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Autore: SuperEllen    06/07/2008    9 recensioni
[Seconda classificata al contest sull'Akatsuki indetto da Akuro, alla pari con la fic di DarkRose86]
L'ambientazione della fic è poco prima della Shippuuden. Non ci sono spoiler degni di nota, solo la presenza del leader e di Konan...
*In quel momento era talmente incazzato da avere a mala pena il controllo di sé. Gli avvenimenti degli ultimi giorni avevano seriamente rischiato di mandarlo fuori di testa, e la cosa aveva del portentoso. Il calmo, riservato, glaciale Itachi Uchiha, membro più silenzioso nella storia dell’Akatsuki, aveva rischiato di mettersi ad urlare dalla rabbia.*
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Akatsuki, Kisame Hoshigaki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note

Note: Questa fic è arrivata 2° al concorso sull'Akatsuki indetto da Akuro, a parimerito con la fic di DarkRose86. Quindi per prima cosa è mio dovere ringraziare Akuro e rekichan, le giudici del concorso. ^^

Dopo aver letto i commenti che accompagnavano i giudizi, ho apportato alla fic delle minuscole correzioni, ovvero ho tolto gli errori che erano stati segnalati.

Detto questo, spero possiate godervi la fic.

 

Compagno di squadra

 

Itachi chiuse gli occhi, e quando li riaprì questi erano neri. Non aveva bisogno dello Sharingan per fissare con odio il soffitto della sua camera, sarebbe stato un inutile spreco di chakra.

In quel momento era talmente incazzato da avere a mala pena il controllo di sé. Gli avvenimenti degli ultimi giorni avevano seriamente rischiato di mandarlo fuori di testa, e la cosa aveva del portentoso. Il calmo, riservato, glaciale Itachi Uchiha, membro più silenzioso nella storia dell’Akatsuki, aveva rischiato di mettersi ad urlare dalla rabbia.

E poi, tra l’altro, di chi era la colpa? Ovviamente di Deidara, anche se lo zampino del leader era più che evidente. O forse no, la colpa era tutta sua, era stato lui, Itachi Uchiha, a mettere quella strana idea in testa al capo. Certo era stato un gesto del tutto involontario, ma il traditore della foglia non poteva incolpare nessuno tranne che se stesso. Anche se… In realtà era stato Kisame con la sua stupidità a scatenare tutto.

Itachi chiuse di nuovo gli occhi, stringendo con forza i pugni, e si perse nei ricordi di come il suo incubo aveva avuto inizio.

 

§Flashback§

Itachi e Kisame avevano ricevuto una missione di spionaggio per conto dell’organizzazione. Il loro compito, in quell’occasione, era intercettare un ricco commerciante dalle frivole abitudini ed attendere che firmasse un accordo commerciale col Paese del Fuoco, per poi rubarlo. L’uomo doveva incontrare un emissario del Paese del Fuoco sulla strada verso il Paese del Fulmine, per la precisione in un quartiere a luci rosse vicino al confine.

«Che palle! Lo spionaggio è roba da Zetsu, io sono più un tipo da battaglia…» si lamentò Kisame strada facendo.

Itachi lo fulminò con lo sguardo.

«Gli ordini sono ordini. Dobbiamo recuperare quel documento e lo faremo.» sentenziò deciso.

Il suo compagno alzò gli occhi al cielo, per poi puntarli verso un punto indefinito molto lontano. Ma che risposta si aspettava da Itachi, se non quella che aveva ricevuto? Lo sapeva meglio di chiunque altro che quel ragazzo restava sempre indifferente, ed eseguiva senza discutere qualsiasi ordine.

«La cosa positiva è che si va in una zona a luci rosse. Quel tipo ha davvero buon gusto in quanto a luoghi per gli appuntamenti…» riprese la parola l’Hoshigaki, ghignando.

«Non possiamo distrarci dalla nostra missione, Kisame.» lo rimproverò in fretta Itachi.

«Ma dai, Itachi-san. Ogni tanto abbiamo bisogno anche noi di un po’ di sano ses…» cominciò a dire Kisame, ma venne bruscamente interrotto prima di poter concludere.

«Non. In. Missione.» sillabò lapidario l’Uchiha.

Quando raggiunsero il luogo dell’appuntamento era ancora mattina, ed il commerciante non era ancora arrivato. Abilmente travestiti da turisti, i due mukenin si avviarono verso la struttura dal discutibile nome di “hotel” dove avrebbe alloggiato il commerciante. Mentre Itachi si occupava delle camere, rigorosamente due e possibilmente anche molto lontane l’una dall’altra, Kisame osservò con interesse alcune ragazze poco vestite che lasciavano le camere dei clienti per radunarsi nell’ingresso. A suo parere, quel posto era il migliore dove avrebbero potuto svolgere una missione, e già immaginava come avrebbero passato il tempo prima dell’arrivo del loro obiettivo.

Sfortunatamente per Kisame, Itachi aveva chiaramente intuito le sue intenzioni. Quindi, per evitare che perdesse di vista la missione, lo aveva trascinato con sé in camera propria per tenerlo sotto controllo.

Era circa metà pomeriggio quando i due dovettero separarsi. L’Uchiha aveva bisogno di un minuto per andare in bagno. Gettò un’occhiata all’altro, vedendo che sonnecchiava sul futon. Si accertò che Kisame stesse veramente dormendo, e solo allora andò a chiudersi in bagno. Al suo ritorno, il suo compagno era sparito.

«Idiota…» ringhiò Itachi tra i denti.

Lasciò in fretta la stanza anche lui. Raggiunse la camera dell’Hoshigaki, ma lui non c’era. Certo, non era così stupido da andare nel primo posto dove Itachi lo avrebbe cercato. Decise allora di scendere alla reception, ma dovette fermarsi a metà strada quando vide il commerciante salire le scale in compagnia di una ragazza. E così era arrivato… Bene, il fatto che si fosse portato dietro una delle ragazze dell’hotel voleva dire che c’era ancora tempo prima della firma dell’accordo. Doveva approfittare di quel tempo per trovare Kisame, e doveva farlo in fretta.

Dovette girare quasi tutto l’albergo, stanza per stanza, prima di trovare, finalmente, il suo compagno. L’Hoshigaki se la stava spassando con due ragazze e una bottiglia di saké.

«Kisame!» chiamò Itachi con rabbia, fissando con lo Sharingan l’altro membro dell’Akatsuki.

«Itachi-san, vuoi unirti a me e alle ragazze per un goccetto?» si ritrovò stupidamente a chiedere Kisame: ormai era stato scoperto, quindi tanto valeva cercare di calmare un pochino la furia del suo giovane collega.

«Non c’è tempo! È ora!» rispose Itachi con un tono apparentemente tranquillo che, Kisame lo sapeva bene, in realtà voleva dire “muoviti, imbecille, comincia la missione”.

Senza una sola parola, lo squalo saltò in piedi, oltrepassò le ragazze e raggiunse l’Uchiha alla porta, seguendolo all’esterno. Con passo deciso, il più giovane dei due guidò l’altro fino alla stanza dove si trovava il commerciante. Stranamente, la porta della camera era aperta. I due si affacciarono, e ciò che videro li lasciò a bocca aperta. L’uomo era a terra, chiaramente morto, e con lui anche la ragazza che doveva tenergli compagnia. Il loro assassino, a circa un metro di distanza e completamente avvolto da un mantello nero, svanì in una nuvola di fumo prima che i membri dell’Akatsuki potessero muovere un muscolo.

Impossibile… Quell’uomo era morto! Era stato ucciso sotto al loro naso, e per di più era successo prima che firmasse quel documento. Se solo Itachi non avesse dovuto perdere tempo a cercare “il fuggitivo”, avrebbe potuto impedire a quel tipo misterioso di eliminare il commerciante. Ed invece aveva buttato il suo tempo appresso al compagno. La loro missione era fallita, ed era tutta colpa di Kisame.

§Fine Flashback§

 

Itachi riaprì lentamente gli occhi e si girò su un lato, mettendosi più comodo e puntando lo sguardo sul muro alla destra del letto. Se ripensava al fallimento della missione, la sua rabbia non poteva fare altro che aumentare fino all’inverosimile.

Anche pochi giorni prima, di ritorno dalla missione, era furioso. Era stato lì che aveva fatto un grande errore.

 

§Flashback§

Una volta tornati al covo, Itachi aveva insistito per consegnare personalmente al capo il rapporto della missione. Era talmente incazzato nel momento in cui aveva steso il rapporto, che non aveva tralasciato nemmeno un dettaglio nel descrivere perché la missione era fallita. Aveva spiegato con minuzia di particolari che la colpa era stata di Kisame, aggiungendo che l’Hoshigaki non era una persona sufficientemente affidabile per portare a termine delle missioni che prevedessero qualcosa di diverso dallo squartare la gente. Ok, forse ci era andato un po’ pesante nello sminuire il suo compagno abituale, probabilmente avrebbe potuto approfondire di meno la questione “è troppo stupido per lavorare con me”, ma era talmente furioso che non era riuscito a trattenersi.

Però aveva fatto un errore, un errore colossale. Alla fine del rapporto, aveva fatto richiesta per un nuovo compagno.

§Fine Flashback§

 

Aveva lavorato per anni con Kisame, ma faceva davvero troppa fatica a perdonargli di essere stato la causa del fallimento della missione. Comunque, mentre consegnava il rapporto, non aveva pensato nemmeno per un istante che il capo potesse prendere sul serio la sua richiesta. In fondo Sasori faceva quella stessa richiesta ogni giorno, da anni, e non era mai stato ascoltato, quindi perché mai il leader avrebbe dovuto dare retta a lui? Ed era stato allora che la sua vita all’interno dell’Akatsuki aveva subito un altro drastico peggioramento.

 

§Flashback§

Ricevuto l’ordine del leader, tutti i membri dell’Akatsuki, dal primo all’ultimo, si erano riuniti al suo cospetto.

Come sempre, Sasori stava cercando di ignorare uno sproloquio di Deidara sulle esplosioni, Kakuzu e Hidan stavano litigando tra insulti e minacce di morte, Tobi stava saltellando intorno ad un rassegnato Zetsu e Konan stava guardando tutti con un’espressione enigmatica. L’unica cosa diversa dal solito era la collocazione di Itachi e Kisame, che per l’occasione si erano posizionati ai lati opposti della stanza. L’Uchiha non era il solo ad essersi arrabbiato per la faccenda della missione, anche il suo compagno ci era rimasto male per il fallimento, ed inevitabilmente se l’era presa con lui per avergli dato dello stupido inaffidabile nel rapporto ufficiale.

«Fate silenzio!» alle parole del capo, tutti i presenti obbedirono ammutolendosi.

Ottenuta finalmente un po’ di pace, Pain riprese a parlare.

«Come penso tutti quanti sappiate, la missione che prevedeva il recupero del documento che sanciva l’accordo commerciale è fallita. Ciò vuol dire che non abbiamo niente in mano che possa attestare che il Paese del Fuoco ha acquistato armamenti per formare un proprio esercito di soldati non ninja. Questo vuol dire che i nostri piani per scatenare l’odio delle altre grandi terre contro il Paese del Fuoco è miseramente fallito. E tutto questo è successo perché, citando le parole di Itachi, “Kisame è troppo stupido per capire che le sue azioni si riflettono sull’esito della missione, e per questo non dovrebbero essergli assegnati compiti che prevedono l’uso del cervello anziché quello della spada”.» spiegò il capo, per poi leggere l’ultima parte dal foglio che teneva nella mano sinistra.

Tutti gli sguardi si spostarono rapidamente da Itachi a Kisame e viceversa. Quei due erano sempre stati l’unica squadra ad andare d’accordo, erano gli unici che non si sentivano mai litigare, che non avevano mai provato ad uccidersi a vicenda. Eppure, di punto in bianco, una semplice missione aveva scatenato tra loro un improvviso odio. E mentre tutti li guardavano, uno di loro stringeva i pugni in silenzio, imbarazzato come mai in vita sua, e l’altro continuava a fissare il leader con indifferenza, come se le parole dette dall’uomo non lo riguardassero.

«Itachi Uchiha ha fatto richiesta per un nuovo compagno, ed io ne approfitterò per cambiare alcune cose all’interno dell’organizzazione, e magari accontentare più persone.» riprese a parlare Pain.

All’interno dell’inseparabile Hiruko, Sasori si lasciò andare ad un sorriso compiaciuto. Stava forse per avverarsi il suo desiderio? Anche Kakuzu si fece più attento del normale. Tobi, invece, rimase imbambolato con un’espressione ebete dietro la maschera.

«Oggi stravolgeremo un po’ le squadre. Tutti quanti cambieranno compagno.» annunciò il capo.

Kakuzu esultò, euforico. Guardò uno ad uno tutti i presenti. Forse l’unico con cui sarebbe andato d’accordo senza mai desiderare ucciderlo sarebbe stato Sasori, ma tutto sommato ammise a se stesso che chiunque sarebbe stato meglio di Hidan, l’ultimo insopportabile acquisto dell’organizzazione. Cioè, chiunque tranne Tobi. Ma Tobi, per sua fortuna, non era un membro effettivo dell’Akatsuki, ed era compito di Zetsu addestrarlo.

«Kakuzu…» il capo aveva deciso di iniziare proprio da lui «il tuo nuovo compagno sarà…» chiuse gli occhi e incrociò le dita, ripentendosi in mente il nome del marionettista.

Mentre sperava con tutte le sue forze di capitare con la persona da lui scelta, rischiò di prendersi un infarto a tutti e cinque i cuori quando la voce del leader esclamò «Tobi!»

«Cosa?! No, deve esserci di sicuro un errore!» Kakuzu si trattenne a mala pena dall’urlare quelle parole, ma il tono usato fu comunque particolarmente infastidito.

«Esatto! Ero io a dover addestrare Tobi!» la parte bianca di Zetsu diede man forte al compagno, mentre nel frattempo la parte nera cercava di trascinare tutto il corpo nell’esternazione della gioia portata da quella notizia.

«Tobi vuole Zetsu-san…» piagnucolò il ninja mascherato.

«Vuol dire che d’ora in poi l’addestramento di Tobi sarà compito di Kakuzu.» decretò il capo, con un tono che non ammetteva repliche.

Dopo un inizio all’insegna delle lamentele, la nuova suddivisione continuò.

«Sasori, tu farai coppia con Kisame.» fu la seconda scomoda decisione.

L’Hoshigaki sbuffò. Gli era capitato un compagno decisamente troppo serio, probabilmente comunicare con lui sarebbe stato più difficile che con Itachi.

«Mi rifiuto! Siamo arrivati alla modifica delle squadre per colpa sua, di conseguenza io non lo voglio con me!» annunciò con decisione il ninja delle Sabbie Rosse.

«Va bene, allora Kisame starà con Kakuzu e Sasori addestrerà Tobi…» buttò lì Pain con poca convinzione.

«Ok, Kisame andrà benissimo!» si corresse Sasori, facendo morire a metà l’urlo di gioia di Kakuzu e facendo ghignare soddisfatto il capo.

A quel punto Itachi si guardò intorno con estremo interesse. Due squadre erano già formate, ciò voleva dire che restavano cinque persone da sistemare. Tra di esse però aveva contato anche Konan, da sempre in coppia con il leader, ma dovette subito escluderla dall’elenco, immaginando che Pain non avrebbe mai punito se stesso scegliendosi un nuovo compagno. Così restavano solo altri tre membri dell’Akatsuki oltre a lui. Hidan, Deidara e Zetsu. Chi di loro sarebbe stato il suo futuro partner? Nessuno fra quei tre sembrava soddisfacente.

«Hidan, tu d’ora in poi sarai in squadra con…» Pain fece una pausa, e dentro di sé Itachi si ritrovò a sperare che dicesse “Deidara”. «Zetsu!» fu invece la conclusione che arrivò.

L’Uchiha chiuse gli occhi, sconsolato. E così a lui toccava Deidara, il pazzo esaltato che non era in grado di stare cinque minuti senza far saltare in aria qualcosa. Di male in peggio, perché il biondino era ancora più impulsivo e caotico del suo precedente compagno. Cominciava a dubitare che il cambio di squadra potesse apportare dei miglioramenti alle sue condizioni di lavoro.

Pochi minuti dopo, l’Akatsuki al completo lasciò la stanza con la coda tra le gambe. Deidara si avvicinò al suo nuovo partner.

«Ehi, Itachi! Visto che ora lavoreremo insieme, voglio farti presente che non accetto in alcun modo che si insulti la mia arte, uhn. Capito?» mise subito in chiaro le cose.

Il traditore della foglia non lo degnò nemmeno di un’occhiata.

«Sai quanto me ne frega della tua arte…» lo gelò, per poi dileguarsi con disinvoltura ad una sorprendente velocità.

§Fine Flashback§

 

Non poté fare a meno di chiedersi ancora una volta perché mai il capo fosse stato così bastardo da metterlo in squadra proprio con Deidara. Nei pochi giorni in cui aveva fatto coppia con il dinamitardo, non gliene era andata bene una. Ormai aveva cominciato a sospettare che Pain avesse preso quella decisione al solo scopo di fargli un dispetto.

Perché era così ovvio che Itachi e Deidara non avrebbero mai potuto andare d’accordo. E la missione che avevano dovuto svolgere insieme ne era stata la prova più lampante.

 

§Flashback§

Il giorno dopo la nuova suddivisione dei team, Itachi e Deidara erano stati chiamati dal leader per l’assegnazione di una nuova missione.

«Il Paese del Fulmine sta cominciando ad avere dei sospetti riguardo all’uccisione del commerciante che doveva firmare l’accordo col Paese del Fuoco. Le alte cariche temono, infatti, che l’omicidio sia stato una provocazione lanciata da Konoha. Per questo il Daimyo del paese ha chiesto al Raikage di inviare una pattuglia a Konoha per investigare sulla faccenda. Da quel che sappiamo, la pattuglia sarà composta da due jounin facenti parte della guardia personale del Raikage. Il vostro compito sarà di fermarli sul confine del Paese del Fuoco, ucciderli, e poi seminare tracce che lascino chiaramente intendere che a commettere l’omicidio siano stati i ninja di Konoha. In questo modo sarà ancora possibile scatenare l’odio delle altre grandi terre nei confronti del Paese del Fuoco. Chiaro?» spiegò con calma Pain, cercando di essere il più esauriente possibile.

Itachi annuì in silenzio, mentre Deidara incrociò le braccia con aria dubbiosa.

«Sta mandando noi in modo che Itachi possa rimediare al fallimento della sua precedente missione, uhn?» chiese il biondo.

La sua domanda non ottenne risposta, ma in compenso l’Uchiha desiderò ucciderlo. Fallire una missione era già abbastanza umiliante anche senza che un certo idiota rigirasse il kunai nella piaga!

Un’ora dopo i due erano in marcia verso la loro destinazione. Se tutto fosse andato secondo i piani, avrebbero incontrato il loro obiettivo, ossia la pattuglia di Kumo, nel luogo prestabilito al sorgere del sole. Ed infatti fu così. Poco prima dell’alba raggiunsero un posto intorno alla linea di confine del Paese del Fuoco dal quale avrebbero potuto realizzare un’imboscata. Mentre i primi raggi solari si espandevano all’orizzonte, videro i due jounin in avvicinamento.

All’inizio del combattimento, Itachi era stressato come mai lo era stato prima di quel momento. Da quando avevano lasciato il covo, Deidara non era stato zitto un solo attimo. Aveva fatto discorsi infiniti sulla sua arte, su come la visione artistica di Sasori fosse del tutto sbagliata, su come l’esplosione fosse in grado di cogliere la vera essenza della bellezza. Discorsi, a giudizio dell’Uchiha, del tutto inutili, nonché particolarmente fastidiosi. Non ricevendo alcuna risposta, Deidara aveva quindi iniziato ad insultare il suo nuovo compagno, non riuscendo a sopportare il suo silenzio e il suo volto inespressivo. In questo modo aveva messo in corpo al sempre tranquillo Itachi Uchiha un indomabile desiderio di litigare. Il ragazzo moro sentiva il bisogno di fare a botte per il puro gusto di spaccargli la faccia.

Ma fortunatamente l’inizio della missione aveva impedito ad Itachi di uccidere il suo compagno. Si era lanciato con determinazione e cattiveria contro entrambi i nemici, tenendoli occupati tutti e due contemporaneamente. Aveva bisogno di sfogarsi, ed in più desiderava rifarsi per il precedente fallimento. Perciò era deciso al 100% a portare a termine la missione da solo.

Deidara non fu affatto felice di essere lasciato da parte. Ne approfittò quindi per modellare con l’argilla uno dei suoi esplosivi di media potenza, il C2. In breve tempo, sopra la sua testa prese forma una scultura di circa mezzo metro d’altezza. Il ragazzo l’afferrò saldamente con entrambe le mani, prese bene la mira ed infine la scagliò in avanti.

Itachi non si curò dell’esplosivo in avvicinamento. Era diretto verso il nemico, a circa un metro da lui, quindi non aveva nulla da temere. Chiuse gli occhi per una frazione di secondo, il tempo necessario ad attivare il Mangekyou Sharingan, e quando li riaprì vide che la situazione era cambiata. Alla scultura d’argilla erano spuntate le ali, che le avevano permesso di mutare la sua direzione. Non ebbe nemmeno il tempo di scansarsi, che la creazione di Deidara lo colpì in testa ed esplose. Fortunatamente fu abbastanza rapido da allontanarsi a sufficienza per evitare di essere ucciso, tuttavia non riuscì a sottrarsi del tutto all’esplosione.

Mentre la nuvola di polvere provocata dalla detonazione ancora impediva la vista, l’Uchiha decise di impegnarsi sul serio per mettere fine a quella battaglia il più presto possibile. Un istante dopo, i due nemici si trovavano intrappolati dalla Tsukuyomi a subire delle terribili torture che li portarono alla morte. Preso dalla rabbia, però, l’Uchiha non si curò di aver “accidentalmente” intrappolato nel suo Genjutsu anche Deidara.

§Fine Flashback§

 

Tutto sommato la missione era stata portata a termine con successo. Il contributo di Deidara era stato pressoché nullo, anzi aveva più che altro costituito un elemento di disturbo, e la cosa non stava affatto bene ad Itachi.

Senza contare che lui era rimasto ferito, anche se non gravemente, nell’esplosione. Quel sedicente artista aveva contribuito solo a peggiorare la sua già instabile situazione psicologica.

Il ragazzo si rigirò ancora nel letto, inquieto. Di ritorno dalla missione aveva fatto un’altra azione avventata. Si ritrovò a domandarsi se aveva fatto bene. Forse uccidere Deidara sarebbe stata una soluzione più efficiente, ma probabilmente a quel punto il capo non gli avrebbe più dato ascolto, per questo motivo aveva deciso di risparmiare la vita al suo nuovo compagno di squadra. Ma comunque era visibilmente pentito di aver deciso di non eliminare quello scocciatore.

Improvvisamente i suoi pensieri vennero interrotti da un insistente bussare. Riconobbe subito l’intensità di quel rumore, perché si trattava della tipica bussata di qualcuno che lui conosceva molto bene. Ma com’era possibile che proprio quella persona si presentasse alla sua porta?

Itachi si alzò e andò ad aprire, mostrandosi decisamente sorpreso nel trovarsi davanti Kisame.

«Itachi-san…» disse piano l’Hoshigaki.

L’atmosfera tra i due era un po’ tesa, considerando che non si vedevano dal giorno dell’assegnazione dei nuovi compagni. Il ragazzo dai capelli corvini osservò con attenzione l’altro. Un impercettibile guizzo di preoccupazione attraversò i suoi occhi quando vide che il volto di Kisame esibiva un’abbondante dose di tagli e cerotti.

«Che ti sei fatto?» si ritrovò a domandare prima di rendersene conto.

«Dici per questi?» chiese retoricamente Kisame, portando una mano a toccare un cerotto e un paio di graffi «È stato Sasori.» sbuffò contrariato «È venuto a chiamarmi mentre dormivo, io mi sono svegliato di colpo e la spada mi è sfuggita di mano cadendo in pieno sulla coda di quella sua stupida marionetta. Questo è il risultato. E pensare che non voleva nemmeno darmi l’antidoto contro il veleno delle sue stupide armi…» si lamentò.

Itachi davvero non riusciva a capire Sasori. Svegliare Kisame in maniera del tutto indolore era così semplice… Bastava mettergli davanti al naso qualcosa da mangiare, e lui subito apriva gli occhi e si avventava sul cibo. Svegliarlo di soprassalto di solito voleva dire rischiare di essere colpiti dalla spada, visto che lui dormiva sempre tenendola impugnata. O forse l’Uchiha era l’unico a conoscere così bene le abitudini del suo ex compagno?

«E a te cosa è successo alla guancia?» il traditore della foglia si riscosse nel sentirsi porgere quella domanda, rendendosi subito conto di come lo sguardo del suo interlocutore era puntato alla sua guancia sinistra visibilmente arrossata.

«Deidara ha dato di matto dopo pochi minuti.» cominciò a spiegare «Secondo lui la mia “espressione arrogante” e il mio “non essere in grado di spiccicare parola” erano troppo per lui da sopportare. Alla prima occasione, penso che abbia mancato il nemico di proposito per cercare di ammazzarmi. Se non avessi evitato l’esplosivo, mi avrebbe fatto saltare via la testa.» constatò alla fine.

I due si guardarono negli occhi per qualche istante. Kisame si morse un labbro, trattenendo a fatica un fiume di parole. Insomma, con quale coraggio Deidara aveva detto quelle cose di Itachi? Quel ragazzo non aveva bisogno di parlare per farsi capire, erano più che sufficienti i quasi impercettibili cambiamenti di espressione sul suo volto per sapere cosa voleva dire. O forse lui era l’unico a conoscerlo talmente tanto da notare quegli infinitesimali cambi di espressione e comprenderne il significato? Improvvisamente non riuscì più a trattenersi.

«Ho chiesto al leader se può rimettermi in squadra con te.» disse tutto d’un fiato.

L’espressione sul volto dell’Uchiha si rilassò a quelle parole. Era ancora ben lontano dal sorridere, ma lo squalo sapeva bene che quello rappresentava il massimo della gioia che l’altro potesse esternare.

«Anche io… Gli ho detto che ti rivoglio come compagno…» la voce di Itachi faticò ad uscire per l’imbarazzo, e lui stesso si stupì di aver aperto bocca: si era ripromesso di riaccogliere il suo vecchio compagno senza fargli mai sapere che lo rivoleva al suo fianco.

Il sorriso gioioso che quelle parole scatenarono in Kisame fece perdere completamente la testa all’Hoshigaki. Prima di poter pensare a cosa stava facendo, di slancio abbracciò Itachi e gli stampò un violento bacio sulle labbra.

Gli occhi del più giovane si spalancarono dalla sorpresa di quel gesto improvviso. Quel bacio era stato così inaspettato da riuscire a spiazzarlo completamente. Invece Kisame, resosi conto di quello che aveva fatto, si ritrasse velocemente. In preda al più completo imbarazzo, cercò di evitare lo sguardo dell’altro biascicando delle scuse.

Itachi chiuse gli occhi per riflettere in piena tranquillità. Come avrebbe dovuto comportarsi? Baciare a sua volta Kisame avrebbe voluto dire perdere la sua dignità, ammettere che gli era mancato, ma mostrarsi infastidito avrebbe significato sotterrare il proprio istinto, negare che quel breve contatto fosse stato un’interessante nuova esperienza che avrebbe voluto approfondire. Sospirò, poi puntò il suo sguardo più deciso in quello preoccupato del suo compagno.

«Entra e chiudi la porta.» sentenziò deciso.

Alla fine aveva optato per una specie di via di mezzo: lasciare piena libertà di agire all’Hoshigaki. In fondo non ci vedeva niente di male. E poi anche Kisame lo diceva sempre, ogni tanto ci voleva un po’ di sano sesso. E quale compagno per il sesso si poteva trovare che fosse migliore del proprio ritrovato compagno di squadra?

  
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