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Autore: fraviaggiaincubi    30/03/2014    1 recensioni
Dal capitolo 7
“Un’arma?”domandò debolmente e il Nazgul annuì soddisfatto che la sua preda si interessasse delle sue parole, non c’era niente di meglio che allarmarlo facendogli intuire su quale baratro stesse per scivolare la Terra di Mezzo. Con un sorriso sadico che l’uomo non poteva cogliere proseguì: “Esatto, un’elfa che contiene in sé anche il sangue di uno stregone della terra di Angmar.”si indicò con un gesto teatrale. “Capace di creare guerrieri invincibili...
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kili, Nuovo personaggio, Tauriel, Un po' tutti
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo 9
 
In trappola
 
Attenzione: Un messaggio soprattutto per Iris, c’è Gui quindi portati il famoso secchio e rilassati, per tua fortuna è l’ultima dose XD
Come sempre scusate i tempi, ma da quattro sono scesa a tre fiction e tra le robe di tutti i giorni i tempi sono lunghi, ma prima o poi sforno sempre il mio capitolo, scritto un pezzetto alla volta in ogni momento libero.
Buona lettura!
 
Kili strisciò nuovamente nell’oscurità tentando di vedere oltre l’angolo senza farsi notare dalla guardia posta alla porta che dava all’ultimo piano delle celle. Il fatto che fosse l’unica sorvegliata gli fece capire con sollievo che doveva essere quello il piano in cui era rinchiusa Tauriel e si impose di stare calmo per evitare di farsi sentire; temeva che se il battito del suo cuore fosse aumentato la guardia lo avrebbe sentito, ma il pensiero che Tauriel fosse vicina lo faceva agitare.
Il sorriso dell’elfa alleggiava nella sua mente come una nuvola in cielo e Kili chiuse gli occhi per immaginare solo per un istante di averla liberata per vedere quel sorriso che le incurvava gli angoli degli occhi accompagnato dalla breve risata squillante, quelle quattro semplici note che produceva solo quando era veramente felice e a cui seguiva sempre il movimento delle sue dita che cercavano le sue, come a coinvolgerlo in quella felicità che animava i suoi occhi scuri come la foresta che tanto amava.
Prometto che presto cammineremo sotto le stelle come ami fare Tauriel, amore mio.
Kili riaprì gli occhi e Gui strisciò accanto a lui sfiorandolo con il suo braccio cadaverico. Senza la luce della torcia non vedeva il suo viso sfigurato e la pelle cosparsa di scarafaggi che brulicavano sotto pelle, ma l’odore che emanava era disgustoso e il nano lo scansò sbirciando di nuovo oltre l’angolo, attento a chinarsi a terra. Era un trucco che gli aveva insegnato lo zio Thorin e consisteva nello spiare con la testa radente al suolo, in modo che chiunque avesse guardato verso l’angolo per cercare intrusi, avrebbe guardato all’altezza della testa di una persona normale e non a terra dove mezzo volto di Kili sbucava a studiare le mosse della guardia.
“Non passiamo no Kili?”domandò Gui e il nano sobbalzò sentendo la sua voce sussurrare al suo orecchio, viscida come il suo essere.
“No non passiamo, la guardia...” rispose Kili, ma in quel momento la porta si aprì e un uomo scansò di malagrazia la guardia fissandolo con il suo sguardo cieco celato da una maschera di ferro incisa di rune oscure.
Kili riconobbe la Bocca di Sauron conosciuta all’ingresso di Mordor e digrignò i denti, serrandogli con forza al ricordo del suo interesse per Tauriel. Era ovvio che veniva da lì, ma il suo malumore che traspirava dal ghigno della bocca mostruosamente grande fecero intuire al nano con sollievo che Tauriel gli aveva dato il ben servito.
“Sorveglia quella sgualdrina e niente cibo ne acqua tranne che sotto mio ordine.” abbaiò il messaggero di Mordor e la guardia si chinò ubbidiente. “Le ha dato problemi signore?”
La Bocca di Sauron ringhiò con un verso che aveva poco di umano e i denti affilati scricchiolarono tra loro. “Fa la dura con me, ma io la spezzo in due la sua volontà prima ancora che preghi per la vita del suo amato Kili”. A sentir pronunciare il suo nome Kili sorrise immaginando Tauriel che sfidava con la sua forza interiore quella del suo aguzzino e il cuore gli mandò una fitta. Aveva fatto la stessa cosa con la potenza dello Stregone di Angmar e ricordava bene come aveva coraggiosamente opposto resistenza, piccola e dall’aspetto fragile, alla figura imponente dello stregone, che nonostante tutto non aveva spezzato la tempra di ferro che l’elfa aveva insita in lei, profonda come le radici della foresta.
Gui piagnucolò accanto a lui e prima che il nano capisse le sue intenzioni sgusciò allo scoperto e si gettò contro il mantello nero della Bocca di Sauron accarezzandogli un braccio. “Padrone, padrone salve.” mugolò e il messaggero di Mordor si scostò con una smorfia. “Come osi toccarmi? Vuoi che ti mandi a nutrire i vermi?”. Sorrise maligno sfoderando la dentatura agghiacciante. “Ma vedo che lo stai già facendo, non manca molto alla tua scadenza.”disse misterioso e Gui piagnucolò tirandosi la pelle della bocca squarciata e strappandone brani di pelle grigia. “Lei aiuta Gui e da altro tempo, lei promesso.”
Il messaggero sorrise sollevando altezzoso il mento facendo frusciare la veste nera. “Se farai quello che ti ho detto.”
Nascosto dietro la parete del corridoio Kili ascoltava con il cuore in gola. Cosa cavolo faceva quel mostriciattolo?
Non tradirmi...pregò disperato guardandolo con ansia. Non capiva se stava cercando di aiutarlo oppure no, eppure finora lo aveva guidato fino a là, ma il pensiero strisciante che fosse una trappola si insinuò nel suo animo e Kili deglutì guardando per l’ennesima volta il corridoio dietro di lui. Se fosse passata una guardia sarebbe stato spacciato, a meno che quello che Gui aveva detto sulla pausa delle guardie per il rancio fosse vera e l’unica sentinella fosse quella a guardia dell’ala di Tauriel.
La voce raspante della Bocca di Sauron attirò di nuovo la sua attenzione e Kili si sporse di nuovo per seguire la conversazione che poteva decidere se condannarlo o no.
“Ci penserò Gui, per ora fai il tuo dovere e pulisci le celle inutile cibo per topi!”. Con un calcio il messaggero di Mordor spostò l’essere e per un solo terribile momento sembrò decidere di imboccare il corridoio dove Kili era nascosto. Il nano trattenne il respiro pronto ad agire, ma la Bocca di Sauron sembrò cambiare idea e si avviò verso  il corridoio a sinistra mentre Gui scivolò di nuovo accanto a Kili con noncuranza, sorridendo con il viso devastato per cercare l’approvazione del nano per la sua fedeltà. “Andiamo da elfa con capelli rossi?” cinguettò a bassa voce e Kili annuì. Imponendosi di ignorarlo fece tre respiri profondi e con un balzò saltò fuori aggredendo la guardia e tappandoli la bocca la colpì al collo con un colpo secco della mano. Appena la sentì afflosciarsi contro di lui la posò silenziosamente contro il muro e gli rimise la lancia in mano, attento a sistemarla come se dormisse.
“Gui, dai le chiavi.”bisbigliò impaziente e l’essere comparve agitando il mazzo di chiavi e infilando con sicurezza la chiave nella toppa.
Kili sgusciò al suo interno ancora prima che fosse completamente aperta e Gui la richiuse dietro di sé silenziosamente.
“Elfa si elfa.”ghignò con la sua bocca martoriata e i suoi occhi si posarono verso la cella in fondo, l’unica che era chiusa, in cui alcune ciocche rosse sporgevano dalle sbarre contro cui era appoggiata di schiena Tauriel.
Kili si circondò il corpo con le braccia, lì dentro il freddo era insopportabile e il corridoio in cui si affacciava era pieno di celle aperte piene di pagliericci poco invitanti tranne l’ultima in fondo al muro, dove l’elfa era stata chiusa sola, lontana da lui e dal cielo e la foresta in cui fino a pochi giorni prima erano stati; Kili non sapeva dire quanto tempo fosse passato lì dentro, solo che lei era lì e solo delle sbarre lo separavano dalle sue braccia, dal calore della sua pelle e dal respiro con cui si addormentava ogni notte.
“Tauriel...”. L’elfa sollevò lo sguardo e le ciocche rosse scomparvero sostituite dal suo nome sussurrato da quella voce che era capace di essere dolce come lo scorrere di un fiume o affilata come le frecce del suo arco, ma ora erano solo venate di speranza e incredulità, come la brina sulle foglie di inverno e minacciava di spezzarsi: “Kili?”
Il nano si lanciò verso la cella e il viso di Tauriel comparve, gli occhi scuri accesi di speranza che la illuminò come un piccolo sole interno accendendoli di mille riflessi in cui Kili intravide felicità, preoccupazione, paura e bisogno di lui come Kili lo sentiva per lei.
Tauriel si lanciò verso le sbarre e sporse le mani. “Kili oddio...sei venuto per me”. Una lacrima sbucò sulla guancia nivea e il nano si sentì spezzare il cuore a vederla perché racchiudeva tutto quello che in quei giorni il suo amore aveva sofferto dove lui non era stato capace di proteggerla.
“Tauriel perdonami.” disse semplicemente Kili. Perdonami perché non ti ho prottetto abbastanza e ho sempre illuso me stesso che niente potesse scalfirti.
Guardò gli occhi venati di lacrime e sofferenza dell’amata e si sentì spezzare il cuore. In quei giorni Tauriel aveva perso tutto e scoperto cose che credeva non potessero accadere come il suo sangue malefico e un passato oscuro lui non solo non l’aveva protetta, ma aveva lasciato che affrontasse da sola gli orrori di Mordor e la crudeltà dello stregone al servizio di Sauron sola, guardando impotente distruggere con un solo sguardo dei suoi occhi invisibili la sua vita.
Kili si avvicinò e afferrò le mani di Tauriel appoggiandosi alle sbarre e incastrando il viso tra esse per avvicinarsi a quello di Tauriel e l’elfa fece lo stesso fino a quando ogni singola porzione possibile del suo corpo non riuscì a sfiorare quelle di Kili, sole le sbarre gelide a separare i loro corpi, il più possibile incastrati tra le fessure tra l’una e l’altra per poter rubare calore dalla loro vicinanza, i loro visi a pochi centimetri, i loro respiri intrecciati e gli sguardi fusi tra loro: quello di Tauriel perso alla ricerca della forza di Kili e quello del nano saldo e sicuro a trasmetterle l’energia che il suo amore aveva perso dal primo incontro con lo Stregone di Angmar.
“Sono un mostro Kili, sono un abominio che può condannare tutto ciò che amo” disse Tauriel e una nuova lacrima si bloccò contro una sbarra.
Kili affondò le dita tra i suoi capelli rossi e la costrinse a tornare a fissarlo. “Non sei un mostro Tauriel, sei la combinazione perfetta delle potenze della Terra di Mezzo e sei colei che amo.” rispose dolcemente e sorrise cercando di farlo affiorare anche sul viso dell’amata, quel meraviglioso sorriso che le faceva brillare le iridi e le incurvava le labbra come le ali dei falchi nella gioia del volo.
Ti prego Tauriel, fammi quel sorriso, dimostrami che hai fiducia in me e che posso essere più potente dell’oscurità di Mordor.
L’elfa abbassò lo sguardo un istante, un solo attimo in cui sembrò decidere se credere o no a quelle parole e Kili trattenne il fiato, poi tornò a incatenarsi ai suoi occhi e il nano la fissò trasmettendole tutto quello che cercava: sostegno, la forza che lei si era fatta strappare in quella terra e infine amore, incondizionato amore a qualsiasi cosa avesse nel suo sangue e timidamente, come lo sbocciare delicato dei fiori, un sorriso le incurvò le labbra e Kili fece lo stesso. “Ti amo Tauriel del Reame Frondoso.”
L’elfa spalancò lievemente gli occhi e il sorriso raggiunse anche le sue iridi scure dissipando la nebbia che Mordor aveva insinuato come un raggio di sole che spezza le nuvole. “Ti amo Kili.”bisbigliò e per il nano fu come se lo avesse sussurrato al suo orecchio come la prima volta che si erano aperti l’uno all’altra, ammettendo che i loro destini non si erano semplicemente  incontrati, ma intrecciati per il resto della loro vita.
 
L’elfa lo fissò ancora una volta con astio, ma stavolta Kili lesse anche una punta di ammirazione per il suo coraggio, ancora visibile dal sangue del drago che imbrattava i suoi vestiti.
“E così non ti arrendi, ti ho appena detto che tra noi non può funzionare, apparteniamo a due razze diverse”. Si bloccò serrando le labbra in una linea sottile, come per evitare di ammettere che non credeva a una sola parola di quello che diceva. “E per di più sei un principe, il tuo posto è alla montagna, torna alla gloria che hai conquistato Kili.”
Il nano la fissò con determinazione e il vento soffiò deciso sollevandoli i capelli scuri sul viso, ma al contrario di Tauriel non se li scostò. “A me non interessa più quel posto, non dopo che ti ho incontrato Tauriel e non dire che per te è lo stesso sennò non mi avresti seguito. Tu cerchi la stessa cosa che cerco io ed è un’esistenza felice e lo sai bene che entrambi desideriamo la stessa cosa.”
Tauriel smise di lottare con i lunghi capelli rossi e si bloccò. Le ormai fragili barriere che aveva eretto intorno a sé stessa crollarono sotto quelle parole capaci di scavare nel profondo del suo cuore, quello segreto che nascondeva agli occhi di tutti, persino a sé stessa. “Cosa desidero?” ripose con un ringhio, ma gli occhi di Kili non si lasciarono scoraggiare dal suo tono aggressivo e quando rispose la sua voce era dolce e appena più alta del soffiare del vento. “L’amore Tauriel, quello che non hai mai avuto e che ti ha spinto a cercarci di nuovo.”
L’elfa tentennò e anche l’ultima barriera crollò lasciando che i suoi sentimenti trasparissero sul volto pallido. “Come fai a dire che sei tu ciò che cerco?”chiese debolmente, quasi una supplica.
Kili scosse la testa. “Non sono io, è il tuo cuore Tauriel”. Si avvicinò all’elfa e questa volta lei non si scostò e nel suo viso non c’era più la fredda distanza di prima, ma una profonda consapevolezza di quello che aveva tentato di rinchiudere dal loro primo incontro nel cuore. Si pose poco sopra di lei, in modo da essere alla sua stessa altezza e quando l’elfa si decise a sollevare lo sguardo per incontrare il suo domandò semplicemente: “Cosa dice il tuo cuore?”
Tauriel non rispose e il timore emerse nei suoi occhi, ma Kili non lasciò che mettesse radici. “Non avere paura, lui non ti tradirà mai...e nemmeno io.”e di nuovo l’elfa tornò a fissarlo leggendo lei stessa che era vero, solida certezza come la roccia sotto i suoi piedi. Si avvicinò al suo orecchio, spinse fuori ogni singola goccia di coraggio e ammise più a sé stessa che a Kili: “Dice da tempo che ti amo perché sei ciò che cercavo.”
 
Anche tu sei quello che cercavo.
Kili accarezzò dolcemente il viso di Tauriel. “Dobbiamo andarcene ora, Gui ha le chiavi e possiamo scappare.”
Tauriel fissò dietro di lui e il nano vide che i suoi occhi cercavano qualcosa nella lieve penombra del corridoio. “Gui?”
Con un brutto presentimento Kili si voltò e vide che erano soli, dello strano e inquietante guardiano delle celle non c’era più nessuna traccia.
“Gui?” chiamò, ma nessuno rispose e il nano si voltò verso Tauriel, ma prima che potesse rassicurarla dicendole che avrebbe recuperato le chiavi l’elfa si voltò di scatto allarmata verso le scale. “Kili nasconditi!” sussurrò terrorizzata e il nano non tentò di protestare. Conosceva bene l’udito degli elfi ed era abituato a non fare domande in quei casi, ma agire e basta perché ogni secondo era prezioso. Scoccò un’occhiata alle orecchie appuntite dell’amata ringraziando silenziosamente che li avessero avvertiti e si lanciò in una cella vuota accanto a quella di Tauriel nascondendosi sotto il letto coperto di paglia lurida. Se qualcuno fosse entrato e avesse superato la cella senza fermarsi non lo avrebbero notato, ma il battito del suo cuore gli disse che se non avevano già scoperto la sua fuga avrebbe dovuto avere molta fortuna. A quanto pare a Mordor non bisognava avere occhi visibili per vedere e lo stesso signore di Mordor mostrava che quello era tra i cinque sensi più importanti nel suo regno.
Se pesco Gui lo ammazzo!
Era ormai palese che li avesse traditi, le stesse parole della Bocca di Sauron glielo facevano intuire e pregò con tutto il cuore in quella piccola fortuna.
Fallo per Tauriel si rivolse a nessuno in particolare. Fa che non mi scoprano e riesca a portarla via.
Clangh! Tuc, tuc, tuc, tuc, tuc, gniii, stanc, frrrsc, tap, frrrrs, tap.
“Ciaao Tauriel, abbiamo abbassato un po’lo spirito ribelle?”. La voce del messaggero di Mordor giunse a Kili nitida e il nano trattenne il respiro quando vide la creatura passare davanti la sua cella. In quei pochi passi che gli servirono per superarlo Kili trattenne il respiro, ma la Bocca di Sauron non aveva occhi che per Tauriel e lo superò scomparendo oltre il muro che divideva le celle.
“Sai benissimo che non mi piegherò di fronte a te. Dov’è lo stregone?”
“Sauron ha detto che sarà presto di ritorno e a quel punto il tuo soggiorno finirà. Ti dissangueremo come un pollo e creeremo l’esercito invincibile che travolgerà la Terra di Mezzo e a quel punto anche gli altri popoli avranno le ore contate.”
“Non succederà mai.” rispose combattiva la voce dell’elfa e Kili sorrise amaro nel buio. Era così combattiva che lo sentiva semplicemente dal tono della voce, come riusciva a indurire quel timbro argentino come un torrente per renderlo affilato come un pugnale di cristallo. Al contrario la voce del messaggero di Mordor era roca come se masticasse pezzi di lame e non cambiava mai tono, solo un lieve accenno alla fine di una frase, rendendola imprevedibile come la sua faccia invisibile.
“Pensala come vuoi, ma magari intanto mi dici come sta Kili e dove si trova ora”. Leggera soddisfazione dell’effetto che procuravano quelle parole su Tauriel nelle ultime sillabe pronunciate.
“Non so dove sia.” rispose Tauriel e Kili ne studiò la sicurezza, immaginando il suo volto pallido e bellissimo altrettanto sicuro e impassibile come la perfezione dei diamanti.
La Bocca di Sauron ringhiò scagliandosi contro le sbarre. “Bugiarda! So che non ha lasciato queste celle quindi dimmi dov’è o soffrirà il doppio quando lo troveranno.”
“Ho detto che non lo...”
“Gui!” urlò il messaggero e un lieve rumore di passi accorse. Kili si immobilizzò quando la creatura comparve. Era cambiata, sembrava ancora più decomposta; la gabbia toracica sembrava collassata su sé stessa e il respiro ansimante di Gui era rotto e disperato attraverso la bocca orribilmente squarciata. Comparve davanti la cella in cui il nano si era nascosto e i suoi occhi vagarono a caso scorgendolo rannicchiato sotto il letto. Kili mosse le labbra in un “ti prego”, ma la disperazione con cui Gui ricambiò gli fece capire che era inutile.
“Padrone eccolo, eccolo!” urlò indicandolo e poco dopo il viso cieco della Bocca di Sauron comparve schiudendosi in uno dei suoi agghiaccianti sorrisi. “Nascosto come un verme qual è. Avanti Kili esci, non rendere le cose complicate.”
Rassegnato e con il cuore in gola Kili uscì e si erse in piedi fissando con sfida il messaggero di Mordor. Lui ricambiò con malcelata soddisfazione. “Bravo Gui, ti sei meritato di avere quello che ti ho promesso.”
Gui alzò grato gli occhi e si avvicinò alla creatura. “Da a Gui quello che chiede ora?” squittì e la Bocca di Sauron si volse verso di lui. Una lama brillò quando venne estratta dal fodero e il volto devastato del servo si immobilizzò.
“Accontentato.” sibilò il messaggero e con uno scatto tranciò la testa di Gui sprizzando sangue sul terreno della cella. Il corpo cadde a terra con un tonfo sollevandone altri schizzi vermigli e la testa rotolò ai suoi piedi. La Bocca di Sauron la calciò via con un sorriso e rivolto a Kili disse: “La pena per aver tentato di scappare sarà dura”. Si avvicinò fino a sfiorare il naso del nano e lo investì con il suo fiato che sapeva di sangue. “Ottanta frustrate.” sentenziò lapidario e la voce di Tauriel si alzò tra le celle. “Non si può sopravvivere a quel numero.”urlò disperata e il messaggero spostò il suo sguardo cieco su di lei. “Già, per questo è divertente, anche se conosco una creatura di questo mondo che è sopravvissuta, forse Kili sarà la seconda, ma ne dubito.” aggiunse scoppiando a ridere e puntando la lama sul nano ordinò: “Domani al tramonto verrai giustiziato e visto che la tua preziosa elfa ha osato sfidarmi stasera ve ne starete separati altro che dirvi addio.”
Tauriel si lanciò contro le sbarre urlando: “Mostro, avevi organizzato tutto!”
La creatura si avvicinò e tentò di sfiorarle una guancia, ma lei si spostò di nuovo.
La Bocca di Sauron alzò altezzosamente la testa, ma la posa rigida delle spalle fece intuire che non sopportava quell’ennesimo affronto. “Forse, sta di fatto che domani Kili subirà ottanta frustrate.” sibilò e senza voltarsi scomparve.
 
~~~
 
 
Najiel aveva sempre pensato che il mondo dall’alto fosse spettacolare. Anche prima che fosse maledetta e diventasse una Senzanome, quando ancora sapeva come si chiamava tra il suo popolo, molte volte Gandalf l’aveva invitata in qualche viaggio e le volte in cui aveva dovuto nascondersi l’aveva tramutata in un umana, anche se di umano non aveva nulla neanche sotto quell’aspetto: si presentava semplicemente come una ragazza minuta, ma troppi dettagli facevano capire che non era reale, con quei capelli blu dai riflessi argento come il suo piumaggio che sulla cima della testa erano ancora vere e proprie piume che sfumavano in una cascata color cobalto fino alla vita, occhi color del tramonto pieni della selvaggia vita della natura e le unghie delle dita più simili ad artigli.
“Con un cappuccio nessuno ti noterà, ma non sei proprio tagliata per essere umana.” la prendeva giocosamente in giro lo stregone quando lei fissava meravigliata il mondo che lui vedeva ogni giorno, lontano dal cielo.
“Come fai a vivere così?” chiedeva spaesata, impaziente di tornare ad essere in volo e Gandalf scuoteva le spalle. “Conosco solo questo mondo, come posso sentire la mancanza di ciò che non conosco?”
Najiel tornò alla realtà.
Puoi solo quando lo conosci e lo perdi, come io con la mia vita.
L’aquila batté più forte le ali e i riflessi argento delle sue penne brillarono sotto i raggi lunari mentre si lanciava in un arco e chiudeva le ali precipitando verso il suolo. L’aria fredda della notte le fischiò addosso gelida, ma non si fermò fino a pochi centimetri dal suolo, dove con maestria si lanciò parallela al terreno tra gli alberi, saettando tra le loro forme confuse come un razzo e schivandoli abilmente.
Colei che Vola nel Buio.
Ormai solo la notte è mia alleata.
Najiel artigliò la terra con gli artigli affilati frenando la sua corsa e si lanciò verso l’alto in perpendicolare sollevando zolle di terra grosse come massi ed emergendo dagli alberi si appollaiò sulla cima di uno di essi, una figura solitaria e malinconica contro la volta stellata del cielo. Studiò il profilo della montagna mezza distrutta da Gandalf e si chiese dove fosse lo stregone, l’elfa e il ramingo, i vigili occhi arancio che vegliavano sulla figura assonnata del paesaggio.
Dovrei essere con il mio popolo ora.
No! Non più, sono maledetta ormai, una Senzanome e mi chiamo Najiel...Colei che Vola nel Buio.
L’aquila chinò l’immensa testa distogliendo gli occhi dalla luna gelida; non aveva nulla del calore del suo astro opposto, il sole, e non le donava la sua luce potente o il calore sul dorso durante il volo. Era silenziosa, fredda e lontana come lei dal mondo della luce.
Un fruscio attirò la sua attenzione ei suoi occhi penetranti colsero un movimento ai piedi della montagna. Si lanciò in volo verso di esso e si confuse con l’oscurità della montagna per scorgere ciò che le aveva rizzato le piume del collo.
Ai piedi della montagna qualcosa luccicò sotto la luna come le sue piume e un masso esplose spezzandosi in mille pezzi. Qualcosa di ancora più nero dello stesso buio emerse alla luce lunare e Najiel trattenne il respiro mentre la figura dello Stregone di Angmar si alzava in tutta la sua altezza facendo crepitare di terrore gli alberi attorno. Altre figure si mossero e gli altri otto spettri uscirono da sotto i massi strappandosi i mantelli e tentando di coprire i loro spiriti corrotti.
“Mio signore, dobbiamo tornare a Mordor senza cavalcature.” sibilò uno di loro e Najiel tradusse senza difficoltà la lingua di Mordor. L’amarezza di quel gesto le trafisse il cuore, ricordandole che era oscura come loro.
Lo Stregone lo ignorò e sibilò furioso aggiustandosi la veste sbrindellata. Non era più lucida e piena di riflessi, ma impolverata e piena di strappi e rifletteva il suo potere indebolito e bisognoso della bruciante terra di Mordor. “Ci muoveremo senza cavalcature allora, come spettri.”
Uno dei nove brontolò piano: “Saremo deboli.”
Lo stregone ringhiò facendolo rabbrividire. “Lo siamo già e Sauron non sarà contento”. Strinse un pugno e il guanto di ferro scricchiolò. “Se penso che avevo ucciso Aragorn ed ero a posto...”sibilò velenoso e gli spettri arretrarono dal suo raggio d’azione, ma lo Stregone di Angmar rimase immobile tanto che Najiel pensò si fosse fuso con la notte stessa, ma poi il buco senza volto del cappuccio si voltò verso est e la sua voce gelida come metallo tornò a raggiungerla. “In qualsiasi caso, abbiamo l’elfa e presto con il suo sangue travolgeremo con un esercito invincibile la Terra di Mezzo.” disse e senza una parola si strappò il mantello e il suo spirito si alzò nel cielo privo di forze, diretto verso la terra nera.
Uno dopo l’altro anche gli altri otto fecero lo stesso e con un gemito simile al sussurrare del vento lo seguirono.
Najiel li guardò allontanarsi e un sesto senso si accese in lei spronandola a muoversi. Non le piacevano le parole dello stregone e qualcosa le sussurrava che presto la Terra di Mezzo sarebbe stata in pericolo. Si fermò un altro istante indecisa, ma alla fine le sue ali parlarono per lei spalancandosi al vento notturno e Najiel si lanciò di nuovo tra gli alberi all’inseguimento degli spettri.
In qualsiasi caso c’è un’elfa a Mordor e posso sempre salvarla, non sarà un viaggio inutile si convinse ma una parte di lei, seppellita e imprigionata in profondità, desiderava rivedere la terra nera di Mordor fin troppo intensamente.
 
  
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