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Autore: Heartless Girl    30/03/2014    1 recensioni
Sebastian è un vampiro convinto di bastare a se stesso, un segugio che controlla buona parte di chicago ed è soddisfatto dei suoi piani per l'eternità. sarà un incontro inaspettato in una notte di caccia a sconvolgere la sua facciata di ghiaccio, risvegliando in lui un istinto che non credeva nemmeno più di possedere.
leggera angst, ci sono alcune scene esplicite di caccia, ambientata nell'universo di twilight ma con scarsi riferimenti all'intreccio del libro; i personaggi sono di mia invezione;
prima one shot che pubblico, mi permetto di consigliare going to hell come canzone di sottofondo
spero di avervi incuriosito e che possa essere apprezzata, enjoy
Genere: Angst, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Più libri/film
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Burnt Ice

San Francisco, anno 2007
 
Sebastian osservava la città dormire, e invidiava quel sonno che lui non avrebbe mai più potuto godere. Un odore dolce gli punse le narici, facendogli esplodere la gola di un dolore bruciante fin troppo familiare. Finalmente. Quel vicolo era una delle sue zone di caccia preferite, c’era sempre qualche disgraziato che vi si avventurava da solo la notte. Saltò dal tetto su cui si trovava e atterrò sul palazzo di fronte, due piani più in basso, lasciando le impronte dei propri piedi nel cemento. Inspirò di nuovo, i suoi occhi s’accesero di un bagliore famelico. Il vampiro si affacciò sulla strada. Ben due persone, vicinissime, proprio dietro il cassonetto da cui proveniva quell’immondo odore di cibo umano. Il buio assoluto non gli impedì di vederne chiaramente i lineamenti. Un uomo e una donna. Due comunissimi mortali, intenti a baciarsi con passione. Sebastian storse il naso percependo la nota di alcol che inquinava il profumo del loro sangue. Scivolò sull’asfalto silenzioso come una pantera, si appiattì contro il muro e cominciò a strisciare verso i due. Giunto a pochi metri, si acquattò, valutando la distanza. Quando scattò seppe di essere stato troppo veloce per occhi umani. Affondò i denti  nel collo del ragazzo, le braccia puntate al muro a impedire la fuga della ragazza. La guardò mentre il corpo di lui si faceva molle e insapore, troncò il suo tentativo di gridare semplicemente appoggiandole una mano sul collo. La sensazione del liquido rosso che scorreva lungo la sua gola e riempiva di nuova forza ogni fibra del suo corpo immutabile lo riempì di adrenalina. Vide lo shock sul viso dell’altra vittima quando comprese, quando vide le sue iridi esplodere di un rosso accecante mano a mano che si nutriva. Aprì il morso lasciando cadere il corpo inerte del ragazzo, una mano ancora sul collo morbido di lei. Poteva sentire, oltre la barriera sottile di quella pelle morbida e calda, il flusso caldo che lo stava facendo bruciare di desiderio.  Si leccò le labbra sporche con un gesto attento, ignorando il terrore dipinto sul volto della prossima vittima. Piegò la testa di lato, poi il polso con un movimento secco. Il respiro della ragazza cessò bruscamente. Le tolse i capelli dal collo con una carezza e tornò ad affondare i denti nella carne. Quando ebbe finito, si caricò i corpi in spalla senza fatica e raggiunse il fiume correndo sui tetti. Li buttò nell’acqua senza troppo riguardo e cominciò a camminare sul molo, rimanendo nell’ombra. Giunse di nuovo tra i vicoli semi illuminati e decise di girovagare un po’. Non aveva sete, ma ancora non gli andava di tornare in periferia per nascondersi da sguardi indiscreti durante il giorno. Finì nuovamente in un vicolo buio e rimase lì fermo. Alzò gli occhi alle stelle. Il cielo era freddo e terso, come la sua mente. Ignorò gli odori provenienti dal bar all’angolo, anche se il suo naso da segugio continuava a dargli nuove informazioni. Sentì il rumore di goffi passi umani che si avvicinavano. Voltò pigramente la testa verso il cono di luce all’inizio del vicolo. Una donna stava ferma nella luce, immobile. Sebastian rimase interdetto, e inspirò a fondo. Non sentiva odore di immortale. Eppure i tratti di quella donna erano così perfetti, la sua postura così aggraziata. Non poteva essere un’umana. Sebastian era un segugio. Il suo odorato non sbagliava mai. E quella donna non era un vampiro. Ma non riusciva a convincersene. Lei fissava dritta nella sua direzione, come se la forma della sua ombra l’avesse incuriosita. Il vampiro fissò ancora confuso gli occhi neri, la chioma folta dello stesso colore, i tratti latini e il fisico asciutto della donna. –C’è qualcuno? – il suono della sua voce imperfetta lo riscosse, e si convinse che dovevano essere gli occhi a ingannarlo e non il fiuto. La donna avanzò nel vicolo. Sebastian pensò che doveva scappare prima che lo vedesse. Si spostò veloce alle spalle della donna, che si voltò di scatto. Non era riuscito a ingannarla. Incontrò lo sguardo dei suoi occhi profondi per un istante, vide il riflesso delle proprie iridi rosse, e capì che era troppo tardi. Quasi a malincuore, si tuffò sulla donna, spingendola in fondo al vicolo, contro il muro. Morse la sua spalla, trovandone la pelle insolitamente morbida. La donna urlò e lui per un istante si bloccò. La guardò di nuovo in viso, e al di là del terrore che vi scorse si sentì affascinato ancora una volta. Non poteva sprecare tanta bellezza. La sollevò, la portò rapidamente in un altro vicolo, ancora più buio e desolato. La donna cominciava già a contorcersi per il dolore della trasformazione. Sebastian esitò ancora un istante sul suo collo, poi sparì nella notte.

San Francisco, anno 2014
 
A ventisette anni dalla sua trasformazione, Sebastian non era ancora stanco dell’immortalità, anzi era all’apice della potenza. Un’intera città era un territorio di caccia troppo grande da controllare per un clan, ma nonostante ciò lui da solo aveva il dominio di un quarto di San Francisco. Aveva confini precisi, legami abbastanza pacifici con i due clan che si erano spartiti il restante. Una volta aveva provato a creare un clan, prendendo un paio di neonati. Non era riuscito a sopportarli più di un anno. Il primo era morto sfidandolo, l’altro aveva avuto il buon senso di andarsene. E poi c’era quella donna che aveva lasciato a trasformarsi in un vicolo. Supponeva fosse sopravvissuta, dato che nel vicolo non era rimasta. Forse se n’era andata, forse faceva parte di uno dei clan confinanti. Non che gli importasse più di tanto. In quel momento il suo unico pensiero era il vampiro che osava cacciare nel suo territorio, quello che stava giocando con la sua pazienza da alcuni mesi. All’inizio aveva pensato a un nomade, poi si era imbattuto nella sua scia e aveva appurato che non intendeva lasciare la città. Nonostante il suo olfatto da segugio, lo stava ancora inseguendo. Era stato abbastanza abile da fargli perdere le proprie tracce un paio di volte. Anche ora, mentre osservava la città dal Golden Gate, sapeva che si aggirava da qualche parte e cercava di catturarne l’odore nel vento. L’avrebbe trovato, di questo era certo. Non aveva mai fallito nel trovare quel che voleva. Una nota dolce, leggera come una piuma di pulcino, portata dal vento d’est, attirò la sua attenzione. Saltò dal ponte dritto nel fiume, lasciando che la corrente lo trascinasse per qualche metro. Tornò sulla terraferma e cominciò a correre come un fulmine, respirando per non perdere la traccia, i vestiti che gocciolavano sulla strada. Dovette attraversare quasi tutto il suo territorio, arrivando al confine. Si fermò a un incrocio, poi piegò fulmineo verso un vicolo. Conosceva a memoria ogni centimetro del suo dominio, e non faticò a riconoscere il luogo familiare. Il ricordo di quella notte di sette anni prima era ancora perfetto, nitido, incamerato nella sua mente come una memoria dolceamara. Il viso della donna, la sua fatale esitazione, a cui era seguita la fuga che l’aveva condannata all’eternità. Il posto non era affatto cambiato, Sebastian ricordò di aver guardato le stelle appostato a pochi metri da dove si trovava ora. La differenza più palese era il giovane corpo in terra, ovviamente dissanguato. Il cadavere era un disastro di tagli e fratture, probabilmente per nascondere la natura dell’omicidio. Il sangue sui vestiti era fresco, e Sebastian imprecò mentre ripartiva dietro alla scia altrettanto recente. Era arrivato in ritardo di pochi istanti anche stavolta. La traccia lo riportò verso il confine e scomparve al di là. Sebastian si fermò al limite, imprecò di nuovo. Mancavano poche ore all’alba, così si voltò e cominciò a correre verso la periferia.
Correre era la cosa che preferiva. Era abituato all’assenza di fatica, ma la sensazione di velocità e chiarezza che provava riusciva ancora a scuoterlo. Mentre schizzava troppo veloce per occhi umani, vedeva ogni cosa con estrema precisione. I palazzi che superava rimanevano nitidi ai suoi occhi rossi, anche se avrebbero dovuto essere una macchia grigia indistinta. Ormai mancava poco al sorgere del sole, ma le nuvole lo avrebbero coperto a sufficienza. Si fermò fuori dai confini della città, fuori anche dal suo territorio. Davanti a lui un vecchio cottage. Entrò e non si stupì di trovarlo vuoto. Con quel tempo Esteban era probabilmente in giro con il suo clan. Usò le unghie per incidere un messaggio sul tavolo della cucina. Devo parlarti. Al ponte stanotte. S. Mentre lasciava il cottage, lo sguardo gli cadde su uno specchio. Osservò per un istante il proprio viso bellissimo, gli spettinati capelli scuri, gli occhi di fiamma e gli abiti stracciati e ancora umidi dalla notte. Decise che aveva bisogno di nuovi vestiti.
Sebastian raggiunse il luogo dell’appuntamento camminando. Non voleva rovinare i vestiti nuovi. Un pullover beige che gli fasciava il petto e dei jeans attillati erano il massimo che aveva trovato, durante la caccia quella sera. Di sicuro allo studente che ne era il legittimo proprietario non sarebbero più serviti. Si serviva raramente del suo aspetto per cacciare, ma teneva ancora a conservare un’apparenza umana. Il vampiro anziano lo attendeva sotto il Golden Gate, appoggiato a uno dei massicci pilastri. Era quasi assurdo come gli umani non si accorgessero di quanti vampiri lo frequentassero. In quella posizione, Esteban sarebbe quasi potuto passare per un normalissimo quarantenne che passeggiava, se non si fosse fatto caso ai suoi tratti perfetti e agli occhi di brace. Sebastian lo salutò con un cenno della mano, rimanendo a una decina di metri di distanza. Esteban sorrise, mostrando i denti aguzzi. –La prossima volta che vuoi vedermi, non mi graffiare la mobilia. – esordì. Sebastian si strinse nelle spalle. –C’è qualche nomade in cerca di dimora? – chiese diretto. –Non mi risulta. Come mai? – fu la risposta. –Qualcuno si diverte nel mio territorio. – la voce di Sebastian non aveva alcun tono di accusa, ma forse la sua postura era leggermente aggressiva. Nulla di esagerato, tra vampiri adulti. Esteban ghignò.–Io non c’entro, amico. E nemmeno uno del mio clan. Non potrebbe essere un neonato? – disse alzando le mani a chiarire la propria posizione. Sebastian si accorse che aveva spostato il peso leggermente indietro in modo difensivo, in reazione alla sua posizione avanzata. Si drizzò, lasciandogli intendere che non voleva aggredirlo. –Non può essere, troppo pulito. Lo troverò da solo, grazie dell’aiuto comunque. – disse e fece per andarsene. –Su questo non ho dubbi, segugio. Ma l’eternità è lunga da passare da soli, Sebastian. – rispose Esteban. Quello si voltò appena per guardarlo. –Qualche giorno fa Graham mi ha detto di aver intravisto qualcuno al tuo confine, forse una femmina. – Sebastian annuì. –Ti farò sapere. – Esteban sospirò, poi sparì di corsa, ma Sebastian continuò a camminare, in direzione del quartiere dove aveva perso la traccia la sera prima.
Il vampiro stava di nuovo guardando le stelle, seduto su un tetto. Registrava distrattamente gli odori, sempre in cerca di quella particolare scia. Rifletteva sulle parole di Esteban. La sua vita da immortale fino ad allora gli aveva offerto tutto ciò di cui aveva bisogno. Aveva sentito ovviamente di cosa significasse trovare una compagna, anche da Esteban, e non si stupiva che l’avesse incoraggiato a farlo. Ma per il momento non sentiva la necessità di compagnia, anche se sapeva che sarebbe successo. L’eternità era davvero lunga. Aveva deciso da tempo però che l’avrebbe affrontata un passo alla volta. Per trovare l’amore della sua seconda vita aveva tempo. Aveva perfino sentito di un vampiro, su al nord, che si era innamorato di una mortale, ed era finito nei guai con i Volturi. Non aveva intenzione di avere nulla a che fare con quel clan di presuntuosi, di questo era sicuro. Le sue meditazioni furono interrotte da una percezione inconfondibile. L’istinto della caccia si accese in lui, mentre identificava con precisione la direzione di provenienza della scia dell’intruso. O intrusa, pensò mentre lasciava il tetto per lanciarsi all’inseguimento.
Sebastian fu silenzioso come solo un segugio poteva essere. Vedeva il corpo nascosto da quello del vampiro già da un po’, ma ancora non vedeva in viso il suo simile. La sua simile, realizzò avvicinandosi. Osservò la sua chioma lunga e folta, tenuta indietro con una mano di alabastro mentre si nutriva. La vampira lasciò cadere il corpo senza vita e si drizzò in tutta l’eleganza propria della sua specie. Sebastian si alzò dalla posizione di caccia a sua volta, rapito. L’aveva riconosciuta subito. Era la donna del vicolo. Dopo sette anni. La vampira si accorse di lui, o forse se n’era già accorta e aveva scelto di correre il rischio di ignorarlo. I suoi lineamenti affascinanti erano rimasti praticamente invariati, solo più fini. La pelle olivastra era più pallida, la figura flessuosa ancora più seducente. Gli occhi di Sebastian si fissarono nel rosso brillante delle sue iridi, che si era portato via il castano scuro, quasi nero, che lui ricordava. Quello sguardo non durò che una frazione di secondo, poi la donna sorrise mostrando i canini rossi. Le labbra carnose erano macchiate di sangue, Sebastian se ne accorse e per un istante desiderò di leccarlo via. Poi ritornò presente a sé stesso, vide l’espressione sfrontata della donna e sentì il suo orgoglio risvegliarsi. Si abbassò di nuovo, ringhiando, un suono basso che gli fece vibrare il petto. Lei continuò a sorridere. Non aveva paura, e questo lo fece irritare ancora di più. –Questo è il mio territorio. – ringhiò ancora minaccioso. La risata della donna era melodiosa, un suono di campane che però non riuscì a scuoterlo. –Allora prendimi. – rispose in quello che era un ringhio quasi giocoso, provocante, poi scattò via da lui. Il vampiro partì all’inseguimento senza impegnarsi al massimo. La donna era veloce e in poco tempo si districò dagli edifici e raggiunse il limitare della periferia, poi il bosco che costeggiava una strada statale. Sebastian le rimase dietro, a debita distanza, dandole l’illusione di essere più veloce. Non contava di stancarla, anche perché non era possibile, ma voleva sorprenderla. Lei saltò elegante su un albero e prese a fuggire tra i rami. Sebastian la imitò pensando al movimento seducente dei suoi fianchi perfetti nel salto. La vide rallentare appena, forse cominciavano ad allontanarsi dalle zone che conosceva. Era il momento che aspettava. Spinse al massimo sulle gambe, quasi non toccava più il terreno. La vampira si era fermata. Si voltò e ritrovò il viso di Sebastian a pochi centimetri dal suo. Inspirò sorpresa, poi lui la colpì al petto, facendola volare contro un albero, che scricchiolò all’impatto. La vampira mostrò i denti, Sebastian la tenne per le spalle premendola contro la corteccia. –Chi sei? – ringhiò. Lei mantenne l’espressione astiosa, l’atteggiamento canzonatorio con cui era iniziato l’inseguimento era scomparso. –Dovresti saperlo bene. O non ti ricordi di me? – Sebastian sentiva l’elettricità sprigionata dai loro sguardi fissi l’uno nell’altro, dal contatto con la pelle delle braccia di lei, ma non capiva cosa la provocasse. –Certo che mi ricordo. Come ti chiami? – chiese, senza sapere perché. Lei trasformò il ringhio in un sorriso ironico. –Faith. – anche il vampiro si lasciò sfuggire un mezzo ghigno all’angolo delle labbra. Ironico davvero. –Cosa facevi nel mio territorio, Faith? – lei alzò le spalle sotto la sua stretta, una ciocca di capelli le sfuggì sul viso. –Volevo infastidirti. Ce n’è voluto per attirare la tua attenzione, eh? – con un movimento fulmineo Sebastian riportò la ciocca dietro l’orecchio di Faith, lasciandola leggermente confusa. Il vampiro sapeva che poteva rappresentare una distrazione. –Ora hai la mia attenzione. Ma perché la volevi? – Faith socchiuse gli occhi, il tono di astio tornò a pervadere la sua voce melodiosa. –Volevo solo sapere se crei spesso vampiri, senza poi curartene. – Sebastian strinse la mascella e la presa delle dita sulle spalle di pietra morbida di Faith. –Ritieni che io ti debba qualcosa, vampira? – lei si mosse nella sua stretta ma lui la trattenne ancorata all’albero. –Visto che mi hai rubato la vita, il minimo che potevi fare era spiegarmi perché l’avevi fatto. Invece sei scappato. – Sebastian la mollò di botto, l’albero scricchiolò ancora. –Che ti importa, tanto ormai non puoi tornare indietro. – disse allontanandosi. La vampira scattò in avanti e lo spinse in terra cogliendolo di sorpresa. Per un attimo la mente lucida da segugio di Sebastian fu annebbiata dalla percezione del corpo della vampira che bloccava il suo a terra. Le unghie di lei premevano sul suo collo. –Dimmelo! – Sebastian sorrise crudele, decidendo rapidamente di invertire i ruoli. Con uno scatto fulmineo si spinse in avanti, afferrò il polso di Faith e la spinse a terra tenendole l’altra mano sul petto. La morbidezza della sua pelle era una sensazione nuova, che gli faceva vibrare i palmi di elettricità. Si chinò al suo orecchio con atteggiamento a metà fra il minaccioso e il seducente. –Sei l’unica vampira che abbia mai creato. – soffiò. Sentì il petto della vampira svuotarsi dell’aria sotto di lui. Ah, allora anche lui aveva un qualche effetto su di lei. –Toglimi una curiosità, cosa pensavi che fossi, quando mi hai visto in quel vicolo? – chiese sfiorandole l’orecchio con le labbra. Fu distratto dal suo stesso gesto, e Faith ne approfittò per spingerlo lontano. Sebastian si ritrovò con la schiena premuta contro un albero, proprio come prima aveva fatto lui con Faith. Allora capì che la vampira sapeva perfettamente di avere un ascendente su di lui. Le labbra rosse e carnose della donna gli sfiorarono il collo mentre parlava, soffiando scintille sulla sua pelle di ghiaccio. Sebastian sentì il proprio autocontrollo vacillare. –Ho pensato che eri bello. Bello come un demonio. – gli occhi rossi tornarono a fissarsi gli uni negli altri. –Perspicace. – Sebastian sorrise. Faith lo schiaffeggiò, veloce, con forza. Sebastian drizzò immediatamente la testa, si divincolò dalla sua stretta e la avvolse tra le braccia impedendole di scappare. Era incredibile come il suo corpo fosse morbido e caldo, la temperatura della vampira pareva perfettamente accordata alla sua, la sua pelle un velo di seta sottile. Ma questo non gli fece dimenticare la rabbia per il colpo subito. La tenne a pochi centimetri da sé, sapendo che non sarebbe riuscito a controllarsi se i loro corpi si fossero sfiorati di nuovo. –Perché mi hai colpito? – lo sguardo di Faith mandava lampi, proprio come il suo. –Perché mi hai trasformato. E ora voglio saperne il motivo. – Sebastian conosceva perfettamente la risposta a quella domanda. Ma non era ancora il momento di dirla. Il sole era sorto, cominciò a filtrare nella radura e illuminò i loro volti, facendoli brillare come diamanti. Sebastian strinse le braccia, premendo il corpo di Faith contro di sé, folgorato dalla sua bellezza sconvolgente. –Se il tuo cuore battesse ancora, so che potrei sentirlo. – sussurrò fissandola negli occhi. Vide l’ombra di un sorriso affacciarsi sul volto sfolgorante della mora. –Perspicace. – disse e stavolta sorrise davvero. Sebastian fu distratto da quel sorriso perfetto, solo per un istante. Faith lottò per liberarsi, lui lottò contro di lei. Si mossero al massimo della loro velocità, volteggiando per la radura come in una danza mortale. La tensione che li avvolgeva era palpabile, entrambi aspettavano la goccia che avrebbe fatto rompere la tensione superficiale, che avrebbe sgretolato quella determinazione rabbiosa a non lasciarsi sopraffare che non gli permetteva di smettere di lottare. Si ritrovarono ai lati opposti della radura, entrambi acquattati in posizione difensiva, lui nella luce del sole, lei nell’ombra. Faith si sfiorò le labbra con i denti appuntiti e Sebastian pensò che avrebbe voluto stringere quella carne rossa nella propria bocca per l’eternità. Sebastian si ravviò i capelli folti e scuri e Faith pensò che voleva sentirne la morbidezza fra le dita, e tirarli fino a fargli piegare la testa sulle proprie labbra. Ringhiarono e si scagliarono l’uno contro l’altra. Le dita di Faith lacerarono il pullover di Sebastian, ma fu lui ad averla vinta. Tornò ad avvolgerla con le braccia, ad immobilizzarla contro il proprio corpo di granito. Le unghie di Faith stridettero sul suo petto marmoreo e lui desiderò che potessero graffiarlo. Abbassò il viso a pochi centimetri da quello di lei, che gli teneva ancora le mani sul petto ormai nudo. Studiò la forma delle sue labbra, scoprendo alcune piccole gocce di sangue che ancora le macchiavano. Il suo profumo lo avvolgeva. Faith lo guardò negli occhi, le iridi rosse erano ridotte a un cerchio sottilissimo, le pupille completamente dilatate. Odiò la sua esitazione, desiderando che la baciasse. –Tu mi hai tolto la vita. Dovrei odiarti. Invece l’unico ricordo nitido che ho della mia vita mortale è quello del tuo volto quella notte. – disse dura, facendo scivolare una mano tra i suoi capelli scuri. Sebastian sorrise, capendo che il momento che aspettava era arrivato. –Ti ho trasformata perché eri talmente bella che non sopportavo l’idea di ucciderti. – vide gli occhi della donna spalancarsi, non era decisamente la risposta che si aspettava. Ma era quella in grado di rompere ogni pretesa di astio tra di loro. Sebastian catturò le sue labbra, ansioso di assaggiarne il sapore, di sentire la vaga ombra di sangue che vi era rimasta. Faith soffiò un respiro freddo dentro di lui. I loro corpi, già stretti, impattarono e si incastrarono come se dovessero fondersi, la pelle dell’altro era un tizzone ardente sul ghiaccio delle loro membra. Il ghiaccio cominciò a bruciare, le loro mani vagavano senza sosta, troppo veloci, ansiose, premendo con abbastanza forza da lacerare i vestiti. Caddero in terra. Faith sfiorò con la lingua le labbra di Sebastian, che per tutta risposta le tirò il labbro inferiore coi denti. I loro gemiti, a metà fra ringhi e fusa, facevano vibrare i loro corpi intrecciati. Il calore che sentiva crescere nel suo petto immobile fece capire a Sebastian che non era solo la sua pelle a bruciare. Tutto lo strato di ghiaccio che aveva avvolto il suo cuore quando era stato morso da Esteban si stava sciogliendo, non solo, stava bruciando ed era ormai divenuto cenere anziché vapore. Dalle ceneri del suo cuore ne era nato uno nuovo, ardente e immobile, eternamente marchiato a fuoco con il nome di Faith.
I due vampiri erano immobili sotto la luce del tramonto. La radura era deserta, nessun animale osava avvicinarsi percependo la presenza dei due pericolosi predatori. Sebastian fissava il viso di Faith, sapendo che non si sarebbe mai stancato di farlo. –Perché sei tornata? – chiese. La mora gli accarezzò il viso, lasciandovi una scia di elettricità. –L’intento originale era vendicarmi e prendere il tuo territorio. – disse e scosse la testa, come se stentasse a credere di aver davvero desiderato di fargli del male. –E l’avresti governato da sola? – chiese ancora il vampiro, sfiorando con le labbra la cicatrice del proprio morso sulla spalla di lei. Faith annuì. Lui si avvicinò, fino ad essere a un soffio dalle sue labbra con le proprie. –Bé, lascia che ti dica una cosa, Faith. L’eternità è troppo lunga per passarla da soli. – lei si avvicinò rapendo con desiderio le sue labbra in un altro bacio, convinta che avesse ragione. Ma la loro eternità cominciava ora.
  
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