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Autore: gloriabarilaro    29/03/2014    1 recensioni
Cosa sono i sogni?
Che cosa si sogna?
Chi si sogna?
"Lately I've been, I've been loosing sleep, dreaming about the things that we could be."
« E il tuo? Il tuo sogno, dico. Qual è? »
Davide la guardò. « Se ti dicessi che non ce l’ho, mi crederesti? » 
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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dreaming decives

« Dream without fear,
love without limits. »
 
  « I sogni sono illusioni. »
  « Come fai ad esserne così sicura? »
  La ragazza scosse le spalle e prese un altro tiro dalla sigaretta. Seduta lì, su quella panchina arrugginita, stringendo la gamba piegata contro il petto, indossava i jeans pieni di buchi e tanto trucco in viso. Sembrava così piena di vita e di felicità all’apparenza, ma dentro sentiva solo il vuoto. Un vuoto profondo che le si leggeva chiaro negli occhi, ma che nessuno si era preso la briga di notare.
  Il ragazzo seduto accanto a lei sospirò, tossicchiando quando per sbaglio inspirò qualche nuvoletta bianca. Odiava quell’odore di fumo, eppure stava lì e guardava la ragazza, con gli occhi tormentati di chi continua a chiedersi se si può salvare una persona; d’altronde, era quello che stava cercando di fare.
  « Laura, perché non mi rispondi? E poi, quante sigarette ti sei fumata oggi? »
  « Dave, non rompere » si lamentò la ragazza, fulminandolo. Si chiedeva perché Davide la stesse assillando così tanto, quel giorno; avrebbe voluto che se ne andasse. No, no in realtà non lo voleva. Voleva solo che tacesse e la facesse fumare in pace.
  « Qual è il tuo sogno? » le chiese ancora lui, dopo qualche minuto di silenzio.
  « Che tu mi lasci in pace, ora, dopodiché sarò la ragazza più felice al mondo » rispose Laura, quasi immediatamente. Davide fece una smorfia stizzita: non gli erano mai piaciute le battute sarcastiche di lei, soprattutto quand’erano fuori luogo, come quella volta. Eppure rimaneva su quella panchina, guardava quella ragazza e non si muoveva di un millimetro.
  « Dai, stupida, io sono serio. »
  « Anche io » rispose lei, e quando vide quell’adorabile espressione stizzita ricomparire sul suo viso non fece a meno di sorridere. « Comunque te l’ho detto. I sogni sono illusioni. Perché illudersi da sé quando il mondo in cui viviamo non fa altro che farlo? »
  L’altro la guardò senza parlare. Con quegli occhioni avrebbe potuto quasi convincerlo. « Hai ragione, sai?, ma non sono d’accordo con te – le disse infine, voltandosi con tutto il corpo verso di lei – Non puoi prendertela con il mondo, perché tu puoi, vuoi cambiarlo pur di realizzare il tuo sogno. Quelli che tu credi siano solo ‘illusioni’ ti rafforzano. »
  « Ma ti rendono anche più debole – insistette lei, gettando via il mozzicone spento che teneva tra le dita – Devi ammetterlo. I sognatori sono così ciechi che farebbero di tutto pur di vedere le loro fantasticherie diventare realtà. »
  « Non è questo, il bello? Potersi illudere, sentirsi in grado di combattere con tutte le forze pur di raggiungere quell’obbiettivo » la convinzione nei suoi occhi si leggeva facilmente, chiara come il sole; era questo il bello di Davide: che lui, nelle cose che diceva, ci credeva veramente. « Andiamo, non ci credo che tu non hai nemmeno un sogno. »
  Laura lo guardò in modo strano. Il vento le faceva andare i capelli negli occhi e in bocca, e aveva il mascara un po’ sbavato, probabilmente per colpa delle lacrime che le erano uscite quando le era andato il fumo di traverso, ed era bellissima.
  « Cosa potrei sognare io? Questa realtà mi fa schifo, e il coraggio di cambiarla non ce l’ho. Sai che preferisco fuggire dalle cose, piuttosto che affrontarle. E anche se ce l’avessi, un sogno, non riuscirei mai a realizzarlo. »
  « Perché dici così? » le chiese il ragazzo di punto in bianco, fissando il pavimento. Chissà perché, quando apriva bocca lei lui non riusciva più a farlo: aveva quel modo di parlare, e di guardarti mentre lo faceva, che ti faceva venire i brividi e ti lasciava di stucco.
  « Perché è la verità » le rispose lei, guardando in basso.
  Silenzio. Silenzio pieno di perché e mancante di voglia di parlare. D’altronde, cosa c’era ancora da dire?
  « E il tuo? Il tuo sogno, dico. Qual è? »
Davide la guardò. « Se ti dicessi che non ce l’ho, mi crederesti? » le chiese, e l’altra scosse la testa. Sul suo viso pallido comparve un sorriso, un sorriso che fu come un raggio di sole che bucava le nuvole, il raggio di sole più bello che il ragazzo avesse mai visto. « Perché? » si sentì chiedere, troppo abbagliato per rendersi conto che stava parlando con lei, non solo ammirandola in tutta la sua – disordinata – bellezza.
  « Perché tu sei... Tu. Tu che hai gli occhi pieni di speranza e cose belle, tu che hai i sorrisi grandiosi delle persone davvero felici. »
  Il vento tenne sospese quelle parole nell’aria, come se anche lui capisse che erano troppo belle per esser perdute. Davide trattenne il respiro e la guardò fisso. « E cosa c’entra tutto questo? Cosa c’entrano le cose belle, la speranza e la felicità con i sogni. »
  « C’entrano, c’entrano – rise lei, tirando su anche l’altra gamba e rannicchiandosi su sé stessa – Sono i sintomi dei sogni. » Ora sorrideva anche lei.
  « Ne parli come se fosse una malattia. »
  « Lo è, infatti. E’ una di quelle incurabili, che quasi quasi puoi prevenire, ma dalla quale non puoi guarire, e... » 
  « So cosa vuoi dire, ma non lo fare. »
  Lei lo guardò, improvvisamente seria. Nei suoi occhi c’era confusione, quasi sorpresa. « Perché no? » mormorò. Sembrava persino impaurita mentre rivolgeva quella domanda più che legittima; ma il ragazzo non le rispose, scosse solo la testa.
  La verità era che non voleva ascoltarla. Lui, che sognava lei ogni notte, ogni giorno, ogni ora, non voleva sentire che i sogni erano come una malattia che se ti andava male ci rimanevi secco: magari non fisicamente, ma la tua anima sarebbe potuta appassire come un fiore disidratato. E intanto c’era silenzio, un silenzio tanto profondo da poter sentire il fruscio delle foglie, il canto del vento e lo scalpitio dei cuori.
  « E’ buffo, se ci pensi – iniziò Davide, di punto in bianco – Quando sei piccolo, sogni cose impossibili, o perlomeno molto improbabili, come diventare un calciatore famoso. Quando poi sei un po’ più grande, sogni macchine e moto, e di stare in giro tutto il giorno, grazie a quelle, di far colpo sulle ragazze. Un giorno, poi, ti alzi e ti accorgi che non ti manca nulla. Non hai nulla da sognare, nulla su cui fantasticare la notte, e tutt’ad un tratto ti ritrovi a sognare con anima e corpo la cosa più brutta che tu potresti sognare: una persona. Quando il tuo sogno è una persona è la fine, sei spacciato. Eppure non smetti, non smetti mai. Non ci riesci. Il fatto è che i sogni diventano pian piano sempre più raggiungibili, ma più son vicini, più fanno male. Non hai idea di quanto faccia male avere la persona che ami lì vicino, ma non vicino come sogni tu. Fa schifo. Fa schifo davvero. »
  Laura lo guardò a lungo, poi sciolse le braccia attorno alle sue gambe, posò i piedi a terra e scivolò sulla panchina. Ora le loro spalle si toccavano, le ginocchia si sfioravano e le mani fremevano.
 Non sempre i sogni sono obbiettivi da raggiungere che riguardano solo te. Spesso i tuoi sogni comprendono anche qualcun altro al tuo fianco. Forse sono anche i più dolorosi, ma anche i più belli: colpiscono nel profondo e sono difficili da estirpare, piantano le loro radici nel cuore.
  Ed è incredibile come tutt’ad un tratto non desideri altro che le mani che fremono s’intreccino; che le labbra che tremano, s’incontrino.



 


Era un piccolo racconto, questo, che avevo scritto per un concorso.
Mi era piaciuto tanto ma ero uscita fuori tema e avevo superato il limite di righe.
Ve lo propongo ora, qui: spero vi piaccia come piace a me, e che vi venga voglia di dirmi i vostri pareri e/o consigli per potermi migliorare. Ne ho sempre bisogno.
Spero vi piaccia.
Baci, Glo.
   
 
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