Epilogo
Voleva
solo rimanere a casa quella sera; chiudersi a chiave in camera fingendo
di
stare male, sotterrarsi sotto le lenzuola e leggere un buon libro.
Forse in tv
avrebbero passato perfino un bel film, una di quelle storie
d’azione che
tenevano con il fiato sospeso per due ore e mezza. Già, era
quello che le ci
voleva, non un’altra stupida commedia romantica come quella
che aveva
ingenuamente creduto potesse, un giorno o l’altro,
prospettarsi per lei.
Solo
che per le ragazze come Brienne Tarth non c’era un lieto fine
– men che meno al
prom. Renly non avrebbe ballato con lei e, se anche lo avesse fatto,
avrebbe
pensato tutta la sera a un’altra persona; buffo, avevano
sempre detto a Brienne
che aveva marcati lineamenti mascolini, eppure ora che essere uomo le
avrebbe
fatto comodo sentiva come mai la consapevolezza di essere una donna.
“Che
importa? Avrebbe scelto Loras comunque.”
La
voce di Lannister le rimbombò nella testa: «Non lo
biasimo. E non biasimo
nemmeno te. Non possiamo scegliere chi amare.»
Brienne
affondò il volto nel cuscino, cercando di dimenticare quelle
ultime settimane.
E il suo aspetto virile, e le spalle larghe, e la consapevolezza di
essere più
brava a minacciare un uomo che a farlo cadere ai suoi piedi. Da bambina
aveva
perfino preso lezioni di scherma, dopo che suo padre aveva realizzato
che la piccola Brienne non faceva
una bella
figura in un delicato tutù rosa.
“Se
fossi nata in un’altra epoca, avrei potuto fare il cavaliere.
Avrebbero
comunque deriso una donna in armatura, ma avrei reagito puntandogli la
spada
contro. In un’altra epoca, forse, sarei stata
felice.”
Qualcuno
bussò alla porta; intuendo chi fosse, Brienne si
limitò a mormorare: «Avanti.»
Come
si era aspettata, sulla soglia della camera comparve suo padre.
«Hai una
visita, Bree.»
Brienne
si puntellò con i gomiti sul materasso. Selwyn Tarth, che
era rimasto
profondamente deluso dalla decisione della figlia senza tuttavia
ostacolarla,
appariva ora in preda a sentimenti contrastanti: nervoso, speranzoso,
lievemente
contrariato e allo stesso tempo determinato a essere felice per
qualsiasi
scelta di Brienne.
“Sarà
Baelish” rifletté lei scendendo dal letto e
dirigendosi verso il corridoio. “O
forse Catelyn, ma è più probabile che sia un
uomo, se papà ha riacceso le
speranze di vedermi uscire stasera. Resterà deluso: saranno
venuti a chiedermi
una mano per un problema inaspettato alla festa…”
Smise
di pensare quando raggiunse le scale. Da lì poteva
perfettamente vedere la
persona che era in piedi di fronte agli ultimi gradini, un ragazzo
biondo in
abito elegante che teneva una campanula nel taschino della giacca e che
si
reggeva a una stampella; il visitatore dovette udire i suoi passi,
perché si
voltò verso la scala e fissò contrariato Brienne.
«Non
sei ancora pronta? Quanto ti ci vuole a infilare un abito?»
«Lannister»
mormorò incredula Brienne. «Che ci fai
qui?»
«Ti
porto al ballo» si limito a rispondere lui stringendosi nelle
spalle.
«Non
è uno scherzo divertente.»
«Già,
è proprio uno scherzo. Sai, non vedevo l’ora di
architettarne uno del genere:
buttarmi giù dal letto, uscire vestito elegantemente con una
bella stampella a
coronare la splendida visione di me, noleggiare una
limousine…»
Brienne
spalancò gli occhi. «Una limo…? Dove
hai trovato chi ti noleggiasse una
limousine a quest’ora?»
Lannister
sorrise beffardo. «Sono un Lannister, ricorda. Ottengo sempre
quello che
voglio, e ora quello che voglio è che tu ti infili lo
splendido abito che
sicuramente tuo padre ha comprato per te, che ti metta una costosissima
collana
di zaffiri e che venga al ballo con me.»
«Io…
io non vengo, Lannister. Ho delegato i miei compiti agli altri membri
del
Consiglio Studentesco…»
«Chi
se ne frega: tu verrai come ospite, non come organizzatrice. Non
è d’accordo, signor
Tarth?»
Solo
in quel momento Brienne si ricordò della presenza del padre
alle sue spalle. Lo
guardò e notò un’espressione incerta
sul suo volto, ma quando si rivolse a
Brienne parlò con la sua tipica sincerità:
«Ha ragione. Vai, o lo rimpiangerai
per sempre.»
A
quel punto lei non trovò altra via d’uscita che
tornare in camera ed eseguire
gli ordini. Stentava ancora a credere che suo padre e Jaime Lannister
avessero
unito le forze per spronarla a presentarsi al prom; continuò
a rifletterci
mentre indossava l’abito blu appeso alla finestra, mentre si
sistemava i
capelli corti e calzava un paio di scarpe con il tacco basso. Quando
infine si
guardò allo specchio, pensò di sembrare un
fenomeno da baraccone, ma si fece
forza e scese al piano inferiore.
Lo
sguardo di suo padre non tradiva altro se non orgoglio e per un istante
Brienne
temette di piangere. Concentrò la propria attenzione su
Lannister, che
persisteva a fissarla con quel sogghigno irritante.
«Tieni»
disse Selwyn, prendendo un girocollo di zaffiri e legandolo intorno al
collo
della figlia.
«Papà,
non posso…»
«Hai
ragione: devi.»
Arrossendo,
Brienne lasciò che suo padre facesse il suo lavoro e poi si
voltò per
abbracciarlo. Con la coda dell’occhio notò che
Lannister attendeva in silenzio,
anche lui con un dono nella mano libera.
«Il
braccio è guarito qualche giorno fa, ma rischia di rompersi
di nuovo sotto
tutto questo peso» scherzò, porgendole una scatola
trasparente. «È un corsage.
Va legato sul polso.»
«So
cos’è un corsage.»
«E
allora smetti di fissarlo e indossalo.»
Ma
Brienne continuava a fissare il pacchetto, ora nelle sue mani, senza
accennare
ad aprirlo. Fu Lannister a doverlo fare.
«Santo
cielo, donzella, non sei neanche in grado di accettare un
regalo?» la prese in
giro mentre le legava il corsage
sul
polso destro. «Questo è stato difficile da
rintracciare anche per me, devo
ammetterlo. “Noi non facciamo corsage
con le campanule…” “Voi non farete
più corsage,
se lo verrà a sapere mio padre” ho detto io. Non
che abbia intenzione di
lamentarmi con lui, ma è sempre divertente vedere
l’effetto che quella minaccia
ha sulle persone: mezz’ora dopo le campanule erano state
trovate e il pacchetto
era pronto.»
Brienne
ora si guardava il polso, incredula più che mai, tuttavia si
costrinse a
rivolgersi a Lannister quantomeno per ringraziarlo.
«Lannister, io… io ti
ringrazio.»
«Oh,
quanto sei formale! Avresti potuto farlo in modo più
originale. Prendi questo corsage.»
«Che
intendi dire?»
«Non
mi chiedi perché proprio le campanule?» Lannister
sorrise ancora una volta, ma
ora non c’era niente di beffardo nella sua espressione.
«È un segno di
gratitudine, Tarth.»
Brienne
non seppe cosa dire, ma il volto avvampò. Si girò
verso suo padre e lo
abbracciò ancora una volta per evitare che Lannister si
accorgesse del suo
imbarazzo, poi seguì il suo accompagnatore nella limousine
che aspettava fuori
dalla villa; dovette rallentare quando si accorse di avere superato
Lannister,
che arrancava con la sua stampella, così prese il suo
braccio libero e lo aiutò
a raggiungere l’auto.
*****
Erano
rimasti in silenzio per tutta la durata del viaggio, Tarth che guardava
ostinatamente fuori dal finestrino e Jaime che fissava il sedile vuoto
di
fronte, battendo di tanto in tanto con la punta del bastone sulle gambe
di un
ingombrante tavolinetto. Quando apparvero le luci bianche che
decoravano
l’esterno della scuola, Jaime notò che Tarth
cercava goffamente di sistemare il
corsage, di aggiustarsi la corta
capigliatura bionda e di lisciare le lievi pieghe del vestito.
“Sembra un orso
in abito da sera” rifletté lui. Ma dovette
ammettere che il blu dei suoi occhi
era straordinario.
«Aspetta»
le disse quando lei poggiò la mano sulla maniglia dello
sportello. Attese che
l’autista aprisse il suo, girò lentamente intorno
alla limousine appoggiandosi
alla stampella e, come si conveniva a un cavaliere, aprì la
portiera per
consentire alla sua dama di scendere. «Lasciami fare il
gentiluomo.»
«Non
serviva» bofonchiò Tarth, ma afferrò la
sua mano e lo seguì verso l’entrata
della palestra. Forse non lo lasciò andare perché
temeva che potesse crollare a
terra, appena uscito dalla fase di guarigione, e Jaime le fu grato
perché
sarebbe andata certamente così.
Fu
divertente notare gli sguardi che lanciarono loro gli studenti, fu
divertente
anche vederli parlare l’uno all’orecchio
dell’altro. Com’era possibile che il
rispettabile capo del Consiglio Studentesco fosse venuta al ballo in
compagnia
di un ragazzaccio come Jaime Lannister? E com’era possibile
che lui avesse
scelto come dama una donna così brutta?
“Non
potevo scegliere Cersei.”
Come
era ormai diventata abitudine negli anni e soprattutto negli ultimi
giorni,
Jaime si impose di non pensare a sua sorella e cercò di
concentrarsi sulle decorazioni
del prom.
“Devo
dire che hanno fatto davvero le cose in grande.”
Decorazioni
di ghiaccio artificiale pendevano dal soffitto lungo le finestre,
mentre le
luci bianche che abbellivano anche l’esterno della palestra
erano posizionate
lungo tutto il perimetro del soffitto; i tavoli brulicavano di cibo di
ogni
genere e perfino il punch era di un colore azzurro chiaro. La
combriccola di
Robert Baratheon – di Robert, non di Cersei,
perché non doveva pensare a
Cersei, no – non era ancora arrivata, ma c’erano
già parecchie persone. Quando
Jaime si voltò per chiedere a Tarth se
quell’entrata in scena le fosse
piaciuta, vide che Catelyn Tully stava venendo verso di loro.
«Brienne»
disse, rivolgendo uno sguardo confuso a Jaime. «Non credevo
saresti venuta
stasera. Come stai?»
Tarth
arrossì e Jaime non seppe se fu per una bugia che doveva
essere appena stata
scoperta o per la mano che continuava a stringere la sua.
«Meglio» rispose. «Credevo
di essere influenzata o… o qualcosa del genere. Ma poi
è passato.»
“Che
bugia del cazzo.”
«Ah,
allora è così. Temevo che fosse uno scherzo di
cattivo gusto ideato da Petyr
per essere l’unico ad avere il controllo della situazione
qui.»
«Non
voglio toglierglielo. Sono qui solo come ospite.»
A
quel punto Catelyn lanciò di nuovo un’occhiata
contrariata a Jaime, che per
tutta risposta agitò la mano nella sua direzione e le
regalò un sorriso
gioviale. Forse così avrebbe pensato che doveva essersi
completamente
rimbecillito anche lui, oltre a Brienne Tarth.
«Beh…
Allora vado, devo lasciare al dj la lista delle canzoni per la serata,
stamattina Lysa mi ha messo nella borsa quella sbagliata. Per questa
stupidaggine Ned e io abbiamo dovuto abbandonare la cena prima che
finisse. Allora…
Divertitevi.»
“Non
è certo avara di occhiatacce” pensò
Jaime, cogliendo il terzo sguardo
lancinante che Catelyn gli lanciò.
«Allora,
donzella, ci gettiamo in pista?»
Tarth
lo fissò con quegli incredibili occhi blu, senza tuttavia
dargli una risposta.
«Cosa?»
«Balliamo?»
«Io
non so ballare.»
«Figurati
io, ho tolto il gesso ieri!»
«No,
io… Non voglio ballare, Lannister.»
«D’accordo,
allora andiamo a prendere del punch, vuoi?»
«Lannister.»
Brienne lo fermò prima che procedesse verso il buffet.
Teneva gli occhi fissi
al pavimento. «Perché mi hai invitata al
ballo?»
“Perché
mi incuriosiva sapere che reazione avrebbero avuto i nostri compagni.
Perché
ballare con una stampella non sarebbe stato abbastanza comico.
Perché volevo
vedere un orso in abito da sera.”
«Ti
ho vista in sogno» si limitò a rispondere.
*****
«Brienne!»
Riconobbe
subito quella voce ed ebbe l’istinto di voltarsi prima ancora
di ricordare di
darsi un contegno, di non apparire come se si appigliasse
disperatamente
all’affetto che provava per lui, di serrare le labbra ed
evitare di fissarlo con
un’espressione inebetita e distrutta. Renly le era corso
incontro e aveva il
disperato bisogno di parlarle, a giudicare dal modo in cui la stava
fissando.
Si diede della stupida perché il suo primo pensiero fu di
non avere più le dita
della mano destra intrecciate con quelle di Lannister.
«Renly»
mugugnò imbarazzata, cercando qualcosa da osservare che non
fossero la sua
bocca e i capelli scuri, ma il ragazzo si spostò per poterla
guardare negli
occhi.
«Ho
bisogno di parlarti in privato, posso?»
Brienne
cercò di farsi forza: sapeva benissimo di cosa Renly avesse
urgenza di
discutere e anche quanto male le avrebbe fatto sentirlo –
come se vederlo non fosse stato
abbastanza.
Dando una rapida occhiata alla palestra, si accorse che Lannister
doveva essere
ancora in bagno, perché non si vedeva da nessuna parte,
né nei pressi del
buffet né accanto all’entrata. O forse era uscito
a fumare, fregandosene ancora
una volta delle regole.
Annuì
e seguì Renly nel primo corridoio disponibile.
«Ti
ho cercata ieri…»
«Stavo
male» mentì Brienne, consapevole tuttavia che ogni
bugia le causasse un lieve
rossore sul volto. «Non credevo neppure di venire
stasera.»
«Oh,
mi dispiace. Come stai adesso?»
Perché
Renly era così premuroso? Perché non arrivava al
punto, invece di soffermarsi a
chiederle se fosse guarita? Perché
doveva farla innamorare di sé ancora una volta, come aveva
fatto ogni giorno da
quando si erano conosciuti, da quando il primo anno Brienne era
inciampata nei
lacci delle scarpe e lui era stato il solo, nel cortile della scuola, a
evitare
di ridere e ad aiutarla a rialzarsi?
«Sto
bene, non c’è bisogno di preoccuparsi»
liquidò rapidamente la faccenda.
«Brienne.»
Si
era voltata, evitando di nuovo il suo sguardo, ma si rese conto di
quanto quel
comportamento apparisse infantile, così vomitò le
parole che Renly voleva
sentirsi dire.
«Non
volevo spiarvi, ti stavo solo venendo a cercare dal preside. Te lo
giuro, non
lo dirò a nessuno, sarò riservata.
Io…»
Senza
darle il tempo di accorgersene, Renly la abbracciò.
«Spero
di non essere cambiato ai tuoi occhi.»
“Non
ho più speranze.”
«So
che la gente mormora di me e Loras, ma non voglio che i miei fratelli
ne
abbiano la certezza…»
“Io
ce l’ho, invece, e fa terribilmente male.”
«Deridermi
sarebbe il minimo: so che non accetterebbero i miei sentimenti, so che
mi
darebbero del… malato.»
“Di
malato c’era solo il pensiero che qualcuno potesse
innamorarsi di me.”
«Non
voglio che anche tu mi veda così. Un malato, un
pervertito.»
“Non
potrei mai.”
«Non
potrei mai» ripeté Brienne ad alta voce,
ritrovandosi a ricambiare la stretta
di Renly. Si aggrappò alle sue spalle, cercando di
trattenere le lacrime.
Il
ragazzo la lasciò andare dopo qualche secondo, sorridendo e
accarezzandole i
capelli biondi. «Tengo molto alla tua opinione, Brienne.
Tengo alla tua
amicizia.»
Fu
troppo: Brienne si slacciò completamente dal suo abbraccio,
dandogli le spalle
per impedirgli di vedere i suoi occhi rossi e cercando di riacquistare
un
respiro regolare. «Devo tornare.»
«Io
andrò via, invece. Qui hanno tutto sotto controllo e, per
quanto mi piacciano i
festeggiamenti, c’è qualcuno che mi aspetta. Se mi
eleggeranno, che altri si
predano pure la mia corona. Ti auguro un buon proseguimento di
serata.»
«Bu-buona
se…»
«Ah,
Brienne!»
Consapevole
di essere abbastanza lontana perché lui non potesse
scrutarle bene il volto,
Brienne si girò. «Sì?»
«Chi
è il tuo accompagnatore?»
«Jaime
Lannister» rispose dopo un attimo di esitazione.
Non
si aspettava che Renly avrebbe sorriso e ne fu sorpresa; si
sentì come se le
stesse leggendo nel più profondo della mente, era questa la
sensazione che dava
il suo sguardo. «Sono felice per te.»
Lo
osservò allontanarsi dopo un rapido cenno di saluto con la
mano, finché non fu
uscito completamente dalla sua vista, poi rientrò in
palestra. E rischiò di
scontrarsi con Lannister.
«Dove
ti eri cacciata?» le chiese, aggrottando la fronte.
«Stavo…
cercando una cosa» rispose evasiva Brienne.
«Sai
che quando menti arrossisci? Ehi, cos’hai fatto agli
occhi?»
Con
uno scatto mosse la testa verso destra, in modo da impedire che
Lannister
capisse che aveva pianto. Lui la fissò per qualche momento,
poi le afferrò di
nuovo la mano. «Prima non abbiamo fatto la foto di rito.
Andiamo, ora è libero,
e…» Si bloccò, fissando
l’arco floreale sotto cui Robert Baratheon e Cersei
Lannister si erano appena abbracciati in una posa degna di due
regnanti.
Brienne notò che Jaime aveva serrato la mascella per una
frazione di secondo,
prima di proseguire: «Aspetteremo che abbiano finito. Altro
punch?»
*****
Cersei
volteggiava leggiadra nella pista da ballo, sorridendo al ragazzo che
la teneva
fra le braccia; di tanto in tanto Robert la concedeva senza riluttanza
ad altri
cavalieri e anche a loro lei elargiva sorrisi e sguardi languidi. I
suoi
capelli biondi erano acconciati in un elegante chignon proprio come nel
sogno
di Jaime, con due ciocche ricce che le ricadevano delicate ai lati del
volto.
Al polso aveva una rosa rossa. Per diversi minuti Jaime
dimenticò di essere al
ballo con un’altra ragazza, per un momento ebbe perfino
l’istinto di gettarsi
tra le braccia di sua sorella prima che lei scegliesse un nuovo
cavaliere, ma
lo represse e si voltò verso Brienne.
«Non
avete proprio voglia di danzare, milady?»
«Non
sono una lady.»
«No,
non lo sei. Sei un cocciuto capo del Consiglio Studentesco che sogna
solo di
scappare via da qui»
Tarth
sembrava perfino sorpresa che lui avesse indovinato. Non che potesse
essere
altrimenti: lei e Jaime non erano fatti per vivere a King’s
Landing; in realtà
non erano fatti per vivere tra le persone. Stava per rispondere alla
sua
espressione stupita quando fu interrotto dal fischio che annunciava
l’accensione di un microfono.
«Prova,
prova…» echeggiò tra le pareti della
palestra la voce di Lysa Tully. «Bene,
direi che possiamo cominciare!»
«Abbiamo
cominciato ore fa, stupida gallina» commentò Jaime
a bassa voce.
Tarth,
accanto a lui, aveva aggrottato la fronte. «Dovrebbe esserci
Baelish al suo
posto.»
«Eccoti
servita.» Jaime le indicò il ragazzo tronfio e
soddisfatto che era appena
salito sul palco.
«Il
nostro caro Petyr» riprese Lysa, e dicendo quelle parole
rivolse a Ditocorto uno
sguardo carico di desiderio «mi ha concesso di annunciare il
re e la reginetta
del ballo di stasera.»
“Ma
guardatela: sembra che non veda l’ora di farsi sbattere al
muro da quel
piccoletto!”
«Ho
pensato che fossi la persona più adatta» disse
Ditocorto, donandole un
sorrisetto complice. Le gote di Lysa arrossirono, ma Jaime non
trovò nulla di
eccitante in quelle parole. «Come si suol dire, prima le
signore» aggiunse poi
il ragazzo sul palco. Consegnò una busta da lettera dorata
all’annunciatrice,
che storse il naso vedendo il nome all’interno, ma
immediatamente sostituì il
suo disappunto con un’espressione raggiante che non avrebbe
potuto essere più
falsa di così.
«La
reginetta del prom di quest’anno è…
CERSEI LANNISTER!»
Gli
applausi scrosciarono nella palestra mentre gli studenti più
vicini al palco si
allargavano per fare posto alla reginetta della scuola. Cersei sembrava
ancora
più bella di poco prima, quando per un momento era rimasta
sola e Jaime aveva
esitato, e non si profuse in espressioni meravigliate o in
ringraziamenti
eccessivi mentre raggiungeva Lysa e Ditocorto; salì con
grazia sul palco,
afferrando la mano di Baelish, e sorridendo alla folla attese che la
sua amica
le posasse sul capo la coroncina di veri diamanti: alle
King’s Landing High
amavano fare le cose in grande.
«Vi
ringrazio di avermi scelta» disse Cersei al microfono,
mostrandosi compiaciuta,
ma non troppo. Felice e basta. Poggiò per un istante le dita
della mano
sinistra sulla coroncina, come ad aggiustarsela sulla testa, ma quel
gesto fu
chiaro a chi, come Jaime, la conosceva da una vita: Cersei stava
toccando ciò
che era suo, immensamente soddisfatta di sé, e non aveva mai
avuto il dubbio di
fallire nell’impresa di ottenerlo. «Sono fiera di
rappresentare questa scuola e
ringrazio l’intero Consiglio Studentesco, e in particolar
modo Petyr Baelish,
per la serata di successo che hanno organizzato. E grazie di nuovo a
tutti voi
per averla fatta funzionare.» Elargì ai suoi sudditi un secondo e più largo
sorriso, poi rimase in silenzio,
attendendo che Lysa annunciasse il nome di Robert.
“Pensa
come ci rimarrebbe male se dovesse aprire le danze con Loras
Tyrell” pensò
Jaime. “A Robert non fregherebbe un cazzo, ma a Cersei non
piacciono gli
imprevisti.”
Nonostante
come lo aveva trattato, nonostante quel bacio che per pochi, splendidi
istanti
lo aveva riempito di speranza e che si era rivelato essere solo frutto
di una
scommessa, Jaime non riusciva ad avercela completamente con lei; vedeva
i suoi
difetti come aveva sempre fatto, ma era se stesso che biasimava. Per
l’ennesima
volta, si vergognava di essere la persona che era.
«È
giunto il turno di eleggere il re!» esclamò Lysa
con voce ancora più
squillante. Aprì la busta, gettò una rapida
occhiata al suo interno e annunciò:
«JAIME LANNISTER!»
Non
aveva sentito bene. Tra il brusio della folla che circondava lui e
Tarth, la
voce negli altoparlanti gli era arrivata così indistinta da
fargli credere che
Lysa avesse chiamato il suo nome; eppure gli studenti ora guardavano
nella sua
direzione, sorpresi e in attesa, ma Jaime dovette prima notare lo
stupore sul
volto della sua dama per rendersi conto di avere capito bene.
«Su,
Headslayer, sali sul palco!» lo spronò Lysa,
facendogli segno di raggiungerli.
A
Jaime quella buffonata non piaceva affatto. Non gli piaceva il clima di
festa,
non gli piacevano i poveri idioti costretti a noleggiare limousine pur
di
portarsi a letto le loro dame, non gli piaceva essere al centro
dell’attenzione
per qualcosa di cui non gli fregava niente; si era precipitato a casa
di Tarth
per metterla in guardia dallo scherzo che Cersei e le sue amiche le
stavano
preparando, ma a metà strada aveva deciso di accompagnarla,
se necessario, e di
cercare di non perderla mai di vista in modo da evitarle
l’imbarazzo, quando ne
sarebbe arrivato il momento.
Jaime
odiava quelle buffonate, ma Jaime odiava anche se stesso e ancor
più odiava le
emozioni che le dava stare accanto a sua sorella, per questo non si
fermò a
riflettere mentre avanzava lentamente verso il palco, per questo non lo
sfiorò
l’idea di andarsene da lì senza reclamare la sua
corona.
“Una
corona che non merito” pensò e ne fu certo quando,
finalmente sul palco, vide
con la coda dell’occhio la mascella serrata di Cersei e
udì Lysa sussurrarle
maligna: «Non mi hai fornito prove: me lo devi.»
Jaime
non si accorse nemmeno di chi fu a mettergli la corona in testa, era
troppo
concentrato a guardare Cersei, che ora era tornata a elargire sorrisi
alla
folla sotto il palco. Poi, d’un tratto, sua sorella
incontrò il suo sguardo.
Jaime avrebbe voluto baciarla lì, davanti a tutti, mandando
a fottersi quelle
leggi che gli vietavano di essere felice con lei.
“Ma
lei lo sarebbe, con me?”
«Vuoi
dire qualcosa, Headslayer?» gli chiese Lysa, riportandolo
alla realtà. Alla
consapevolezza che Cersei non avrebbe mai ricambiato il suo bacio, non
importa
quanto affetto provasse per lui.
«Credo
che Cersei abbia già detto tutto» rispose,
sorridendo sornione.
Sembrava
che Lysa stesse godendo di ogni singolo momento passato sullo stesso
palco dai
due gemelli e Jaime ebbe l’impulso di buttarla giù
dal palco. In uno dei suoi
sogni l’aveva fatto, quando Cersei era regina di un vasto
continente e aveva
una relazione incestuosa con il fratello; era stato perfino un bambino
quello
che Jaime aveva spinto giù da un torre.
“E
se l’ho fatto con un bambino, figuriamoci quante volte lo
farei con Lysa
Tully.”
«Diamo
di nuovo inizio alle danze, allora!» esclamò
Ditocorto.
Jaime
dovette poggiarsi a Cersei per riuscire a scendere le scale del palco e
la mano
della gemella sulla sua schiena era calda, così in contrasto
con la sua
abituale freddezza, e quando furono in pista lo costrinse ad
abbandonare la
stampella e a farsi portare da lei.
«Dovrebbe
essere l’uomo a condurre» le fece notare con una
smorfia.
«L’uomo
finge sempre di farlo, ma è la donna a muovere
entrambi» rispose Cersei,
restituendogli anche la smorfia.
Sembra
di guardarsi allo specchio. In un specchio splendido, però,
privo di
imperfezioni e indicibilmente magnifico. Jaime amava quello specchio,
lo amava
con ogni parte del suo corpo, ma era costretto a guardarlo e basta,
come si
faceva con tutti gli specchi. Credeva che avrebbe tremato stando tanto
vicino a
sua sorella, ma la stretta dietro la sua schiena era salda, lui si
sentiva al sicuro. Come poteva? Non
ne aveva
idea, forse stava davvero ballando con uno specchio e non se
n’era reso conto.
«Brienne
la Bella, eh?» chiese infine Cersei dopo diversi minuti di
silenzio in cui
aveva cercato di distogliere lo sguardo dal suo, ostinatamente fissato
su
quegli occhi verdi. «Era l’unica dama disponibile
un’ora prima del ballo?»
«Ero
io l’unico cavaliere rimasto disponibile, per sua sventura. E
suo padre aveva
una tale bella collana di zaffiri da farle indossare che non ho avuto
il coraggio
di costringerlo a lasciarla nella scatola.»
Cersei
storse la bocca, pensierosa, e di nuovo concentrò lo sguardo
su qualcosa che
non fosse il volto del fratello. «Lysa me la
pagherà.»
«Ne
ero certo.»
«No,
Jaime, sono seria, non mi è piaciuto questo scherzetto ai
tuoi danni.»
«Tu
hai fatto di peggio.»
Non
le diede il tempo di ribattere, perché la canzone era
finalmente finita e lui
poté lasciarla andare in mezzo alla pista, zoppicando fino
alla stampella che
Tarth stava custodendo per lui.
*****
Quando
Lannister disse all’autista di accostare, Brienne si
guardò intorno e riconobbe
la strada parallela a quella dove si trovava la sua abitazione; doveva
avere
un’espressione perplessa, perché non appena il suo
cavaliere le aprì la
portiera e la vide le rivolse un sorrisetto beffardo.
«Hai
paura che voglia ucciderti e rubarti il vestito?»
Brienne
scese dalla limousine trattenendo i lembi della gonna,
perché temeva che la sua
inesperienza con abiti tanto femminili rischiasse di rovinare il regalo
di suo padre.
«Perché ci siamo fermati qui?»
«Volevo
passeggiare, ti va?»
Annuì
e lo seguì lungo il marciapiede. Avrebbe potuto trovare
strano il comportamento
di Lannister, se solo non lo fosse stato da quando si era presentato a
casa
sua. Jaime Lannister, l’Headslayer,
era venuto a prenderla con una limousine e un corsage
per portarla al prom: difficile immaginare una scena più
surreale. Quella serata era così strana che raramente
Brienne si ritrovò a
pensare alle parole di Renly e non le venne mai il tremendo desiderio
di
scoppiare a piangere.
«Ti
sei divertita?» le chiese Lannister, camminando con le mani
nelle tasche dei
pantaloni neri. La campanula si distingueva ancora sulla sua giacca e
istintivamente Brienne portò le dita al corsage
stretto al polso.
«È
stata una bella serata.»
«“Poteva
andare peggio”: è quello che stai pensando,
vero?»
«Non
avrei mai pensato di andare al ballo con te»
rivelò Brienne.
Lannister
la guardò negli occhi blu. «Io non avrei mai
pensato di andarci, con te o con
qualunque altra persona. Ma a quanto pare siamo destinati a
sbagliarci!»
Ridacchiò e a lei parve così sinceramente
divertito che azzardò un sorriso.
Camminarono
l’uno a fianco all’altra fino al vialetto
dell’abitazione di Brienne e si
fermarono sotto la porta. Brienne trafficò con le chiavi,
alla ricerca di
quella giusta.
«Tuo
padre è rimasto alzato ad aspettarti?» le chiese
intanto Lannister, appoggiando
una spalla al muro.
«Mi
ha scritto un messaggio: è andato a guardare la partita da
un suo amico, credo
che non sia ancora tornato.» Finalmente trovò la
chiave giusta e la infilò
nella toppa. Quando la ebbe girata, si voltò a guardare
Lannister e si chiese
se si aspettasse di essere invitato dentro; lui, però,
l’anticipò.
«È
ora di andare, non riesco più a stare in piedi.»
Si sfilò la campanula dal
taschino e la porse a Brienne. «Tienila tu, non starebbe bene
nella camera di
un ragazzo.»
Brienne
l’afferrò. «Grazie per la
serata.»
Lannister
la stava di nuovo scrutando negli occhi, in silenzio. Alla fine si
girò verso
il vialetto. «È stato un piacere, Tarth. Metti una
buona parola per me con il
preside, mi raccomando, ché non vorrei ci pensasse mio
padre.»
Brienne
rimase a osservarlo mentre si allontanava e, quando fu quasi sparito
dalla sua
vista, stava per entrare in casa nel momento in cui
dall’altra parte della
strada notò una figura che le faceva segno di raggiungerla.
«Qui!»
stava quasi sussurrando, ma per Brienne fu facile capire cosa le stesse
dicendo. Guardandola meglio, si accorse che si trattava di Walda Frey.
Era sul
marciapiede, accanto a un cespuglio che la nascondeva per
metà, e da come le
faceva segno Brienne intuì che dovesse esserci qualche
problema con il vestito,
perché la ragazza non accennava a muoversi: forse era
rimasta incastrata in uno
dei rami che sbucava dal cespuglio e non aveva voluto farsi vedere da
Lannister
in quelle condizioni. “L’avrebbe presa in giro a
vita.”
Si
avvicinò a lei, domandandosi anche da quando i Frey
abitassero da quelle parti,
ma a metà strada nel vialetto udì il rombo di un
motore.
Due.
Tre.
Sempre
di più e sempre più vicini.
Intorno
a lei comparvero le luci di una dozzina di fari che le puntavano
contro; quando
finalmente riuscì a vedere che cosa stesse fossero,
scoprì dodici o tredici motociclette
che cominciavano ad accerchiarla, salendo perfino sul prato della
villa; Brienne,
spaesata, cercò di ritornare verso la porta, ma
un’altra moto si mise fra lei e
l’abitazione.
Era
in trappola.
*****
Qualcosa
lo fece tornare indietro. L’istinto, il rombo di un motore o
la strana
nostalgia per quella campanula che aveva lasciato a Tarth. Forse fu il
ricordo
delle parole dette da Lysa quando lui era ancora immerso nei sogni,
forse il
desiderio di rivedere la sua dama – per dirle cosa, poi?
Tuttavia,
non appena si girò e tornò a incamminarsi verso
la villa di Tarth, Jaime ebbe
la certezza di avere fatto la cosa giusta: le parole di The
Bear and the Maiden Fair invadevano l’aria.
La
gamba appena guarita gli faceva male, ma Jaime cercò di non
pensarci e camminò
più velocemente, zoppicando e imprecando a denti stretti. La
scena che gli si
presentò davanti, una volta giunto dove aveva lasciato
Tarth, lo fece esplodere
di rabbia.
Una
trentina di studenti era affollata davanti alla villa e cantava a
squarciagola,
incitando con le braccia un gruppo di motociclisti che stava
circondando
Brienne Tarth. Quei teppisti erano vestiti come gli uomini che avevano
aggredito la ragazza al parcheggio del Flea Bottom e Jaime
riuscì perfino a
distinguerne chiaramente un paio, che non si erano nemmeno presi la
briga di
indossare un casco per celare la propria identità.
Avanzò ancora zoppicante
verso alcuni studenti, tra i quali intravide Lysa e Walda, ma non
Robert
Baratheon. E nemmeno Cersei.
“Non
ha mai amato sporcarsi le mani.”
«A bear there was! A bear, a bear! All black and
brown and covered with
hair!»
Afferrò
il ragazzo che sembrava gridare più degli altri e lo
afferrò per il colletto
della camicia; nel farlo, la stampella gli cadde a terra, ma Jaime non
se ne
curò.
“Locke”
lo riconobbe. Era uno studente del loro stesso anno, un poco di buono
che
pensava solo a fare casino.
«Smetti
di correre e comb…» stava per urlare Locke, ma fu
interrotto dall’azione
improvvisa di Jaime.
«Che
cazzo state facendo?!»
Locke
sembrò sorpreso di vederlo. «Pensavo te ne fossi
andato…» Non perse comunque
l’espressione divertita e sicura di sé.
«Che te ne pare di questo spettacolino,
eh? Non sembra anche a te che questa canzone si adatti alla perfezione?
L’orso
Brienne la Bella!»
«And down the road from here to there, from here to
there three boys, a
goat and a dancing bear!»
Jaime
strinse la presa, sollevandolo da terra. «Lasciatela
andare» sibilò,
rivolgendogli uno sguardo di fuoco.
«E
perché dovremmo farlo? È così
divertente! Loro
se ne sono fottuti del tuo nome, vuoi provare a dirgli di chiamare il
tuo
paparino?»
Lo
lasciò andare solo per tirargli un pugno in pieno volto.
Locke cadde a terra,
tra lo sguardo dei presenti, che ora si erano accorti
dell’arrivo di Jaime.
Lysa era impallidita.
«La
vuoi, Headslayer?» gli chiese Locke, pulendosi con la manica
della camicia il
sangue che era cominciato a sgorgargli dal labbro superiore.
«Va’ a prenderla.»
Jaime
non se lo fece dire due volte.
«I called for a knight, but you're a bear! A bear, a
bear! All black and
brown and covered in hair!» cantavano ancora in
pochi.
«Mettiti
dietro di me!»
Tarth
sussultò a quelle parole, non aspettandosi
l’arrivo di Jaime, e lo guardò
smarrita. «No!»
Come
era solito fare, Jaime se ne fregò: la spinse dietro di
sé, mettendosi fra lei
e un motociclista che si era arrestato di fronte a loro;
l’uomo continuava a
far rombare il motore, dando l’impressione di essere pronto a
investirli senza
neanche dispiacersene.
«Togliti
di mezzo!» gli urlò.
«Fottiti»
si limitò a rispondere Jaime.
Il
motociclista stava lasciando andare il freno, quando Walda Frey
gridò: «FERMI!»
La
canzone cessò immediatamente, così come il rombo
dei motori si affievolì.
«Fa’
quello che ti pare» stava dicendo Walda a qualcuno, che Jaime
ipotizzò essere
Lysa «ma io non mi ci metto, contro i Lannister. E contro
Cersei.»
Jaime
provò un moto di sollievo quando Lysa diede ordine ai
motociclisti di andarsene
e lasciarli in pace: probabilmente aveva promesso loro una grande somma
di
denaro se avessero ubbidito a tutti i suoi ordini, perché
loro non se lo fecero
ripetere e riaccesero i motori solo per girarsi verso la strada. Quando
lui e Tarth
furono rimasti soli e anche la folla di studenti si fu dispersa,
lasciando solo
un prato devastato dalle ruote, Jaime si rese conto che non poteva
più reggersi
in piedi. Crollò a terra, udendo la gamba fare un suono che
non gli piacque per
niente, e subito Tarth corse da lui.
«Stai
bene?» gli chiese allarmata. Forse temeva che le sarebbe
svenuto tra le braccia
come settimane prima, ma Jaime sapeva che non sarebbe andata
così.
Le
rivolse un sorriso beffardo. «Non mi spezzo tanto
facilmente.»
«Io…
io…» Tarth voleva piangere
dall’umiliazione, ma non l’avrebbe mai fatto di
fronte a lui, Jaime ne era certo.
«Un
“grazie” basterebbe.»
«Grazie,
Lannister. Grazie davvero.»
Jaime
si tirò a sedere, posando la mano sul braccio di Tarth per
farsi leva. Era
brutta Tarth, con quelle lentiggini e i denti storti e la stazza di un
giocatore di football, era brutta e quel vestito la rendeva solo
più ridicola.
Ma i suoi occhi blu erano i più belli che Jaime avesse mai
visto.
«Jaime»
le disse. «Il mio nome è Jaime.»
Eeeeeeee... ecco arrivati alla FINE!
...ma chi voglio prendere in giro, è palese che ci sarà un seguito, questi due non hanno sofferto abbastanza!
IO AMO IL PROM! Amo le cose sceme come le limousine, i corsage, gli inviti, i bei vestiti, l'elezione del re e della reginetta... AMO TUTTO! Dovevo inserirlo per forza. Bene, questa minilong è praticamente una teen comedy. Incest!Teen comedy. Wenchslayer!Teen comedy. Ad ogni modo, non fate mai leggere ciò a Martin.
Brienne che pensa che sarebbe stato meglio nascere nel Medioevo... beh, era di un'ironia tragica troppo bella per non essere messa. Ci sono diversi rimandi: Locke e la scena dell'orso nella serie tv, l'indecisione di Jaime prima del "Ti ho vista in sogno" del libro. Che poi, diciamocelo, "Ti ho vista in sogno" non si può sentire; avrei preferito "Ti ho sognata" o "Ho sognato di te" (traduzione letterale al massimo, quest'ulrima), ma volevo farvi ricordare proprio quella scena. Il finale, poi... Poteva essere altrimenti? Già l'ho dette nelle note di un'altra storia, nel mondo di Martin molto gira sui nomi, e con Jaime e Brienne più di tutti ("Sterminatore di Re", "Il mio nome è Jaime", "Il suo nome è Brienne", "Chiamala con il suo nome, chiamala Brienne"...), per sottolineare la loro ricerca di identità e questo è bellissimo. Jaime riesce finalmente a diventare un "cuor di leone", e il modo migliore per mostrare il suo cambiamento, a mio parere, era inserire quella frase.
Bene, detto ciò spero che la storia vi sia piaciuta! Grazie a chi l'ha appena cominciata e grazie ancor di più a chi mi sta seguendo da mesi, attendendo aggiornamenti che arrancavano a manifestarsi.
Grazie a tutti, e grazie ad Agne, fedelissima beta ♥
Medusa, a Lannister