Mietitura
Distretto
1
Gli
abitanti del Distretto 1 affollavano la piazza antistante il palco,
sussurri
più o meno lievi si levavano dalle fila degli adolescenti
che avevano già
provveduto a registrarsi e attendevano impazientemente
l’inizio della Mietitura.
Topaze assisteva alla scena con aria compiaciuta. Era
l’accompagnatrice del
Distretto da quando aveva compiuto diciannove anni, circa sei anni
prima, e
amava l’entusiasmo che i suoi ragazzi mostravano durante ogni
singola edizione.
Lasciò vagare lo sguardo tra le fila dei più
grandi, certa che come sempre il
prescelto si sarebbe trovato tra loro. Nel Distretto 1, così
come negli altri
Favoriti, non si poneva quasi mai lo spiacevole inconveniente di
assistere a
scene di ragazzini in lacrime o genitori disperati. No, lì
ogni singolo
adolescente veniva preparato al meglio a quell’evento, non
veniva lasciato
alcuno spazio a insicurezza o timore.
Si
schiarì la gola, sorridendo davanti alle espressioni bramose
e incuriosite dei
suoi ragazzi, come amava considerarli lei. Sì, doveva
ammettere che era molto
orgogliosa di quelle giovani donne e quei giovani uomini che si
offrivano per
rendere onore a Capitol City e al loro Distretto.
-
Benvenuti, miei cari ragazzi, alla sessantottesima edizione degli
Hunger Games.
Come sempre, un piccolo omaggio da Capitol City. –
Le
sue parole vennero accolte da uno scroscio di applausi. Poi, mentre il
consueto
filmato e le rovine del Distretto 13 venivano proiettate sul maxi
schermo, il
silenzio tornò a dilagare tra la folla.
Tornò
a tossicchiare discretamente, attirando nuovamente
l’attenzione su di sé.
-
Bene, procediamo ora all’estrazione della giovane donna che
avrà l’occasione di
onorare il suo Distretto con la sua partecipazione ai Giochi.
– trillò,
infilando la mano nell’urna contenente i nomi delle ragazze.
Mescolò
i foglietti per una manciata di secondi, poi ne scelse uno e
pregustò quello
che sarebbe accaduto di li a poco. Si avvicinò al microfono,
notando come le
ragazze più grandi seguivano i suoi movimenti, pronte a
urlare a squarciagola
il loro nome come volontarie.
-
La nostra fortunata estratta è Luce Dogers. –
esclamò.
Una
bambina, dai capelli biondi e gli occhi azzurri, si fece avanti dalla
fila
delle dodicenni. Sorrise con la sicurezza che le derivava
dall’avere la
certezza che mai avrebbe messo piede in quell’Arena.
Una
decina di mani scattarono in alto, sventolando per attirare
l’attenzione della
Capitolina.
Topaze
si prese qualche istante per individuare quella che a suo giudizio
sarebbe
stata la scelta più adatta. Poi la vide, tra le
diciassettenni del Distretto,
con i capelli rosso fuoco e gli occhi del colore più assurdo
che avesse mai
visto in un qualsiasi abitante dei Distretti, una sorta di grigio
violaceo che
era allo stesso tempo ammaliante e inquietante.
-
Tu, la ragazza con gli occhi da fattucchiera. –
A
Capitol City sarebbero impazziti per lei, ne era sicura.
Flame
si fece avanti, indossando l’espressione che aveva preparato
in occasione della
sua Mietitura. Sapeva con precisione che immagine voleva dare ai
Tributi che
avrebbero visionato quel filmato: una ragazza forte e sicura di
sé, pericolosa
e affascinante, qualcuna da temere.
Scansò
con sdegno la mano che uno dei Pacificatori le aveva porto per aiutarla
a
salire sul palco e si sistemò al fianco della Capitolina.
-
Come ti chiami, mia cara? –
-
Sono Flame, Flame Balcoin. – annunciò, scandendo
quelle due parole come a voler
essere sicura che tutti se lo ricordassero.
Topaze
emise uno squittio deliziato. Quella ragazza le piaceva, eccome se le
piaceva,
sarebbe stata un Tributo eccezionale.
-
Un bell’applauso per la nostra giovane e coraggiosa Flame.
–
Lo
scroscio che seguì le parole della Capitolina fece luccicare
d’orgoglio gli
occhi violacei della ragazza. Intravide in lontananza sua sorella
Lilian che
annuiva con aria d’approvazione. Dovette trattenersi dal
cercare anche lo
sguardo dei suoi genitori, certa che le lacrime di sua madre avrebbero
fatto
crollare almeno in parte la sua aura da Favorita.
Topaze
richiamò la folla all’ordine, avvicinandosi
all’urna dei nomi maschili.
-
E adesso vediamo chi sarà il baldo giovane che
accompagnerà la nostra Flame in
quest’elettrizzante esperienza. –
Mescolò
con lenta teatralità. Se le ragazze si affollavano, spesso i
ragazzi scatenavano
addirittura delle risse pur di aver accesso alla Mietitura. Si chiese
distrattamente se anche quell’anno sarebbe servito
l’intervento dei
Pacificatori. Sperava proprio di sì, sarebbe stata una cosa
così elettrizzante.
-
Matthew Diamond. –
Un
ragazzo di sedici anni, alto e muscoloso, sorrise con aria trionfante e
fece
per rompere i ranghi e dirigersi verso il palco. Inaspettatamente,
dalla fila
dei dodicenni emerse una figura slanciata e atletica, cosa insolita
data la
giovane età. Tuttavia non fu quello a far esitare Diamond.
-
Dove credi di andare? –
Gli
aveva rivolto quel sorriso che era diventato famoso in tutto il
Distretto. Il
viso da bambino, con tanto di fossette che su chiunque altro sarebbero
risultate assolutamente irresistibili, contrastava enormemente con
quell’espressione
sadica, malevola; era il genere di sorriso che ci si sarebbe aspettati
di
vedere su un assassino di vecchia data, non su un ragazzino.
-
Parteciperò io al tuo posto. –
L’aveva
detto come se fosse una semplice constatazione, eppure i suoi occhi
castani con
una strana sfumatura rossiccia davano tutto un altro messaggio:
“Prova a
contraddirmi e ti apro la gola davanti a tutti”, sembravano
dire.
Matthew
indietreggiò, con le guance tinte di uno sgradevole rosso
per via dell’umiliazione
bruciante che aveva appena subito.
-
Vieni, mio caro. – lo invitò Topaze,
arrischiandosi persino a tendere una mano
verso di lui.
Il
ragazzo la fulminò con un’occhiata malevola,
prendendo la parola prima che la
Capitolina avesse anche solo il tempo di pensare di chiedergli
qualsiasi cosa.
-
Sono Radcliff Ian Pace Inhell. E, sì, ho dodici anni ma mi
sono comunque
offerto volontario. No, non ho alcuna paura e dimostrerò a
tutti voi ciò che so
davvero fare. –
Topaze
rimase in silenzio, incerta. Era la prima volta nella sua gloriosa
carriera che
non sapeva cosa dire; e la cosa era oltremodo strana dal momento che
lei aveva
sempre qualcosa su cui ciarlare. Conveniva tagliare e sperare che il
resto
degli abitanti non si rendesse conto del suo momento di empasse.
-
Ehm, bene. Ecco i vostri Tributi, Distretto 1. Possa la fortuna essere
sempre a
loro favore. –
Flame
non provò nemmeno a prendere la mano del ragazzino. Lo
conosceva di fama, Hell,
e quel poco che sapeva di lui bastava a inquietarla. Meglio non avere
nulla a
che fare con un tipo come quello.
Radcliff,
dal canto suo, non era minimamente interessato alla sua compagna di
Distretto.
L’aveva intravista un paio di volte all’Accademia,
sapeva che era brava con i
coltelli e con la frusta, ma non la riteneva una minaccia.
Così come era certo
che nessun altro Tributo avrebbe rappresentato una vera sfida alla sua
vittoria.
Vennero
fatti scendere dal palco e condotti silenziosamente verso le stanze del
Campidoglio che erano state riservate ai colloqui con i loro famigliari.
Ormai
rimasta sola, Flame si ritrovò ad attendere
l’arrivo dei suoi cari nella
stanzetta in cui l’avevano scortata i Pacificatori. La prima
a farsi vedere fu
Laris, la sua migliore amica al centro d’addestramento del
Distretto. La trasse
a sé in un delicato abbraccio, sorridendole debolmente.
-
Cerca di non farti ammazzare, okay? –
-
Hai dimenticato con chi stai parlando? Non mi farò ammazzare
e quando tornerò
al Distretto ti costringerò a riprendere ad allenarti ancora
più seriamente, in
qualità di tua futura Mentore. –
replicò, strappandole una debole risata.
-
Sai, per una volta non mi dispiacerebbe allenarmi duramente. –
Poi
aggiunse, mestamente, - Sai, a Sylvain sarebbe piaciuto venire a
salutarti, ma
ha pensato che non fosse il caso. –
Flame
annuì. Una volta tanto quel ragazzo pensava qualcosa di
giusto; rivedere il
proprio ex ragazzo, che l’aveva lasciata solo
perché non accettava l’idea che
una ragazza fosse più in gamba di lui, prima di partire per
i Giochi non
sarebbe stata una cosa divertente.
Il
cigolio della porta che si apriva annunciò alle ragazze che
il tempo a loro
disposizione era terminato.
-
Ci vediamo tra un paio di settimane. – concluse Flame,
abbracciandola
nuovamente e lasciandola uscire.
Al
posto di Laris comparve la figura snella e atletica di sua sorella
Lilian,
venticinque anni appena compiuti e un passato da ex Vincitrice e
Mentore alle
spalle.
-
Sono orgogliosa di te, so che sarai tu a vincere
quest’edizione. – esordì,
accarezzandole delicatamente una guancia e fissandola negli occhi.
-
Mamma e papà non ci sono? – fu tutto quello che
riuscì a chiedere.
Lilian
scosse la testa.
-
La mamma si è sentita male e papà l’ha
riportata a casa. Ha detto di dirti che
anche lui è molto orgoglioso di ciò che hai fatto
e che non vede l’ora che
ritorni da Vincitrice. – replicò.
Flame
annuì, sforzandosi di mascherare la delusione sul suo volto.
-
Allora, hai qualche consiglio da ex Vincitrice da darmi? –
-
Solo uno: stregali. Se riuscirai a conquistare Capitol City, avrai la
vittoria
in pugno. –
Già,
doveva fare solo questo, conquistarli.
-
Non ti deluderò, Lilian. – promise, mentre il
Pacificatore faceva uscire sua
sorella e le annunciava che era ora di salire sul treno.
Seduto
su uno sgabello, Radcliff aspettava che la porta si aprisse e sua madre
facesse
il suo ingresso. Rimase sorpreso nello scoprire che il suo primo
visitatore era
Graveyard.
-
Ehy, R.I.P., e così alla fine l’hai fatto davvero.
–
Rivolse
un sogghigno in direzione del suo migliore e unico amico.
-
Avevi qualche dubbio? –
Graveyard
scosse la testa, rovistando in una tasca e porgendogli un pacchetto
incartato
maldestramente.
-
Che cos’è? – un’ombra di
curiosità trapelò dalla sua voce solitamente
atona.
-
Un regalo, qualcosa che potrebbe tornarti utile nell’Arena.
– replicò enigmaticamente.
Lo
scartò con delicatezza, sgranando gli occhi quando vide di
cosa si trattava.
Rigirò tra le mani la bambolina Voodoo e gli spuntoni che
l’accompagnavano,
osservandola con aria di venerazione. Quello sì che era un
bel regalo.
-
Grazie, Graveyard. – mormorò.
Non
era una cosa che diceva spesso, ma quando lo faceva era
perché lo sentiva
davvero. E questo Graveyard lo sapeva, o non avrebbe sorriso in modo
così
compiaciuto.
-
Ora devo andare, c’è tua madre qui fuori.
–
Si
scambiarono un’ultima occhiata d’intesa, poi
uscì e venne sostituito dalla
madre di Radcliff.
Earleen
Valarie Iantha Ladonna Inhell era una donna intorno alla cinquantina,
conosciuta in tutto il Distretto per le sue pratiche oscure e la
devozione a Satana.
Suo marito era scomparso misteriosamente anni prima e c’era
chi affermava con
sicurezza che era stata proprio lei a toglierlo di mezzo. I capelli
erano dello
stesso rosso di quelli del figlio, ma gli occhi erano di un verde
pallido che
la donna non faceva alcun mistero di mal sopportare.
Lanciò
un’occhiata alla bambolina Voodoo che Rad si rigirava tra le
mani e sorrise
compiaciuta.
-
Quella sarà un ottimo strumento, figlio mio, non scordarti
che Satana è dalla
tua parte. – commentò, pronunciando
l’ultima parte della frase con un tono
adorante che rasentava il fanatismo assoluto.
-
Lo so, madre. –
-
Prima di intraprendere questo viaggio, tuttavia, voglio che tu sappia
la verità
su tuo padre. Vedi, Rad, Gabe era un uomo senza spina dorsale,
disgustosamente
buono, non avrebbe mai potuto capire la strada che noi dobbiamo seguire
per
compiacere il nostro Signore. Pretendeva addirittura che tu cambiassi
nome,
giudicandolo macabro e blasfemo. Lui era un ostacolo al raggiungimento
dei tuoi
obiettivi. Capisci perché ho dovuto toglierlo di mezzo,
vero, figlio mio? –
Lo
fissava con quei suoi occhi verdi capaci di leggerlo nel profondo.
Certo che
capiva, aveva passato la sua intera vita a dedicarsi e adorare Satana,
tutto il
resto era completamente privo di ogni logica e a dir poco impensabile.
Suo
padre era un debole e come tale andava eliminato.
-
Certo che capisco. –
Earleen
lo strinse a sé, accarezzandogli gentilmente la chioma
rossa, - Bravo il mio
bambino, so che renderai il nostro Signore orgoglioso di te e del tuo
operato. –
Radcliff
annuì, ricambiando freddamente la stretta.
Un
Pacificatore si affacciò nella stanza.
-
Il tempo è scaduto. –
Distretto
2
Apollonia
era profondamente contrariata da quel lieve venticello che tirava sul
Distretto
2 e che le costringeva a sistemarsi ripetutamente l’enorme
copricapo marrone
che aveva indossato per l’occasione; aveva scelto quel colore
perché trovava
che si sposasse bene con il paesaggio montuoso del Distretto che doveva
rappresentare, ma in quel momento cominciava a dubitare che quel
marrone stesse
davvero bene sui suoi capelli biondo platino.
Sbuffò,
sistemandolo per l’ennesima volta, e attirando lo sguardo
divertito di uno dei
ragazzi nella prima fila dei diciottenni. Storse il naso, irritata
dall’atteggiamento così poco dignitoso del giovane
che si permetteva di farsi
gioco di lei.
-
Felici sessantottesimi Hunger Games a tutti voi e possa la fortuna
sempre
essere dalla vostra parte. – trillò, mentre la sua
voce forzatamente allegra
rimbombava per la piazza silenziosa.
-
Certo, la fortuna è ovviamente dalla nostra parte.
– mormorò una voce
sarcastica.
Apollonia
si sforzò di ignorarlo.
-
Prima di sorteggiare i Tributi di quest’anno, assisteremo
alla visione di un
filmato gentilmente inviato dal nostro amato Presidente. –
-
Fantastico, svegliatemi quando è finito. –
Gli
occhi azzurri della Capitolina lampeggiarono irritati. Ancora quel
ragazzo, che
insolente.
Mentre
tutti gli abitanti del Distretto si concentravano sul filmato, Jace
lasciò
vagare lo sguardo tra i suoi coetanei, cercando di indovinare chi si
sarebbe
offerto volontario quell’anno. L’attenzione cadde
su una ragazza nel gruppo
delle diciottenni, una delle poche che stava in disparte e non sembrava
particolarmente desiderosa di fare conversazione. Aveva
un’aria strana mentre
guardava il video, quasi sofferente, e non potè fare a meno
di chiedersi se non
avesse perso qualcuno a lei caro durante una delle edizioni passate.
-
Roxanne Arrison. –
Ma
come, erano già arrivati al sorteggio? Scosse la testa,
dandosi dell’idiota per
aver permesso alla curiosità di distrarlo.
La
quindicenne avanzò baldanzosamente in avanti, quasi si
aspettasse che il suo
sorteggio sarebbe stato definitivo. Speranza vana, ovviamente, dal
momento che
le ragazze intorno a lei avevano già cominciato a sgomitare
per farsi avanti
come volontarie.
-
Io. Sarò io a offrirmi come Volontaria. –
Una
voce si levò dalla massa, attirando l’attenzione
di Apollonia. Annuì
bruscamente, facendole segno di avvicinarsi. Come se a lei importasse
qualcosa
di quelle ragazzine che si scannavano, una valeva l’altra per
quanto la
riguardava.
Jace
seguì l’avanzata della ragazza, sorpreso nel
notare che si trattava proprio
della giovane che aveva attirato la sua attenzione. L’aria
triste era sparita
ed era stata rimpiazzata da un’espressione decisa e sicura di
sé. Ora che la
guardava da più vicino, inoltre, poteva notare quanto fosse
bella. Era una cosa
che in un primo momento gli era sfuggita, ma mentre ne studiava i
capelli scuri
e gli occhi acquamarina non poteva non riconoscerlo.
-
Il tuo nome? –
-
Seraphine Rapier. – decretò, fissando con aria
risoluta la folla davanti a lei.
Ignorò
i bisbigli che si erano levati dal gruppo di quelli che una volta
chiamava
amici. Le loro parole non contavano più nulla, non avevano
alcuna importanza,
non da quando li aveva sentiti parlare in quel modo di Norah. Lei era
stata la
sua migliore amica, figlia di un’ex vincitrice e Tributo
volontario … E non ce
l’aveva fatta.
Le
chiacchiere su di lei erano nate nel momento in cui era morta. Una
sciocca,
un’incapace, una vergogna per sua madre e per tutto il
Distretto. Norah non era
stata nulla di tutto ciò, ma una buona amica e una brava
persona, e la sua
perdita aveva spezzato definitivamente qualcosa dentro di lei.
La
voce di Apollonia che annunciava il Tributo maschile la
strappò dalle sue
riflessioni.
-
Jace Armstrong. –
Vide
il ragazzo nominato che si faceva avanti e, dopo aver lanciato
un’occhiataccia
al suo vicino che stava per alzare la mano e offrirsi al suo posto,
replicò: -
Calma, ragazzi, perché non mi sembra proprio di aver detto
di essere disposto a
lasciare il posto a uno di voi incapaci. –
Era
fisicamente imponente, più vicino al metro e novanta che al
metro e ottanta,
con capelli color oro zecchino che luccicavano sotto i raggi del sole e
occhi
blu mare. Sfoggiava un sorrisetto sghembo che lo faceva risultare allo
stesso
tempo insolente e affascinante.
Lo
vide affiancare la Capitolina e chinarsi a sussurrarle, sarcastico, -
Bel
cappello, biondina. –
Apollonia
lo folgorò con un’occhiataccia, ottenendo solo
l’effetto di far allargare il
suo sorriso divertito.
-
Ecco a voi i vostri Tributi, un applauso per Seraphine e Jace.
– annunciò,
apparentemente non molto soddisfatta dai Tributi di
quell’edizione. Una ragazza
taciturna e un ragazzo impertinente, una strana accoppiata per due
Favoriti.
Erano
passati dieci minuti da quando erano scesi dal palco ed erano stati
scortati
nelle stanze adibite ai colloqui con i membri della propria famiglia.
Dieci
interminabili minuti da quando suo padre aveva cominciato a salmodiare
circa le
alleanze da stringere, il comportamento da tenere e un sacco di altre
stupidaggini che non aveva alcuna intenzione di stare a sentire.
Sarebbe stato
se stesso, questa era l’unica cosa non negoziabile durante i
Giochi.
-
Jace, ricordati di mettere bene in chiaro chi è che comanda.
Mi aspetto che tu
sia un leader, non un gregario, e che questi anni di duro sacrificio
non siano
andati sprecati. –
Jace
sospirò, alzando platealmente gli occhi al cielo.
Certo,
suo padre doveva proprio essersi sacrificato così tanto per
prepararlo alla
Mietitura. Il solito ipocrita, tanto valeva che dicesse chiaramente che
in caso
si fosse fatto ammazzare non l’avrebbe rimpianto, anzi,
avrebbe ostentatamente
fatto finta che quel fallimento non fosse neanche suo figlio.
-
Certo, e magari dopo aver vinto i Giochi mi candido anche per la
presidenza. Mi
sembra un buon piano, che ne dici? –
Caius
si rabbuiò, fulminando il figlio con
un’occhiataccia, - Tieni a freno la lingua
e cerca di non essere così arrogante. –
Questa
era nuova. Lo avevano definito in molti modi, ma arrogante era un
aggettivo che
non gli era mai stato accostato.
-
Chiedo scusa, padre, avevo capito che volessi il meglio per me.
– ironizzò.
Un
manrovescio potente si abbatté sul suo volto, facendogli
scattare la testa di
lato. Caius era un Pacificatore e un uomo violento, lo era sempre
stato, ma
dalla nascita di suo figlio e la morte per parto della moglie, aveva
cominciato
a bere e questo aspetto della sua personalità si era andato
via via
intensificando.
-
Mostrerai il dovuto rispetto a tuo padre e non oserai umiliarlo con il
tuo
comportamento infantile e immaturo. –
Jace
si morse la lingua, impedendosi di replicare che infantile e immaturo
volevano
dire la stessa cosa. La guancia pulsava ancora per il colpo ricevuto e
non
aveva molta voglia di ripetere l’esperienza, non se poteva
evitarlo per lo
meno.
-
Signorsì, signore. –
Poi,
senza aspettare che il Pacificatore entrasse per chiamarlo,
uscì a passi svelti
dalla stanza e si diresse verso il treno che l’avrebbe
portato nella capitale.
Seraphine
sedeva su una sedia, in compagnia del padre fabbro e della madre; il
primo non
aveva fatto altro che ripeterle quanto fosse orgoglioso di lei e della
sua
scelta, mentre la seconda aveva un’espressione triste che le
fece capire
immediatamente che sapeva benissimo cosa l’avesse portata a
prendere la
decisione di offrirsi come volontaria.
-
Ricordati di allearti con i ragazzi dell’1 e del 4, i
Favoriti devono stare
insieme. – le raccomandò il padre, sullo scadere
dei minuti loro concessi,
mentre la stringeva in un vigoroso abbraccio.
Venne
poi il turno di sua madre, che le rivolse un piccolo sorriso e le
scoccò un
bacio su entrambe le guance, - Torna a casa da noi, Seraphine, ti
aspetteremo.
–
Si
costrinse a sorridere a sua volta, mentre dentro di sé
cercava di ignorare la
sensazione di vuoto allo stomaco che quelle parole le avevano causato.
Lei
stessa le aveva dette a Norah, ma non era servito. Scrollò
le spalle,
arrabbiata con se stessa per quel momento di debolezza. Era una
Favorita,
doveva mostrarsi forte.
-
Tornerò, lo giuro. –
Distretto
3
Quella
mattina il Sole splendeva sul Distretto 3 e sembrava a dir poco
inappropriato
per una giornata come quella. Tara, la Capitolina assegnata al
Distretto,
sfoggiava per l’occasione un bel completino giallo limone che
la rendeva a dir
poco abbagliante. I tacchi arancioni, in tinta con il colore dei
capelli e del
rossetto, la costringevano ad arrancare faticosamente lungo la piccola
rampa di
scale che conduceva al palco. Di lì aveva una visione
perfetta della piazza
colma di gente. Il Distretto 3 non era un posto di combattenti, ma
paradossalmente era uno dei più preziosi per Capitol City. E
Tara, anche se a
guardarla non lo si sarebbe mai detto, apprezzava
l’intelligenza e la prontezza
mentale più di ogni altra cosa.
-
Benvenuti, miei cari, al tanto atteso momento della Mietitura.
–
Un
educato applauso si levò dalla folla. Non che fossero
entusiasti della cosa,
sia ben chiaro, ma la maggior parte di loro era troppo impegnata a
calcolare le
probabilità che l’avrebbero visti estratti per
preoccuparsi di manifestare il
proprio sdegno.
-
Senza altri indugi, procediamo all’estrazione della fanciulla
prescelta. –
Ancheggiò
esageratamente verso l’urna ed estrasse quasi
all’istante un foglietto. Lo
dispiegò con aria melodrammatica e annunciò: -
Aglarneth Brooks. –
Una
ragazza graziosa, alta poco più di un metro e sessanta,
sobbalzò leggermente,
quasi non credesse possibile che quello fosse proprio il suo nome.
Raccogliendo
il coraggio, si fece avanti. I capelli biondi, talmente lisci da
sembrare quasi
innaturali, le arrivavano fino alla fine della schiena e la frangetta
incorniciava un paio di stupendi occhi castani, profondi ed espressivi.
C’era
un guizzo d’incredibile intelligenza nel suo sguardo.
Salì
sul palco, rivolgendo un tiepido sorriso alla Capitolina.
-
Benvenuta, mia cara. – trillò Tara, per poi
rivolgersi alla metà maschile del
Distretto.
-
E ora, siete pronti a scoprire chi di voi farà compagnia
alla nostra graziosa
Aglarneth? –
Contrariata
dalla mancanza di partecipazione, rovistò tra i nomi
maschili fino a cercare un
foglietto che l’ispirasse particolarmente. Soddisfatta, lo
lesse alla svelta.
-
Axel Thunderbolt. –
Un
lieve mormorio si levò dalla folla. Thunderbolt era un
cognome molto conosciuto
nel Distretto, faceva parte di una dinastia di grandi ingegneri e il
padre del
ragazzo era stato chiamato a lavorare a Capitol City per volere del
Presidente
Snow in persona.
Axel
si fece largo tra i suoi compagni, fissando con aria risoluta il palco
e
stringendo i pugni per impedire alle mani di cominciare a tremare
all’impazzata.
Doveva sembrare un duro, uno che sapeva esattamente come sopravvivere
nell’Arena,
non un ragazzino spaurito. Sfortunatamente però quello non
era mai stato lui e
le sue capacità recitative facevano acqua da tutte le parti.
Si
affiancò alla sua compagna, scrutandola con gli occhi grigi
che facevano
capolino tra le ciocche disordinate di capelli castani, e le rivolse un
sorriso
solidale. Si trovavano sulla stessa barca, tanto valeva cercare almeno
di
andare d’accordo.
-
I vostri Tributi, Distretto 3, e possa la fortuna essere sempre a loro
favore. –
Dopo
essere stata condotta nella saletta da un Pacificatore imponente
persino secondo
i loro comuni standard, Aglarneth si appoggiò al muro e
attese che la porta si
aprisse. Proprio mentre si stava chiedendo quanto avrebbero impiegato
sua madre
e il suo patrigno a raggiungerla, il battente venne aperto con un lieve
cigolio.
-
Tesoro. – esclamò sua madre, raggiungendola e
abbracciandola con slancio.
Ricambiò la stretta, costringendosi a mantenere la calma. Ci
sarebbe stato
spazio più tardi per la paura, ora doveva controllarsi per
non allarmare
ulteriormente sua madre.
-
Andrà tutto bene, mamma. I Favoriti saranno anche abili
combattenti, ma l’intelligenza
e la tattica sono spesso molto più efficaci della mera forza
bruta. –
Il
patrigno annuì, riservandole uno sguardo orgoglioso.
-
Ben detto, Nettie. Tu sei una ragazza intelligente, saprai trovare un
modo per
tornare a casa. E poi, ho un piccolo regalo per te. –
Le
porse un anello, sulla cui montatura era incastonata una pietra viola.
Era un
gioiello bellissimo, ma doveva sicuramente avere un’altra
funzione, altrimenti
non le sarebbe stato donato in un’occasione come quella.
-
A cosa serve? –
-
Lo scoprirai nell’Arena, ma ricordati di non separartene mai,
potrebbe salvarti
la vita in più di un’occasione. –
Aggrottò
lievemente la fronte, per poi sporgere il labbro inferiore e
abbagliarlo con la
sua migliore faccia da cucciola, - Non vuoi proprio dirmi
cos’è? –
L’uomo
rise, scuotendo la testa, - Sei una ragazza intelligente, sono certo
che lo
scoprirai da sola. –
Axel,
seduto a terra a gambe incrociate, si stava sorbendo sua madre che
ripeteva per
la centesima volta quanto fosse ridicolo che proprio lui fosse stato
scelto.
-
Sono certa che ci sia un modo per farti sostituire. Insomma, tuo padre
è uno
degli uomini di fiducia del Presidente. –
Storse
il naso, incredulo di fronte all’ottusità di
quella donna.
-
Mamma, mi hanno scelto, non mi sostituiranno solo perché
papà lavora a Capitol
City. Sono un ragazzo come tutti gli altri, non ho alcun privilegio
speciale. –
Olimpe
scosse la testa con risolutezza. Per lei, Capitolina trapiantata nel
Distretto
dopo essersi innamorata di un ingegnere del posto, era a dir poco
incomprensibile quello che suo figlio stava dicendo.
-
Tu non sei come loro, Axel. Sei un genio, hai la stessa mente brillante
di tuo
padre, e sono certa che se il Presidente lo sapesse prenderebbe subito
seri
provvedimenti. Ho tutta l’intenzione di scrivergli una
lettera immediatamente,
dubito seriamente che sia informato della cosa. –
Alzò
gli occhi al cielo, esasperato.
Lui
era in preda al panico e sua madre non riusciva a fare altro che
rimbambirle di
chiacchiere su quanto fosse ingiusta la sua estrazione. Non riusciva
proprio a
capire che il problema non era la scelta che era ricaduta su di lui, ma
il
sistema in generale?
-
Ascoltami, mamma, perché non lo ripeterò una
seconda volta. Non voglio che ti
metta in mezzo; sono affari miei, se morirò
nell’Arena sarà solo perché
evidentemente
non sono così in gamba come credi tu. Non voglio un
trattamento di favore, sono
stufo di venire considerato un privilegiato in tutto il Distretto.
–
-
Ma, Axel, tesoro … –
Basta,
non ne poteva veramente più.
Raggiunse
la porta e bussò con decisione. Il Pacificatore di guardia
si affacciò e gli
scoccò un’occhiata interrogativa.
-
Sì? –
-
Ho finito, voglio essere portato al treno. –
decretò, uscendo dalla stanza e
ignorando le urla di sua madre che lo richiamavano.
Spazio
autrice:
Visto
che le schede del Distretto 4 ancora non mi
sono giunte e la Mietitura di questi primi Distretti è
venuta lunghetta, ho
deciso che li inserirò nel prossimo capitolo insieme ai
Distretti dal 5 all’8;
quelli dal 9 al 12 saranno presentati nel capitolo ancora successivo.
Invito
nuovamente “Mysoul” a farsi sentire visto che
l’ho contatta, ma non ho ancora
ricevuto risposta, perché se entro domani sera non
avrò sue notizie allora
assegnerò la ragazza del 4 a una ragazza che mi ha contatto
via mail come
riserva e il ragazzo a chiunque altro sia interessato. Non voglio
essere
cattiva, ma ho ribadito la cosa più volte e tutte le ragazze
che hanno avuto
difficoltà con i tempi di consegna me l’hanno
fatto sapere e ho concesso loro
del tempo extra – ergo non sono poi così cattiva
–. Bè, sorvoliamo su questa
questione e veniamo al capitolo. Spero di essere riuscita a rendere
bene i
Tributi e nel caso ci fosse qualcosa che non vi convince fatemelo
sapere e
provvederò a rimediare nei capitoli seguenti. Una volta
terminata la Mietitura di
tutti i Distretti vi farò un altro paio di domande circa i
vostri OC. Fino ad
allora, vi rimando al prossimo capitolo (orientativamente
sarà pubblicato il
venerdì sera, salvo imprevisti). Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt