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Autore: Scath Panther    30/03/2014    1 recensioni
Cosa farei? Io cosa farei se tu non ci fossi più al mio fianco?
Spalanco gli occhi e annaspo. Allungo il braccio, terrorizzato.
(Personaggi di "Qual è la realtà?". A "parlare" è Chuck)
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 I’LL FOLLOW YOU DOWN il racconto è frutto di ore e ore passate ad ascoltare questa canzone quindi è bene che l'ascoltiate e guardiate il video. La persona e il personaggio a cui è dedicato il racconto non fanno più parte della mia vita, è quasi inquietante come questo racconto fosse preveggente, mi fa male rileggerlo, ma sento che per esorcizzare il dolore devo condividerlo. 

Cosa succederebbe se svegliandoti
non mi trovassi più al tuo fianco?

 

E cosa succederebbe se svegliandoti non mi trovassi più al tuo fianco?
Cosa penseresti?
Cosa si accenderebbe nei tuoi grandi occhi?
Quale frase angosciata si formerebbe nella tua mente?
E le immagini che proietterebbe la tua memoria mischiandole alla fantasia, cosa ti farebbero credere?
 
Se un giorno allungando il braccio sentissi un freddo agghiacciante al posto del caldo che di solito lascio sul lenzuolo?
Se un giorno voltandoti non fossi lì, dove dovrei sempre essere?
Che cosa accadrebbe? Cosa faresti?
Se un giorno, se in un attimo, tutto svanisse?
Parleresti? Urleresti? Avresti la forza? La troveresti? La vorresti?
Quale sarebbe la prima parola che esclameresti? Cosa ti domanderesti?
Quando i tuoi occhi cercandomi non troverebbero niente come si trasformerebbero?
E il tuo volto? Cederebbe alla tristezza? Magari alle lacrime? O si formerebbero quelle graziose rughette che ti provocano preoccupazione e ansia?
Cosa davvero cambierebbe se tu non potessi più sfiorarmi… toccarmi… amarmi?
 
Il primo attimo senza me al tuo fianco come sarebbe?
Il secondo, non credo tu riusciresti a descriverlo.
Al terzo probabilmente tutto diventerebbe così totalizzante da lasciare tutto dietro.
Se non ci fossi, se non esistessi più. Se tu non potessi più vedermi, cosa davvero vorresti?
 
Una richiesta? Una preghiera? Un’invocazione…
Lotteresti vero? Non lasceresti mai che io ti lasciassi.
È impossibile, fuori discussione, tu non mi daresti questa possibilità. Neanche se ne andasse della tua stessa vita, è così no?
Ma io comunque me lo chiedo, cerco, provo a farmi un’idea.
Mi viene in mente una frase, che mi lega a te. Qualcosa che è solo nostra. Una specie di parola d’ordine.
No… è una cosa che ci siamo detti così tante volte che è una specie di saluto fa noi, non è così?
Non riesco a non pensare che non c’è vita che possa essere migliore di questa, ti amo e amo la nostra famiglia, mi hai reso l’uomo più felice della terra
 
Un istante prima il tuo corpo teso verso il mio. Poi realizzi ciò che è accaduto. Stringi le dita, le chiudi a pugno e sospiri. Ti lasci andare…
No, tu non sei questo. Mai, e mai lo sarai.
 
Ti protendi verso di me, cerchi il mio corpo, come abbiamo imparato a fare insieme in questo periodo.
Senza aprire gli occhi e senza neanche davvero sentire la mancanza di calore capisci. Percepisci.
Mi cerchi, perché è quello che sappiamo fare meglio, una dote innata credo.
Poi i tuoi occhi si costringono ad aprirsi perché la cosa è sospetta, no?
E la mano corre lungo le nostre lenzuola morbide. Veloci. Risalgono al cuscino, poi di nuovo giù, fra le coltri. E la penombra, la poche luce ti danno conferma.
No, non c’è il mio profilo che si scaglia contro i raggi dell’alba.
E tu inizi la ricerca, quella vera. Prima mentale. Ritiri la mano, allunghi il collo, aspirando l’aria intorno a te, come se potessi trovare me, il mio profumo lì.
Qualcosa dev’essersi acceso. O forse spento.
Mi chiedo esattamente quale sarebbe l’attimo in cui tutto diventerebbe nero e il panico prenderebbe il controllo.
Mi sto immaginando il tuo volto che cambia espressione, aspirando a trovarne una consona.
L’attimo in cui qualcosa è cambiato è appena passato, e vedo te che inizi a metterti a sedere, mentre la mente vaga, freneticamente.
Spinto da una forza maggiore, ti volti, verso il comodino, prendi una delle nostre foto, una di quelle buffe, che solo tu puoi aver scelto da incorniciare, o meglio che io ho scelto dover essere tra le nostre preferite e tu hai deciso di incorniciarla.
Stringerai quella cornice, senza poterne sentire la sua consistenza, ti sembrerà come una nuvola un po’ troppo spessa.
Imprigionato fra ricordi e pensieri, correresti a quei momenti. Quelli immortalati in quella foto.
Un sorriso, un istante di felicità. In quel prato, dopo che tutto era stato perfetto come lo è stato tantissime volte fra no.
Su quella coperta, all’ombra di quell’albero. A pochi metri da un’imponente montagna che ci proteggeva.
Quella foto….
E tu sorridi, forse perché hai smesso di sentire la mancanza di qualcosa, e la tua mente è talmente persa nei ricordi da iniziare a fare una specie di corsa contro il tempo.
E ci sono baci, e carezze, ci sono sguardi. Quelli sono la nostra specialità.
C’è un vestito, uno dei tantissimi completi, eleganti, forse questo lo è un pizzico di più, appeso nell’armadio appeso che da bella mostra di se. Non lo so perché, ma c’è.
E poi… balli, passeggiate, mani che s’intrecciano. Centinaia di migliaia di scene simile. Le mie dita che cercando le tue contro le lenzuola, le tue che strattonano le mie contro una superficie liscia. Le nostre che si trovando a metà strada per aria e poi trovando casa contro i nostri petti.
Non so perché proprio quel prato, sai?
Forse è la foto, ma immagino te che ripercorri quella giornata, mischiandola ad altre, in luoghi completamente diversi. Ti vedo però tornare sempre lì.
Vorrei sentire, provo ad immaginare te sentire, non è una cosa semplice. La consistenza dei fiori, dell’erba, la loro freschezza, e il vento? Si quello posso immaginarlo, perché l’abbiamo vissuto insieme.
E poi ancora il cielo, azzurro come solo un mondo sereno e paradisiaco può avere. Piccole nuvole bianche, candide di tanto in tanto indispettivano il bel sole, che ci scaldava lentamente senza darci fastidio.
 
D’accordo forse mi sono perso anche io perché ora ti vedo immaginare il nostro matrimonio, o almeno penso sia una cosa del genere. Io e te vestiti elegantissimi, in un giardino, un prato simile a quello del tuo ricordo, di quella foto, sotto un arco dai fiori bianchi che ci teniamo le mani. Poi quel sorriso, uno fatto apposta per le occasioni speciali.
Non lo so perché, ma è così. Vedo te che cammini verso di me, non sei solo. Un piccolo pargolo ti segue, ti accompagna. E sparge petali ovunque. Ti vedo camminare e non posso non fare un mezzo passo indietro, intimorito? No, terrorizzato e dir poco. E poi una mano solida mi blocca. In mezzo alla schiena mi spinge.
E senza voltarmi so. E capisco, non devo aver paura, non di te. Non di noi.
 
E perché diamine ancora penso a te che con una lacrima che di scende dal volto e precipita sulla foto? Perché tu sei li che mormori qualcosa. Che vedi ogni attimo perfetto vissuto fra noi. Quanti baci? E gli abbracci? A letto, contro il bancone, sotto le stelle. Su quel prato.
Non c’è un attimo in cui io e te non siamo insieme, anche quando non ci sono tu sospiri e pensi a me, e il tuo sguardo prova a trovare il mio. E la stessa cosa è per me, quando non c’eri io ero lì accanto a te perché non possiamo vivere senza?
E allora, come puoi rimanere lì seduto senza vedermi accanto al tuo corpo? Come puoi non… non lo so.
Mi chiedo solo cosa farei per sapere… se io non ci fossi.
Mi seguiresti?
Ti immagino alzarti dal letto, posare la foto. Lasciarla andare sul letto. Camminare lento fino alla finestra e sospirare. Perché ora vedo che tu ripeschi lacrime dalla tua memoria. Perché?
Ti vedo pensare a tutti i momenti terribili e tristi, malattie, sensi di colpa, confessioni, pugni, pochi meno male. Vedo il tuo volto diventare sempre più una maschera di dolore, mentre non trattieni le lacrime, perché dovresti?
Forse è questa la risposta?
Se non ci fossi più. Se non esistesse più io e te?
Tocchi il vetro della finestra, apri il palmo come per sentire. Perché io e te sentiamo, è così che comunichiamo, lo abbiamo sempre fatto.
Senti freddo? Non lo so, non capisco. Non penso di voler sapere.
Mi chiedo se ci sia tempesta in quella testolina scompigliata, con le guance rosse e gli occhi gonfi.
Mi faccio un milione di domande. E non posso.
Torno a immaginare te che mi stringi e dici si, lo leggo dalle tue labbra,  ti vedo voltarti verso i nostri amici e stringermi possessivamente. E mi manca il respiro.
 
Cosa farei? Io cosa farei se tu non ci fossi più al mio fianco?
Spalanco gli occhi e annaspo. Allungo il braccio, terrorizzato.
Non ci sei.
Sei tu a non esserci.
Stringo forte il lenzuolo, come se lo volessi strappare, fare a brandelli.
Mi alzo, mi guardo intorno, non so se sto respirando, forse ho scordato come si fa.
Cammino tremante.
Ho freddo.
Corro, non posso essere così lento, perché tu non ci sei.
Arrivo in cucina, mi guardo intorno, come se non avessi mai visto quel posto. E cerco i segni del tuo passaggio. No, nulla.
Il panico, eccolo.
Lo avevo immaginato.
E’ arrivato e la lucidità sparisce.
Dio, perché?
Mi chiedo, e lo dico a voce alta, lo urlo. Con disperazione. Batto una mano sul tavolo.
Basta, non è possibile. Devo pensare.
Io non posso… lui non può. Tu non puoi.
Stringo forte le dita e guardo oltre il tavolo, sperando di vederti vicino al frigo che peschi qualcosa per la colazione.
E invece trovo qualcosa.
Sul frigo, mi avvicino a passi veloci, incespicando. Schiaccio la mano sul frigo.
Una calamita, la tua preferita. La tartarughina.
Qualcosa. Di me e te.
La foto.
Oddio quella foto.
Il prato.
Sposto le dita, le trascino e piano stacco la fotografia.
La sento sui miei polpastrelli, fredda, già era sul frigo.
Chiudo gli occhi un secondo, sì sto respirando.
La guardo e sorrido, come avevi fatto tu nei miei pensieri.
Quei momenti. Tra i migliori della nostra vita.
Guardo la foto e qualcosa, qualcuno. Non so, volto la fotografia, come se volessi ricordare esattamente il momento in cui è stata scattata e…
 
Guarda fuori dalla finestra
 
Sbarro gli occhi. Sussulto. La tua scrittura. Senza lasciare la fotografia, cammino a passo sempre più svelto e vado alla finestra, allungo la mano ad aprirla, ma qualcosa, ancora una volta mi fa fare altro. Poso la mano sul vetro. E vedo la tua. Appena sbiadita dalla condensa. Come se potessi sentirti tremo. Ma forse è il freddo.
La finestra non è chiusa.
La spingo e ancora tremo, un raggio di luce m’illumina il volto. Mi colpisce dritto negli occhi.
Io li socchiudo e quasi non soffoco, forse non ho più respirato da quando mi sono alzato dal letto.
Il nostro giardino, gli alberi e il prato e una cascata di petali bianchi ricopre ogni cosa.
Annaspo. Cosa?
Scuoto il capo e mi fermo a guardare meglio.
A terra c’è una scritta.
Mi sporgo un po’ e leggo.
Torna in camera
 
Chiudo i pugni e corro, torno al piano di sopra, chiedendomi cosa io abbia mancato, perché?
Spalanco la porta convinto di poterlo finalmente vede e allora…
Il vestito, al centro dell’armadio spalancato.
Mi avvicino cauto e sospiro, quindi sì sto respirando.
Abbasso lo sguardo, lo rialzo, confuso. Nel taschino del doppio petto un foglietto.  Lo prendo e tremo, la foto intanto cade a terra e i miei occhi sono rapiti da quelle parole
Ti va di ballare per me?
 
Quante volte ce lo siamo chiesti a vicenda? Ho perso il conto! E quel segno? Quell’immagine? Due fedi intrecciate.
Spalanco gli occhi. Mollo il foglietto che precipita a terra anche lui e per poco non svengo.
Mi accascio a terra e mi prendo il volto fra le mani. Dio mio come ho potuto dimenticare?
E la segreteria subito mi risponde. Come se gli angeli volessero darmi conforto.
 
Amore mio, so bene cosa succederà al tuo risveglio. E so anche che avevamo detto che non sarebbe stato così, presa una decisione si segue, no?
Ma non si può oggi… non potevo lasciarti davvero solo. Mio sole, buon giorno. Ti amo e ora devi svegliarti. Vestirti, prepararti e arrivare fin qui, perché devi sposarmi. E non hai scelta.
Lo so, non c’ero. Quando hai allungato il braccio, hai sentito freddo. Lo so.
Ma è per poco e tu devi ricordarti che io ti seguirò sempre, che non ti lascerò mai indietro, che nulla può esserci di abbastanza importante da farmi abbandonare te. Capito?
Il primo passo è quello in cui credi, Il secondo beh, per quello immagino non ci sia più speranza quindi…. Seguimi ok? Vieni.
 
 
La voce s’interruppe, le lacrime di Nat le poteva vedere anche se era a chilometri di distanza. Non era casa loro quella, era in casa famiglia. Nat era rimasto da loro.
Era il giorno del loro matrimonio. Non erano ancora andati ad abitare nella nuova casa.
Nat era lì, nella sua vita e lo stava aspettando.
Smise di piangere, perché da quando si era alzato dal letto non aveva smesso di piangere.
Davanti a quel vestito tutto tornò alla mente, si preparò con cura, con tutta quella necessaria e uscì di lì sorridendo. No, non aveva visto ricordare.
Aveva immaginato, anzi proiettato i suoi desideri, che presto si sarebbero avverati!
 

Fine 
   
 
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