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Autore: Melliola    07/07/2008    5 recensioni
Ebbene, diciamo che sono caduta anche io nella rete-Meyer, così eccomi qui con la mia prima FF, forse di una lunga serie!! Premetto che sono solo al primo libro, quindi non ci sono spoiler riguardo i seguiti e la storia che ho scritto è ambientata nella notte tra due giorni davvero importanti e decisivi: quello in cui Edward decide che è meglio non approfondire i rapporti con Bella e quello in cui, invece, la invita a Seattle. Il punto di vista è quello di Edward.. se vi incuriosisce, leggete! :D
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Carlisle Cullen, Edward Cullen, Esme Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa FanFiction è nata dall’ispirazione di una canzone (dal quale prende lo stesso titolo) e presto tenterò di scrivere una

Questa FanFiction è nata dall’ispirazione di una canzone (dal quale prende lo stesso titolo) e presto tenterò di scrivere una SongFic con il testo, perché merita di diventare una FanFiction :p

Buona lettura!!

 

Eternity

 

 

«Edward..»
Tirò un sospiro. Sembrò pronunciare il mio nome quasi come un lamento, e tutto d’un tratto sentii assalirmi quel senso di colpa che fino ad allora non mi aveva neanche sfiorato.
Nel suo studio davanti a me, Carlisle mi voltò le spalle e girò attorno alla sua scrivania, mentre rimanevo in piedi in attesa di una risposta.
«Non sono io la persona che può dirti se sia giusto o sbagliato quello che hai fatto. Hai agito di puro istinto, e tu sai quanto me che noi siamo... istinto» concluse, scandendo bene le ultime parole.
«Lo so» aggiunsi automaticamente.
Feci per andare via, ma Carlisle mi richiamò all’attenzione.
«Spero solo che tu sappia prendere una decisione. Sappi solo che qualsiasi via prenderai, io sarò al tuo fianco, perché mi fido di te. Non prendertela per Rosalie» disse, e così mi congedò.
Era passato più di un mese da quando avevo imprudentemente salvato Bella Swan dal furgone impazzito di quel Tyler Crowley , e per poco l’alibi di ferro che Carlisle era riuscito a crearci intorno non era svanito nel nulla.
Per colpa mia.
Rosalie non mancò, la sera stessa, di farmelo presente: una litigata così stancante non se ne vedevano da decine di anni.
Tuttavia Alice e gli altri si erano mostrati comprensivi, e ciò mi aveva evitato di fuggire di nuovo in Alaska, o chissà dove.
Però (e c’è sempre un però) ciò non mi aveva evitato Bella Swan. Puntualmente, ogni santo giorno, al mio fianco… quel profumo che mi annebbiava così tanto i sensi quasi fosse una droga, quella testolina impenetrabile… mi sentivo così vulnerabile di fronte a lei, e non ne ero per niente abituato…
Sapevo di dover fare qualcosa. Cambiare aula, ecco. Cambiare scuola, cambiare vita.
Arrivai davanti alla porta della mia stanza, livido di rabbia; stavo quasi per sfondarla, quando qualcuno, alla fine del corridoio, mi chiamò.
«Edward…»
«Esme»
In meno di un secondo era lì, accanto a me, che mi poggiava la mano sulla spalla.
”Vorrei entrare e parlare con te” , sentii distintamente nei suoi pensieri.
«Accomodati pure dentro» dissi, aprendole la porta. Elegante, si accomodò sul divano, e sospirò.
«Prima che tu dica una sola parola… io voglio dirti, Edward… che posso capire come ti senti» disse, e prese una pausa, «ognuno ha il diritto di provare ogni sorta di sentimento, e nessuno qui dentro, nessuno, ha il diritto di ostacolarti. Noi ti vogliamo bene, Edward. Saremo sempre al tuo fianco, qualsiasi cosa accada» aggiunse, e sorrise in quella maniera dolce che solo lei conosceva.
Sorrisi di rimando e dentro di me pensai di essere davvero grato a quella donna; non smetteva mai di stupirmi. E poi, era stupefacente come Carlisle ed Esme avessero sempre avuto lo stesso metro di giudizio: erano davvero perfetti l’uno per l’altro.
Rimasi di nuovo zitto, comunque, incapace di proferir parola.
Poi avvertii uno strano pensiero nella sua testa, e di scatto mi voltai per guardarla.
«Devo confessarti che vederti sempre solo in tutti questi anni mi fa soffrire tantissimo… vedrai, andrà tutto per il meglio. Me lo sento! » disse, e si alzò dal divano, con la mente leggermente svuotata dalle preoccupazioni.
Si avvicinò alla porta e, voltandosi leggermente, disse «Ho gran rispetto per te» e si volatilizzò via. Sorrisi verso la porta ormai chiusa, poi mi avvicinai alla grossa finestra: sapevo già cosa fare.

Quella lunghissima notte, finalmente, ce l’aveva fatta a scivolare via, lasciando il posto ad un pallido sole che faceva capolino fra i nuvoloni di tanto in tanto.
Ma anche tutto il resto della mattinata sembrò non passare mai, e da un vampiro è tutto dire…
Durante il tragitto da casa, non dissi una parola, limitandomi a sfrecciare tra le case assonnate di Forks. Solo Alice sembrò accorgersi del mio nervosismo galoppante, e gli lessi nella mente la sua preoccupazione; con un occhiolino si tranquillizzò, così evitai anche io di pensare eccessivamente alle mie perplessità fino all’ora di biologia.
Dannata biologia.
Avevo deciso che basta, tutto andava bloccato per sempre. Isabella Swan non era altro che un’umana, come le altre, niente più niente meno. È vero, aveva quel profumo eccessivamente buono, ma questo era solo un dettaglio.
Dopo pranzo scivolai silenzioso verso l’aula maledetta e aspettai l’arrivo di colei che mi aveva reso la vita impossibile durante il mese appena passato…ed eccola entrare in aula, con al trotto il suo amico Mike che…
”Come potrei chiederglielo?” Pensò, guardando verso Bella, ”non posso assolutamente dirle “ciao Bella saresti così gentile da invitarmi al ballo?” Che patetico…”
Nascosi un sorriso divertito, ma non potei negare di essere un po’ infastidito e curioso di sapere se un’eventuale Bella avrebbe accettato o meno. Prima che lei potesse sedersi, tirai la sedia il più lontano possibile, e quando la solita scia di profumo mi invase le narici, serrai i pugni per resistere a qualsiasi istinto, anche se dalla prima esperienza ero notevolmente migliorato.
«Mi chiedevo se… be’ non avessi intenzione di invitarmi tu.»
Mi voltai di scatto, non volendo. Allora l’aveva trovato il coraggio di invitarla.
Percepii dai suoi pensieri un “ti prego fa che dica sì!” invocato al cielo, ma la delusione del no secco di Bella lo lasciò di stucco… e lasciò di stucco me.
La lezione iniziò e finì in un batter d’occhio, ma quella volta, invece di sparire come al solito, mi voltai e la chiamai per nome.
«Bella. ».
Lei si voltò lentamente, quasi riluttante, e con un’espressione per niente convinta; feci un sospiro, e in meno di due minuti riuscii a dirle chiaramente che sarebbe stato meglio se noi due non fossimo amici. Tutto qui. Semplice, veloce, indolore.

* * * * *


Al crepuscolo, rientrai in casa.
Senza dire una parola, senza guardare nessuno, in un lampo mi chiusi dietro le spalle la porta della camera.
Dall’ultima volta che avevo incontrato i suoi occhi, non riuscivo a distrarmi. Pensavo a lei, solo a lei, non un attimo di pausa o di tranquillità.
Stavo davvero facendo la cosa giusta? Avevano un peso le parole di Esme e Carlisle, oppure era Rosalie l’unica ad avere ragione?
Col tempo passerà tutto, pensai. Il problema era quanto tempo. Tutto era così fastidiosamente lento accanto a lei, così interminabile… ma anche così bello… Non voglio davvero evitarti. Ma devo. Eppure, puoi concedermi un’ultima possibilità, Bella Swan, pensai. Così, animato da questa nuova idea, illuminato da questo ultimo barlume di speranza, ripercorsi la strada di prima al contrario, e tornai in un baleno al piano di sotto; talmente eccitato non mi accorsi neanche della silenziosa presenza di Alice, per cui senza badare a niente o nessuno scivolai con molta fretta verso l’uscita, lasciando che la porta si chiudesse da sola.
Ma non sentii il click, perciò mi voltai e c’era lei, teneva stretto al petto un pugno, aveva uno sguardo preoccupato.
”Non vorrà di nuovo lasciarci?” Pensò nella sua mente.
«Hei» dissi, e mi avvicinai per sfiorarla, «non sto andando via, non preoccuparti. Davvero»! sorrisi, per tranquillizzarla, ma lei non rispose, rimase immobile.
«Tornerò presto, devo fare… una cosa» dissi, sospetto.
«Presto quanto? Come l’ultima volta? Edward, ti pre-»
Ma non poté terminare, con l’indice le premei le labbra per farla tacere «lasciami andare, ti prego. Ti spiegherò tutto quando tornerò.. tra poco» e mi volatilizzai.
Non era una notte particolarmente nuvolosa, la luna quasi piena illuminava la scura Forks, già immersa in un profondo sonno.
Il cornicione della finestra di Bella era, come sempre, molto stretto e scomodo. E lei, come al solito, dormiva. Il suo sonno era regolare, i respiri costringevano il suo petto a salire, e scendere, salire e scendere, regolarmente. Quando si girò di spalle, sussultai, aveva interrotto i miei pensieri.
Alla fine, non sapevo bene perché fossi venuto, non ne avevo avuto nessun particolare motivo. Forse solo per ammazzare il tempo, per pensare in santa pace; forse perché così sapevo che mi eri vicina, sapevo che non ti stavi cacciando in qualche guaio e la mia mente era così più tranquilla, leggera da ogni preoccupazione. Forse perché mi faceva bene stare con te.
Non capisco.
Non so perché, nessuno sa perché, ma sono attratto da te. Sono preoccupato che possa accaderti qualcosa, che tu possa sentirti infelice; ma sono uno sciocco se penso che, avvicinandoti a me, tu possa vivere meglio.
Sarei per te solo un pericolo, un grosso rischio.
Sarebbe come farti firmare la tua condanna a morte.
Sarebbe però bello.
Mentre muovi quella testolina sul cuscino, mi esce un ghigno, perché sei buffa ed imbranata. Già, nonostante questi tuoi atteggiamenti siano così troppo umani, mi fanno tenerezza..
Perché non riesco a sentire cosa pensi?
Carlisle dice che è molto strano, probabilmente perché fra me e te c’è un legame, dice. Ha pienamente ragione, Bella. Ti sto guardando e decido che, non mi importa, voglio entrare per sentire il tuo respiro così buono, nonostante mi ero ripromesso di non farlo.
Ho paura di averti svegliato quando siedo sulla tua scrivania, perché tiri su le coperte mormorando qualcosa; ma mi sbaglio, hai solo invocato il nome di tua madre, nel sonno.
Chissà, forse è lì vicino a te, nei tuoi sogni.. chissà com’è tua madre, se ti somiglia. Chissà se ti manca, se stai sognando Phoenix e la tua passata vita, chissà quali amici facevano parte della tua quotidianità, e che tipo di vita avevi. Chissà se ti manca tutto questo, e se per te Forks non è che una prigione dal quale fuggirai il prima possibile, lontano da me.
Probabilmente ci rimarrei male, se tu te ne andresti.
Però, se io vincessi il mio istinto di divorarti, potresti rimanere.
Potresti raccontarmi tutto di te, ed io conoscerei ogni singolo dettaglio di te; ed io potrei raccontare tutto a te, della mia vita alternativa, che tu probabilmente, col tuo faccino dispettoso, neanche immagini. E se è vero che c’è un legame tra noi, sono sicuro che capiresti, e non scapperesti.
Potrei innamorarmi di te, e tu di me.
Mi sento uno stupido. Come uno di quei personaggi che fantasticano sull’amore in uno dei tanti romanzi di Esme, tra quelli che mi ha fatto leggere per forza.
Eppure è bello, poterlo almeno pensare; sarebbe bello poterti annusare mentre ti accarezzo, sarebbe bello poterti cullare mentre ti abbandoni dolcemente al sonno, sbadigliando.
Voglio toccarti.
Una delle altre cose che mi ero ripromesso di non fare, ma voglio farlo e lo farò, perciò faccio dei passi verso il tuo letto, e più mi avvicino, più vengo colpito da ondate del tuo odore. Credo che non ce la farò.
Un altro passo; ho voglia di farlo, perché credo che tu mi piaccia.
Un altro ancora, credo che non resisterò.
Un altro, e sono così vicino che, con un dito, posso sfiorare il tuo: sento calore, provenire dal tuo corpo, ed è una sensazione unica.
Come se ti toccassi davvero per la prima volta.
Potrei innamorarmi di te.
Potrei portarti con me molto lontano, dove il mondo finisce e le stelle si spengono.
Potrei fare di te eternità.

   
 
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