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Autore: Salmcroe    30/03/2014    2 recensioni
Era stanco, si sentiva vuoto, privato del peso che l'aveva accompagnato per migliaia di anni, quel caldo e luminoso senso di gloria che l'aveva legato al cielo, che lo aveva reso una creatura celeste, un angelo del Signore, che gli aveva dato le sue ali.
La mia prima Destiel, spero vi piaccia. Ambientata nel primo episodio della nona stagione. Ho modificato alcuni aspetti della trama per scrivere.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Ottava stagione
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Capitolo primo

 

 

 

 

 

Faceva caldo, troppo caldo. Le pareti spoglie della piccola stanza sembravano volersi restringere sempre di più, di voler schiacciare l'uomo seduto sul pavimento freddo e polveroso davanti alla testata del letto di legno scuro. Se ne stava lì, e fissava davanti a sé il vuoto, senza muoversi. L'unica cosa che lo distingueva da un qualsiasi oggetto in quella stanza di motel, l'unica cosa che lo tradiva, era il leggero movimento del petto, che sotto la stoffa bianca della camicia si alzava ed abbassava velocemente.

La sua schiena aderiva contro il legno, ne percepiva la superficie striata, mentre le gambe erano distese in modo scomposto davanti a lui, ma nemmeno si ricordava di avere un corpo probabilmente, perso nel suo stato catatonico, perso nella sua confusione. Castiel respirava a fatica l'aria appesantita che c'era nella camera, ma non gliene importava, oppure non se ne accorgeva nemmeno, semplicemente si era accorto, aveva preso atto, che il suo corpo umano riusciva a badare a sé stesso da solo. Si era solo preoccupato di slacciare i primi bottoni dal colletto, per allentare il senso di costrizione, per sentire meno l'afa. Il cambio d'aria era inesistente, questa si era fatta stagna, anidride carbonica pura, inspirata ed espirata dai polmoni dell'angelo da almeno cinque ore piene.

Era stanco, si sentiva vuoto, privato del peso che l'aveva accompagnato per migliaia di anni, quel caldo e luminoso senso di gloria che l'aveva legato al cielo, che lo aveva reso una creatura celeste, un angelo del Signore, che gli aveva dato le sue ali.

Ali che adesso ricadevano morte e spoglie da sotto le sue spalle, schiacciate tra il legno del letto e la schiena resa umida dal sudore dell'uomo. Neanche di quelle sentiva più il peso, gli avevano però, neanche lui sapeva chi visto che Dio se n'era andato, dato la possibilità di sentirle morire, di percepire le piume nere staccarsi e rompersi, una ad una, facendolo rabbrividire appena, facendogli irrigidire i muscoli del collo e chiudere esausto le palpebre, sottoposto a quella tortura indolore. Castiel non riusciva a capacitarsi di come alcuni avessero potuto scegliere volontariamente quel destino, quella privazione. Non comprendeva, non avrebbe mai potuto. La realtà umana l'aveva sempre affascinato, incuriosito, a volte tanto da fargli credere di voler davvero perdere la sua grazia, per vivere come loro, per poter unirsi alla famiglia che si era guadagnato prestando servizio sulla terra ai suoi due protetti; ma adesso si rendeva conto che sarebbe stato stupido, folle voler lasciare il cielo più di quanto non avesse già fatto cadendo.

Si mosse lentamente dalla posizione che aveva preso, tirandosi un poco più su. I polmoni, liberati dalla costrizione della posizione di prima, si gonfiarono, facendo inspirare rumorosamente l'uomo, facendogli sentire il bruciore pungente che veniva dalla gola secca, il senso di ruvido che lasciava il passaggio dell'aria. Non aveva bevuto da quando Metatron l'aveva abbandonato in quel prato, ed erano passati almeno due giorni, di cui uno impegato interamente a camminare per raggiungere il motel.

Non era completamente umano, non ancora, ma dalla chiusura del paradiso il più dei resti che la sua grazia aveva lasciato li aveva usati dopo aver affittato la stanza, per volare nell'unico posto che potesse ricordargli il paradiso.

Aveva trovato la porta del bunker chiusa, sigillata e sprangata come sempre. Percepiva, per debole che si sentisse, il silenzio del rifugio; non una parola, non un movimento, non un respiro. Era vuoto, completamente, senza alcuna traccia dei due fratelli o dell'auto nera che li accompagnava.

Cercò ancora, sentendosi sempre più debole, ma ignorando i segnali che il suo corpo ormai quasi completamente umano gli mandava. Guardò ovunque, impegnandosi tanto quanto avrebbe fatto avendo la completa facoltà dei propri poteri, e li trovò. In una stanzetta grigia di un ospedale di provincia, a tre stati di distanza. Spiegò le ali, o quello che ne restava, sollevando polvere e terra davanti all'entrata del rifugio, e pregando suo padre perchè quello non fosse il suo ultimo volo.

 

Castiel arrivò all'imbocco del corridoio che portava alle camere numerate, all'interno del reparto dell'ospedale che aveva visto. Fece per muoversi, ma una fitta all'altezza dello sterno lo bloccò sul posto, facendolo piegare in avanti. Si chiuse su se stesso, e capì che lo sforzo derivato dall'uso dei suoi ultimi poteri non poteva convivere col suo nuovo corpo. Si premette una mano dove il dolore era più forte, e man mano si stava affievolendo, facendogli riacquistare un respiro regolare pur non dandogli la possibilità di rialzarsi. Non si era neppure accorto che due paia di mani sottili gli si erano poggiate sulle spalle, e delle voci lo invitavano a sedersi, cariche di preoccupazione. Aprì gli occhi, chiusi mentre scattava in avanti, e vide chiaramente sotto di lui le scarpe in plastica e gli orli delle divise delle infrmiere che erano accorse in suo aiuto. Era pur sempre in un ospedale. Si costrinse ad alzarsi, stringendo sotto le dita la stoffa fresca e impolverata del trench. Barcollò appena, ma fu abbastanza deciso nell'allontanare le infermiere che insistevano nel volerlo aiutare, e che volevano trattenerlo, mentre si incamminava per il corridoio che aveva di fornte.

Il soldato si avvicinò alla terza porta, quella numerata C15, e strinse la maniglia nella mano, sentendola però già muoversi. Si allontanò di mezzo passo, e vide apparire da dietro la soglia il maggiore dei due fratelli che cercava.

Dean lo guardava trafiggendolo con le iridi verdi. Gli occhi erano cerchiati di nero, e la pelle tirata appena più del solito sugli zigomi. La barba incolta gli ricopriva le guance, ed i capelli spettinati erano stati tirati tutti da una parte. Puzzava tremendamente di alcool.

Il cacciatore prese Castiel stingendolo forte per un braccio, e chiudendosi velocemente la porta alle spalle, senza nenache una parola, lo portò verso l'uscita del reparto, e poi quella dell'ospedale.

Ci misero tre minuti pieni, ma alla fine Dean si fermò, sempre portandosi dietro l'altro uomo, in un angolo del parcheggio deserto, all'ombra di un muro di cemento. Si girò trovando il volto dell'angelo disteso in un espressione vuota. Il ragazzo interruppe il silenzio parlando.

 

-Sei sparito brutto figlio di puttana! Sei sparito per tre giorni!- Dean urlava contro un Cass immobile, che si limitava a subire gli insulti, e a fissarlo. Il cacciatore continuò sicuro di non ricevere risposta. -Ci hai lasciato nella merda dopo che i tuoi amici sono caduti in massa! Ti ho pregato Castiel, di aiutarmi, di venire o di farti anche solo sentire, ma eri troppo impegnato a spassartela in paradiso perchè te ne potesse importare.- Alla scansione della parola Paradiso l'ex angelo rinvenne, per poi rientrare subito nel suo stato di trans. Dean nel frattempo si era voltato dando le spalle all'altro, portandosi una mano sul viso, a coprire gli occhi, e poggiando l'altra per sorreggersi al muro di cemento. Era rabbioso, deluso e stanco, terribilmente stanco. Dalla caduta degli angeli l'unica cosa che aveva fatto era stata occuparsi di suo fratello, oltre che pregare per l'aiuto dell'amico. Si girò di nuovo, avvicinandosi a Cass . -Senti...- sospirò - .. Cass, ehi, guardami amico.- l'uomo aveva abbassato la testa, ed il ragazzo gli aveva poggiato una mano sulla spalla. Castiel tremava, sotto il peso delle ali che gli si piegavano sempre più verso terra, quasi a volergli ricordare che ormai era destinato a rimanere lì, senza salire più in alto, in cielo, a casa sua. Lo colse un giramento di testa, un calo di pressione, una sensazione nuova per la sua neo umanità, e barcollò appena. Dean se ne accorse e gli si avvicinò per prendergli le spalle. Alla stretta dell'amico, l'altro alzò faticosamente lo sguardo. -Ehi, EHI!- lo scuoteva piano, cosa che lo aiutò per concentrarsi sugli occhi verdi che cercavano i suoi blu, preoccupati. - Cos'hai? Parla Castiel, cos'hai?- Il sollievo durò poco, perchè il soldato scivolò dalla presa in cui era stretto cadendo a terra sulle ginocchia. Piantò le mani a terra, percependo l'amico accanto. -Dean.. Dean io non sto bene. - tossì, e la gola bruciò – Ascoltami, ti porto dentro, così ti riposi e usi il tuo influsso angelico per rimetterti in sesto, ok amico? Forza..- Fece per passargli un braccio sulle spalle, ma l'ex angelo si sottrasse al contatto, spostandosi di lato e guardando il giovane in faccia. -No, devo parlarti..- tossì più forte di prima – Dov'è Sam?- L'altro fu sorpreso, ma rispose immediatamente. - Sam è nella stanza, attaccato ad un coso che respira per lui. Hanno detto che non sanno, anzi, sicuramente non uscirà dal coma.- Castiel se lo aspettava, il cacciatore era troppo stravolto perchè non ci fosse in ballo suo fratello. Prevedeva che le prove l'avrebbero reso debole fino ad ucciderlo, che le portasse a termine o meno. - Dean, cosa intendevi col dire che sono caduti in massa? Cosa significa, chi è caduto?- Si stava agitando, e aveva alzato la voce di almeno un'ottava. A Dean si accese lo sguardo, forse di rabbia, o di stupore, magari di entrambi. - Siete stati tu e l'altro coglione, ricordi? Con tutte le vostre cazzate per salvare il paradiso adesso li avete scaricati a noi, ci avete passato tutta la merda!- continuò sempre urlando, non facendo caso all'espressione tirata che aveva l'amico - ..Perchè o siete entrambi delle teste di cazzo, oppure.. oppure non sapevi cosa aveva in mente Metatron.

.. Cass, - parlò sottovoce - cos'è successo in paradiso?-

Il soldato si prese la testa tra le mani.










Salve a tutti. Questo è il mio primo esperimento di fanfiction in un fandom. Personamente amo Suprnatural, quindi spero di aver reso bene i personaggi nelle descrizioni, e spero anche che la storia vi piaccia. Pubblicherò la seconda parte a breve. Un grazie ai lettori, e a chiunque voglia commentare, soprattutto magari chi ha più esperienza di me, così da darmi qualche dritta, ve ne sarei davvero grata. Un bacio, al prossimo capitolo. <3

  
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