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Autore: Oldwhatsername_24    27/03/2014    3 recensioni
Dopo aver perso la donna che ama e la sua bambina, Billie Joe entra in uno stato di depressione, anche perché dopo il successo di American Idiot si sente un fallito sia a livello musicale che a livello familiare.
Ma quasi all'improvviso, una giovane donna e un giovane uomo che nella vita non hanno mai avuto nulla da perdere, gli faranno cambiare il modo di vedere le cose.
(Continuazione di "Now I wonder how Whatsername has been")
[dal testo...]
"Qualcuno dovrebbe parlare di una storia d'amore reale, basta cuori e amori, una alla Sid e Nancy, cazzo quella si che è una bella storia!"
"Sei volgare per essere una ragazza"
"E tu troppo per bene per essere una rock star"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Never going back.
 
 
 
Ndr. Il mio computer ha cancellato questo capitolo QUATTRO volte, ecco spiegato il ritardo di pubblicazione.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
 
Quando torno alla casa famiglia, per la seconda volta nella mia intera vita, mi sembra che almeno lì il tempo si sia bloccato.
E’ una bella giornata, il sole è alto ed il cielo azzurro, Gloria è a fare surf con Jake e Joey, per allontanare almeno un po’ i pensieri dalla mente.
Apro il cancelletto e percorro a piccoli passi il viale d’accesso, preparandomi un piccolo discorso su quel che sto per dire e su come avrei dovuto dirlo.
Appena suono il campanello ad aprirmi è proprio la donna che cercavo: Miss Foster.
Il sorriso, fino a pochi secondi prima sul suo volto, scompare all’istante.
“Signor Armstrong, cosa ci fa lei qui?”
Prendo un respiro profondo.
“Ho assoluta necessità di parlarle, miss Foster, in privato…”
La donna annuisce, conducendomi lungo le scale nella stessa stanza dell’ultima volta, per poi chiudersi la porta alle spalle.
Non appena entriamo nella stanza, capisco subito che l’atmosfera è più tesa rispetto all’ultima volta che sono stato qui, Miss Foster continua a guardare il cortile fuori dalla finestra, senza proferire parola, e non mi ha neanche invitato a sedermi.
“So bene perché lei si trova qui, Signor Armstrong, l’ho già visto più di una volta”
Rimango leggermente perplesso, ma rimango in ascolto.
“Forse lei non lo sa, ma prima di arrivare a casa sua, Gloria è stata affidata a sette famiglie diverse. E tutto quante, ad una ad una, senza eccezioni, sono poi tornate qui dopo poco tempo, chiedendo di potermi ‘parlare in privato per una questione della massima urgenza’, inutile dirle che nemmeno due settimane dopo la ragazza era di ritorno qui da noi”.
Sconvolto, non riesco neanche a dire una parola.
Pensa che io voglia cacciare di casa Gloria?
“….ma lasci che le dica che lei sta facendo la cosa sbagliata, sotto tutti i fronti. Sono la prima a sapere che Gloria, alle volte, può essere una ragazza problematica, ma è sveglia, ed estremamente…umana. È una delle persone più legate alla famiglia e agli affetti che io conosca, e non ne conosco di più intelligenti! E chiunque pensi che…”
“Signora Foster, io non ho alcuna intenzione di tirarmi indietro sull’adozione di Gloria!”
La donna alza un sopracciglio, per poi aprirsi in un dolce sorriso.
Rilassate le spalle, si siede nella sua poltrona di pelle marrone, invitando me a fare lo stesso sulla sedia posta di fronte a lei.
“Scusi la poca discrezione, Billie Joe, ma se lei non è qui per tirarsi indietro sull’adozione, che cosa vuole?”
Faccio un respiro profondo, cercando di mettere ordine tra i pensieri che mi vorticano in mente.
“Signora Foster, lei sa bene che io ho altri due figli, oltre Gloria”
“Certo, Jakob e Joseph, era scritto nella sua scheda”
“Beh, quello che però lei non sa è che io avevo un’altra bambina, prima di loro”
La signora Foster rimane immobile per un secondo, totalmente in silenzio, e io continuo.
“Io e la mia ragazza eravamo molto giovani, quando nacque Andrea, e sua madre morì per una malattia quando lei non aveva neanche un anno”
La donna sobbalza leggermente, mordendosi il labbro inferiore.
“Andrea, invece, fu rapita da un uomo che rapiva i bambini, li uccideva e li bruciava per liberarsi dei corpi”
Questa volta si porta la mano alla bocca, soffocando un urlo di spavento.
“Buon Dio…”
“O almeno questo è quello che credevo, fino a poche settimane fa…” prendo un altro respiro “… lei ricorda il medaglione che Gloria porta sempre con sé, vero Miss Foster?”
“Oh certo, lo aveva al collo quando la trovammo… non l’ha mai abbandonato da quel giorno, sembrava esserci già molto affezionata”
Prendo dalla tasca il medaglione, porgendolo alla donna che se lo rigira tra le mani, aprendolo e guardando l’unica foto ancora sana.
Poi prendo il mio portafoglio dalla tasca, estraendone la foto che, già una volta, ha rivelato l’impossibile.
Senza aggiungere nulla, la porgo alla donna di fronte a me, che la studia attentamente con un’espressione incredula sul volto.
“….questa… è?”
“è il giorno in cui nacque mia figlia Andrea, e quelli siamo io e sua madre… è il giorno in cui nacque Gloria, Miss Foster”
La donna barcolla leggermente, e per un momento ho quasi la sensazione che stia per cadere dalla sedia.
“Le sto dicendo che Gloria è mia figlia, Miss Foster, Gloria è Andrea”
“Buon Dio… ma… ma… com’è possibile?”
“E’ quello che voglio sapere da lei… ricorda il giorno in cui avete trovato Gloria?”
La donna annuisce, cercando di ricomporsi. Si alza, prende la chiave che porta appesa al collo e apre l’armadio di legno, estraendone uno scatolone consunto.
“Ricordo quel giorno come se fosse accaduto meno di un secondo fa, Billie Joe…”
Miss Foster apre la scatola, estraendone lo zaino a forma di coccinella che Andrea portava il giorno in cui fu rapita, estraendo i suoi vecchi vestiti, le sue minuscole scarpette rosse… e le foto che la ritraggono appena trovato, stavolta molto più riconoscibile… tocco le scarpette, e all’improvviso mi sembra tutto più reale.
“… ero fuori a stendere il bucato e un uomo enorme e orribile è passato di fronte alla nostra casa con una bambina in braccio, lei scalciava e piangeva e si dimenava… lui aveva gli occhi quasi spiritati… si è fermato a riprendere fiato e mi ha vista. Il cane della vicina ha abbaiato, e credo che lui in quel momento abbia pensato fosse la polizia, perché ha lasciato per terra la bambina ed è fuggito via. Il resto lo sa…”
Annuisco, prendendo il medaglione e rificcandomelo in tasca.
Se voglio risposte, risposte precise, c’è solo una persona alla quale devo rivolgermi.
L’assassino.
 
 
 
-
 
 
Non sono mai stato in un carcere.
Il massimo a cui sono arrivato è stata la stazione di polizia di Oakland, e quella volta ero io ad essere dietro le sbarre.
Quando mi presento lì le guardie mi guardando in modo strano, almeno fino al momento in cui non mi riconoscono e cominciano a chiedermi foto e autografi per figlie e familiari.
Acconsento di malavoglia, non voglio farmi già dei nemici qui.
Mi avvicino a quello che penso essere il sorvegliante, chiedendo se era ancora possibile fare delle visite.
Mi risponde di si, ma solo per altri venti minuti.
Basteranno.
Spero bastino.
Firmo un milione di pratiche e vengo perquisito tre volte, prima di passare sotto il metal detector ed entrare in una grande stanza rettangolare.
Le due metà sono identiche, occupate da una fila orizzontale di sedie, separate da una parete di vetro dove sono attaccati dei telefono, simili a quelli a gettoni.
Non conoscevo neanche il nome dell’uomo con il quale stavo per parlare.
Le guardie ricordavano il caso, hanno capito subito chi cercassi, e mi hanno guardato tutti con pietà.
Rimango seduto al mio posto per cinque minuti buoni, prima che il prigioniero mi si piazzi davanti.
Lo guardo, e cerco di capire cosa sto provando, cerco di capire se sono ancora arrabbiato.
Ma non succede nulla.
Non provo niente, per questo mostro seduto di fronte a me, forse solo schifo.
È un uomo massiccio, ma non è vecchio, avrà al massimo un paio di anni in più di me, barba lunga e capelli neri unticci.
Due occhi color del petrolio.
Sta sorridendo, e mi verrebbe voglia di rompergli quei denti gialli ad uno ad uno.
Prende la cornetta con le mani ammanettate, e se la porta all’orecchio, io faccio altrettanto.
“Che sorpresa vederti qui, sono passati quasi vent’anni”
“Troppo pochi, per quanto mi riguarda” rispondo a denti stretti.
“Non mi sembra tu te la stia passando male, Billie Joe”
“Non chiamarmi in quel modo, bastardo”
“ooooh quanta maleducazione, è questo il modo di salutare un vecchio amico?”
Lo guardo con tutta la cattiveria che ho in corpo, ma rimango calmo, ho bisogno di risposte.
“Perché?” chiedo infine, secco.
“Mi sorprende che tu non me l’abbia chiesto prima, Armstrong”
Rimango in silenzio, aspettando che lui risponda alla mia domanda.
Lui stringe i denti, e la sua voce si fa più cattiva.
“Tu e la tua puttanella avete fatto perdere tutto a me, così ho deciso di levare a voi ciò che avevate di più caro. Avrei ammazzato anche lei se non ci avesse già pensato da sola”
La rabbia mi monta dentro, ma la ricaccio indietro, lasciando spazio alla confusione.
“…cosa…?”
“Andiamo, Turner, il tempo è finito” dice la guardia, prendendo il carcerato per la divisa arancione.
Lui mi sorride ancora, e nei suoi occhi riconosco con chi sto parlando.
“Ci si vede, Two Dollar Bill”
 
Ada
Chiedo umilmente perdono in ginocchio per la LUNGHISSIMA attesa, ma il mio computer ogni tanto decide di odiarmi.
Comunque, capitolo con colpo di scena! (colonna sonora tragica)
Aspetto commenti numerosi!
  
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