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Autore: Wazzighez    29/03/2014    0 recensioni
Il silenzio, per Frollo, era tutto ciò che ormai valeva.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Frollo uscì di casa stringendosi nella sua vecchia felpa col cappuccio. Era già buio, e la fresca aria primaverile si strusciava contro il suo volto tirato. Il silenzio delle strade era invadente ed immenso come al solito, tanto grande da sembrare infinitamente piccolo e prezioso.
 Frollo adorava il silenzio. Adorava uscire la sera e sedersi per terra ad ascoltare il rumore della brezza di aprile che muoveva le fronde degli alberi già in fiore. Adorava chiudere gli occhi e perdersi nell’immensità di un buio che lo accoglieva, che lo avvolgeva, di quel silenzio che pareva urlare dentro di lui e di cui le sue orecchie non si sarebbero mai saziate.
I suoi piedi lo portarono molto presto al grande prato che ogni sera lo attendeva, e come al solito si lasciò cadere per terra, sull’erba fresca, e si sdraiò, la schiena a contatto con la terra, i sassolini che gli bucavano la pelle. Ma non gli importava, non gli importava di vedere i suoi jeans sporcarsi e la sua maglia ingrigirsi, no. Gli bastava quel silenzio grandissimo, quella pace eterna, quella calma profonda e meravigliosa, una gioia infinita, un sorriso che si allargava sul suo volto stanco. Un cielo già scuro punteggiato di stelle, i suoi occhi che si perdevano a scrutare l’immensità del mondo, cercando di non pensare a niente, di scollegare la mente, la razionalità, la solita angoscia e depressione che lo perseguitavano come ombre.
Era in quegli istanti così brevi ed effimeri eppure così definiti e godibili che a Frollo la vita appariva ancora un po’ come quella di una volta. Quando bastava inforcare una bicicletta, partire, ridere, per stare bene, per essere felici. Quando si voltava e sempre accanto a lui c’era Max, quando le serate come quella le passava seduto sull’asfalto bucato del Villaggio o al freddo del campino a giocare a carte. Quando essere sempre così allegro e inattaccabile per lui era la normalità, il quieto scorrere delle cose, e non un impetuoso istante di follia che presto giungeva a tramutarsi nella solida, reale, disarmante ed angosciante lucidità.
In quei momenti, sdraiato in un prato mentre attorno solo la solitudine silenziosa e il trillare degli insetti gli faceva compagnia, Frollo si sentiva felice. Felice, sereno, grato a tutti per essere lì, vivo, ad osservare la bellezza infinita di un cielo meraviglioso e ad ascoltare una pace che non gli dava tregua e da cui non si sarebbe mai separato.
Fra poche ore lo studio, gli amici, la famiglia, tutto il vorticoso giro di conoscenze del ragazzo l’avrebbe nuovamente stretto in una morsa dalla quale difficilmente sarebbe riuscito a liberarsi. Ma ora, adesso, c’erano solo lui, le stelle, e la notte, quieta e pacifica e bellissima, che non lo avrebbe mai fatto soffrire.
  
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