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Autore: MedusaNoir    31/03/2014    2 recensioni
Brienne Tarth, capo del Consiglio Studentesco, ha un problema che non riesce a risolvere; un problema biondo, arrogante e che risponde al nome di Jaime Lannister. Per causa sua, deve saltare ore di lezione e presentarsi quasi ogni giorno nell'ufficio del preside, ma l'"Headslayer" non pare curarsene: a lui importa solo poter fumare a scuola, fare impazzire i professori e stare il più possibile lontano dalla sorella Cersei, per la quale prova un amore che definisce "malato, folle".
Jaime si diverte a punzecchiare Brienne, che lo vorrebbe espulso dalla King's Landing High una volta per tutte, ma situazioni inaspettate potrebbero portare alla nascita di una nuova amicizia... e a trasformare Jaime Lannister in un vero "cuor di leone".
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Brienne di Tarth, Cersei Lannister, Jaime Lannister, Loras Tyrell, Renly Baratheon
Note: AU | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate
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Epilogo








Voleva solo rimanere a casa quella sera; chiudersi a chiave in camera fingendo di stare male, sotterrarsi sotto le lenzuola e leggere un buon libro. Forse in tv avrebbero passato perfino un bel film, una di quelle storie d’azione che tenevano con il fiato sospeso per due ore e mezza. Già, era quello che le ci voleva, non un’altra stupida commedia romantica come quella che aveva ingenuamente creduto potesse, un giorno o l’altro, prospettarsi per lei.

Solo che per le ragazze come Brienne Tarth non c’era un lieto fine – men che meno al prom. Renly non avrebbe ballato con lei e, se anche lo avesse fatto, avrebbe pensato tutta la sera a un’altra persona; buffo, avevano sempre detto a Brienne che aveva marcati lineamenti mascolini, eppure ora che essere uomo le avrebbe fatto comodo sentiva come mai la consapevolezza di essere una donna.

“Che importa? Avrebbe scelto Loras comunque.”

La voce di Lannister le rimbombò nella testa: «Non lo biasimo. E non biasimo nemmeno te. Non possiamo scegliere chi amare.»

Brienne affondò il volto nel cuscino, cercando di dimenticare quelle ultime settimane. E il suo aspetto virile, e le spalle larghe, e la consapevolezza di essere più brava a minacciare un uomo che a farlo cadere ai suoi piedi. Da bambina aveva perfino preso lezioni di scherma, dopo che suo padre aveva realizzato che la piccola Brienne non faceva una bella figura in un delicato tutù rosa.

“Se fossi nata in un’altra epoca, avrei potuto fare il cavaliere. Avrebbero comunque deriso una donna in armatura, ma avrei reagito puntandogli la spada contro. In un’altra epoca, forse, sarei stata felice.”

Qualcuno bussò alla porta; intuendo chi fosse, Brienne si limitò a mormorare: «Avanti.»

Come si era aspettata, sulla soglia della camera comparve suo padre. «Hai una visita, Bree.»

Brienne si puntellò con i gomiti sul materasso. Selwyn Tarth, che era rimasto profondamente deluso dalla decisione della figlia senza tuttavia ostacolarla, appariva ora in preda a sentimenti contrastanti: nervoso, speranzoso, lievemente contrariato e allo stesso tempo determinato a essere felice per qualsiasi scelta di Brienne.

“Sarà Baelish” rifletté lei scendendo dal letto e dirigendosi verso il corridoio. “O forse Catelyn, ma è più probabile che sia un uomo, se papà ha riacceso le speranze di vedermi uscire stasera. Resterà deluso: saranno venuti a chiedermi una mano per un problema inaspettato alla festa…”

Smise di pensare quando raggiunse le scale. Da lì poteva perfettamente vedere la persona che era in piedi di fronte agli ultimi gradini, un ragazzo biondo in abito elegante che teneva una campanula nel taschino della giacca e che si reggeva a una stampella; il visitatore dovette udire i suoi passi, perché si voltò verso la scala e fissò contrariato Brienne.

«Non sei ancora pronta? Quanto ti ci vuole a infilare un abito?»

«Lannister» mormorò incredula Brienne. «Che ci fai qui?»

«Ti porto al ballo» si limito a rispondere lui stringendosi nelle spalle.

«Non è uno scherzo divertente.»

«Già, è proprio uno scherzo. Sai, non vedevo l’ora di architettarne uno del genere: buttarmi giù dal letto, uscire vestito elegantemente con una bella stampella a coronare la splendida visione di me, noleggiare una limousine…»

Brienne spalancò gli occhi. «Una limo…? Dove hai trovato chi ti noleggiasse una limousine a quest’ora?»

Lannister sorrise beffardo. «Sono un Lannister, ricorda. Ottengo sempre quello che voglio, e ora quello che voglio è che tu ti infili lo splendido abito che sicuramente tuo padre ha comprato per te, che ti metta una costosissima collana di zaffiri e che venga al ballo con me.»

«Io… io non vengo, Lannister. Ho delegato i miei compiti agli altri membri del Consiglio Studentesco…»

«Chi se ne frega: tu verrai come ospite, non come organizzatrice. Non è d’accordo, signor Tarth?»

Solo in quel momento Brienne si ricordò della presenza del padre alle sue spalle. Lo guardò e notò un’espressione incerta sul suo volto, ma quando si rivolse a Brienne parlò con la sua tipica sincerità: «Ha ragione. Vai, o lo rimpiangerai per sempre.»

A quel punto lei non trovò altra via d’uscita che tornare in camera ed eseguire gli ordini. Stentava ancora a credere che suo padre e Jaime Lannister avessero unito le forze per spronarla a presentarsi al prom; continuò a rifletterci mentre indossava l’abito blu appeso alla finestra, mentre si sistemava i capelli corti e calzava un paio di scarpe con il tacco basso. Quando infine si guardò allo specchio, pensò di sembrare un fenomeno da baraccone, ma si fece forza e scese al piano inferiore.

Lo sguardo di suo padre non tradiva altro se non orgoglio e per un istante Brienne temette di piangere. Concentrò la propria attenzione su Lannister, che persisteva a fissarla con quel sogghigno irritante.

«Tieni» disse Selwyn, prendendo un girocollo di zaffiri e legandolo intorno al collo della figlia.

«Papà, non posso…»

«Hai ragione: devi

Arrossendo, Brienne lasciò che suo padre facesse il suo lavoro e poi si voltò per abbracciarlo. Con la coda dell’occhio notò che Lannister attendeva in silenzio, anche lui con un dono nella mano libera.

«Il braccio è guarito qualche giorno fa, ma rischia di rompersi di nuovo sotto tutto questo peso» scherzò, porgendole una scatola trasparente. «È un corsage. Va legato sul polso.»

«So cos’è un corsage

«E allora smetti di fissarlo e indossalo.»

Ma Brienne continuava a fissare il pacchetto, ora nelle sue mani, senza accennare ad aprirlo. Fu Lannister a doverlo fare.

«Santo cielo, donzella, non sei neanche in grado di accettare un regalo?» la prese in giro mentre le legava il corsage sul polso destro. «Questo è stato difficile da rintracciare anche per me, devo ammetterlo. “Noi non facciamo corsage con le campanule…” “Voi non farete più corsage, se lo verrà a sapere mio padre” ho detto io. Non che abbia intenzione di lamentarmi con lui, ma è sempre divertente vedere l’effetto che quella minaccia ha sulle persone: mezz’ora dopo le campanule erano state trovate e il pacchetto era pronto.»

Brienne ora si guardava il polso, incredula più che mai, tuttavia si costrinse a rivolgersi a Lannister quantomeno per ringraziarlo. «Lannister, io… io ti ringrazio.»

«Oh, quanto sei formale! Avresti potuto farlo in modo più originale. Prendi questo corsage

«Che intendi dire?»

«Non mi chiedi perché proprio le campanule?» Lannister sorrise ancora una volta, ma ora non c’era niente di beffardo nella sua espressione. «È un segno di gratitudine, Tarth.»

Brienne non seppe cosa dire, ma il volto avvampò. Si girò verso suo padre e lo abbracciò ancora una volta per evitare che Lannister si accorgesse del suo imbarazzo, poi seguì il suo accompagnatore nella limousine che aspettava fuori dalla villa; dovette rallentare quando si accorse di avere superato Lannister, che arrancava con la sua stampella, così prese il suo braccio libero e lo aiutò a raggiungere l’auto.

 

*****

 

Erano rimasti in silenzio per tutta la durata del viaggio, Tarth che guardava ostinatamente fuori dal finestrino e Jaime che fissava il sedile vuoto di fronte, battendo di tanto in tanto con la punta del bastone sulle gambe di un ingombrante tavolinetto. Quando apparvero le luci bianche che decoravano l’esterno della scuola, Jaime notò che Tarth cercava goffamente di sistemare il corsage, di aggiustarsi la corta capigliatura bionda e di lisciare le lievi pieghe del vestito. “Sembra un orso in abito da sera” rifletté lui. Ma dovette ammettere che il blu dei suoi occhi era straordinario.

«Aspetta» le disse quando lei poggiò la mano sulla maniglia dello sportello. Attese che l’autista aprisse il suo, girò lentamente intorno alla limousine appoggiandosi alla stampella e, come si conveniva a un cavaliere, aprì la portiera per consentire alla sua dama di scendere. «Lasciami fare il gentiluomo.»

«Non serviva» bofonchiò Tarth, ma afferrò la sua mano e lo seguì verso l’entrata della palestra. Forse non lo lasciò andare perché temeva che potesse crollare a terra, appena uscito dalla fase di guarigione, e Jaime le fu grato perché sarebbe andata certamente così.

Fu divertente notare gli sguardi che lanciarono loro gli studenti, fu divertente anche vederli parlare l’uno all’orecchio dell’altro. Com’era possibile che il rispettabile capo del Consiglio Studentesco fosse venuta al ballo in compagnia di un ragazzaccio come Jaime Lannister? E com’era possibile che lui avesse scelto come dama una donna così brutta?

“Non potevo scegliere Cersei.”

Come era ormai diventata abitudine negli anni e soprattutto negli ultimi giorni, Jaime si impose di non pensare a sua sorella e cercò di concentrarsi sulle decorazioni del prom.

“Devo dire che hanno fatto davvero le cose in grande.”

Decorazioni di ghiaccio artificiale pendevano dal soffitto lungo le finestre, mentre le luci bianche che abbellivano anche l’esterno della palestra erano posizionate lungo tutto il perimetro del soffitto; i tavoli brulicavano di cibo di ogni genere e perfino il punch era di un colore azzurro chiaro. La combriccola di Robert Baratheon – di Robert, non di Cersei, perché non doveva pensare a Cersei, no – non era ancora arrivata, ma c’erano già parecchie persone. Quando Jaime si voltò per chiedere a Tarth se quell’entrata in scena le fosse piaciuta, vide che Catelyn Tully stava venendo verso di loro.

«Brienne» disse, rivolgendo uno sguardo confuso a Jaime. «Non credevo saresti venuta stasera. Come stai?»

Tarth arrossì e Jaime non seppe se fu per una bugia che doveva essere appena stata scoperta o per la mano che continuava a stringere la sua. «Meglio» rispose. «Credevo di essere influenzata o… o qualcosa del genere. Ma poi è passato.»

“Che bugia del cazzo.”

«Ah, allora è così. Temevo che fosse uno scherzo di cattivo gusto ideato da Petyr per essere l’unico ad avere il controllo della situazione qui.»

«Non voglio toglierglielo. Sono qui solo come ospite.»

A quel punto Catelyn lanciò di nuovo un’occhiata contrariata a Jaime, che per tutta risposta agitò la mano nella sua direzione e le regalò un sorriso gioviale. Forse così avrebbe pensato che doveva essersi completamente rimbecillito anche lui, oltre a Brienne Tarth.

«Beh… Allora vado, devo lasciare al dj la lista delle canzoni per la serata, stamattina Lysa mi ha messo nella borsa quella sbagliata. Per questa stupidaggine Ned e io abbiamo dovuto abbandonare la cena prima che finisse. Allora… Divertitevi.»

“Non è certo avara di occhiatacce” pensò Jaime, cogliendo il terzo sguardo lancinante che Catelyn gli lanciò.

«Allora, donzella, ci gettiamo in pista?»

Tarth lo fissò con quegli incredibili occhi blu, senza tuttavia dargli una risposta. «Cosa?»

«Balliamo?»

«Io non so ballare.»

«Figurati io, ho tolto il gesso ieri!»

«No, io… Non voglio ballare, Lannister.»

«D’accordo, allora andiamo a prendere del punch, vuoi?»

«Lannister.» Brienne lo fermò prima che procedesse verso il buffet. Teneva gli occhi fissi al pavimento. «Perché mi hai invitata al ballo?»

“Perché mi incuriosiva sapere che reazione avrebbero avuto i nostri compagni. Perché ballare con una stampella non sarebbe stato abbastanza comico. Perché volevo vedere un orso in abito da sera.”

«Ti ho vista in sogno» si limitò a rispondere.

 

*****

 

«Brienne!»

Riconobbe subito quella voce ed ebbe l’istinto di voltarsi prima ancora di ricordare di darsi un contegno, di non apparire come se si appigliasse disperatamente all’affetto che provava per lui, di serrare le labbra ed evitare di fissarlo con un’espressione inebetita e distrutta. Renly le era corso incontro e aveva il disperato bisogno di parlarle, a giudicare dal modo in cui la stava fissando. Si diede della stupida perché il suo primo pensiero fu di non avere più le dita della mano destra intrecciate con quelle di Lannister.

«Renly» mugugnò imbarazzata, cercando qualcosa da osservare che non fossero la sua bocca e i capelli scuri, ma il ragazzo si spostò per poterla guardare negli occhi.

«Ho bisogno di parlarti in privato, posso?»

Brienne cercò di farsi forza: sapeva benissimo di cosa Renly avesse urgenza di discutere e anche quanto male le avrebbe fatto sentirlo – come se vederlo non fosse stato abbastanza. Dando una rapida occhiata alla palestra, si accorse che Lannister doveva essere ancora in bagno, perché non si vedeva da nessuna parte, né nei pressi del buffet né accanto all’entrata. O forse era uscito a fumare, fregandosene ancora una volta delle regole.

Annuì e seguì Renly nel primo corridoio disponibile.

«Ti ho cercata ieri…»

«Stavo male» mentì Brienne, consapevole tuttavia che ogni bugia le causasse un lieve rossore sul volto. «Non credevo neppure di venire stasera.»

«Oh, mi dispiace. Come stai adesso?»

Perché Renly era così premuroso? Perché non arrivava al punto, invece di soffermarsi a chiederle se fosse guarita? Perché doveva farla innamorare di sé ancora una volta, come aveva fatto ogni giorno da quando si erano conosciuti, da quando il primo anno Brienne era inciampata nei lacci delle scarpe e lui era stato il solo, nel cortile della scuola, a evitare di ridere e ad aiutarla a rialzarsi?

«Sto bene, non c’è bisogno di preoccuparsi» liquidò rapidamente la faccenda.

«Brienne.»

Si era voltata, evitando di nuovo il suo sguardo, ma si rese conto di quanto quel comportamento apparisse infantile, così vomitò le parole che Renly voleva sentirsi dire.

«Non volevo spiarvi, ti stavo solo venendo a cercare dal preside. Te lo giuro, non lo dirò a nessuno, sarò riservata. Io…»

Senza darle il tempo di accorgersene, Renly la abbracciò.

«Spero di non essere cambiato ai tuoi occhi.»

“Non ho più speranze.”

«So che la gente mormora di me e Loras, ma non voglio che i miei fratelli ne abbiano la certezza…»

“Io ce l’ho, invece, e fa terribilmente male.”

«Deridermi sarebbe il minimo: so che non accetterebbero i miei sentimenti, so che mi darebbero del… malato

“Di malato c’era solo il pensiero che qualcuno potesse innamorarsi di me.”

«Non voglio che anche tu mi veda così. Un malato, un pervertito.»

“Non potrei mai.”

«Non potrei mai» ripeté Brienne ad alta voce, ritrovandosi a ricambiare la stretta di Renly. Si aggrappò alle sue spalle, cercando di trattenere le lacrime.

Il ragazzo la lasciò andare dopo qualche secondo, sorridendo e accarezzandole i capelli biondi. «Tengo molto alla tua opinione, Brienne. Tengo alla tua amicizia.»

Fu troppo: Brienne si slacciò completamente dal suo abbraccio, dandogli le spalle per impedirgli di vedere i suoi occhi rossi e cercando di riacquistare un respiro regolare. «Devo tornare.»

«Io andrò via, invece. Qui hanno tutto sotto controllo e, per quanto mi piacciano i festeggiamenti, c’è qualcuno che mi aspetta. Se mi eleggeranno, che altri si predano pure la mia corona. Ti auguro un buon proseguimento di serata.»

«Bu-buona se…»

«Ah, Brienne!»

Consapevole di essere abbastanza lontana perché lui non potesse scrutarle bene il volto, Brienne si girò. «Sì?»

«Chi è il tuo accompagnatore?»

«Jaime Lannister» rispose dopo un attimo di esitazione.

Non si aspettava che Renly avrebbe sorriso e ne fu sorpresa; si sentì come se le stesse leggendo nel più profondo della mente, era questa la sensazione che dava il suo sguardo. «Sono felice per te.»

Lo osservò allontanarsi dopo un rapido cenno di saluto con la mano, finché non fu uscito completamente dalla sua vista, poi rientrò in palestra. E rischiò di scontrarsi con Lannister.

«Dove ti eri cacciata?» le chiese, aggrottando la fronte.

«Stavo… cercando una cosa» rispose evasiva Brienne.

«Sai che quando menti arrossisci? Ehi, cos’hai fatto agli occhi?»

Con uno scatto mosse la testa verso destra, in modo da impedire che Lannister capisse che aveva pianto. Lui la fissò per qualche momento, poi le afferrò di nuovo la mano. «Prima non abbiamo fatto la foto di rito. Andiamo, ora è libero, e…» Si bloccò, fissando l’arco floreale sotto cui Robert Baratheon e Cersei Lannister si erano appena abbracciati in una posa degna di due regnanti. Brienne notò che Jaime aveva serrato la mascella per una frazione di secondo, prima di proseguire: «Aspetteremo che abbiano finito. Altro punch?»

 

*****

 

Cersei volteggiava leggiadra nella pista da ballo, sorridendo al ragazzo che la teneva fra le braccia; di tanto in tanto Robert la concedeva senza riluttanza ad altri cavalieri e anche a loro lei elargiva sorrisi e sguardi languidi. I suoi capelli biondi erano acconciati in un elegante chignon proprio come nel sogno di Jaime, con due ciocche ricce che le ricadevano delicate ai lati del volto. Al polso aveva una rosa rossa. Per diversi minuti Jaime dimenticò di essere al ballo con un’altra ragazza, per un momento ebbe perfino l’istinto di gettarsi tra le braccia di sua sorella prima che lei scegliesse un nuovo cavaliere, ma lo represse e si voltò verso Brienne.

«Non avete proprio voglia di danzare, milady?»

«Non sono una lady.»

«No, non lo sei. Sei un cocciuto capo del Consiglio Studentesco che sogna solo di scappare via da qui»

Tarth sembrava perfino sorpresa che lui avesse indovinato. Non che potesse essere altrimenti: lei e Jaime non erano fatti per vivere a King’s Landing; in realtà non erano fatti per vivere tra le persone. Stava per rispondere alla sua espressione stupita quando fu interrotto dal fischio che annunciava l’accensione di un microfono.

«Prova, prova…» echeggiò tra le pareti della palestra la voce di Lysa Tully. «Bene, direi che possiamo cominciare!»

«Abbiamo cominciato ore fa, stupida gallina» commentò Jaime a bassa voce.

Tarth, accanto a lui, aveva aggrottato la fronte. «Dovrebbe esserci Baelish al suo posto.»

«Eccoti servita.» Jaime le indicò il ragazzo tronfio e soddisfatto che era appena salito sul palco.

«Il nostro caro Petyr» riprese Lysa, e dicendo quelle parole rivolse a Ditocorto uno sguardo carico di desiderio «mi ha concesso di annunciare il re e la reginetta del ballo di stasera.»

“Ma guardatela: sembra che non veda l’ora di farsi sbattere al muro da quel piccoletto!”

«Ho pensato che fossi la persona più adatta» disse Ditocorto, donandole un sorrisetto complice. Le gote di Lysa arrossirono, ma Jaime non trovò nulla di eccitante in quelle parole. «Come si suol dire, prima le signore» aggiunse poi il ragazzo sul palco. Consegnò una busta da lettera dorata all’annunciatrice, che storse il naso vedendo il nome all’interno, ma immediatamente sostituì il suo disappunto con un’espressione raggiante che non avrebbe potuto essere più falsa di così.

«La reginetta del prom di quest’anno è… CERSEI LANNISTER!»

Gli applausi scrosciarono nella palestra mentre gli studenti più vicini al palco si allargavano per fare posto alla reginetta della scuola. Cersei sembrava ancora più bella di poco prima, quando per un momento era rimasta sola e Jaime aveva esitato, e non si profuse in espressioni meravigliate o in ringraziamenti eccessivi mentre raggiungeva Lysa e Ditocorto; salì con grazia sul palco, afferrando la mano di Baelish, e sorridendo alla folla attese che la sua amica le posasse sul capo la coroncina di veri diamanti: alle King’s Landing High amavano fare le cose in grande.

«Vi ringrazio di avermi scelta» disse Cersei al microfono, mostrandosi compiaciuta, ma non troppo. Felice e basta. Poggiò per un istante le dita della mano sinistra sulla coroncina, come ad aggiustarsela sulla testa, ma quel gesto fu chiaro a chi, come Jaime, la conosceva da una vita: Cersei stava toccando ciò che era suo, immensamente soddisfatta di sé, e non aveva mai avuto il dubbio di fallire nell’impresa di ottenerlo. «Sono fiera di rappresentare questa scuola e ringrazio l’intero Consiglio Studentesco, e in particolar modo Petyr Baelish, per la serata di successo che hanno organizzato. E grazie di nuovo a tutti voi per averla fatta funzionare.» Elargì ai suoi sudditi un secondo e più largo sorriso, poi rimase in silenzio, attendendo che Lysa annunciasse il nome di Robert.

“Pensa come ci rimarrebbe male se dovesse aprire le danze con Loras Tyrell” pensò Jaime. “A Robert non fregherebbe un cazzo, ma a Cersei non piacciono gli imprevisti.”

Nonostante come lo aveva trattato, nonostante quel bacio che per pochi, splendidi istanti lo aveva riempito di speranza e che si era rivelato essere solo frutto di una scommessa, Jaime non riusciva ad avercela completamente con lei; vedeva i suoi difetti come aveva sempre fatto, ma era se stesso che biasimava. Per l’ennesima volta, si vergognava di essere la persona che era.

«È giunto il turno di eleggere il re!» esclamò Lysa con voce ancora più squillante. Aprì la busta, gettò una rapida occhiata al suo interno e annunciò: «JAIME LANNISTER!»

Non aveva sentito bene. Tra il brusio della folla che circondava lui e Tarth, la voce negli altoparlanti gli era arrivata così indistinta da fargli credere che Lysa avesse chiamato il suo nome; eppure gli studenti ora guardavano nella sua direzione, sorpresi e in attesa, ma Jaime dovette prima notare lo stupore sul volto della sua dama per rendersi conto di avere capito bene.

«Su, Headslayer, sali sul palco!» lo spronò Lysa, facendogli segno di raggiungerli.

A Jaime quella buffonata non piaceva affatto. Non gli piaceva il clima di festa, non gli piacevano i poveri idioti costretti a noleggiare limousine pur di portarsi a letto le loro dame, non gli piaceva essere al centro dell’attenzione per qualcosa di cui non gli fregava niente; si era precipitato a casa di Tarth per metterla in guardia dallo scherzo che Cersei e le sue amiche le stavano preparando, ma a metà strada aveva deciso di accompagnarla, se necessario, e di cercare di non perderla mai di vista in modo da evitarle l’imbarazzo, quando ne sarebbe arrivato il momento.

Jaime odiava quelle buffonate, ma Jaime odiava anche se stesso e ancor più odiava le emozioni che le dava stare accanto a sua sorella, per questo non si fermò a riflettere mentre avanzava lentamente verso il palco, per questo non lo sfiorò l’idea di andarsene da lì senza reclamare la sua corona.

“Una corona che non merito” pensò e ne fu certo quando, finalmente sul palco, vide con la coda dell’occhio la mascella serrata di Cersei e udì Lysa sussurrarle maligna: «Non mi hai fornito prove: me lo devi.»

Jaime non si accorse nemmeno di chi fu a mettergli la corona in testa, era troppo concentrato a guardare Cersei, che ora era tornata a elargire sorrisi alla folla sotto il palco. Poi, d’un tratto, sua sorella incontrò il suo sguardo. Jaime avrebbe voluto baciarla lì, davanti a tutti, mandando a fottersi quelle leggi che gli vietavano di essere felice con lei.

“Ma lei lo sarebbe, con me?”

«Vuoi dire qualcosa, Headslayer?» gli chiese Lysa, riportandolo alla realtà. Alla consapevolezza che Cersei non avrebbe mai ricambiato il suo bacio, non importa quanto affetto provasse per lui.

«Credo che Cersei abbia già detto tutto» rispose, sorridendo sornione.

Sembrava che Lysa stesse godendo di ogni singolo momento passato sullo stesso palco dai due gemelli e Jaime ebbe l’impulso di buttarla giù dal palco. In uno dei suoi sogni l’aveva fatto, quando Cersei era regina di un vasto continente e aveva una relazione incestuosa con il fratello; era stato perfino un bambino quello che Jaime aveva spinto giù da un torre.

“E se l’ho fatto con un bambino, figuriamoci quante volte lo farei con Lysa Tully.”

«Diamo di nuovo inizio alle danze, allora!» esclamò Ditocorto.

Jaime dovette poggiarsi a Cersei per riuscire a scendere le scale del palco e la mano della gemella sulla sua schiena era calda, così in contrasto con la sua abituale freddezza, e quando furono in pista lo costrinse ad abbandonare la stampella e a farsi portare da lei.

«Dovrebbe essere l’uomo a condurre» le fece notare con una smorfia.

«L’uomo finge sempre di farlo, ma è la donna a muovere entrambi» rispose Cersei, restituendogli anche la smorfia.

Sembra di guardarsi allo specchio. In un specchio splendido, però, privo di imperfezioni e indicibilmente magnifico. Jaime amava quello specchio, lo amava con ogni parte del suo corpo, ma era costretto a guardarlo e basta, come si faceva con tutti gli specchi. Credeva che avrebbe tremato stando tanto vicino a sua sorella, ma la stretta dietro la sua schiena era salda, lui si sentiva al sicuro. Come poteva? Non ne aveva idea, forse stava davvero ballando con uno specchio e non se n’era reso conto.

«Brienne la Bella, eh?» chiese infine Cersei dopo diversi minuti di silenzio in cui aveva cercato di distogliere lo sguardo dal suo, ostinatamente fissato su quegli occhi verdi. «Era l’unica dama disponibile un’ora prima del ballo?»

«Ero io l’unico cavaliere rimasto disponibile, per sua sventura. E suo padre aveva una tale bella collana di zaffiri da farle indossare che non ho avuto il coraggio di costringerlo a lasciarla nella scatola.»

Cersei storse la bocca, pensierosa, e di nuovo concentrò lo sguardo su qualcosa che non fosse il volto del fratello. «Lysa me la pagherà.»

«Ne ero certo.»

«No, Jaime, sono seria, non mi è piaciuto questo scherzetto ai tuoi danni.»

«Tu hai fatto di peggio.»

Non le diede il tempo di ribattere, perché la canzone era finalmente finita e lui poté lasciarla andare in mezzo alla pista, zoppicando fino alla stampella che Tarth stava custodendo per lui.

 

*****

 

Quando Lannister disse all’autista di accostare, Brienne si guardò intorno e riconobbe la strada parallela a quella dove si trovava la sua abitazione; doveva avere un’espressione perplessa, perché non appena il suo cavaliere le aprì la portiera e la vide le rivolse un sorrisetto beffardo.

«Hai paura che voglia ucciderti e rubarti il vestito?»

Brienne scese dalla limousine trattenendo i lembi della gonna, perché temeva che la sua inesperienza con abiti tanto femminili rischiasse di rovinare il regalo di suo padre. «Perché ci siamo fermati qui?»

«Volevo passeggiare, ti va?»

Annuì e lo seguì lungo il marciapiede. Avrebbe potuto trovare strano il comportamento di Lannister, se solo non lo fosse stato da quando si era presentato a casa sua. Jaime Lannister, l’Headslayer, era venuto a prenderla con una limousine e un corsage per portarla al prom: difficile immaginare una scena più surreale. Quella serata era così strana che raramente Brienne si ritrovò a pensare alle parole di Renly e non le venne mai il tremendo desiderio di scoppiare a piangere.

«Ti sei divertita?» le chiese Lannister, camminando con le mani nelle tasche dei pantaloni neri. La campanula si distingueva ancora sulla sua giacca e istintivamente Brienne portò le dita al corsage stretto al polso.

«È stata una bella serata.»

«“Poteva andare peggio”: è quello che stai pensando, vero?»

«Non avrei mai pensato di andare al ballo con te» rivelò Brienne.

Lannister la guardò negli occhi blu. «Io non avrei mai pensato di andarci, con te o con qualunque altra persona. Ma a quanto pare siamo destinati a sbagliarci!» Ridacchiò e a lei parve così sinceramente divertito che azzardò un sorriso.

Camminarono l’uno a fianco all’altra fino al vialetto dell’abitazione di Brienne e si fermarono sotto la porta. Brienne trafficò con le chiavi, alla ricerca di quella giusta.

«Tuo padre è rimasto alzato ad aspettarti?» le chiese intanto Lannister, appoggiando una spalla al muro.

«Mi ha scritto un messaggio: è andato a guardare la partita da un suo amico, credo che non sia ancora tornato.» Finalmente trovò la chiave giusta e la infilò nella toppa. Quando la ebbe girata, si voltò a guardare Lannister e si chiese se si aspettasse di essere invitato dentro; lui, però, l’anticipò.

«È ora di andare, non riesco più a stare in piedi.» Si sfilò la campanula dal taschino e la porse a Brienne. «Tienila tu, non starebbe bene nella camera di un ragazzo.»

Brienne l’afferrò. «Grazie per la serata.»

Lannister la stava di nuovo scrutando negli occhi, in silenzio. Alla fine si girò verso il vialetto. «È stato un piacere, Tarth. Metti una buona parola per me con il preside, mi raccomando, ché non vorrei ci pensasse mio padre.»

Brienne rimase a osservarlo mentre si allontanava e, quando fu quasi sparito dalla sua vista, stava per entrare in casa nel momento in cui dall’altra parte della strada notò una figura che le faceva segno di raggiungerla.

«Qui!» stava quasi sussurrando, ma per Brienne fu facile capire cosa le stesse dicendo. Guardandola meglio, si accorse che si trattava di Walda Frey. Era sul marciapiede, accanto a un cespuglio che la nascondeva per metà, e da come le faceva segno Brienne intuì che dovesse esserci qualche problema con il vestito, perché la ragazza non accennava a muoversi: forse era rimasta incastrata in uno dei rami che sbucava dal cespuglio e non aveva voluto farsi vedere da Lannister in quelle condizioni. “L’avrebbe presa in giro a vita.”

Si avvicinò a lei, domandandosi anche da quando i Frey abitassero da quelle parti, ma a metà strada nel vialetto udì il rombo di un motore.

Due. Tre.

Sempre di più e sempre più vicini.

Intorno a lei comparvero le luci di una dozzina di fari che le puntavano contro; quando finalmente riuscì a vedere che cosa stesse fossero, scoprì dodici o tredici motociclette che cominciavano ad accerchiarla, salendo perfino sul prato della villa; Brienne, spaesata, cercò di ritornare verso la porta, ma un’altra moto si mise fra lei e l’abitazione.

Era in trappola.

 

*****

 

Qualcosa lo fece tornare indietro. L’istinto, il rombo di un motore o la strana nostalgia per quella campanula che aveva lasciato a Tarth. Forse fu il ricordo delle parole dette da Lysa quando lui era ancora immerso nei sogni, forse il desiderio di rivedere la sua dama – per dirle cosa, poi?

Tuttavia, non appena si girò e tornò a incamminarsi verso la villa di Tarth, Jaime ebbe la certezza di avere fatto la cosa giusta: le parole di The Bear and the Maiden Fair invadevano l’aria.

La gamba appena guarita gli faceva male, ma Jaime cercò di non pensarci e camminò più velocemente, zoppicando e imprecando a denti stretti. La scena che gli si presentò davanti, una volta giunto dove aveva lasciato Tarth, lo fece esplodere di rabbia.

Una trentina di studenti era affollata davanti alla villa e cantava a squarciagola, incitando con le braccia un gruppo di motociclisti che stava circondando Brienne Tarth. Quei teppisti erano vestiti come gli uomini che avevano aggredito la ragazza al parcheggio del Flea Bottom e Jaime riuscì perfino a distinguerne chiaramente un paio, che non si erano nemmeno presi la briga di indossare un casco per celare la propria identità. Avanzò ancora zoppicante verso alcuni studenti, tra i quali intravide Lysa e Walda, ma non Robert Baratheon. E nemmeno Cersei.

“Non ha mai amato sporcarsi le mani.”

«A bear there was! A bear, a bear! All black and brown and covered with hair!»

Afferrò il ragazzo che sembrava gridare più degli altri e lo afferrò per il colletto della camicia; nel farlo, la stampella gli cadde a terra, ma Jaime non se ne curò.

“Locke” lo riconobbe. Era uno studente del loro stesso anno, un poco di buono che pensava solo a fare casino.

«Smetti di correre e comb…» stava per urlare Locke, ma fu interrotto dall’azione improvvisa di Jaime.

«Che cazzo state facendo?!»

Locke sembrò sorpreso di vederlo. «Pensavo te ne fossi andato…» Non perse comunque l’espressione divertita e sicura di sé. «Che te ne pare di questo spettacolino, eh? Non sembra anche a te che questa canzone si adatti alla perfezione? L’orso Brienne la Bella!»

«And down the road from here to there, from here to there three boys, a goat and a dancing bear!»

Jaime strinse la presa, sollevandolo da terra. «Lasciatela andare» sibilò, rivolgendogli uno sguardo di fuoco.

«E perché dovremmo farlo? È così divertente! Loro se ne sono fottuti del tuo nome, vuoi provare a dirgli di chiamare il tuo paparino?»

Lo lasciò andare solo per tirargli un pugno in pieno volto. Locke cadde a terra, tra lo sguardo dei presenti, che ora si erano accorti dell’arrivo di Jaime. Lysa era impallidita.

«La vuoi, Headslayer?» gli chiese Locke, pulendosi con la manica della camicia il sangue che era cominciato a sgorgargli dal labbro superiore. «Va’ a prenderla.»

Jaime non se lo fece dire due volte.

«I called for a knight, but you're a bear! A bear, a bear! All black and brown and covered in hair!» cantavano ancora in pochi.

«Mettiti dietro di me!»

Tarth sussultò a quelle parole, non aspettandosi l’arrivo di Jaime, e lo guardò smarrita. «No!»

Come era solito fare, Jaime se ne fregò: la spinse dietro di sé, mettendosi fra lei e un motociclista che si era arrestato di fronte a loro; l’uomo continuava a far rombare il motore, dando l’impressione di essere pronto a investirli senza neanche dispiacersene.

«Togliti di mezzo!» gli urlò.

«Fottiti» si limitò a rispondere Jaime.

Il motociclista stava lasciando andare il freno, quando Walda Frey gridò: «FERMI!»

La canzone cessò immediatamente, così come il rombo dei motori si affievolì.

«Fa’ quello che ti pare» stava dicendo Walda a qualcuno, che Jaime ipotizzò essere Lysa «ma io non mi ci metto, contro i Lannister. E contro Cersei.»

Jaime provò un moto di sollievo quando Lysa diede ordine ai motociclisti di andarsene e lasciarli in pace: probabilmente aveva promesso loro una grande somma di denaro se avessero ubbidito a tutti i suoi ordini, perché loro non se lo fecero ripetere e riaccesero i motori solo per girarsi verso la strada. Quando lui e Tarth furono rimasti soli e anche la folla di studenti si fu dispersa, lasciando solo un prato devastato dalle ruote, Jaime si rese conto che non poteva più reggersi in piedi. Crollò a terra, udendo la gamba fare un suono che non gli piacque per niente, e subito Tarth corse da lui.

«Stai bene?» gli chiese allarmata. Forse temeva che le sarebbe svenuto tra le braccia come settimane prima, ma Jaime sapeva che non sarebbe andata così.

Le rivolse un sorriso beffardo. «Non mi spezzo tanto facilmente.»

«Io… io…» Tarth voleva piangere dall’umiliazione, ma non l’avrebbe mai fatto di fronte a lui, Jaime ne era certo.

«Un “grazie” basterebbe.»

«Grazie, Lannister. Grazie davvero.»

Jaime si tirò a sedere, posando la mano sul braccio di Tarth per farsi leva. Era brutta Tarth, con quelle lentiggini e i denti storti e la stazza di un giocatore di football, era brutta e quel vestito la rendeva solo più ridicola. Ma i suoi occhi blu erano i più belli che Jaime avesse mai visto.

«Jaime» le disse. «Il mio nome è Jaime.»











Eeeeeeee... ecco arrivati alla FINE!
...ma chi voglio prendere in giro, è palese che ci sarà un seguito, questi due non hanno sofferto abbastanza!
IO AMO IL PROM! Amo le cose sceme come le limousine, i corsage, gli inviti, i bei vestiti, l'elezione del re e della reginetta... AMO TUTTO! Dovevo inserirlo per forza. Bene, questa minilong è praticamente una teen comedy. Incest!Teen comedy. Wenchslayer!Teen comedy. Ad ogni modo, non fate mai leggere ciò a Martin.
Brienne che pensa che sarebbe stato meglio nascere nel Medioevo... beh, era di un'ironia tragica troppo bella per non essere messa. Ci sono diversi rimandi: Locke e la scena dell'orso nella serie tv, l'indecisione di Jaime prima del "Ti ho vista in sogno" del libro. Che poi, diciamocelo, "Ti ho vista in sogno" non si può sentire; avrei preferito "Ti ho sognata" o "Ho sognato di te" (traduzione letterale al massimo, quest'ulrima), ma volevo farvi ricordare proprio quella scena. Il finale, poi... Poteva essere altrimenti? Già l'ho dette nelle note di un'altra storia, nel mondo di Martin molto gira sui nomi, e con Jaime e Brienne più di tutti ("Sterminatore di Re", "Il mio nome è Jaime", "Il suo nome è Brienne", "Chiamala con il suo nome, chiamala Brienne"...), per sottolineare la loro ricerca di identità e questo è bellissimo. Jaime riesce finalmente a diventare un "cuor di leone", e il modo migliore per mostrare il suo cambiamento, a mio parere, era inserire quella frase.
Bene, detto ciò spero che la storia vi sia piaciuta! Grazie a chi l'ha appena cominciata e grazie ancor di più a chi mi sta seguendo da mesi, attendendo aggiornamenti che arrancavano a manifestarsi.
Grazie a tutti, e grazie ad Agne, fedelissima beta ♥

Medusa, a Lannister
   
 
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