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Autore: Viki_chan    27/03/2014    2 recensioni
- Seconda serie di (s)fortunati eventi -
Anna-chan ha vissuto qualche giorno in Corea, nel quale ha avuto modo di conoscere meglio se stessa e un mondo che da sempre l'ha affascinata. Tornata a Tokyo da qualche mese, il suo breve periodo a Seoul diventa un sogno da cui svegliarsi definitivamente.
Ma è davvero possibile dimenticare?
E soprattutto, è davvero solo lei a soffrire di questa situazione?
Evento #1: Nuova vita, nuovo lavoro, vecchia Anna
Evento #2: Cambi di programma, una faccia conosciuta e il ritorno di Anna-chan
Evento #3: Amiche deluse, telefonate inaspettate e cosmetici
Evento #4: Pensieri umani, pennarelli scarichi e messaggi cifrati
Evento #5: yakitori francesi, hotel blindati e il libro
Evento #6: le stesse parole, il silenzio e la crisi
Evento #7: l'uomo alla porta, luci drammatiche e accordi disattesi
Evento #8: Gimpo, le fan e la colazione per due
Evento #9: Provocazioni, Kim Camille e il sorriso di Ryeowook
Evento #10: lo schedule, la Kyobo e l'evento dell'anno
Evento #11: la sposa, i manager e la fine della discussione
Evento #12: l'appartamento, lo sguardo di Siwon e il ritorno
Evento #13: Il volo, il Capitol e la tenda bianca
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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E' stato un brutto periodo per la tecnologia di casa Vik. Mi scuso per il ritardo nella pubblicazione di questo capitolo di passaggio. 

Dal prossimo - mi impegnerò a riprendere la regolare pubblicazione - ne vedremo delle belle!!!



Una Serie di (S)fortunati Eventi

Evento #7


 

Io non piango mai.
E' così, non lo faccio.
Però molto spesso mi trovo sul punto di farlo. Sento gli occhi gonfiarsi di lacrime, il nodo alla gola, la voce che trema.
Ma le lacrime no.
Non escono mai.
Ho capito di essere ufficialmente nei guai con me stessa quando ho permesso che Siwon vedesse le mie lacrime e, subito dopo, quando ho lasciato che queste mi bagnassero il viso per tutta la notte.
Ho capito di essere ufficialmente nei guai con il resto del mondo la mattina seguente.
Il campanello è suonato all'improvviso.
Non ho avuto tempo di pensare.
Sono scattata in piedi e ho aperto la porta.
Di fronte a me ho trovato un uomo.
John Park.
Sapevo che sarebbe successo.
E' strano come persone come me, che hanno bisogno di avere sempre la situazione sotto controllo, dimentichino i dettagli più rilevanti.
La SM è ovunque, nella mia vita.
Eppure non credevo che tutto potesse avvenire in modo così rapido.
Sono passate pochissime ore dal mia conversazione con Siwon, eppure John Park è già fuori dalla mia porta.
Ho infranto il nostro patto, dovevo aspettarmelo.
“Lei è qui” dico dopo qualche istante di silenzio, per rendere la situazione più reale.
“Dobbiamo parlare. Ti aspetto qui fuori.”
“Io...”
“Dopo” mi interrompe. “Posso chiederti di fare in fretta? Non abbiamo molto tempo.”
Lo guardo un istante, poi con un cenno impercettibile mi invita a rientrare.
Come una marionetta, faccio un passo indietro e chiudo la porta.
John Park.
Prendo un respiro profondo e mi fiondo in camera.
Mi sono preparata in tempo record e, quando ho aperto di nuovo la porta, il manager era al telefono.
Ha impiegato solo un istante a congedare il suo interlocutore e a tornare a guardarmi.
“Anna.”
“E' tutta colpa mia” dico di getto, ancora vicino alla porta.
John Park annuisce.
“Dobbiamo andare alla Young Advertising” commenta poi. “Hai con te tutto ciò che ti serve?”
“Credo di si” rispondo guardando la mia borsa a tracolla, sempre piena all'inverosimile.
Penso al mio passaporto nascosto nel cassetto dove tengo la biancheria intima e spero che non stia parlando di quello.
Mi rispedirà in Italia, penso.
Il signor Park sorride e mi volta le spalle.
“C'è un taxi qui sotto che ti aspetta. Ci vediamo tra poco.”
Il manager inizia a camminare e io, pietrificata, aspetto che scompaia dal pianerottolo per dare un senso a cosa è successo.



L'edificio che ospita la Young Advertising è una costruzione iperfuturista, fatta in legno e vetro, riconoscibile in mezzo ai palazzi delle grandi multinazionali a Shinjuku. La Y.Ad occupa il quindicesimo e il sedicesimo piano. Quando il taxi mi lascia avanti all'ingresso, trovo la reception vuota.
Per qualcuno è davvero domenica.
Durante il tratto che mi separa dall'ingresso vero e proprio dell'azienda, rivivo le ultime ore.
Ripenso a Ryeowook e a Siwon.
Alle foto e a quanto tutto sia cambiato in fretta.
Quanto grave sia stato il mio errore? Tanto da aver portato il signor Park in Giappone.
Superate le porte scorrevoli, prendo un respiro profondo.
Dal grande open space diviso in cubicoli arrivano solo i bassi ronzii dei computer accesi.
L'ufficio è deserto.
Passo dalla mia scrivania, guardo l'organizzato disordine che la abita, i mille post it, alcuni fotogrammi dello spot di Kyuhyun e Sakura.
“Allora sei davvero qui.”
Mi giro di scatto e, alle mie spalle, Harry mi sorride.
Ha la barba più incolta del solito e sembra che non dorma da giorni.
“Già. E tu da dove vieni?”
“Sono appena tornato da Osaka. Adesso posso andare a dormire, finalmente” risponde stiracchiandosi. “La Nakamura ti cerca. Gli ho detto che non saresti venuta ma lei era convinta che tu fossi qui.”
“Già. Era sola?”
“No, era con un pezzo pezzo grosso di qualche... ehi, ma perché tutti sapete tutto e io non so mai niente?” chiede e fa un mezzo sorriso.
Cerco di sorridere a mia volta ma tutto ciò che riesco a produrre è una smorfia.
“Non preoccuparti, non è qui per noi. Il video è stato accettato da tutte le compagnie. Sarà qui per Hiroshi.”
“Hiroshi?” chiedo curiosa.
“La SM lo ha appeso a un muro per il photoshoot del loro idol e la giapponesina agitata – risponde sorridendo – hanno detto che dovevano cercare dei provini migliori e che era tutto da rifare.”
“E lui che ha fatto?”
“Ha ripreso le mille foto scattate e ha passato tutta notte su un camper a guardarle. Era con me a Osaka, ora credo che sia morto da qualche parte in sala stampa.”
Annuisco, poi mi volto verso il corridoio.
“Devo andare, adesso” borbotto buttando in borsa dei fogli a caso.
Harry mi fa passare muovendo teatralmente le braccia. Gli sorrido e mi dirigo a passo svelto verso l'ufficio della Nakamura.
Busso.
La voce del mio capo mi invita ad entrare.
John Park è già seduto con lei, mi fanno un inchino.
“Le nuove foto sono pronte?” chiede il manager appena mi sono accomodata accanto a lui. La signora Nakamura gli porge una busta bianca, che lui prontamente gira verso di me.
“Voglio che sia Anna a vederle per prima, se non è un problema.”
“Assolutamente” commenta la signora Nakamura con il suo inglese accentato alla giapponese.
Park mi sta mettendo alla prova.
E' questa l'unica cosa che riesco a pensare mentre estraggo le foto fresche di stampa dalla busta.
Sono poche, forse troppo.
“Prenditi tutto il tempo che vuoi” dice il signor Park.
Il suo tono sembra quasi ironico.
Annuisco e mi metto a osservarle con cura.
Mi concentro su ogni dettaglio, ogni sguardo e ogni movimento di Kyuhyun e Sakura.
Già dalle prime foto mi rendo conto che Hiroshi non conosce la SM.
Kyuhyun non è un uomo e lui e Sakura si sfiorano troppo poco.
Io non sono una fotografa, non sono nulla.
Sono solo una ragazza a cui è stata data un'opportunità.
E Hiroshi è molto bravo nel suo lavoro, ma dei provini che ha scelto, salverei meno della metà delle foto.
Fuori dal mio mondo, la signora Nakamura e mister Park stanno parlando in modo cordiale.
“Ho finito” annuncio dopo qualche minuto appoggiando i due gruppi di foto sulla scrivania.
Il signor Park prende le foto che ho salvato e le guarda a sua volta.
Non ha bisogno di chiedere quali sono tra le due pile.
Park lo sa. E' un passo avanti a tutto e non so dove finirà tutto questo spettacolo.
Dopo qualche secondo, la signora Nakamura si sporge e prende le foto scartate, sfogliandole a sua volta.
“Il responsabile del servizio fotografico si scusa per aver disatteso le vostre aspettative la prima volta. Il photoshoot è stato breve e intensissimo e i provini da visionare erano molti.”
“Non ne dubito. Comunque, Anna, hai qualcosa da dire?”
I due mi guardano.
Mi passo una mano davanti alle labbra e annuisco.
“Penso che questa freddezza possa essere corretta con delle luci drammatiche” dico cercando di sembrare professionale. “Montare uno spot è più facile di scegliere alcune foto, credo. Hiroshi non conosce il soggetto, il carattere di Kyuhyun. Lui è di un'eleganza rara, bisogna solo metterlo a suo agio.”
La signora Nakamura mi guarda e annuisce.
Ho come la sensazione che temesse che io infangassi il nome della Y. Ad.
Noi occidentali siamo sempre considerati delle mine vaganti.
Sono stata piuttosto politica, tutto sommato.
Il signor Park sfoglia una seconda volta le foto che ho scelto e annuisce.
“E' questo di cui stavo parlando prima, signora Nakamura. E' per questo motivo che credo che Anna non possa più lavorare per lei.”
Mi volto di scatto verso il signor Park e poi verso la Nakamura.
Anche se si sta impegnando, la donna non riesce a nascondere l'espressione di sorpresa che traspare sul suo volto.
Lo sapevo di essere nei guai, eppure le parole del signor Park mi hanno colpito come un pugno nello stomaco.
“No” dico a voce bassa. “No.”
“Anna è una ragazza qualificata, nessuno sa della sua storia” commenta la signora Nakamura. “Ha mantenuto la sobrietà che le era stata chiesta. Avevamo un accordo.”
Se anche lei si è schierata apertamente dalla mia parte, vuol dire che è finita.
John Park mi guarda e annuisce.
“A quanto pare gli accordi possono essere spezzati” commenta lui, voltandosi verso di me con uno sguardo impossibile da fraintendere.
“Signor Park, io... Ho sbagliato. Non...”
“Non lavorerai più alla Y.Ad, Anna” ribadisce lui. “Tu conosci i ragazzi, tu li esalti. Devo chiederti di tornare in Corea con me.”


 

   
 
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