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Autore: IamNotPrinceHamlet    28/03/2014    2 recensioni
Seattle, 1990. Angela Pacifico, detta Angie, è una quasi 18enne italoamericana, appassionata di film, musica e cartoni animati. Timida e imbranata, sopravvive grazie a cinismo e ironia, che non risparmia nemmeno a sé stessa. Si trasferisce nell'Emerald City per frequentare il college, ma l'incontro con una ragazza apparentemente molto diversa da lei le cambia la vita: si ritrova catapultata nel bel mezzo della scena musicale più interessante, eterogenea e folle del momento, ma soprattutto trova nuovi bizzarri amici. E non solo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dare una festa il giorno prima di partire non è stata esattamente una grande idea, almeno a giudicare dalla faccia improponibile che mi dà il buongiorno dallo specchio. Se avessi una figlia e se questa un giorno si presentasse alla porta di casa mia assieme a un coglione con una faccia del genere credo che sguinzaglierei i cani. Mi trascino sotto la doccia e quando esco constato che sono uguale a prima, a parte il fatto che non puzzo più. Cerco di salvare il salvabile buttandomi dell’acqua gelata in faccia, prima di farmi la barba. Ecco, molto meglio: ora sono un coglione quasi rispettabile. Esco dal bagno già psicologicamente preparato al disastro che mi si parerà davanti agli occhi, ma l’unico disastro che vedo è Stone, intento a drogarsi col mio caffè assieme a Mike. Il soggiorno, la cucina… è tutto in ordine. Non un bicchiere a terra, non un tappeto fuori posto, nessun residuo di cibo in giro, posaceneri svuotati, pavimento pulito… Che cazzo è successo?

“Fate con comodo, eh! Servitevi pure!”

“Cosa cazzo di urli, Ames?!” Mike si prende la testa tra le mani e mi parla a occhi chiusi.

“Buongiorno anche a te, Jeffrey. Ci siamo svegliati con la luna storta stamattina?” quello stronzo di Gossard deve iniziare a rompere i coglioni già a quest’ora, mi pare ovvio.

“In realtà mi sentivo un fiore ed ero felicissimo, finché non ho visto la tua faccia di merda” ribatto mentre con una mano mi verso anch’io un ettolitro di caffè e con l’altra apro un armadietto in cerca di qualcosa di commestibile e che si possa consumare in due minuti netti.

“Nemmeno tu in accappatoio sei un bello spettacolo, non credere. E comunque scommetto che ora come ora preferiresti avere davanti questa faccia di merda tutto il giorno piuttosto che vedere quella dei tuoi suoceri, o sbaglio?” lo stronzo insiste, mentre si siede sul tavolo. E ha fottutamente ragione.

“Leva il tuo culone dal mio tavolo! Dov’è Ed?” lo rimetto in piedi con uno spintone e finalmente mi accorgo dell’assenza del mio coinquilino, probabile autore della rimessa a nuovo dell’appartamento. A che ora si sarà alzato?

“Boh, siamo svegli da una mezz’oretta e non s’è visto” risponde Mike alzando finalmente la testa e guardandomi. Ecco, forse era meglio se stavi giù a dormire, amico, senza offesa.

“Quando mi sono alzato non c’era già più e il letto era rifatto” aggiunge Stone, senza darmi alcuna ulteriore informazione utile.

“Dove cazzo sarà? Volevo salutarlo, va beh…” sbuffo prima di attentare il sandwich prosciutto e formaggio che mi sono preparato al volo “E dov’è la tua ragazza?” chiedo a Mike con la bocca piena.

“Sta ancora dormendo,” borbotta McCready “beata lei”

“Ancora? Per caso fa narcolessia di secondo nome?” gli domanda Stone. Ecco, bravo rompi un po’ le palle a lui, mentre io filo in camera a vestirmi e prendere la valigia che, grazie a dio, su consiglio della mia ragazza, avevo già preparato ieri mattina. In cinque minuti di orologio sono già pronto, passo velocemente in cucina per salutare i disgraziati ed esco, in attesa dell’arrivo di Laura e della sua Toyota Corolla. La sua macchina non è né più né meno affidabile del mio furgone, però di certo consuma meno ed è sicuramente molto più rispettabile per un genitore, tanto per tornare al discorso precedente. Faccio appena in tempo a chiamare l’ascensore, quando sento una voce che pensavo già di poter evitare per i prossimi 4/5 giorni. E invece…

“Aspetta, Jeffrey!”

“Che cazzo vuoi, Stone? Già senti la mia mancanza?”

“No, è che mi sono dimenticato di dirti che prima ha chiamato la zecca” risponde il chitarrista raggiungendomi a passo lento.

“La zecca? Ma chi? Cantrell?”

Ma soprattutto, a me che cazzo me ne frega?

“No, quell’altra: Violet”

“Oh Cristo, e che voleva?”

“Ha detto che è appena atterrata a Seattle e che quindi se stasera noi facciamo qualcosa lei vorrebbe tanto esserci” spiega Stone, dandomi una notizia che non piacerà per niente a qualcuno di mia conoscenza.

“Che poi Noi vorrebbe dire Eddie…” continuo io e Stone annuisce.

“Esatto. Io le ho detto che Vedder era uscito presto e che non avevo idea di cosa ne sarebbe stato di lui per tutto il giorno; allora la stronza, sapendo che tu e Laura non ci siete, ha chiesto il mio numero per essere aggiornata”

“E tu gliel’hai dato?”

“Certo”

“Ma che caz-” sclero appena le porte dell’ascensore si aprono davanti a me.

“Gliel’ho dato sbagliato” aggiunge con un ghigno dei suoi.

“Ah ecco…”

“Comunque meglio tenersi pronti, quella ne sa una più del diavolo, potrebbe trovare il modo di rintracciarci”

“Giusto. Dillo al povero Eddie appena torna” scuoto la testa ed entro finalmente in ascensore.

“Glielo puoi dire tu, affacciandomi l’ho visto di sotto” rivela facendomi ciao ciao con la manina mentre le porte si chiudono.

Eh?

Quando esco dal portone del palazzo ho tutte le risposte. Armato di un badile che non so neanche dove abbia rimediato, un raschietto e una bottiglia d’acqua, sta provvedendo a togliere neve e ghiaccio dalla macchina di Angela, dopo aver pulito la sua.

“Sempre mattiniero tu, eh?” gli dico avvicinandomi.

“Ehi! Già in partenza?” mi chiede senza interrompere il suo lavoro.

“Sì, Laura dovrebbe essere qui tra poco”

“Sei teso?” domanda dopo avermi squadrato per un minuto buono.

“Nah, perché dovrei?”

Eddie punta il badile a terra e vi si appoggia con tutto il suo peso, lanciandomi un’occhiata inequivocabile.

“Ok ok, forse… un po’…”

“Stai tranquillo, sono solo genitori. Essere adulti non li rende automaticamente migliori di noi” cerca di rassicurarmi e, inaspettatamente, ci riesce.

Ha ragione. Chi mi dice che siano per forza migliori di me? Anche i genitori possono essere delle teste di cazzo e io, di certo, ne so qualcosa. E poi sono un adulto, tanto quanto loro, ho un lavoro, una casa, una passione che mi tiene in vita e mi fa alzare dal letto ogni mattina, amo e sono amato. Fanculo tutto il resto!

“Eheh è vero, cercherò di tenerlo presente. Tu invece? Che farai oggi? A parte pulire la macchina della nanerottola?” gli domando e lui si gira e ricomincia a far cadere la neve dal tettuccio della Mini.

“Uhm… niente di che… penso che approfitterò della giornata libera per buttare giù qualche idea nuova che mi balena in testa da ieri”

“Oh fantastico!”

“Poi non so, al massimo uscirò a farmi un goccio coi ragazzi”

“Io ti consiglio di chiuderti in casa, non uscire e non rispondere al telefono per nessuna ragione” gli suggerisco, ricordandomi della lieta novella di Stone.

“Perché?” mi chiede voltandosi e guardandomi come se fossi pazzo.

“Violet”

“Nooo, ti prego” reagisce quasi piagnucolando.

“Stone ti spiegherà meglio, ora devo andare” aggiungo mentre con la coda dell’occhio vedo la macchina di Laura girare l’angolo.

“Ciao Jeff, buon viaggio”

“Ciao! Oh e salutami la puffa quando torna a prendersi la sua lattina” gli dico dandogli un paio di affettuose pacche sulle spalle.

“Certo ehm sempre se la vedo, sì, glielo dirò, ovvio, eheh te la saluto…” risponde lui, d’un tratto nervoso appena nomino Angela.

Mi tocca partire con l’ennesima fastidiosa conferma: Stone ha sempre ragione, che palle!

*********************************************************************************************************

“Allora facciamo il punto della situazione!” esclamo prendendo la mia tazza di caffè e sedendomi di fronte a un’assonnata Angela, intenta a versare latte al cioccolato sui suoi cereali.

“Che situazione?”

“La tua! In vista di stasera, no? Devi essere una strafiga e abbiamo un sacco di lavoro da fare”

“Non so perché, ma questa cosa non suona esattamente come un complimento” commenta con il suo solito ghignetto di sbieco.

“Stupida, lo sai cosa intendevo! Comunque, punto uno-”

“Oddio, ci sono addirittura i punti?!” mi interrompe, spalancando gli occhi e portandosi una mano alla fronte.

“Sì. Punto uno: ceretta alle gambe” comincio il mio elenco.

“Non serve, ho già fatto”

“Come hai già fatto? Dove? Quando?” le domando sospettosa.

“Ho già fatto, ehm, col r.s..o” bofonchia, parlando a bocca piena e nascondendosi col cucchiaio.

“Prego?”

“Col ra..io” insiste nel farfugliare masticando.

“Scusa, non ho capito bene, puoi ripetere? Per un attimo mi è sembrato di capire che hai usato il rasoio…” le chiedo con sguardo torvo.

“Ok, va bene! Sì, ho usato il rasoio! Non t’incazzare” messa alle strette, confessa.

“Ah ma io mica m’incazzo, sei tu che ti rovini per niente” replico facendo spallucce.

“Dai, Meg!”

“Dopotutto perché approfittare del fatto di avere una coinquilina estetista, quando puoi tagliuzzarti le gambe tutti i giorni e trasformare qualche peletto nella foresta Amazzonica nel giro di qualche anno?” continuo sorseggiando il mio caffè e ostentando indifferenza.

“Non mi tagliuzzo! E comunque, come facevo? Dimentichi che ho un ragazzo che mi vede, ehm, a gambe scoperte quasi tutte le sere, non posso farmeli crescere quel tanto che serve per fare la ceretta!” la poverina tenta di giustificarsi mettendo in mezzo il suo bello, ma non sa con chi ha a che fare.

“A parte il fatto che dubito Jerry si metta lì a controllare eventuali residui di peluria sulle tue gambe e a misurarne la lunghezza col calibro ogni volta che andate a letto assieme… o negli sgabuzzini” aggiungo ridendo sotto i baffi.

“Meg!”

“… a parte questo, quando hai un ragazzo è così, non puoi mica essere sempre perfetta! Dopo un po’ ci fa l’abitudine, se ti ama ama anche la tua ricrescita pilifera”

“Improvvisamente mi è passata la fame” commenta con aria schifata.

“Che cazzo di femminista sei? Va beh, ormai la frittata è fatta. Punto due-”

“In teoria, non sarebbe sempre punto uno? Visto che il punto uno precedente è stato cancellato, il due diventa automaticamente-”

“Chiudi il becco, Angie. Punto due: sopracciglia”

“Sopracciglia? Che hanno le mia sopracciglia che non va? Ho già avuto il mio periodo Greta Garbo un paio d’anni fa, un’esperienza che non intendo ripetere” protesta coprendosele con le mani.

“Non voglio fartele alla Greta Garbo, stai tranquilla. Le tue sopracciglia vanno benissimo, voglio solo… addolcirle un pochino” la rassicuro levandole le mani dalla faccia.

“Sicura?”

“Sicurissima, vedrai che il tuo sguardo magnetico ne trarrà giovamento” le confermo sorridendole.

“Va beh”

“Punto tre: baffi”

“Baffi? Io non ho i baffi!” ribatte toccandosi la faccia sul punto incriminato.

“Sì che li hai”

“Ma non si vedono, li ho deco… ehm…”

“No, continua, dillo pure! Ammetti che li hai decolorati, tanto ormai…” sbotto incrociando le braccia.

“Meg…”

“Passami pure sopra con uno schiacciasassi già che ci sei”

“Ahahahahah non prenderla sul personale!”

“Infatti, usciamo dal personale. Decolorarli è stupido, a parte il fatto che l’acqua ossigenata li gonfia e li inspessisce, contribuendo nel tempo alla nascita della foresta Amazzonica di cui sopra…”

“Ancora?” sbuffa tornando a concentrarsi sui suoi cereali.

“A parte tutto, è anche inutile, perché dei baffi biondi sono sempre baffi” puntualizzo, cercando di difendere la mia categoria. Se fossero tutte come Angie sarei disoccupata a vita.

“Ma non si vedono” ribatte lei, cercando di specchiarsi nella parte convessa del cucchiaio.

“Sono biondi, non invisibili. Quando a Jerry cresce la barba non gliela vedi?”

“Ahahahah che c’entra? Quelli sono peli maschili”

“Non cambia nulla”

“Certo che cambia! C’è una gran bella differenza”

“La differenza è che un uomo non può farsi la ceretta in faccia, ma tu sì. Ma perché complicarti la vita e spalmarti la faccia di ammoniaca quando puoi risolvere tutto con uno strappetto?”

“Uno strappetto doloroso in un punto delicato”

“Non è poi così doloroso… E, ad ogni modo, io sono una professionista, quindi puoi affidarti a me con fiducia. I baffi s’hanno da fare” sentenzio e non ammetto repliche.

“Uff”

“Punto quattro: ceretta ascelle”

“Già fatto. Vedi punto uno”

“Angie, cazzo!” esclamo appoggiando pesantemente la tazza di caffè sul tavolo.

“Ma dai, alle ascelle è pericoloso!”

“Sei proprio affezionata a questo rasoio di merda, eh?”

“E’ comodo!” replica lei ridacchiando.

“Te lo porti dietro pure quando esci? Magari ci vai anche a letto?”

“Ahahahahah”

“A questo punto perché non farti anche la barba tutte le mattine?”

“Dai, piantala, sto soffocando!”

“Ok ok, punto cinque, sperando che il tuo amichetto bilama non sia passato anche lì: ceretta braccia”

“No, dai, va bene tutto, ma le braccia NO! Sono irremovibile” batte i pugni sul tavolo e si fa serissima.

“Angie…”

“No, qua non transigo. Guarda, sono pochissimi, neanche si vedono.” insiste alzandosi le maniche del pigiama e mostrandomi gli avambracci “E’ l’unica parte del corpo in cui praticamente non ne ho, le braccia non si toccano”

“Va bene, come vuoi” mi arrendo, non voglio calcare troppo la mano.

“Che cazzo di femminista sarei? Jerry ci farà l’abitudine, almeno a questi” sorride facendo il verso alle mie parole di poco fa.

“Eheh ok, ho capito, le braccia sono off limits. Punto sei”

“Di grazia, è possibile sapere quanti punti sono in totale?”

“Abbiamo quasi finito. Punto sei: manicure e pedicure. Direi che qua sei già messa benissimao

“Wow, sono promossa in una materia finalmente! Grazie prof!” esclama alzando e agitando le braccia in segno di gioia. O per prendermi per il culo, a scelta.

“Dobbiamo solo cambiare il colore dello smalto in base a come ti vestirai”

“E come mi vestirò immagino sia parte del punto sette”

“No, il punto sette sono i capelli”

“Ugh” spinge via la scodella e crolla con la testa sul tavolo.

“Il punto otto è l’abbigliamento e il punto nove il trucco”

“E stop?”

“Sì, stop, per il resto beh… ehm, ci pensi tu da sola”

“Resto? Che resto?” chiede risollevando la testa.

“Beh, come dire, il resto… Insomma, credo tu abbia già provveduto col il tuo amico rasoio anche lì”

“Lì? Lì dove?” mi domanda sinceramente perplessa, prima di capire cosa intendo dal mio sguardo. “MEG?!!”

“Ma perché ti scandalizzi? E’ una cosa normale” osservo mentre lei tossisce per l’ultima cucchiaiata di cereali andatale di traverso.

“E’ una cosa intima!” ribatte diventando di tutti i colori.

“Che razza di femminista sei se ti vergogni della tua-”

“Non mi vergogno!” ribatte alzandosi e portandosi davanti al lavandino per lavare scodella e cucchiaio.

“Comunque pensaci tu” finisco il caffè e le porto la tazza.

“Ci penso già da sola, grazie”

“Appunto”

“Ecco”

“Perché non te la fai spiritosa, che so, a forma di cuore?”

“MEG!!”

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E’ quasi mezzogiorno quando Layne mi sveglia per dirmi che sta andando da Demri, facendomi già l’in bocca al lupo per il grande evento, visto che non tornerà prima di domattina. La prima cosa che faccio appena se ne va, ancora prima di andare a pisciare, è prendere il telefono e chiamare il Dottore per comunicargli la lista della spesa. Promette di portarmi tutto nel primo pomeriggio, sul presto, e lo spero per lui, visto che dopo ho da fare. Un gran bel da fare! A questo punto do finalmente sollievo alla mia vescica, dopodiché mi infilo sotto la doccia, da cui esco dopo un’eternità. Mi asciugo con un telo, che poi lascio cadere a terra prima di avviarmi in cucina, in cerca di qualcosa da divorare. Torno in camera con una sigaretta accesa tra le labbra, una tazza di caffè e un vassoio ricolmo dei biscotti che mi ha portato Angela l’altra sera, e mentre mangio e fumo, mi vesto: non c’è gusto a girare nudi per casa se non c’è Angie che s’imbarazza e fa di tutto per non guardarmi. Che ragazza strana! Sorrido tra me e me. Se non fosse strana probabilmente non mi piacerebbe o, almeno, non mi piacerebbe così tanto. Ci avrei fatto un giro e stop. Ma Angela è una giostra piena di suoni, luci e colori dalle sfumature diverse, imprevedibile e mozzafiato, dalla quale non ho intenzione di scendere tanto presto. Mi infilo gli stessi jeans di ieri, una maglietta bianca dei Seattle Seahawks e una camicia di flanella, quella con la manica strappata che Angie ha insistito per rammendarmi qualche sera fa. Io una ragazza che va in giro con ago e filo nella borsa non l’avevo mai conosciuta! Mentre faccio queste considerazioni, tra un sorso di caffè, un biscotto e un tiro, mi ritrovo, non so neanch’io come, davanti al mio armadio aperto a passare in rassegna una serie di camicie. Ok, non ho prenotato in un ristorante da vip, ma è sempre un posto elegante, di quelli che richiedono almeno una camicia come si deve e una giacca. E se mettessi la giacca di pelle? O magari questa di velluto che… Ci metto un quarto d’ora buono a realizzare che cazzo sto facendo e, felice che Layne non abbia assistito a questa mia performance da quindicenne, in fretta e furia ricaccio tutto nell’armadio, lasciando fuori soltanto una camicia chiara e una giacca blu scuro. Spengo la sigaretta nel posacenere sul comodino, prendo il vassoio mezzo pieno e la tazza di caffè ormai vuota e me ne vado in soggiorno, mi butto sul divano e accendo la tv, senza neanche guardarla, giusto per ammazzare il tempo in attesa che prima arrivi il mio medico di fiducia e poi arrivino le 7 di sera. Beh, magari un po’ prima, alle 7 devo essere già da lei, mettici il traffico, poi calcola una mezz’oretta per prepararmi e… Cristo, abbattetemi!

Qualcuno deve aver ascoltato le mie preghiere perché, senza accorgermene, mi addormento di schianto sul divano durante una replica di Riptide. A svegliarmi, un paio d’ore dopo, ci pensa il suono del campanello. Mi alzo di soprassalto e vado ad aprire, strofinandomi il dorso della mano su un lato della faccia per asciugarmi quella cazzo di saliva che ho sbavato perché evidentemente ho dormito con la bocca aperta. Bleah!

“Ehi Doc, come siamo puntuali oggi! Ti serve la grana per gli ultimi regali di Natale?” apro la porta e faccio subito dietro front per andare a prendere il portafogli in camera.

“Ciao Jerry” la voce che mi saluta alle mie spalle non è quella che mi aspettavo. E quando mi volto ho la conferma che il Dottore non ha cambiato sesso.

“Che cazzo ci fai qui?” domando a Monica, che si è già accomodata chiudendosi la porta alle spalle e levandosi la giacca di pelliccia.

“Anche tu mi sei mancato, Jer Jer”

“Ripeto, che cazzo ci fai a casa mia?”

“Jerry! Dove sono finite le tue buone maniere?” mi rivolge un’occhiata di rimprovero, dopodiché lancia prima la borsa, poi se stessa sul divano.

“Con te non ne ho mai avute. E non mi pare ti dispiacesse” osservo, ancora in piedi in mezzo all’ingresso.

“E’ vero, non mi dispiaceva affatto. Ma poi sei sparito, sono più due mesi che non ti fai vivo…”

“Se non mi faccio vivo ci sarà un perché, non credi?”

Se non mi faccio vivo ci sarà un perché, non credi? E quale sarebbe questo perché?” chiede facendomi il verso e levandosi le scarpe, per poi stendere i piedi sul mio tavolino come nulla fosse.

“Se non sbaglio la prima domanda l’ho fatta io e tu non mi hai ancora risposto”

“Che domanda?”

“COSA CAZZO SEI VENUTA A FARE QUI A CASA MIA, DI GRAZIA?”

“Beh, mi sembrava di aver capito che avessi fatto un’ordinazione stamattina…” risponde infilandosi una mano nella scollatura e tirando fuori due sacchettini di cui ben conosco la provenienza.

“Da quando in qua lavori per il Dottore? Le mance non ti bastano?” le chiedo perplesso, andandole incontro e sfilandole la roba dalle mani.

“Non lavoro per il Dottore, come lo chiami tu, ma mi trovavo lì per caso e…” comincia a spiegare arrotolandosi un ricciolo attorno al dito.

“… e per caso hai ascoltato la mia telefonata. E sempre per caso hai pensato di occuparti tu della consegna, giusto?” domando retoricamente, perché so già la risposta, e intanto vado a mettere via la roba in camera.

“Il Dottor Pete lo sa che io e te siamo amici, di me si fida” continua lei, alzando leggermente la voce per farsi sentire, e quando torno in soggiorno la trovo che si sta accendendo una sigaretta sfilata dal mio pacchetto, dimenticato sul divano.

“Io e te non siamo amici, solitamente con i miei amici non scopo” ribatto stizzito, piazzandomi davanti a lei.

“Se è per questo, non scopi più nemmeno con me” aggiunge soffiandomi il fumo in faccia, mentre mi abbasso per recuperare le mie sigarette.

“E allora?”

“E allora mi piacerebbe sapere perché” insiste, mordendosi il pollice della mano che regge la sigaretta.

“Perché non mi va” rispondo con un’alzata di spalle.

“Non ti va?” mi fissa dal basso con gli occhi spalancati.

“Già, capita. E poi c’è qualcun altro…”

“Solo perché hai allargato il giro delle tue scopate, non vuol dire che devi per forza dimenticarti delle tue vecchie amicizie…” commenta accavallando le gambe, facendo particolare attenzione, nella manovra, a far salire la gonna quel tanto che basta.

“Non ho allargato il giro delle mie scopate, semmai il contrario” rettifico e vado a sedermi in poltrona.

“Il contrario? Cioè?” chiede con sguardo stupito, non so se per quello che ho detto o per il fatto che non mi sono unito a lei sul divano.

“Cioè, l’ho ristretto”

“Ristretto?”

“A una persona sola”

“Che?”

“Sì, ho una relazione fissa adesso, ho una ragazza” spiego accendendomi una sigaretta.

La sua inconfondibile risata asinina non si fa attendere e si scatena in tutta la sua fragorosità per svariati minuti. A un certo punto quasi si strozza e io per un istante mi auguro che succeda davvero. Purtroppo respira ancora e riesce persino a parlare, anche se a fatica.

“UNA RAGAZZA?! TU?? AHAHAHAHAH”

“Sì, io. Perchè? Che cazzo ridi?”

“Ahahahahahah oddio Jerry, mi fa male la pancia” continua la stronza alzandosi dal divano e spostandosi in cucina.

“Vuoi che provo a buttarti di sotto? Magari ti passa”

“Jerry, cazzo, ammetterai che la cosa di te che ti fidanzi è poco credibile” cerca di riprendersi con un sorso d’acqua.

“Beh, ti ci dovrai abituare perché è così” ribatto sempre più seccato. Che cazzo vuole? E soprattutto, chi le ha chiesto niente?

“Ok ok, non ti arrabbiare. Ho capito, hai trovato la ragazza giusta. E chi sarebbe la, ehm, fortunata?” domanda ridacchiando ancora e disegnando delle virgolette immaginarie nell’aria dicendo fortunata. Quanto mi stanno sul cazzo le persone che fanno le virgolette con le dita mentre parlano!

“Non sono cazzi tuoi”

“Uffa, ma come siamo acidi! Sono solo curiosa, tutto qui”

“Curiosa?”

“Certo! Una donna che riesce a domare Jerry, il libertino impenitente, non è cosa da tutti i giorni!”

“Figuriamoci, vuoi solo sapere chi è per sputare la tua solita merda”

“Perché? La conosco?” domanda alzando un sopracciglio, mentre si versa un altro bicchiere d’acqua.

“Non ho intenzione di dirti un bel niente”

“Ok, allora la conosco. Dai, dammi un indizio!”

“Fanculo”

“Uff, va bene, mi arrendo! Volevo solo avere un po’ di gossip di prima mano, tutto qui. Non so più niente di te, da quella sera dopo il concerto sei sparito. Ero rimasta alla tua insulsa cotta per la ragazzina, adesso ti ritrovo fidanzato, volevo solo un piccolo aggiornam… OH CAZZO” interrompe improvvisamente il flusso della sua inutile coscienza e sarei quasi contento di non sentirla più parlare a vanvera, se non fosse che si è messa una mano davanti alla bocca e mi guarda con occhi spiritati. Non promette niente di buono, decisamente.

“Che c’è?”

“No, scusa è che… eheheh… per un attimo mi era passata per la testa la folle idea che ti fossi messo con la mocciosa. Ahahah figurati, cosa vado a pensare!” blatera agitando scompostamente le braccia, come per scacciare un insetto fastidioso.

“Infatti, sto con lei” rispondo candidamente e non me ne frega un cazzo di cosa dirà perché ormai sono immune alla sua merda.

Ma non dice niente, si limita ad appoggiare il bicchiere su un mobiletto del soggiorno, spegnendoci dentro la sigaretta, e a fissarmi con uno sguardo quasi vuoto.

“Che c’è?” le chiedo, visto che non la smette di squadrarmi.

“Ma sei serio?”

“Certo che sono serio”

“Cristo, sei serio!” la troia si mette le mani nei capelli e scoppia a ridere di nuovo, piegata in due. Lo so che quella posizione ti è particolarmente congeniale, carina, ma se ti raddrizzi e te ne vai mi fa un favore.

“Ti stai divertendo un mondo oggi, non c’è che dire” replico alzando gli occhi al cielo.

“Ahahahahah! No, scusa, come faccio a non ridere? Spiegamelo!”

“Non c’è un cazzo da ridere, sto con lei, punto. E della tua opinione me ne sbatto i coglioni”

“Ahahahah quindi sei in astinenza da due mesi perché stai con la verginella?” Monica insiste a punzecchiarmi e a questo punto si avvicina e viene a piazzarsi col suo culo secco proprio sul bracciolo della poltrona su cui sono seduto “Povero piccolo, mi sa che hai bisogno di un ripasso, se no ti dimentichi come si fa”

“Non sono in astinenza, stronza, e se proprio vuoi saperlo a letto è di gran lunga meglio di te!” sbotto. Lo so, vantarsi delle prestazioni sessuali della propria ragazza non è il massimo dell’eleganza, soprattutto se lo si fa con una come Monica. Ma questa gli insulti è come se te li chiedesse, un po’ come gli schiaffi, e io non schiaffeggio le donne… a meno che non siano loro a chiedermelo.

“Oh il povero piccolo Jerry si è arrabbiato!” Monica si sistema meglio sul bracciolo, piazzandomi praticamente le tette in faccia e iniziando a giocare coi miei capelli, nonostante le mie proteste.

“Piantala”

“E quando è arrabbiato dice cose che non pensa, vero?”

“No no, le penso eccome. Confermo e sottoscrivo” provo ad alzarmi dalla poltrona, ma lei mi blocca con una gamba.

“Ma se ti sono andata bene per mesi! Non ti sei mai lamentato, mi pare…”

“Sai com’è, finché non si trova di meglio, bisogna sapersi accontentare” accompagno la cattiveria con la mia faccia da schiaffi migliore, ottenendo in cambio una semi-ginocchiata sulle palle.

“Stronzo”

“Ma sei scema!”

“E io che ti avevo anche portato un regalino…” commenta stizzita, alzandosi dalla poltrona, mentre io provvedo a mettere al riparo i miei gioielli da eventuali altri attacchi coprendomi con le mani.

“Non li voglio i tuoi regalini”

“Sicuro?” fa per scoprirsi il seno e io sbuffo, ci mancavano le sue avances patetiche a rovinarmi la giornata! Poi però realizzo che il suo intento non è spogliarsi, ma tirare fuori qualcosa dalla sua scollatura.

“Ma ci sono anche tette là dentro o sono solo cianfrusaglie?” scherzo mentre Monica mi mostra una bustina con delle pastiglie colorate.

“Ah ah, spiritoso! Lo sai benissimo cosa c’è qui dentro, o te lo sei già dimenticato? Se vuoi ti rinfresco la memoria più che volentieri…” fa per sbottonarsi la camicetta e salirmi sopra, ma la blocco.

“E invece dentro quel sacchetto cosa c’è?”

“Mmm pilloline per rilassarsi… a giudicare da quanto sei nervoso, direi che ne avresti bisogno” spiega sventolandomele davanti alla faccia.

“Che cazzo è? Ecstasy?”

“Io preferisco chiamarla Empatia” spiega tirandone fuori una verde e mostrandomi il disegnino del cazzo inciso sopra.

“Te la puoi tenere, io non sono empatico, sono un egoista di merda” non faccio in tempo a ribattere che la vacca mi è già montata sopra.

“Vedi? Che ti dicevo? Hai proprio bisogno di un po’ di buon umore secondo me” insiste e appoggia la roba sul bracciolo della poltrona, cominciando a strusciarmisi addosso.

“Infatti, sarei di ottimo umore se te ne andassi”

“Dai… Senti, ho capito, sei impegnato con quella là adesso. La cosa mi lascia perplessa, ma va bene, lo rispetto.” mi mette le braccia al collo e mi guarda negli occhi, assumendo un tono semi-serio. Com’è che sento che sta per arrivare un però? “Però potresti anche darmi un addio come si deve, no?”

“Non se ne parla…” rifiuto, ma la rossa non è tipo da accettare facilmente un no e, di tutta risposta, inizia a baciarmi sul collo “No, Monica, smettila…”

“Perché? Tu non vuoi che smetta” replica infilandomi una mano sotto la maglietta e passando ai morsi.

“Invece sì… levati…”

“Il tuo corpo dice tutta un’altra cosa, sai?” la sento ridere sul mio collo, mentre allunga la mano sui miei pantaloni, afferrando trionfante la prova del fatto che ha ragione.

“Il mio corpo è stupido”

“Dai… fai finta che sia una sorta di… addio al celibato! Eh? Che ne dici?” propone maliziosa “Una piccola festicciola privata”

“No… non oggi” ripeto, forse con un briciolo di convinzione in meno.

“Ahahah non oggi? Ma magari domani sì? Il tuo impegno serio con questa ragazza mi pare già scricchiolante in partenza, caro” osserva sfilandomi la camicia e trovando poca resistenza.

“Stasera devo vederla, è un’occasione speciale, non posso…”

“Stasera? Non sono neanche le due! Abbiamo un sacco di tempo…” mi rassicura lei, quasi strappandomi la maglietta di dosso.

“Monica… non lo so…”

“Lo sai, invece, eccome se lo sai…” mi sbottona i jeans e mentre con una mano si dà da fare, con l’altra recupera la pasticca verde e la prende, almeno così credo. In realtà si avvicina e tira fuori la lingua, mostrandomela ancora intatta, dopodiché me la passa con un bacio.

Ma sì, un ultimo giro e poi basta. Il mio addio alle armi, il mio piccolo addio al celibato.

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“Ma sei sicura che ti viene a prendere lui?” mi chiede Meg, appena riapparsa in soggiorno, pronta per andare da Chris e Matt. E da lì chissà dove.

“Sì, almeno, così ha detto ieri…” rispondo dando l’ennesima occhiata all’orologio della cucina.

19:30.

“Ma era sobrio quando te l’ha detto?” chiede ridendo, non so se per cercare di tirarmi su o per gettarmi ulteriormente nell’angoscia.

“Effettivamente, non molto” mi siedo e faccio per togliermi le scarpe.

Il vestito che Meg ha scelto, perché come al solito è lei che ha fatto tutto, non è neanche troppo impegnativo: un abito smanicato in jersey color verde acqua, lungo fino al ginocchio e con una scollatura a barca piuttosto casta, un po’ stretto, ma non troppo, nella parte superiore, più ampio e morbido sotto. La tiranna mi ha concesso un golfino nero per evitare che le mie braccia si congelino e si stacchino e mi ha prestato una sua collana di perle, da indossare in alternativa al mio ciondolo. Insomma, tutto sommato pensavo peggio. Ma il peggio sono le scarpe. Sono oggettivamente belle, dello stesso colore del vestito, ma hanno dei tacchi per me allucinanti, saranno quasi dieci centimetri, di cui, per altro, non capisco il senso, visto che anche con quelli arriverò a malapena al metro e sessanta. Ho indossato le maledette da una mezz’ora e mi fanno già male i piedi, non vedo come farò a resistere tutta la sera. Soprattutto non so come farò a camminare sulla neve con queste cose, specialmente se non c’è Jerry a cui potersi aggrappare nel tragitto.

“Non levartele, ti conviene tenerle su e cominciare ad avviarti al ristorante” suggerisce la mia amica, mentre mi risistema un boccolo.

“E come? Strisciando?”

“Ahahah ma no, ce la farai, tanto è vicino!”

“Hai presente con chi stai parlando? La persona col senso dell’equilibrio più scarso del pianeta, una che riesce a cadere persino da seduta! Seduta per terra!” esclamo stravaccandomi meglio sul divano.

“Tirati su! Se no ti si schiaccia la piega!” Meg mi rimprovera e mi tira per un braccio per rimettermi seduta composta.

“Magari c’è traffico” ipotizzo sbuffando.

“O magari il tuo bello non ha capito un cazzo, ti conviene raggiungerlo. Vuoi che ti faccia scortare da Cornell?” propone mentre continua imperterrita a ravvivarmi i ricci.

“No, grazie. Dimentichi che, teoricamente, non dovrebbe saperlo nessuno”

“Hai detto bene, teoricamente. Nella pratica lo ha ben capito che tu e il biondo ve la intendete”

Ve la intendete? Come cazzo parli? Sembri mia nonna!” la prendo in giro lanciandole un cuscino del divano.

“Ahahahah è un modo di dire evergreen!”

“Perché non hai detto che abbiamo un filarino già che ci sei?” continuo sghignazzando.

“Finiscila di prendermi per il culo e vai, se no stasera resti pure senza cena!”

“Va beh, ma a un certo punto, se non mi vede, gli verrà il sospetto… no?” mi arrampico a qualsiasi specchio pur di non alzare le chiappe da questo divano, lo so. E’ l’istinto di sopravvivenza che mi spinge, soprattutto quello delle mie caviglie.

“Oppure il sospetto gli viene quando la prenotazione è già perduta e tutto il mio prezioso lavoro di oggi andrà sprecato in un McDonald’s qualsiasi!” ribatte indicando il frutto del suo prezioso lavoro, cioè me.

“Ok ok, ho capito, vado” mi alzo lentamente e vado con circospezione in camera a prendere giacca e borsa.

“Te l’avevo detto di fare un po’ di prove in giro per casa oggi!”

“Ciao Meg, salutami gli altri” faccio per uscire, ma lei mi blocca.

“A proposito, che dico agli altri? Ovviamente non posso dire che devi studiare, visto che non hai più lezione per un bel pezzo. E non posso neanche dire che dormi, perché quegli energumeni si presenterebbero qui tempo zero per prenderti di peso e portarti fuori” Meg fa una giustissima osservazione, io non ci avevo neanche pensato.

“Mmm digli che sono a studiare da un mio compagno di università, così almeno Stone avrà materiale a sufficienza su cui farsi i suoi film mentali”

“E non penserà a te e Jerry, geniale!” esclama la mia coinquilina, battendomi il cinque.

“Ecco, se magari eviti di gridare è meglio, visto che stanno giusto qualche porta più in là” le dico sottovoce.

“Buon divertimento cara!” dice sempre urlando.

“Bastarda”

  
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