amico?»
Stavolta la pausa nel discorso non rivela altri suoni dall’esterno della stanza.
«No… non le prende». Adesso è su un terreno pericoloso, sente, e inizia a desiderare un cambio di argomento, frugandosi disperatamente la mente per cercarne uno adatto.
«Per niente? È un tale peccato, sembra avere una buona testa sulle spalle, forse…»
La porta si apre di scatto, facendo fermare il cuore di Regina. E se è la mamma? Ha sentito? Ma, la carrozza… sicuramente se n’è andata. Ma se ha sentito?
«Mi dispiace disturbarvi. Potrei parlare con mia figlia per un momento?»
Il precettore china la testa e si allontana.
«Papà» sospira Regina con sollievo.
«Ti aspettavi tua madre, non è così?» chiede lui con un sorriso consapevole, forse un po’ amaro. Presto il suo volto assume un’espressione esausta, stanca. «Dunque hai insegnato a Daniel, non è vero?»
Lei non mentirebbe mai al papà; non c’è niente da temere, lo sa, lui non farebbe mai la spia. Lei si limita ad annuire in silenzio, guardandolo con occhi ansiosi e speranzosi.
«Suppongo di sapere perché… Hai paura che Cora lo mandi via?»
Un’ombra attraversa il viso di Regina. Che eviti che si vedano l’un l’altra più che occasionalmente, questo è tutto ciò che teme; ma l’idea che lui venga mandato via le è completamente nuova, e più sgradita. «Mandarlo via? Non lo farebbe, giusto, papà? Lui è mio amico!» supplica lei, più con gli occhi che con le parole, una preghiera sincera alla quale lui non può rimanere indifferente.
«Spero di no. Ma non farle sentire che lo definisci tuo amico; capisci che lei preferirebbe che tu frequenti persone diverse».
«Ma tu…?»
Lui sposta una sedia e si siede accanto a lei, guardandola seriamente negli occhi. «Io non ho niente al mondo contro di lui, o contro di te che gli insegni, finché tua madre non viene a saperlo. Sii prudente».
Regina inghiottisce. Il peso del segreto ha gravato su di lei tutto il tempo ma non è mai sembrato così greve. I suoi pensieri indugiano ancora una volta sul precettore.
«Aldaric lo dirà?»
«Gli parlerò, farò in modo che non lo faccia».
Regina si rianima un poco, ma rimane dubbiosa: «Come?» Il papà non è il tipo da minacciare, e la mamma, be’, ha un suo metodo per scoprire le cose; quindi perché il precettore non dovrebbe dire niente? Per la sua sorpresa, il papà sorride.
«L’hai sentito, no? Qui c’è un ragazzo, senza istruzione, che aiuta la sua eccellente studentessa coi compiti di algebra». Regina sorride un breve sorriso all’implicito complimento. «Un ragazzo con una buona testa, col suo potenziale che viene sprecato. È curioso, ed è un insegnante fino al midollo; forse gli piacerebbe incontrarlo, forse persino insegnargli… naturalmente solo quando Cora è via. Potrei andare a scoprirlo adesso». Si alza e le scompiglia affettuosamente i capelli.
Regina siede pensosamente mentre lui si avvicina alla porta per andarsene. Quando la sua mano si allunga verso la maniglia, lei salta su, corre da lui e schiocca un bacio veloce sulla sua guancia. «Grazie, papà».

«Ancora tè, cara?» La mamma offre il bollitore fumante.
«No, grazie. Posso essere scusata?» Regina ha una sessione di lettura pianificata con Daniel, molto più invitante di questa faccenda giornaliera di tè e biscotti.
«Puoi, ma assicurati di finire il tuo ricamo, stasera».
Regina se la svigna dalla stanza, desiderosa di essere all’aperto; il ricamo dovrà aspettare sino a più tardi quel giorno. A mezza strada lungo il corridoio, realizza di aver lasciato il libro nella propria stanza. Gira sui tacchi e comincia a tornare indietro. Passando davanti alla sala del tè, coglie la voce della mamma, e le parole la fanno bloccare, premere un orecchio contro la porta, e origliare spudoratamente.
«…sentito lo stalliere recitare un passaggio da un classico. Non me lo sarei mai aspettato. Il ragazzo ha delle maniere decenti, lo ammetto. Sono un po’ tranquillizzata; potrebbe non avere su Regina l’influenza corruttiva che temevo. Probabilmente saremmo poco in grado di trovarne uno più decente, per come vanno gli stallieri. Suppongo che abbiamo il migliore che si possa avere. Eppure, per quanto riguarda quel nuovo giardiniere…»
Ma quello è tutto ciò che a Regina importa di sentire. Euforica, saltella allegramente lungo il corridoio. Per ora, sembra che siano salvi.





















NdT: Ehilà :)
A proposito del titolo di questo capitolo, se avete un po’ di tempo libero vi invidio da morire vi consiglio il film My Fair Lady (in originale, però... okay, non l’ho mai visto in italiano, ma credo perda un po’ visto che gioca molto sulla pronuncia)… Sempre che non l’abbiate già visto. A me piace tantissimo :’) Tanto che, quando ho visto per la prima volta il titolo “My Fair Stable Boy”, ci ho quasi cacciato un urlo.
Divagazioni a parte, spero di non aver rovinato questo capitolo – il prossimo aggiornamento arriverà giovedì prossimo, il 3 aprile!
  
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