Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Fiamma Erin Gaunt    28/03/2014    2 recensioni
I 68th Hunger Games. I vostri Giochi, i vostri Tributi, il vostro Campione.
[Storia interattiva a OC]
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri tributi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Mietitura

 


















Distretto 1

 

 

 

 

Gli abitanti del Distretto 1 affollavano la piazza antistante il palco, sussurri più o meno lievi si levavano dalle fila degli adolescenti che avevano già provveduto a registrarsi e attendevano impazientemente l’inizio della Mietitura. Topaze assisteva alla scena con aria compiaciuta. Era l’accompagnatrice del Distretto da quando aveva compiuto diciannove anni, circa sei anni prima, e amava l’entusiasmo che i suoi ragazzi mostravano durante ogni singola edizione. Lasciò vagare lo sguardo tra le fila dei più grandi, certa che come sempre il prescelto si sarebbe trovato tra loro. Nel Distretto 1, così come negli altri Favoriti, non si poneva quasi mai lo spiacevole inconveniente di assistere a scene di ragazzini in lacrime o genitori disperati. No, lì ogni singolo adolescente veniva preparato al meglio a quell’evento, non veniva lasciato alcuno spazio a insicurezza o timore.

Si schiarì la gola, sorridendo davanti alle espressioni bramose e incuriosite dei suoi ragazzi, come amava considerarli lei. Sì, doveva ammettere che era molto orgogliosa di quelle giovani donne e quei giovani uomini che si offrivano per rendere onore a Capitol City e al loro Distretto.

- Benvenuti, miei cari ragazzi, alla sessantottesima edizione degli Hunger Games. Come sempre, un piccolo omaggio da Capitol City. –

Le sue parole vennero accolte da uno scroscio di applausi. Poi, mentre il consueto filmato e le rovine del Distretto 13 venivano proiettate sul maxi schermo, il silenzio tornò a dilagare tra la folla.

Tornò a tossicchiare discretamente, attirando nuovamente l’attenzione su di sé.

- Bene, procediamo ora all’estrazione della giovane donna che avrà l’occasione di onorare il suo Distretto con la sua partecipazione ai Giochi. – trillò, infilando la mano nell’urna contenente i nomi delle ragazze.

Mescolò i foglietti per una manciata di secondi, poi ne scelse uno e pregustò quello che sarebbe accaduto di li a poco. Si avvicinò al microfono, notando come le ragazze più grandi seguivano i suoi movimenti, pronte a urlare a squarciagola il loro nome come volontarie.

- La nostra fortunata estratta è Luce Dogers. – esclamò.

Una bambina, dai capelli biondi e gli occhi azzurri, si fece avanti dalla fila delle dodicenni. Sorrise con la sicurezza che le derivava dall’avere la certezza che mai avrebbe messo piede in quell’Arena.

Una decina di mani scattarono in alto, sventolando per attirare l’attenzione della Capitolina.

Topaze si prese qualche istante per individuare quella che a suo giudizio sarebbe stata la scelta più adatta. Poi la vide, tra le diciassettenni del Distretto, con i capelli rosso fuoco e gli occhi del colore più assurdo che avesse mai visto in un qualsiasi abitante dei Distretti, una sorta di grigio violaceo che era allo stesso tempo ammaliante e inquietante.

- Tu, la ragazza con gli occhi da fattucchiera. –

A Capitol City sarebbero impazziti per lei, ne era sicura.

Flame si fece avanti, indossando l’espressione che aveva preparato in occasione della sua Mietitura. Sapeva con precisione che immagine voleva dare ai Tributi che avrebbero visionato quel filmato: una ragazza forte e sicura di sé, pericolosa e affascinante, qualcuna da temere.

Scansò con sdegno la mano che uno dei Pacificatori le aveva porto per aiutarla a salire sul palco e si sistemò al fianco della Capitolina.

- Come ti chiami, mia cara? –

- Sono Flame, Flame Balcoin. – annunciò, scandendo quelle due parole come a voler essere sicura che tutti se lo ricordassero.

Topaze emise uno squittio deliziato. Quella ragazza le piaceva, eccome se le piaceva, sarebbe stata un Tributo eccezionale.

- Un bell’applauso per la nostra giovane e coraggiosa Flame. –

Lo scroscio che seguì le parole della Capitolina fece luccicare d’orgoglio gli occhi violacei della ragazza. Intravide in lontananza sua sorella Lilian che annuiva con aria d’approvazione. Dovette trattenersi dal cercare anche lo sguardo dei suoi genitori, certa che le lacrime di sua madre avrebbero fatto crollare almeno in parte la sua aura da Favorita.

Topaze richiamò la folla all’ordine, avvicinandosi all’urna dei nomi maschili.

- E adesso vediamo chi sarà il baldo giovane che accompagnerà la nostra Flame in quest’elettrizzante esperienza. –

Mescolò con lenta teatralità. Se le ragazze si affollavano, spesso i ragazzi scatenavano addirittura delle risse pur di aver accesso alla Mietitura. Si chiese distrattamente se anche quell’anno sarebbe servito l’intervento dei Pacificatori. Sperava proprio di sì, sarebbe stata una cosa così elettrizzante.

- Matthew Diamond. –

Un ragazzo di sedici anni, alto e muscoloso, sorrise con aria trionfante e fece per rompere i ranghi e dirigersi verso il palco. Inaspettatamente, dalla fila dei dodicenni emerse una figura slanciata e atletica, cosa insolita data la giovane età. Tuttavia non fu quello a far esitare Diamond.

- Dove credi di andare? –

Gli aveva rivolto quel sorriso che era diventato famoso in tutto il Distretto. Il viso da bambino, con tanto di fossette che su chiunque altro sarebbero risultate assolutamente irresistibili, contrastava enormemente con quell’espressione sadica, malevola; era il genere di sorriso che ci si sarebbe aspettati di vedere su un assassino di vecchia data, non su un ragazzino.

- Parteciperò io al tuo posto. –

L’aveva detto come se fosse una semplice constatazione, eppure i suoi occhi castani con una strana sfumatura rossiccia davano tutto un altro messaggio: “Prova a contraddirmi e ti apro la gola davanti a tutti”, sembravano dire.

Matthew indietreggiò, con le guance tinte di uno sgradevole rosso per via dell’umiliazione bruciante che aveva appena subito.

- Vieni, mio caro. – lo invitò Topaze, arrischiandosi persino a tendere una mano verso di lui.

Il ragazzo la fulminò con un’occhiata malevola, prendendo la parola prima che la Capitolina avesse anche solo il tempo di pensare di chiedergli qualsiasi cosa.

- Sono Radcliff Ian Pace Inhell. E, sì, ho dodici anni ma mi sono comunque offerto volontario. No, non ho alcuna paura e dimostrerò a tutti voi ciò che so davvero fare. –

Topaze rimase in silenzio, incerta. Era la prima volta nella sua gloriosa carriera che non sapeva cosa dire; e la cosa era oltremodo strana dal momento che lei aveva sempre qualcosa su cui ciarlare. Conveniva tagliare e sperare che il resto degli abitanti non si rendesse conto del suo momento di empasse.

- Ehm, bene. Ecco i vostri Tributi, Distretto 1. Possa la fortuna essere sempre a loro favore. –

Flame non provò nemmeno a prendere la mano del ragazzino. Lo conosceva di fama, Hell, e quel poco che sapeva di lui bastava a inquietarla. Meglio non avere nulla a che fare con un tipo come quello.

Radcliff, dal canto suo, non era minimamente interessato alla sua compagna di Distretto. L’aveva intravista un paio di volte all’Accademia, sapeva che era brava con i coltelli e con la frusta, ma non la riteneva una minaccia. Così come era certo che nessun altro Tributo avrebbe rappresentato una vera sfida alla sua vittoria.

Vennero fatti scendere dal palco e condotti silenziosamente verso le stanze del Campidoglio che erano state riservate ai colloqui con i loro famigliari.

Ormai rimasta sola, Flame si ritrovò ad attendere l’arrivo dei suoi cari nella stanzetta in cui l’avevano scortata i Pacificatori. La prima a farsi vedere fu Laris, la sua migliore amica al centro d’addestramento del Distretto. La trasse a sé in un delicato abbraccio, sorridendole debolmente.

- Cerca di non farti ammazzare, okay? –

- Hai dimenticato con chi stai parlando? Non mi farò ammazzare e quando tornerò al Distretto ti costringerò a riprendere ad allenarti ancora più seriamente, in qualità di tua futura Mentore. – replicò, strappandole una debole risata.

- Sai, per una volta non mi dispiacerebbe allenarmi duramente. –

Poi aggiunse, mestamente, - Sai, a Sylvain sarebbe piaciuto venire a salutarti, ma ha pensato che non fosse il caso. –

Flame annuì. Una volta tanto quel ragazzo pensava qualcosa di giusto; rivedere il proprio ex ragazzo, che l’aveva lasciata solo perché non accettava l’idea che una ragazza fosse più in gamba di lui, prima di partire per i Giochi non sarebbe stata una cosa divertente.

Il cigolio della porta che si apriva annunciò alle ragazze che il tempo a loro disposizione era terminato.

- Ci vediamo tra un paio di settimane. – concluse Flame, abbracciandola nuovamente e lasciandola uscire.

Al posto di Laris comparve la figura snella e atletica di sua sorella Lilian, venticinque anni appena compiuti e un passato da ex Vincitrice e Mentore alle spalle.

- Sono orgogliosa di te, so che sarai tu a vincere quest’edizione. – esordì, accarezzandole delicatamente una guancia e fissandola negli occhi.

- Mamma e papà non ci sono? – fu tutto quello che riuscì a chiedere.

Lilian scosse la testa.

- La mamma si è sentita male e papà l’ha riportata a casa. Ha detto di dirti che anche lui è molto orgoglioso di ciò che hai fatto e che non vede l’ora che ritorni da Vincitrice. – replicò.

Flame annuì, sforzandosi di mascherare la delusione sul suo volto.

- Allora, hai qualche consiglio da ex Vincitrice da darmi? –

- Solo uno: stregali. Se riuscirai a conquistare Capitol City, avrai la vittoria in pugno. –

Già, doveva fare solo questo, conquistarli.

- Non ti deluderò, Lilian. – promise, mentre il Pacificatore faceva uscire sua sorella e le annunciava che era ora di salire sul treno.

 

Seduto su uno sgabello, Radcliff aspettava che la porta si aprisse e sua madre facesse il suo ingresso. Rimase sorpreso nello scoprire che il suo primo visitatore era Graveyard.

- Ehy, R.I.P., e così alla fine l’hai fatto davvero. –

Rivolse un sogghigno in direzione del suo migliore e unico amico.

- Avevi qualche dubbio? –

Graveyard scosse la testa, rovistando in una tasca e porgendogli un pacchetto incartato maldestramente.

- Che cos’è? – un’ombra di curiosità trapelò dalla sua voce solitamente atona.

- Un regalo, qualcosa che potrebbe tornarti utile nell’Arena. – replicò enigmaticamente.

Lo scartò con delicatezza, sgranando gli occhi quando vide di cosa si trattava. Rigirò tra le mani la bambolina Voodoo e gli spuntoni che l’accompagnavano, osservandola con aria di venerazione. Quello sì che era un bel regalo.

- Grazie, Graveyard. – mormorò.

Non era una cosa che diceva spesso, ma quando lo faceva era perché lo sentiva davvero. E questo Graveyard lo sapeva, o non avrebbe sorriso in modo così compiaciuto.

- Ora devo andare, c’è tua madre qui fuori. –

Si scambiarono un’ultima occhiata d’intesa, poi uscì e venne sostituito dalla madre di Radcliff.

Earleen Valarie Iantha Ladonna Inhell era una donna intorno alla cinquantina, conosciuta in tutto il Distretto per le sue pratiche oscure e la devozione a Satana. Suo marito era scomparso misteriosamente anni prima e c’era chi affermava con sicurezza che era stata proprio lei a toglierlo di mezzo. I capelli erano dello stesso rosso di quelli del figlio, ma gli occhi erano di un verde pallido che la donna non faceva alcun mistero di mal sopportare.

Lanciò un’occhiata alla bambolina Voodoo che Rad si rigirava tra le mani e sorrise compiaciuta.

- Quella sarà un ottimo strumento, figlio mio, non scordarti che Satana è dalla tua parte. – commentò, pronunciando l’ultima parte della frase con un tono adorante che rasentava il fanatismo assoluto.

- Lo so, madre. –

- Prima di intraprendere questo viaggio, tuttavia, voglio che tu sappia la verità su tuo padre. Vedi, Rad, Gabe era un uomo senza spina dorsale, disgustosamente buono, non avrebbe mai potuto capire la strada che noi dobbiamo seguire per compiacere il nostro Signore. Pretendeva addirittura che tu cambiassi nome, giudicandolo macabro e blasfemo. Lui era un ostacolo al raggiungimento dei tuoi obiettivi. Capisci perché ho dovuto toglierlo di mezzo, vero, figlio mio? –

Lo fissava con quei suoi occhi verdi capaci di leggerlo nel profondo. Certo che capiva, aveva passato la sua intera vita a dedicarsi e adorare Satana, tutto il resto era completamente privo di ogni logica e a dir poco impensabile. Suo padre era un debole e come tale andava eliminato.

- Certo che capisco. –

Earleen lo strinse a sé, accarezzandogli gentilmente la chioma rossa, - Bravo il mio bambino, so che renderai il nostro Signore orgoglioso di te e del tuo operato. –

Radcliff annuì, ricambiando freddamente la stretta.

Un Pacificatore si affacciò nella stanza.

- Il tempo è scaduto. –

 

Distretto 2

 

 

 

 

 

Apollonia era profondamente contrariata da quel lieve venticello che tirava sul Distretto 2 e che le costringeva a sistemarsi ripetutamente l’enorme copricapo marrone che aveva indossato per l’occasione; aveva scelto quel colore perché trovava che si sposasse bene con il paesaggio montuoso del Distretto che doveva rappresentare, ma in quel momento cominciava a dubitare che quel marrone stesse davvero bene sui suoi capelli biondo platino.

Sbuffò, sistemandolo per l’ennesima volta, e attirando lo sguardo divertito di uno dei ragazzi nella prima fila dei diciottenni. Storse il naso, irritata dall’atteggiamento così poco dignitoso del giovane che si permetteva di farsi gioco di lei.

- Felici sessantottesimi Hunger Games a tutti voi e possa la fortuna sempre essere dalla vostra parte. – trillò, mentre la sua voce forzatamente allegra rimbombava per la piazza silenziosa.

- Certo, la fortuna è ovviamente dalla nostra parte. – mormorò una voce sarcastica.

Apollonia si sforzò di ignorarlo.

- Prima di sorteggiare i Tributi di quest’anno, assisteremo alla visione di un filmato gentilmente inviato dal nostro amato Presidente. –

- Fantastico, svegliatemi quando è finito. –

Gli occhi azzurri della Capitolina lampeggiarono irritati. Ancora quel ragazzo, che insolente.

Mentre tutti gli abitanti del Distretto si concentravano sul filmato, Jace lasciò vagare lo sguardo tra i suoi coetanei, cercando di indovinare chi si sarebbe offerto volontario quell’anno. L’attenzione cadde su una ragazza nel gruppo delle diciottenni, una delle poche che stava in disparte e non sembrava particolarmente desiderosa di fare conversazione. Aveva un’aria strana mentre guardava il video, quasi sofferente, e non potè fare a meno di chiedersi se non avesse perso qualcuno a lei caro durante una delle edizioni passate.

- Roxanne Arrison. –

Ma come, erano già arrivati al sorteggio? Scosse la testa, dandosi dell’idiota per aver permesso alla curiosità di distrarlo.

La quindicenne avanzò baldanzosamente in avanti, quasi si aspettasse che il suo sorteggio sarebbe stato definitivo. Speranza vana, ovviamente, dal momento che le ragazze intorno a lei avevano già cominciato a sgomitare per farsi avanti come volontarie.

- Io. Sarò io a offrirmi come Volontaria. –

Una voce si levò dalla massa, attirando l’attenzione di Apollonia. Annuì bruscamente, facendole segno di avvicinarsi. Come se a lei importasse qualcosa di quelle ragazzine che si scannavano, una valeva l’altra per quanto la riguardava.

Jace seguì l’avanzata della ragazza, sorpreso nel notare che si trattava proprio della giovane che aveva attirato la sua attenzione. L’aria triste era sparita ed era stata rimpiazzata da un’espressione decisa e sicura di sé. Ora che la guardava da più vicino, inoltre, poteva notare quanto fosse bella. Era una cosa che in un primo momento gli era sfuggita, ma mentre ne studiava i capelli scuri e gli occhi acquamarina non poteva non riconoscerlo.

- Il tuo nome? –

- Seraphine Rapier. – decretò, fissando con aria risoluta la folla davanti a lei.

Ignorò i bisbigli che si erano levati dal gruppo di quelli che una volta chiamava amici. Le loro parole non contavano più nulla, non avevano alcuna importanza, non da quando li aveva sentiti parlare in quel modo di Norah. Lei era stata la sua migliore amica, figlia di un’ex vincitrice e Tributo volontario … E non ce l’aveva fatta.

Le chiacchiere su di lei erano nate nel momento in cui era morta. Una sciocca, un’incapace, una vergogna per sua madre e per tutto il Distretto. Norah non era stata nulla di tutto ciò, ma una buona amica e una brava persona, e la sua perdita aveva spezzato definitivamente qualcosa dentro di lei.

La voce di Apollonia che annunciava il Tributo maschile la strappò dalle sue riflessioni.

- Jace Armstrong. –

Vide il ragazzo nominato che si faceva avanti e, dopo aver lanciato un’occhiataccia al suo vicino che stava per alzare la mano e offrirsi al suo posto, replicò: - Calma, ragazzi, perché non mi sembra proprio di aver detto di essere disposto a lasciare il posto a uno di voi incapaci. –

Era fisicamente imponente, più vicino al metro e novanta che al metro e ottanta, con capelli color oro zecchino che luccicavano sotto i raggi del sole e occhi blu mare. Sfoggiava un sorrisetto sghembo che lo faceva risultare allo stesso tempo insolente e affascinante.

Lo vide affiancare la Capitolina e chinarsi a sussurrarle, sarcastico, - Bel cappello, biondina. –

Apollonia lo folgorò con un’occhiataccia, ottenendo solo l’effetto di far allargare il suo sorriso divertito.

- Ecco a voi i vostri Tributi, un applauso per Seraphine e Jace. – annunciò, apparentemente non molto soddisfatta dai Tributi di quell’edizione. Una ragazza taciturna e un ragazzo impertinente, una strana accoppiata per due Favoriti.

 

Erano passati dieci minuti da quando erano scesi dal palco ed erano stati scortati nelle stanze adibite ai colloqui con i membri della propria famiglia. Dieci interminabili minuti da quando suo padre aveva cominciato a salmodiare circa le alleanze da stringere, il comportamento da tenere e un sacco di altre stupidaggini che non aveva alcuna intenzione di stare a sentire. Sarebbe stato se stesso, questa era l’unica cosa non negoziabile durante i Giochi.

- Jace, ricordati di mettere bene in chiaro chi è che comanda. Mi aspetto che tu sia un leader, non un gregario, e che questi anni di duro sacrificio non siano andati sprecati. –

Jace sospirò, alzando platealmente gli occhi al cielo.

Certo, suo padre doveva proprio essersi sacrificato così tanto per prepararlo alla Mietitura. Il solito ipocrita, tanto valeva che dicesse chiaramente che in caso si fosse fatto ammazzare non l’avrebbe rimpianto, anzi, avrebbe ostentatamente fatto finta che quel fallimento non fosse neanche suo figlio.

- Certo, e magari dopo aver vinto i Giochi mi candido anche per la presidenza. Mi sembra un buon piano, che ne dici? –

Caius si rabbuiò, fulminando il figlio con un’occhiataccia, - Tieni a freno la lingua e cerca di non essere così arrogante. –

Questa era nuova. Lo avevano definito in molti modi, ma arrogante era un aggettivo che non gli era mai stato accostato.

- Chiedo scusa, padre, avevo capito che volessi il meglio per me. – ironizzò.

Un manrovescio potente si abbatté sul suo volto, facendogli scattare la testa di lato. Caius era un Pacificatore e un uomo violento, lo era sempre stato, ma dalla nascita di suo figlio e la morte per parto della moglie, aveva cominciato a bere e questo aspetto della sua personalità si era andato via via intensificando.

- Mostrerai il dovuto rispetto a tuo padre e non oserai umiliarlo con il tuo comportamento infantile e immaturo. –

Jace si morse la lingua, impedendosi di replicare che infantile e immaturo volevano dire la stessa cosa. La guancia pulsava ancora per il colpo ricevuto e non aveva molta voglia di ripetere l’esperienza, non se poteva evitarlo per lo meno.

- Signorsì, signore. –

Poi, senza aspettare che il Pacificatore entrasse per chiamarlo, uscì a passi svelti dalla stanza e si diresse verso il treno che l’avrebbe portato nella capitale.

 

Seraphine sedeva su una sedia, in compagnia del padre fabbro e della madre; il primo non aveva fatto altro che ripeterle quanto fosse orgoglioso di lei e della sua scelta, mentre la seconda aveva un’espressione triste che le fece capire immediatamente che sapeva benissimo cosa l’avesse portata a prendere la decisione di offrirsi come volontaria.

- Ricordati di allearti con i ragazzi dell’1 e del 4, i Favoriti devono stare insieme. – le raccomandò il padre, sullo scadere dei minuti loro concessi, mentre la stringeva in un vigoroso abbraccio.

Venne poi il turno di sua madre, che le rivolse un piccolo sorriso e le scoccò un bacio su entrambe le guance, - Torna a casa da noi, Seraphine, ti aspetteremo. –

Si costrinse a sorridere a sua volta, mentre dentro di sé cercava di ignorare la sensazione di vuoto allo stomaco che quelle parole le avevano causato. Lei stessa le aveva dette a Norah, ma non era servito. Scrollò le spalle, arrabbiata con se stessa per quel momento di debolezza. Era una Favorita, doveva mostrarsi forte.

- Tornerò, lo giuro. –

 

 

 

 

Distretto 3

 

Quella mattina il Sole splendeva sul Distretto 3 e sembrava a dir poco inappropriato per una giornata come quella. Tara, la Capitolina assegnata al Distretto, sfoggiava per l’occasione un bel completino giallo limone che la rendeva a dir poco abbagliante. I tacchi arancioni, in tinta con il colore dei capelli e del rossetto, la costringevano ad arrancare faticosamente lungo la piccola rampa di scale che conduceva al palco. Di lì aveva una visione perfetta della piazza colma di gente. Il Distretto 3 non era un posto di combattenti, ma paradossalmente era uno dei più preziosi per Capitol City. E Tara, anche se a guardarla non lo si sarebbe mai detto, apprezzava l’intelligenza e la prontezza mentale più di ogni altra cosa.

- Benvenuti, miei cari, al tanto atteso momento della Mietitura. –

Un educato applauso si levò dalla folla. Non che fossero entusiasti della cosa, sia ben chiaro, ma la maggior parte di loro era troppo impegnata a calcolare le probabilità che l’avrebbero visti estratti per preoccuparsi di manifestare il proprio sdegno.

- Senza altri indugi, procediamo all’estrazione della fanciulla prescelta. –

Ancheggiò esageratamente verso l’urna ed estrasse quasi all’istante un foglietto. Lo dispiegò con aria melodrammatica e annunciò: - Aglarneth Brooks. –

Una ragazza graziosa, alta poco più di un metro e sessanta, sobbalzò leggermente, quasi non credesse possibile che quello fosse proprio il suo nome. Raccogliendo il coraggio, si fece avanti. I capelli biondi, talmente lisci da sembrare quasi innaturali, le arrivavano fino alla fine della schiena e la frangetta incorniciava un paio di stupendi occhi castani, profondi ed espressivi. C’era un guizzo d’incredibile intelligenza nel suo sguardo.

Salì sul palco, rivolgendo un tiepido sorriso alla Capitolina.

- Benvenuta, mia cara. – trillò Tara, per poi rivolgersi alla metà maschile del Distretto.

- E ora, siete pronti a scoprire chi di voi farà compagnia alla nostra graziosa Aglarneth? –

Contrariata dalla mancanza di partecipazione, rovistò tra i nomi maschili fino a cercare un foglietto che l’ispirasse particolarmente. Soddisfatta, lo lesse alla svelta.

- Axel Thunderbolt. –

Un lieve mormorio si levò dalla folla. Thunderbolt era un cognome molto conosciuto nel Distretto, faceva parte di una dinastia di grandi ingegneri e il padre del ragazzo era stato chiamato a lavorare a Capitol City per volere del Presidente Snow in persona.

Axel si fece largo tra i suoi compagni, fissando con aria risoluta il palco e stringendo i pugni per impedire alle mani di cominciare a tremare all’impazzata. Doveva sembrare un duro, uno che sapeva esattamente come sopravvivere nell’Arena, non un ragazzino spaurito. Sfortunatamente però quello non era mai stato lui e le sue capacità recitative facevano acqua da tutte le parti.

Si affiancò alla sua compagna, scrutandola con gli occhi grigi che facevano capolino tra le ciocche disordinate di capelli castani, e le rivolse un sorriso solidale. Si trovavano sulla stessa barca, tanto valeva cercare almeno di andare d’accordo.

- I vostri Tributi, Distretto 3, e possa la fortuna essere sempre a loro favore. –

Dopo essere stata condotta nella saletta da un Pacificatore imponente persino secondo i loro comuni standard, Aglarneth si appoggiò al muro e attese che la porta si aprisse. Proprio mentre si stava chiedendo quanto avrebbero impiegato sua madre e il suo patrigno a raggiungerla, il battente venne aperto con un lieve cigolio.

- Tesoro. – esclamò sua madre, raggiungendola e abbracciandola con slancio. Ricambiò la stretta, costringendosi a mantenere la calma. Ci sarebbe stato spazio più tardi per la paura, ora doveva controllarsi per non allarmare ulteriormente sua madre.

- Andrà tutto bene, mamma. I Favoriti saranno anche abili combattenti, ma l’intelligenza e la tattica sono spesso molto più efficaci della mera forza bruta. –

Il patrigno annuì, riservandole uno sguardo orgoglioso.

- Ben detto, Nettie. Tu sei una ragazza intelligente, saprai trovare un modo per tornare a casa. E poi, ho un piccolo regalo per te. –

Le porse un anello, sulla cui montatura era incastonata una pietra viola. Era un gioiello bellissimo, ma doveva sicuramente avere un’altra funzione, altrimenti non le sarebbe stato donato in un’occasione come quella.

- A cosa serve? –

- Lo scoprirai nell’Arena, ma ricordati di non separartene mai, potrebbe salvarti la vita in più di un’occasione. –

Aggrottò lievemente la fronte, per poi sporgere il labbro inferiore e abbagliarlo con la sua migliore faccia da cucciola, - Non vuoi proprio dirmi cos’è? –

L’uomo rise, scuotendo la testa, - Sei una ragazza intelligente, sono certo che lo scoprirai da sola. –

Axel, seduto a terra a gambe incrociate, si stava sorbendo sua madre che ripeteva per la centesima volta quanto fosse ridicolo che proprio lui fosse stato scelto.

- Sono certa che ci sia un modo per farti sostituire. Insomma, tuo padre è uno degli uomini di fiducia del Presidente. –

Storse il naso, incredulo di fronte all’ottusità di quella donna.

- Mamma, mi hanno scelto, non mi sostituiranno solo perché papà lavora a Capitol City. Sono un ragazzo come tutti gli altri, non ho alcun privilegio speciale. –

Olimpe scosse la testa con risolutezza. Per lei, Capitolina trapiantata nel Distretto dopo essersi innamorata di un ingegnere del posto, era a dir poco incomprensibile quello che suo figlio stava dicendo.

- Tu non sei come loro, Axel. Sei un genio, hai la stessa mente brillante di tuo padre, e sono certa che se il Presidente lo sapesse prenderebbe subito seri provvedimenti. Ho tutta l’intenzione di scrivergli una lettera immediatamente, dubito seriamente che sia informato della cosa. –

Alzò gli occhi al cielo, esasperato.

Lui era in preda al panico e sua madre non riusciva a fare altro che rimbambirle di chiacchiere su quanto fosse ingiusta la sua estrazione. Non riusciva proprio a capire che il problema non era la scelta che era ricaduta su di lui, ma il sistema in generale?

- Ascoltami, mamma, perché non lo ripeterò una seconda volta. Non voglio che ti metta in mezzo; sono affari miei, se morirò nell’Arena sarà solo perché evidentemente non sono così in gamba come credi tu. Non voglio un trattamento di favore, sono stufo di venire considerato un privilegiato in tutto il Distretto. –

- Ma, Axel, tesoro … –

Basta, non ne poteva veramente più.

Raggiunse la porta e bussò con decisione. Il Pacificatore di guardia si affacciò e gli scoccò un’occhiata interrogativa.

- Sì? –

- Ho finito, voglio essere portato al treno. – decretò, uscendo dalla stanza e ignorando le urla di sua madre che lo richiamavano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Visto che le schede del Distretto 4 ancora non mi sono giunte e la Mietitura di questi primi Distretti è venuta lunghetta, ho deciso che li inserirò nel prossimo capitolo insieme ai Distretti dal 5 all’8; quelli dal 9 al 12 saranno presentati nel capitolo ancora successivo. Invito nuovamente “Mysoul” a farsi sentire visto che l’ho contatta, ma non ho ancora ricevuto risposta, perché se entro domani sera non avrò sue notizie allora assegnerò la ragazza del 4 a una ragazza che mi ha contatto via mail come riserva e il ragazzo a chiunque altro sia interessato. Non voglio essere cattiva, ma ho ribadito la cosa più volte e tutte le ragazze che hanno avuto difficoltà con i tempi di consegna me l’hanno fatto sapere e ho concesso loro del tempo extra – ergo non sono poi così cattiva –. Bè, sorvoliamo su questa questione e veniamo al capitolo. Spero di essere riuscita a rendere bene i Tributi e nel caso ci fosse qualcosa che non vi convince fatemelo sapere e provvederò a rimediare nei capitoli seguenti. Una volta terminata la Mietitura di tutti i Distretti vi farò un altro paio di domande circa i vostri OC. Fino ad allora, vi rimando al prossimo capitolo (orientativamente sarà pubblicato il venerdì sera, salvo imprevisti). Alla prossima.

Baci baci,

                 Fiamma Erin Gaunt

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Fiamma Erin Gaunt