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Autore: Tina77    31/03/2014    2 recensioni
"Forse lo sto fissando da un po', perché lui mi guarda per qualche secondo con aria interrogativa, finché io non scuoto lievemente la testa, le guance imporporate. Lui mi sorride dolcemente, e questo sorriso mi riporta a quello che sembra un secolo fa, dopo la parata dei nostri primi giochi. E come quella volta, mi alzo leggermente sulle punte dei piedi e gli do un piccolo bacio sulla guancia, sussurrando -Grazie per i fiori, Peeta.-, con gli occhi lucidi."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4. Una nuova quotidianità

 

-Hei.-. Mi saluta quando vede che ho aperto gli occhi. -Come ti senti?-. Lui mi guarda un po' per capire bene cosa io intenda. Quando ci arriva mi dice -Sì, tranquilla. È stato più facile del previsto.-. Sorride. Mi stringo a lui, che distrattamente mi accarezza i capelli, intrecciandoli e scompigliandoli. -Grazie per essere rimasto qui, stanotte.-. In tutta risposta mi tiene più stretta. Restiamo a letto per un'altra mezzora abbondante. Lui che mi accarezza e io che guardo distrattamente fuori dalla finestra. Poi ci alziamo per fare colazione. In cucina è già tutto pronto. Inizialmente credo sia stata Sae, poi Peeta si scusa per non aver trovato il cestino del pane che era solito usare l'anno scorso. -Deve averlo preso Sae, credo.-. Mangiamo parlando del più e del meno, lui mi racconta dei compagni di lavoro alla locanda di Sae e mi confessa di desiderare di riaprire la bottega del padre. Poi però aggiunge -Non subito, magari l'anno prossimo. Secondo Aurelius non mi devo prendere troppe responsabilità già da ora. Secondo lui la cosa migliore che io possa fare adesso è passare il mio tempo con te.-. Gli sorrido di rimando. Trascorriamo una giornata tranquilla, un po' alla locanda e un po' tra i boschi. Passiamo anche dal nostro mentore, che sembra essersi ripreso abbastanza bene e in uno sprazzo di lucidità ci dice di voler contribuire al nostro libro, ricordando molti altri tributi uccisi durante gli Hunger Games. Questo mi fa commuovere molto, ma trovo Peeta a sostenermi. Come quando scappavamo nel sottosuolo di Capitol City, sembra che quando le cose si mettono male l'unico a mantenere una certa tranquillità sia lui. Anche questa notte dormiamo insieme. Non credo di avere incubi. La notte seguente però sì, e quando mi sveglio urlando vengo ulteriormente presa dal panico dalla mano di Peeta che mi blocca la bocca con una mano. È steso sopra di me e con l'altra mano mi blocca i polsi, tenuti sopra la testa. Non so che fare. Dovrei urlare, colpirlo e scappare via da lui. Ma non posso. E a impedirmi di muovere non è il suo corpo, ma la paura di perderlo. La consapevolezza che non potrò mai abbandonarlo e che devo restargli vicino, mantenendo la mia promessa. Di colpo mi rendo conto che è come se fossimo ancora nella seconda Arena: io lo devo salvare. I suoi occhi sono delle pozze nerissime, chissà quale orribile flashback si è impossessato della sua mente. La presa della sua mano sinistra è troppo forte, non posso liberarmi senza spaventarlo ancora di più. Così mi limito a spostare un po' di lato la testa, fino a baciargli il palmo della mano destra, e poi più giù il polso, quando lui allenta la pressione, confuso. Lo guardo fisso negli occhi. Piano piano ritornano del loro colore naturale, azzurro e bellissimo. Come una volta, resto ipnotizzata dalle sue ciglia. Poi vengo distratta da una sua lacrima, che dall'alto del suo viso ricade sulla mia guancia. Questo è il suo incubo. Adesso tocca a me. Per quanto il suo corpo me lo permette, cerco di spostarmi. Così avvinghiati, è difficile capire dove inizi uno e finisca l'altra. Dolcemente lo allontano da me, spingendolo di lato. Adesso è lui, steso al mio fianco, ad appoggiare il capo sul mio petto, proprio sopra il cuore. Adesso batte all'impazzata, per il timore che possa succedere ancora qualcosa del genere, che l'incubo di due notti fa diventi realtà. E forse per qualche altra sensazione che ancora non riesco bene a decifrare. Gli accarezzo i ricci, lisciandoli all'indietro. Dopo poco, lui si riaddormenta. Distrattamente penso -Forse ha ragione, non dovrei permettergli di restare la notte con me, è da egoisti.-. Mi ripropongo di farglielo presente il mattino seguente. Ma so già cosa mi risponderà lui. Che l'importante è che sia serena io, che ce la farà a resistere. Per me. Ed è con una profonda sensazione di vergogna che mi stringe che mi lascio avvolgere dal sonno.

Quando apro gli occhi capisco immediatamente che qualcosa è cambiato. A suggerirlo è una fastidiosa sensazione di freddo che viene dalla mia sinistra. Quando dormo con Peeta questo non mi succede, c'è lui a tenermi al caldo anche senza il bisogno delle coperte. Quindi mi giro, di scatto, improvvisamente inquieta. Mi metto a sedere e sto già per alzarmi quando la sua voce mi blocca. -Dove vai così di fretta?- in mano tiene un piccolo vassoio con la colazione. -Oh.- abbasso lo sguardo, imbarazzata. -Che c'è, Katniss?-. -Niente, scusa.- ma il suo sguardo si fa più intenso e capisco che vuole una risposta, per quanto la situazione possa sembrare assolutamente banale per me, per lui non è così. Sta ancora cercando di capirmi. Di recuperare i pezzi di un passato distorto e confuso. Perciò, per quanto imbarazzante possa essere per me, mi costringo ad essere sincera -Mi sono preoccupata quando non ti ho sentito al mio fianco. Stavo venendo a cercarti.- annuisce., come se ricordasse che anche la “vecchia Katniss” avrebbe potuto fare qualcosa del genere -Dovevi dirmi qualcosa?- mi sorride. Si aspetta qualcosa in particolare? Scuoto la testa.

La sua voce interrompe il filo dei miei pensieri. -Hai fame?-. La risposta sincera sarebbe un sonoro “no”, ma non posso spiegargli che il mio stomaco si è chiuso per quello che sto per dirgli. Così mi limito ad annuire e sorridere. Ma anche da depistato lui mi conosce troppo bene. Mi scruta intensamente, finché non sono costretta a distogliere lo sguardo imbarazzata. “Non sei brava a mentire. Non giocare d'azzardo, perderesti sicuramente”. Come allora, anche adesso queste parole mi suscitano un senso di irritazione parecchio forte. Ma non posso rischiare di allontanarlo da me più di quanto non sia già successo, così cerco di migliorare la mia posizione per quanto possibile -Cose di donne.-. Ora è lui ad essere imbarazzato. Quasi mi pento, ma poi il mio lato più egoista ha il sopravvento, come sempre. Decido di parlargli del fatto di dormire insieme più tardi, verso sera, quando questa conversazione non sarà più importante. È assurdo dover programmare tutto in questo modo. Mi chiedo quanto ci vorrà per riuscire a recuperare la spontaneità che ci è stata sottratta in questi mesi.

Quando ormai è ora di cena, sento che il tempo sta scorrendo fin troppo velocemente. E la situazione è imbarazzante, dato che siamo soli. Haymitch è stato così impegnato con le sue oche oggi che è crollato dalla stanchezza dopo una bottiglia.

Peeta ha preparato delle cosce di pollo al succo di limone e del pane ai semi di girasole, mentre io mi occupavo delle verdure. Riscopro in questi semplici gesti un nuovo significato, più profondo. Non una mera meccanicità. Ed è lui a portare tutto questo. È lui a rendere così ricca di luce e sfumature anche la cosa più banale. Ed è per questo che, da persona approfittatrice quale sono, non posso rinunciare alla sua presenza. Non potrò mai. Il senso di colpa viene velocemente soppiantato da una nuova consapevolezza. Se prima non avevo speranza per il mio futuro, se la vita con Peeta era un progetto di Capitol City, ora non è più così. Lui è qui e io lo voglio qui, con me. Semplicemente perché tengo a lui, perché siamo amici. Ma una semplice amica non si arrabbierebbe al sentirsi dire -Sai, prima ho visto Delly. Ha detto di salutarti.- provo la stessa irritazione che mi aveva assalita al pensiero di Gale e Madge. Ed è una cosa così stupida che me ne vergogno immediatamente. Così le mie labbra sembrano muoversi automaticamente quando dico -Oh, grazie. Come sta?-. Lui, inaspettatamente, ride. -Non devi essere gelosa, lo sai, Katniss?-. Rossa come un peperone, sussurro -Cosa? E di chi dovrei essere gelosa, scusa?- Lui ride ancora e mi volta le spalle per tirare fuori la teglia con la nostra cena dal forno. Sta ancora sorridendo quando mi porge i piatti ben colmi di cibo. Io metto il broncio, come una bambina capricciosa. I nostri occhi si incontrano e non posso fare a meno di rispondere al suo sorriso. Per il semplice fatto che è lui. Questo ragazzo dolce, ironico e gentile è davvero il mio Peeta. -Perché mi fissi?- -Non lo faccio.-, rispondo indispettita. Questa mia affermazione suscita in lui ancora più risate. Faccio per andarmene, indignata, dalla cucina. Ma lui, ancora ridendo, mi blocca spingendomi dolcemente verso il ripiano della cucina. Mi tiene le mani legate dietro la schiena e poggia delicatamente la sua mano sinistra sul mio collo. Si sforza di rimanere serio, ma è troppo felice per avere successo. Sento che il mio cuore potrebbe esplodere da un momento all'altro. Siamo troppo vicini e troppo distanti allo stesso tempo. Così, come ho già fatto una volta nei sotterranei di Capitol City, mi sporgo verso di lui e lo bacio. Lui inizialmente resta immobile, poi mi ricambia, esitante. È strano. E poi vedo i suoi occhi blu e il suo sorriso appena accennato e capisco che niente sta andando storto. Sembra triste. Lo guardo interrogativa, ma lui scuote il capo e si scosta da me. A questo punto sono io a trattenerlo, afferrandolo per un braccio con molta meno grazia di quanta non ne abbia usata lui verso di me. -Katniss...-. -Non capisco, qual'è il problema se ci baciamo Peeta?- Lui sospira. Brutto segno, sarà un discorso lungo. -Non c'è nessun problema. Quello che provo per te non è cambiato e non cambierà mai, lo sai benissimo. Il fatto è che non voglio accelerare le cose e farti pressione. Capisco di aver sbagliato, ti ho messa in una brutta situazione, forse, ma sappi che davvero non stavo cercando di...di...-. Approfitto di questo suo attimo di esitazione per rispondere a tono. -Io lo volevo fare, Peeta. La situazione non avrebbe potuto essere migliore di così-. Abbasso lo sguardo a terra, rossa in viso. Ed è dal porpora sulle mie guance che lui capisce che sono sincera. Incoraggiato dalle mie parole si avvicina nuovamente e mi sussurra all'orecchio -Allora, Mrs. Everdeen, da questo devo dedurre di piacerle davvero?- -Può darsi-, rispondo evasiva. Lui ride ancora una volta e mi dà un bacio sulla fronte, invitandomi poi a seguirlo a tavola.  

  
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