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Autore: Cloudsoftime    29/03/2014    4 recensioni
è la mia prima ff sui Simple Plan, volevo tanto scrivere qualcosa su Pierre e David. Questo è quello che la mia testa ha fruttato. David, per svariati motivi che scoprirete leggendo, compirà un viaggio e in mezzo a mille perchè scoprirà qualcosa di straordinario. Hott Baguettes
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Chuck Comeau, David Desrosiers, Jeff Stinco, Pierre Bouvier
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Bbbbuongiono a tutti, sono tornata, non ci credo. Mi scuso per essere sparita per così tanto tempo e aver lasciato incompleta la storia, ma ora ho ricominciato a scrivere ed ecco il quindicesimo capitolo. Non odiatemi, please.
Grazie a chi mi segue ancora, a chi ha letto e chi ha lasciato recensioni. Grazie a tutti ^^
Buona lettura!





Svolto l'angolo camminando in fretta cercando di non investire la gente che mi viene incontro. Mi stringo di più nel giubbotto, ieri sera ha nevicato e le temperature sono cadute sotto lo zero. Ho le stringhe slacciate, ma non importa. Voglio sedermi, voglio riposarmi e bere qualcosa di caldo. Alzo la testa incrociando l'imponenza della torre Eiffel che mi costringe a piegarmi ancora di più all'indietro per osservarla tutta. Ogni volta è come la prima, non riesco a fare a meno di fermarmi ed osservare quel gigante di ferro che mi fa sentire così piccolo e solo. Abbasso lo sguardo e ricomincio a camminare scacciando dalla testa le cose a cui stavo per pensare. È passata una settimana da quando sono partito e, mi meraviglio di me stesso, sto resistendo. Sento tutti i giorni Chuck che mi parla del college, del lavoro part-time che ha trovato e di Jake senza accennare però alla storia dell'aeroporto, alla sua chiamata e a Pierre. Lo sento sempre sorridente e anche io lo faccio per lui anche se quando chiudo la telefonata il cuore mi si stringe in una morsa d'acciaio. Sto imparando a non pensarci, tengo occupato il mio tempo libero con i libri, con la musica, con i musei e i negozi. Il lavoro mi porta via solo 3 ore la mattina così riesco a girare la città in tutta tranquillità. Entro in uno Starbucks rabbrividendo, un muro di calore mi avvolge coccolandomi. Adoro Starbucks e soprattutto adoro tutto quello che vendono qui dentro. Mi siedo ad un tavolino vicino alla vetrata principale che da direttamente sulla strada e mi slaccio il giubbotto. Osservo la lista decidendo cosa prendere ed opto per una cioccolata calda con panna montata e cannella, è da tanto che non ne bevo una e, francamente, adoro il cioccolato soprattutto quando sono depresso. Sorrido leggermente e non so perchè. Osservo le persone presenti nel bar, due donne si accalcano al bancone avvolte nelle loro pellicce e rosse in viso. Il cameriere gira tra i pochi tavolini, mi guarda e con un cenno della testa mi da il benvenuto. Un signore anziano si alza affaticato da una sedia dirigendosi all'uscita. Un ragazzo e una ragazza bevono un liquido tutto colorato da un bicchiere gigante. È tutto così tranquillo che potrei quasi addormentarmi, fuori sta già facendo buoi, i lampioni si accendono uno dopo l'altro illuminando le strade offuscate da una lieve nebbiolina.-
-Prego vuole ordinare?- La voce del cameriere mi riporta alla realtà, volto la testa verso di lui e mi accordo di aver già visto il suo viso.
-Si una cioccolata calda con panna e cannella, grazie - Sollevo un lato della bocca e lui se ne va annuendo. Dove l'ho già visto? Lo vedo trafficare dietro il bancone con la mia cioccolata. È la prima persona che ho riconosciuto, l'unica “persona” con cui parlo qui è il cane randagio che tutte le mattine mi accompagna alla metro. Devo dire che lo trovo veramente simpatico ed ormai è diventato un appuntamento fisso. Spero di rivederlo domani. Il cameriere all'aria famigliare si presenta di fianco al mio tavolo con in mano un bicchiere di plastica trasparente.
-Prego, la tua cioccolata - Mormora appoggiandomela davanti. Scosto le mani dal tavolo congiungendole sulle gambe e ringrazio. Si l'ho già visto da qualche parte e più di una volta. Cerco di fare mente locale, ma non riesco a ricordare. Mescolo la cioccolata lentamente e alla fine mi arrendo. Alzo la testa e noto che il cameriere mi sta guardando, distolgo subito gli occhi dai suoi e il pensiero ritorna ad infastidirmi.
Con la coda dell'occhio noto che lui si muove verso di me, non alzo lo sguardo, mi sta guardando, lo sento. Il mio telefono squilla, salto sulla sedia e per poco non mi rovescio la cioccolata addosso. Il cameriere mi supera senza girarsi, lo osservo allontanarsi e rispondo alla chiamata senza guardare lo schermo.
-David!- Spalanco gli occhi, questo non è Chuck.
-Mamma?- Chiedo meravigliato, è da giorni che non la sento. A pensarci bene l'ho sentita solo per messaggio il giorno in cui sono arrivato a Parigi.
-Come stai? È da giorni che non ti fai sentire, come va il lavoro?- Sospiro chiudendo gli occhi, ecco perchè non mi piace sentirla spesso. La rassicuro raccontandole quello che ho fatto in questi giorni. Sento preoccupazione nella sua voce.
-Starai bene vero?-
-Certo mamma, alla fine non è malaccio stare qui- Mormoro nel telefono cercando di non lasciar trapelare il mio disagio.
-Ieri Pierre è venuto a farmi visita- Sentenzia lei ad un certo punto. Sbarro gli occhi. Un brivido percorre la mia schiena fino alla mia testa. Nessuno dei due parla. Non riesco ad aprire bocca. Perchè? Perchè Pierre è andato a casa mia? Cosa voleva da mia madre?
-Mi ha chiesto come stavi- Aggiunge lei con un tono di voce sommesso. Mescolo velocemente la cioccolata, ne bevo un sorso e mi alzo. Devo uscire da qui.
-Cosa gli hai detto?- Chiedo avvicinandomi al bancone per pagare. Non vedendo l'ombra di un cameriere faccio retromarcia, appoggio i soldi sul tavolo, afferro il bicchiere ancora colmo di cioccolata ed esco. Il freddo è pungente e l'aria è ghiacciata, rabbrividisco.
-Che sei partito e.. -
-E?-
-E che non stavi bene- Comincio a camminare in una direzione che non conosco, ma non mi interessa.
-Non ti ha chiesto niente?- Chiedo sperando in una risposta positiva.
-No David. Voleva solo sapere come stavi, mi sembrava preoccupato, aveva un'espressione-
Mi fermo in mezzo al marciapiede, mi viene da piangere.
-Io.. io devo andare adesso mamma, grazie-
-Mi prometti che starai bene?-
-Si te lo prometto-
Chiudo la telefonata e mi assale l'istinto di buttare a terra il telefono. Apro la borsa e recupero una pastiglia. Perchè andato da mia madre invece di chiamare me? Perchè invece di chiedere a lei non ha chiesto a me prima di partire? Il freddo si insidia nei miei vestiti, rabbrividisco accorgendomi di non indossare il giubbetto. L'ho dimenticato al bar. Scocciato e incavolato mi alzo per ritornare indietro e recuperarlo. Apro la pesante porta del bar e mi ritrovo faccia a faccia con il cameriere, mi scuso con lui per avergli praticamente spiaccicato la porta addosso e lo supero frettolosamente.
-Hai dimenticato il giubbotto vero?- Sentenzia alle mie spalle. Mi giro e gli sorrido.
-Si, ehm.. ero di fretta e l'ho lasciato qui-
-Ti ho visto scappare via. Vieni, l'ho messo nel guardaroba per evitare che lo rubassero- Lo seguo dietro ad una porta con scritto "vietato entrare". Il ragazzo mi porge il giubbetto sorridendo. Lo afferro chiedendomi perchè sia così gentile. Avrò la faccia da cane bastonato?
-Ci siamo già visti da qualche parte noi due vero?- Chiede lui prendendomi alla sprovvista. Usciamo dalla stanza, mi infilo il giubbetto e recupero le sigarette dalla tasca.
-Sai a dir la verità ci stavo pensando prima, ma non mi ricordo dove- Mormoro abbassando lo sguardo. Il ragazzo ha qualcosa che mi ricorda qualcuno, qualcosa nei suoi occhi che mi rimanda a qualcuno di famigliare. Usciamo dal bar, lui mi informa che il suo turno finalmente è finito e che abita proprio nella zona del mio albergo.
-Ti vedo uscire tutte le mattine dall'hotel, ci incontriamo sul marciapiede all'altezza della casa rossa, sai quella fatta di mattoni diversa dalle altre?-
Sbarro gli occhi sorpreso da tutte queste informazioni. Mi controlla tutte le mattine! In effetti, pensandoci bene, mi ricordo di averlo incrociato qualche volta uscendo dall'albergo, ma il dettaglio della casa a mattoni me l'ero perso. Tutte a me! Ci incamminiamo verso la metro.
-Bè ci conviene tornare insieme no?- Chiede lui infilandosi un cappello di lana bordeaux.
-Si certo ma non mi sono ancora presentato, io sono David- Gli tendo una mano e lui l'afferra sorridendo.
-Pierre-
Il mio cuore smette di battere. Non è possibile. C'è qualcosa che non va in me, ne sono sicuro. Cos'ho fatto di sbagliato? Cerco di respirare , la pastiglia sta facendo effetto altrimenti non sarei ancora in piedi. Stacco subito la mano dalla sua e ricomincio a camminare. Spero non si sia accorto di niente. Ecco chi mi ricorda. Il suo sguardo, i suoi occhi mi ricordano Pierre. Avrei preferito non accorgermene, il mio cervello è riuscito a fottermi ancora una volta. Mi sento stanco tutto d'un tratto, voglio tornare subito in albergo e dormire per almeno 12 ore. Non mi sono ancora abituato al fuso orario. Pierre (il cameriere) mi chiede cosa faccio qui. Una domanda meno complicata? Gli spiego la storia dello stage e gli racconto qualcosa sulla mia scuola tralasciando alcuni particolari. Come ad esempio la mia affermata depressione, il mio fidanzato Pierre, il gran casino che ho combinato con il mio migliore amico. Oppure il fatto che lui mi ricorda un sacco il mio di Pierre e visto che non esiste fine al peggio che si chiama pure come lui. Voglio strapparmi i capelli ma cerco di contenermi.
-Io sono arrivato- Sentenzio fermandomi davanti all'ingresso del mio hotel.
-Oh giusto, mi sono perso a parlare e quasi non mi accorgo di essere arrivato a casa!- Risponde lui con un'espressione persa. In effetti ha parlato come una locomotiva. Ma in fin dei conti sembra simpatico, tralasciando il fatto del nome e compagnia bella.
-Allora ci vediamo domani mattina, potremmo fare colazione insieme se ti va- Aggiunge poi. Ci penso un attimo. "E se per questi pochi giorni cancelli tutto quello che hai nella testa?"
Il mio inconscio è irritante a volte, ma non posso fare a meno di seguire questo consiglio, forse ho capito cosa devo fare. Lasciar perdere, liberare la testa almeno per il momento. Mi logorerò sempre di più stando da solo e pensando a quanto faccia schifo questa situazione. Forse ce la faccio.
-Certo- Ce l'ho fatta, sorrido.
-Domani alle 9.00 davanti alla casa rossa, ci stai?- Mi chiede lui dandomi un colpetto leggero sulla spalla.
-Andata allora, a domani- Apro la grande porta di vetro ed entro nell'albergo.
-Ciao David!-
Mi giro facendo ciao ciao con la mano e la porta si chiude con un tonfo sordo. Recupero le chiavi e mi fiondo in camera, ho davvero bisogno di dormire. Non faccio in tempo a togliermi le scarpe che il mio telefono squilla. Sbuffo guardando lo schermo, è Dominique, il tutore francese che ci segue nel lavoro. Rispondo cercando di essere il più professionale possibile. Lui mi informa che da domani potrò usufruire di un'auto a noleggio per i miei spostamenti. Mi brillano gli occhi, un'auto tutta per me. Non dovrò più spostarmi in metro, che goduria. Odio le metropolitane. Ringrazio di cuore il signor Leroy e chiudo la telefonata. Me la faranno trovare nel parcheggio sottostante all'hotel domani mattina per le 8. Ora sono più tranquillo, non so bene perchè, ma so che stanotte non farò incubi e non mi sveglierò di soprassalto. Decido di farmi un tè caldo, non ho toccato ancora niente del mini bar, mi mangerò anche una barretta di cioccolato visto che la cioccolata rimasta nel bicchiere non ha una bella faccia. Finisco il tè, mi sdraio sul letto e chiudo gli occhi.
“Ce la farai Dave”
Faccio un mezzo sorriso e per la prima volta trovo abbastanza simpatico il mio inconscio. L'unica cosa che mi preme in questo momento è che non vedrò più il cane che mi faceva compagnia in metro, andrò a trovarlo sicuramente prima di tornare a casa.

 

  
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