Serie TV > Violetta
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Autore: GretaHorses    31/03/2014    5 recensioni
"L'intera aula viene invasa da una risata generale e sì, la battuta pessima arriva proprio dal vicino di banco di Andrès, dal deficiente. Se c'è qualcuno che odio più di Ludmilla in questa classe è proprio lui. E' arrogante, viziato, ignorante e pure troglodita! Mi domando come possa una persona essere così tanto sfaticata perché essere bocciati due volte è proprio da somari e soprattutto ad aver avuto così tante ragazze a soli diciassette anni! Da quando cavernicolo è bello?"
E' la mia prima fanfic su Violetta, per favore non aggreditemi D:
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leon, Un po' tutti, Violetta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                                        CAPITOLO 5

 

 

Apro gli occhi lentamente ed ho un forte mal di testa, mi rendo conto di non essere nella mia stanza. Abbasso lo sguardo sul mio corpo e constato che sono vestita come ieri sera, quindi non ho fatto cazzate. Nelle narici mi penetra improvvisamente un'ondata di profumo di tabacco e vaniglia, solo ora che sto svegliando anche il mio cervello capisco che sono appoggiata sopra ad una persona e che un braccio mi sta cingendo la vita, alzo la testa e...oh Cristo santo! Ho dormito sopra il petto di Leon per tutta la notte e lui mi sta stringendo a sé. Mi mordo il labbro e lo osservo mentre sta riposando tranquillamente, anche lui indossa ancora gli abiti di ieri e il ciuffo gli ricade sulla fronte. E' qualcosa di perfetto ed indescrivibile, resterei a guardarlo tutto il giorno. Sorrido e delicatamente gli sposto la ciocca per lasciare scoperto il viso, ha i capelli così morbidi. Poso la mano sul suo petto e mi ci appoggio di nuovo avvicinandomi più di prima, sento la sua stretta aumentare ed emette un sospiro beato. Alza leggermente gli angoli della bocca per una frazione di secondo, sembra felice. Attenta a non svegliarlo, mi stacco e scivolo ai piedi del letto. Mi massaggio i capelli arruffati e mi dirigo verso la scrivania, prendo in mano il cellulare: sono le nove del mattino ed ho un messaggio di Francesca in cui mi chiede come sto e se mi sono ripresa dalla festa. Le rispondo e mi volto verso di lui, ora è rannicchiato come un bimbo e mi intenerisco. Ieri sera ho dato il mio primo bacio a Leon Vargas ed è stata una delle cose più belle in assoluto. In un primo momento è stato un bacio quasi famelico, come se entrambi aspettassimo quel momento da tutta la vita, poi è diventato dolce e mi ha preso in braccio posandomi nel letto. Non so di preciso quanto sia durato, probabilmente ne avevamo bisogno tutti e due. Dopo ho posato il capo sopra di lui ed ha iniziato ad accarezzarmi i capelli e a dirmi quanto ci teneva a me e al fatto che non mi facessi del male. Essendo ubriaca, non mi ricordo molto. So solo che mi coccolava e di tanto in tanto ci baciavamo, poi mi sono addormentata molto presumibilmente. Ad un tratto sento un cellulare vibrare e, rinvenendo dal turbine di ricordi, vedo che è quello di Leon. Lo prendo in mano e vedo che la chiamata è da parte di Lara, per qualche assurdo motivo rispondo. “Oh finalmente ti sei deciso a rispondere, stronzetto! Sono tre giorni, ripeto tre giorni che non ti fai sentire e non rispondi ai miei messaggi e alle mie telefonate! Si può sapere che cazzo ti prende?! A scuola mi eviti, mi dici che non saresti andato alla studentesca e dopo scopro che ci sei andato. Okay che sono buona, ma non passo per cogliona Leon! Se magari fossi più chiaro con me invece che scappare...oh, ma ci sei? Rispondi e non dici nulla? Cazzo dì qualcosa!”. Riattacco rapidamente, perché l'ho fatto? Mi sento un'impicciona ad essermi fatta gli affari altrui. Poi vedo un messaggio su Whatsapp sempre nel suo cellulare da parte di Andrès, non resisto a non aprire la conversazione.

Andrès...è complicato. Non lo so...vorrei che non mi interessasse, ma allo stesso tempo mi importa!
15 gennaio 2014, ore 01.24

Al gran puttaniere Leon Vargas importa finalmente di una ragazza che si porta a letto...wow!

15 gennaio 2014, ore 01.26

Non me la sono portata a letto, demente!
15 gennaio 2014, ore 01.29

Oh scusa...Leon non sei più tu! Cioè, tu di solito...boh...

15 gennaio 2014 ore 01.29

Lei merita molto di più di questo, è diversa. Non posso trattarla come le altre.
15 gennaio 2014 ore 01.35

Hai ancora paura di innamorarti?
15 gennaio 2014, ore 01.39

C'è una canzone dei Mars, End of All Days, che credo mi rappresenti al meglio. A mio parere parla di un uomo che dopo aver peccato per tutta la vita, per peccato intendo il sesso senza sentimento, si rende conto in sostanza di essere una merda e di aver bisogno di un cambio di direzione perché ha perso la retta via. E c'è una parte in cui dice 'Destruction is his game, a beautiful liar, love for him is pain' ossia 'La distruzione è il suo gioco, un bellissimo bugiardo, l'amore per lui è dolore'. Con sole tre frasi ecco la mia descrizione: rovino la vita di chi si lega a me, mento al novantacinque percento delle persone che conosco e sono convinto che amare comporti soffrire. Non cercare di farmi cambiare idea, io la penso così.

15 gennaio 2014, ore 01.52

Ma dovrai lasciarti andare prima o poi, io sono convinto che l'amore sia la cosa più bella che può capitare ad un uomo!
15 gennaio 2014, ore 01.55

Improvvisamente sento un movimento e prontamente chiudo la conversazione, blocco il telefono e lo poso sopra la scrivania. Vedo Leon che continua a muoversi, probabilmente si sta per svegliare. Mi avvicino lentamente verso il letto, mi stendo sopra di lui e gli do un bacio a stampo. Grugnisce ed apre gli occhi, gli sorrido dolcemente e si mette seduto. “Buongiorno bimba, sei sveglia da molto?”. “No, mi sono svegliata da poco”. Si gratta la testa e sbadiglia. “Hai chiamato tuo padre?”. Mi sbatto una mano sulla fronte. “Cazzo è vero! Ora lo chiamo”. “Ti dispiace se mi cambio?”. “No, assolutamente”. Mi alzo, prendo il mio cellulare e mi risiedo. Intanto lui si dirige verso l'armadio e rovista all'interno di esso. Scorro in rubrica alla ricerca del numero di papà e premo il tasto 'chiama'. Alzo la testa aspettando che mio padre risponda e...non credo di essere in grado di parlare. Davanti a me, Leon si è appena tolto la camicia e ora sta facendo lo stesso coi pantaloni. Ho gli occhi sbarrati e sento un tremolio attraversarmi tutto il corpo da cima a fondo. “Pronto Violetta?”. E' in mutande, non riesco a smettere di far balzare lo sguardo dall'addome a...beh, lo devo proprio dire? “Vilu, ci sei?”. Scuoto il capo e mi ricompongo. “Sì papà, ci sono”. “Tutto bene?”. “Certo, ci siamo divertite moltissimo alla festa e abbiamo dormito bene”. “Vuoi che ti passo a prendere io?”. “No!! Cioè...non è necessario, verrò a casa in autobus...”. “Per che ora torni?”. Guardo allarmata Leon che nel frattempo si sta abbottonando un'altra camicia rosso bordeaux e mi bisbiglia: “Digli nel pomeriggio”. “Nel pomeriggio, comunque ti farò sapere l'ora precisa più tardi”. “E dove mangerai?”. Roteo gli occhi. “A casa di Fran è ovvio!”. “Mmm....fammi sapere l'ora più tardi, mi raccomando!”. “Certo papà, ciao. Ti voglio bene”. “Anche io tesoro, a dopo”. Riattacco, mi rialzo e lo abbraccio da dietro affondando il viso nella sua schiena. “Come mai hai detto di dirgli che andrò a casa nel pomeriggio?”. Si volta e mi risponde: “Forse perché ho in mente di portarti da qualche parte?”. “Ma? In questo modo?”. Indico il vestito succinto che sto indossando dalla sera prima. “L'idea non mi dispiacerebbe...ma hai ragione, non puoi andare in giro conciata così. Non in mia presenza, almeno”. Gli rivolgo un sorrisetto malizioso. “Ti darebbe fastidio?”. “Sì, molto. Per cui adesso vado a prenderti dei vestiti dalla camera di mia mamma”. Esce dalla stanza lasciandomi praticamente impalata, ma quando si decide a baciarmi? Ops...l'ho davvero pensato? Eccolo che ritorna. “Ho scelto più o meno qualcosa che riflettesse il tuo stile, ho trovato solo una felpa nera e questi jeans grigi”. Me li porge e li afferro, solo ora mi rendo conto che devo togliermi l'abito di Francesca. “Ehm...ti dispiace se mi cambio?”. Ripeto la stessa frase che ha detto lui poco fa. “No, fai con comodo”. Metto la mano sulla zip. “Posso...?”. Mi sorride e assume un'espressione come se fosse la cosa più naturale del mondo. “Ti ho già detto che non mi dà fastidio, fai pure”. Si siede sulla sedia della scrivania e inizia a giocare col suo telefono. Inspiro profondamente e abbasso la cerniera facendo cadere a terra il vestito, allungo il braccio per prendere la felpa dal letto e noto che mi sta fissando. Me la metto su e dico: “Cos'hai da guardare?”. Scrolla le spalle. “Ah, nulla. Ho solo una ragazza mezza nuda al centro della mia camera, niente di che”. Rido ed indosso i pantaloni, ora col suo sarcasmo riesce a farmi ridere. “Abbiamo intenzione di stare qua per sempre o andiamo in soggiorno?”. Sposta l'attenzione dal cellulare a me. “Okay, però ti metto in guardia: dovrai sorbirti il terzo grado di mia mamma”. “Penso sia niente in confronto a quello che di solito mi fa papà”. “Come vuoi”. Si alza ed io mi dirigo verso la porta. “Hey, aspetta un secondo”. Mi giro e mi prende il viso fra le mani attirandolo al suo, chiudo gli occhi e sento le sue labbra premere contro le mie. Tabacco e vaniglia. Quando si stacca, li riapro e mi fa un buffetto sulla guancia. “Dai, andiamo”. Sorrido e riconosco che ultimamente lo faccio sempre più spesso. D'altronde in questi giorni sono sempre stata assieme a lui e mi basta solo averlo accanto per essere felice.


“Mi dici dove andiamo, allora?”. “Oh ma che palle che sei! Ti ho detto che è una sorpresa!”. Faccio il broncio e mi metto a braccia conserte. “Ma perché non me lo dici? Magari non mi piace!”. “Ti piacerà, ti piacerà”. Si mette il portafogli nella tasca posteriore dei pantaloni e prende delle chiavi. “Che macchina guiderai, scusa? Abbiamo riportato l'auto a Rodrigo un'ora fa”. “Quella di mia mamma, è ovvio”. “Sì ma ieri sera era un conto, ma adesso come farai senza patente? Prima hai detto di avere solo il foglio rosa”. Apre un cassetto della scrivania, estrae una tessera e me la porge orgoglioso. “La vedi questa? Ora mi chiamo Jorge Martìnez ed ho ventun anni”. Lo guardo seria. “Stai scherzando spero. Non vorrai mica...?”. Fa le spallucce e si mette a ridere. “E allora? E' temporaneo finché non avrò la patente, sempre meglio che prendere l'autobus no? Comunque ti prometto che non appena avrò la patente andremo in giro legalmente”. Scoppio in una risata anche io, è proprio scemo. “Okay, siamo pronti allora”. “Certo, andiamo”. Usciamo dalla sua camera, salutiamo Lucia e prendiamo l'ascensore. Andiamo fuori dal condominio, mi apre la portiera dell'auto vantandosi di essere un gentiluomo e sale anche lui. La accende e partiamo, ammetto che nonostante non abbia la licenza è bravo. Mi piace guardarlo mentre guida, non stacca mai gli occhi dalla strada ed è molto concentrato. Quando è così attento gli si formano le fossette sulle guance e credo siano la cosa più tenera del mondo. Poi osservo le mani, oddio ho la fissazione per quelle mani! Non ho mai capito da dove nasce questa mia ossessione per le mani delle persone, so solo che quelle di Leon sono per me quelle ideali da quando lo conosco. “Perché mi stai guardando?”. Succede sempre così quando lo guardo, mi perdo nei miei pensieri e mi distacco totalmente dalla realtà. “Niente, sei...bello”. Sembro una bambina delle elementari dal tono in cui lo dico. “Oh Violetta Castillo pensa che io sia bello, mi sento onorato. Che cosa strana”. Sghignazza. “Il fatto che ho sempre pensato che tu sia stronzo non influisce sull'aspetto fisico, sei sempre stato uno dei più belli della scuola”. “Ce ne sono di migliori di sicuro”. Sospiro e sposto lo sguardo fuori dal finestrino. “Per me no...”. Accosta a lato della strada e si volta verso di me. “Che significa?”. “Significa semplicemente che per me sei un bel ragazzo, penso che anche tu ne sia conscio”. Ritorna a fissare davanti a sé. “Mi sono sempre creduto desiderabile, mai bello”. “Beh perché non hai mai sentito i commenti che dicono le ragazze su di te! Tipo l'anno scorso dopo la prima settimana di scuola tutte già ti venivano dietro”. Scuote il capo. “Non sapevano chi fossi veramente”. “Ti definisci un mostro?”. “Non proprio, una merda magari sì”. Ripenso alla conversazione letta quella mattina nel suo cellulare e penso si riferisca a quello. “Io credo che ti sbagli”. Fa una risata amara. “Non capisco come mai una ragazza brava ed intelligente come te si ostini a difendermi nonostante io non sia di certo un santo. Porto solo casini, vedi un po' quel che è successo ieri sera. Tu meriti di più, uno come me potrebbe rivelarsi uno dei peggiori errori della tua vita”. “Hey, guardami...”. Delicatamente accarezzo il suo viso e lo giro nella mia direzione. “...tutti commettono degli errori, l'importante è rendersene conto e rimediare. Leon, io voglio conoscerti bene. Non come il compagno di classe con cui devo fare una ricerca o come il gran puttaniere della scuola, a me interessa quello che sei dentro e se questo lo definisci un errore, beh...ho una voglia matta di sbagliare”. Mi sorride ed abbassa lo sguardo, per la prima volta sembra vergognarsi. “Ora bando alle ciance, metti su un cd dei Linkin Park che ci gasiamo un po'! Non hai la minima idea in che posto ti sto portando!”. Rido con trasporto, sono felice di essere uscita da quel argomento pesante. Leon è forte, si riprende subito dai discorsi tristi e vorrei davvero essere come lui a volte. “Grazie per avermelo fatto venire in mente sai? Mi dici dove stiamo andando? Ti prego!”. La faccia da cucciolo dovrà pur funzionare! “No, bimba. Neanche se mi pagano, porta ancora un po' di pazienza e lo scoprirai”. Si mette un paio di RayBan neri a goccia e mette in moto la macchina, iniziamo a cantare come pazzi 'Burn It Down' dei Linkin e non riusciamo a smettere di fare gli stupidi. Non esiste più alcun formicolio allo stomaco, ora sento direttamente tutto il corpo brulicare.


“Copriti gli occhi”. “Cosa?”. “Ho detto copriti gli occhi e non azzardarti a sbirciare”. Poso le mani sopra agli occhi e sbuffo. “Siamo arrivati?”. “Madonna, sembri Ciuchino in Shrek 2! Me lo chiedi ogni cinque minuti! Sarai felice di sapere che siamo quasi arrivati”. “Quindi posso togliere...”. “No”. Ma che rottura di scatole! Voglio scoprire dove mi ha portata. “Sì ma è logico che te lo chiedo ogni cinque minuti, è da un'ora che stiamo in macchina!”. “Ne varrà la pena, fidati”. Improvvisamente l'auto si arresta e mi dice: “Ora”. Non posso credere ai miei occhi, non può averlo veramente fatto. Ho la bocca spalancata e sono letteralmente senza fiato. Ne avevo sentito parlare un sacco di volte, ma non credevo fosse così enorme. Il 'Notas Dulces' è il music store fra i più grandi di Buenos Aires, ho sempre voluto andarci ma mio papà non mi ci ha mai portata. “Allora...ne è valsa la pena sì o no?”. Mi sorride sinceramente ed io quasi balbetto. “W-wow! E' e-enorme”. Si slaccia la cintura ed esce dall'auto, dopodiché mi apre la portiera per farmi uscire. “Allora, riesci a fare qualche movimento o ti devo portare in schiena?”. Constato che ho ancora l'espressione di quando ho tolto le mani dagli occhi, prendo la rincorsa e mi butto fra le sue braccia e quasi cadiamo a terra. “Suppongo che tu sia contenta a questo punto”. “Mai stata più felice in vita mia!”. Quando lo abbraccio si irrigidisce in un primo momento, è molto goffo con le dimostrazioni d'affetto, però dopo poco mi stritola praticamente. Ci incamminiamo verso l'ingresso ed entriamo nell'edificio, mi sembra di essere in un negozio di caramelle. Tutt'intorno è circondato da strumenti di tutti i tipi, vinili, cd, accessori musicali e tanta, troppa band merch. Vorrei essere miliardaria in questo momento per svaligiare il negozio da cima a fondo! “Che strumenti sai suonare?”, mi domanda Leon. “Pianoforte e abbastanza la chitarra, te?”. “Pianoforte, chitarra e un po' batteria, la studio da poco. Mi faresti sentire qualcosa al pianoforte? Hai una vasta scelta qua”. “Certo”. Sorrido e ci dirigiamo nel reparto dei pianoforti e delle tastiere, mi siedo sullo sgabello di una di queste ultime. “Cosa vuoi che ti suoni?”. “Quello che vuoi, per me è indifferente. Voglio solo vedere a che livello sei”. Chiudo gli occhi, inspiro profondamente e poso le mani sui tasti. Potrei suonare qualcosa dal repertorio classico oppure contemporaneo, ma di colpo mi balena alla mente una canzone che avevo composto poco tempo addietro. Il suo titolo è 'Unreachable', irraggiungibile. Le mie dita scivolano sulla tastiera ed un turbinio di suoni mi avvolge, sto eseguendo il tutto alla cieca. Non riesco a vedere nemmeno la sua reazione, ma al momento non ha importanza. Quando arriva il ritornello premo con forza i tasti, quando suono e compongo è la passione ad avere la meglio. Mi lascio trasportare dalla dolce ma al contempo struggente melodia fino all'ultima nota, espiro l'aria racchiusa nei polmoni e riapro gli occhi. Vedo un Leon visibilmente sorpreso e gli rivolgo un sorrisetto timido ed imbarazzato. “Vilu, suoni da Dio! Mi hai lasciato senza parole...non credevo fossi così brava”. A dir la verità neanche io! “Grazie mille, ma...mi hai chiamata Vilu?”. “Ehm...Violetta, ho detto Violetta!”. Sorrido furbamente. “Hai detto Vilu”. “So quello che ho detto e ti ho chiamata Violetta”. “Se lo dici te”. Mi alzo dallo sgabello e mi dirigo verso il reparto vinili. Una cosa non capisco di lui: fa il carino e dopo fa come se non fosse successo nulla, io gli avevo posto la domanda perché a chiamarmi 'Vilu' sono solo la mia famiglia, Fran e Camilla. La trovo una cosa dolce, ma lui fa una carineria e dopo si comporta in modo indifferente. Bah...chi capisce gli uomini è davvero brava! “Guarda Leon, c'è il vinile di 'This is War'! Sarebbe una figata assurda avere un giradischi in casa!”. Non mi risponde, mi volto verso di lui e vedo che sta guardando da tutt'altra parte. “Hey, mi stai ascoltando?”. “Sì, ti ho ascoltato e hai ragione. Vado un secondo a vedere una cosa, aspettami qui”. Si incammina verso un altro reparto. “Ma dove vai?”. “Arrivo subito!”. Avevo pensato poco fa che non lo capisco? Ecco, di nuovo. Ogni tanto se ne esce con ste trovate e mi lascia impiantata per andare a fare chissà che cosa. Mi volto verso i dischi ed inizio a curiosare tra di essi, è come fare un excursus dai mostri sacri del rock a quelli contemporanei. “Le serve qualcosa signorina?”. Accanto a me c'è un aitante commesso sulla ventina che mi sorride in modo cordiale. “No, grazie. Stavo solo dando un'occhiata”. “Posso darle del tu?”. “Certo, figurati”. “Anche tu sei appassionata di vinili?”. “No a dir la verità non sono appassionata dal momento che non ho nemmeno un giradischi, però trovo che siano una gran figata!”. Ride e si avvicina un po' di più. “Se sei qua dentro però ci sarà un motivo”. “Amo la musica, ovvio. Oscillo fra il rock classico, il grunge e l'alternative contemporaneo”. “Io ascolto principalmente i grandi nomi della musica tipo Elvis Preasley, Beatles, Rolling Stones e cose così. Suoni qualche strumento?”. “Suono pianoforte e chitarra, te?”. “Io il sax, la chitarra e un po' il pianoforte”. Improvvisamente sento un braccio che mi cinge la vita, mi volto ed è Leon. “Amore sono tornato, di che stavi parlando con il commesso?”. No, aspetta...amore? Mi sono persa un bel po' di cose mi sa. “Ehm...stavamo parlando di generi musicali e strumenti”. “Wow che cosa meravigliosa! Tesoro devo mostrarti una cosa, vieni con me?”. Mi prende per il braccio fermandomi quasi la circolazione e dice al commesso: “Con permesso...”. Mi conduce lontano dal reparto vinili e solo ora noto che ha una borsetta in mano. “Porca vacca, non posso mai lasciarti da sola per dieci minuti che arriva qualcuno a provarci!”. Lo guardo piacevolmente sorpresa. “Non ci stava provando”. “Te lo dico io che ci stava provando, quante volte ti devo ripetere che conosco la mente maschile meglio di te?”. “Quindi hai finto di stare assieme a me per allontanare il tipo?”. “Ehm...”. Meglio cambiare discorso, quando non sa cosa dire risponde solo a monosillabi o versi. “Che hai nella borsetta?”. Indico il sacchetto blu elettrico con su scritto 'Notas Dulces Music Store'. “Mentre il commesso flirtava con te, sono andato nel reparto della band merch e ho pensato di farti un regalo...hai la S vero?”. Arrossisco e annuisco col capo, mi passa la borsa e guardo all'interno. No, mi sta viziando troppo! Prima mi fa mangiare a casa sua, poi mi porta fino a qui in auto senza avere la patente ed ora mi regala una maglia dei Mars! E' rossa con l'immagine di un lupo con su scritto una frase della canzone '100 Suns' ( N.d.R http://www.thirtysecondstomarsstore.com/products/wolf-t-shirt-x-large PER ME E' BELLISSIMA!), l'avevo già adocchiata sul sito ma non credevo che Leon potesse capire quale fra le t-shirt mi sarebbe piaciuta. “Grazie mille, mi piace da morire!”. Lo abbraccio e, come nel parcheggio, subito sembra un manichino e poi si scioglie. “Vuoi dare un'occhiata a qualcos'altro?”. Acconsento e cominciamo a fare un giretto veloce di tutto il negozio senza soffermarci più di tanto. Guardiamo un po' di tutto dai cd alle cuffie, dalle bacchette per la batteria ai plettri. E' il mondo a cui apparteniamo ed è una cosa che condividiamo solo nostra. Francesca è la mia migliore amica ma non credo capirebbe cosa provo in questo preciso istante, lui sì. Non ci sono molte parole da dire, lui lo sa già. E' come se in argomento musica avessimo una connessione speciale ed è difficile da spiegare quanto mi faccia stare bene. Finito di girovagare per il Notas Dulces, usciamo dall'edificio e ci dirigiamo verso l'auto. “E' stato davvero bellissimo, grazie per avermi portata”. Mi sorride e si mette le mani nelle tasche dei jeans. “Mi sono divertito molto anch'io, forse potremmo...”. Tira fuori le chiavi della macchina e la apre, saliamo. “Potremmo cosa?”. Si allaccia la cintura. “Sì, insomma...potremmo uscire più spesso. Io e te intendo...”. Oddio, penso che potrei vomitare arcobaleni e brillantini da un momento all'altro! “Certo, sarebbe un bella idea...”. “Forte”. “Già”. Il tutto senza nemmeno guardarci in faccia, che cosa strana! Ogni tanto ci baciamo e dopo non abbiamo nemmeno il coraggio di guardarci negli occhi. “Senti, bimba...io non so di preciso che cosa siamo. Non credo ci sia una parola per definirlo, so solo che ecco...mi interessi. Per cui metto in chiaro un paio cose fin da subito: io all'amore non ci credo. Posso darti tutto, ma non ho la certezza di saperti dare anche questo. Poi c'è da dire che sei diversa da tutte le ragazze con cui sono uscito, per cui direi di andarci piano. Nel senso sì, frequentiamoci pure, ma non facciamo un passo più lungo della gamba okay?”. In fondo sono d'accordo, non voglio correre e fare cose di cui potrei pentirmi. “Per me va bene, credo anch'io che sia il caso di fare le cose passo per passo”. “Perfetto. Patti chiari, amicizia lunga. Ora allacciati la cintura, si va a casa”. Faccio ciò che mi dice e partiamo, il resto del viaggio lo passiamo cantando e a fare facce buffe. Non so nemmeno io cosa siamo e se scoprirlo comporta frequentarlo più spesso, questo mi basta.


Siamo appena arrivati e ci fermiamo davanti al cancello di casa mia. Ci troviamo uno di fronte all'altro senza nemmeno parlare, a rompere il ghiaccio sono io: “E' stato bello, dovremmo rifare un'uscita dal genere”. “Vero, mi piace molto quel posto”. Mi sorride e mi prende la mano. “Sabato prossimo andiamo al McDonald's più vicino e ci strafoghiamo di cibo velenoso e ipercalorico, sempre che tu non voglia prenderti un'insalata!”. Calca l'ultima frase volutamente, come per mettermi alla prova. “Un Crispy McBacon andrà bene”. “Brava, così ti voglio! Obesa e noncurante”. Gli do una sberla sul braccio. “Hey!”. “Non ho mica detto che sei obesa, intendevo dire che piuttosto che tu sia uno scheletro ambulante preferisco vederti con qualche in chilo in più. Poi per carità tu non hai il minimo problema, hai un bel fisico...io lo so bene”. Gli do un'altra pacca. “Ma la smetti di picchiarmi? E' vero o non è vero che eri in biancheria intima davanti a me stamattina?”. Mi guardo attorno allarmata. “Urlalo un po' di più, sai? Dillo anche a mio padre che ero mezza nuda in camera di un ragazzo!”. Scoppia in una delle sue risate 'mena per il culo', mi piace definirle così, e alza le mani in segno di resa. “Piccola, io non ti ho costretto a fare nulla. Potevi cambiarti benissimo in bagno”. Lo guardo scocciata e gli do l'ennesimo schiaffo. “Potevi farlo anche tu a questo punto invece di metterti davanti a me mezzo nudo con il coso che ballonzolava sotto le mutande quando ti muovevi!”. Inutile dire che io mi sono fatta l'ennesima figura di merda e che lui non la smette di ridere. “Se sai che ballonzolava significa che volevi guardarlo”. Quarta sberla e ho detto tutto. “Non lo stavo guardando! Solo...mi è caduto l'occhio un paio di volte, ecco”. “Raccontala a qualcun altro, piccola pervertita”. “Ma parli proprio te? L'imperatore della perversione?”. Mi rivolge un sorrisetto carico di sarcasmo, era da un paio di giorni che non lo vedevo. “Oddio imperatore forse no, diciamo re”. “Pff...oh, ora che ci penso: ho dimenticato la borsetta in macchina”. Apro la portiera dell'auto e lui mi dice: “Sì brava, cambia discorso”. Prendo il sacchetto con dentro la maglietta e mi volto verso di lui. “Leon le cose sono due: o la smetti o smetti”. “Hai mangiato limoni di nascosto stamattina? Quanta acidità”. Sbuffo, quando si comporta così mi pare che ciò che è successo alla festa ed oggi non fosse mai accaduto. Sembra il Leon di sempre. “No, è che l'argomento non mi va molto a genio. Quindi dacci un taglio”. “Ai suoi ordini, santarellina”. No, aspetta come mi ha chiamata? Faccio cadere la borsa per terra e mi avvicino a lui spingendolo contro la ringhiera, mi guarda confuso e non proferisce parola. Mi schiaccio contro il suo corpo, prendo il suo viso fra le mani e faccio combaciare le mie labbra con le sue. Non un bacio come quello che ci siamo dati oggi, un po' più come il quello di ieri sera. Vengo presa dalla passione, è da quando l'ho visto per la prima volta che voglio dargli un bacio così. Quasi mi vergogno di me stessa, ho le dita incastrate fra i suoi capelli e continuo a cercare famelicamente la sua lingua. Eppure mi riesce difficile smettere. Lui, dal suo canto, contraccambia e mi stringe a sé con forza. Stremata, dopo chissà quanti minuti, mi stacco senza fiato e con le labbra gonfie. “Santarellina a chi?”. Deve ancora riprendersi, lo vedo alquanto spaesato. “Ammetto che mi hai sorpreso bimba, veramente”. Raccolgo il sacchetto del Notas Dulces e mi si sistemo la felpa che nel frattempo si è un po' alzata. “Lunedì ti porto i vestiti di tua mamma”. Scrolla le spalle. “Fai con comodo, non voglio metterti fretta”. Tentennando, gli do un bacio sulla guancia e suono il campanello di casa mia. “Ci vediamo lunedì allora”. “A lunedì”. Mi saluta con la mano e sale in auto, mio padre apre il cancello e faccio il mio ingresso nel vialetto. Quando mi volto indietro, lui se n'è già andato.

 

 

                                                                                                                                                          15 gennaio 2014

Caro diario,

scusami se non ti ho scritto, ma sono successe talmente tante cose tra ieri ed oggi che mi perdonerai di sicuro. Intanto comincio col dire che la festa non è stata un granché perché mi sono ubriacata...ti chiederai il motivo di sicuro: ho ballato con Vargas e mi sembrava di volare mentre ero stretta a lui, solo che dopo un po' l'ho visto ballare allo stesso modo con un'altra ragazza. Penserai: che stronzo! Ma adesso arriva il bello. Mentre ero al bancone del bar è arrivato Heredia che mi ha chiesto di ballare, probabilmente ha sentito le voci false sul fatto che mi piace, ed io ho acconsentito. Mentre eravamo sulla pista si è avvicinato di più baciandomi il collo, ma in quel momento è arrivato Leon che quasi lo picchiava davanti a tutti. Era arrabbiato con me perché mi ero ubriacata e lui è convinto che i maschi se ne approfittano quando una ragazza è in questo stato. Tra la confusione, lui mi ha portato a casa sua. Credimi se ti dico che mi sto sforzando un sacco a ricordare tutto, ho in mente perlopiù degli sprazzi disconnessi tra loro. In camera sua, poi, è successa la cosa che mi ricordo più vividamente: ho dato il mio primo bacio. E' stata una cosa bellissima, una delle sensazioni più belle che abbia mai provato in vita mia. Dopodiché ci siamo stesi nel letto l'uno accanto a l'altro e lui, coccolandomi, diceva cose riguardo al fatto che non vuole che mi faccia del male e che a me ci tiene. Mi spiace non ricordare praticamente nulla di tutto ciò, ma, come ho detto prima, al posto di un andamento logico ci sono scene sparse un po' qua e un po' là. Stamattina invece mi sono svegliata addossata a lui...è così bello quando dorme! Poi quando anche lui si è svegliato, ho chiamato mio padre e lui si è cambiato di fronte a me. Qui vorrei aprire una parentesi: Non. Gli. Stavo. Fissando. Il. Coso. Ovviamente lui, pieno di sé, è convinto che sia così...mi credi se ti dico che si intravedeva da sotto le mutande e che quando si muoveva ballonzolava? Non è mica colpa mia...Dio santo, sono nata femmina! E' logico che mi capiti di guardare anche là ogni tanto, ma non lo ammetterò mai davanti a lui. Sarebbe come firmare un contratto di prese in giro per un anno intero! Tra una cosa e l'altra, è toccato pure a me togliere il vestito della sera prima e, quando ero praticamente mezza nuda, era lui il pervertito che mi fissava come un gatto in calore. Ha poco da dire a me, a mio parere con la forza di volontà riuscirebbe a spogliarti con gli occhi...è meglio che cambio discorso. A pranzo abbiamo mangiato sempre a casa sua con Lucia, la madre, è molto gentile e simpatica. La adoro soprattutto quando sgrida Leon per la postura scorretta e perché mangia con la foga di un 'bufalo indemoniato'. Ero praticamente stesa sopra il tavolo dalle risate! Nel pomeriggio, invece, mi ha portato al NOTAS DULCES!!! Ti giuro che sto impazzendo, ancora non ci credo di essere andata al music store fra i più grandi di Buenos Aires! Gli ho fatto sentire come me la cavo col piano e lui mi ha regalato una maglietta dei Mars (la sto indossando ora). Si è pure ingelosito perché un commesso, a detta sua, ci stava provando con me e ha finto di essere il mio ragazzo. L'idea, a dirti la verità, non mi dispiacerebbe...ma poi in macchina, prima di partire per tornare a casa, abbiamo chiarito un po' come stanno le cose fra di noi. Ci frequenteremo per conoscerci meglio, per approfondire il nostro rapporto. Ha detto di potermi dare tutto, ma che non ha la certezza di saper amare. Non capisco come possa trarre conclusioni così affrettate, ha solo diciassette anni e un'intera vita davanti per divertirsi e, perché no, anche per innamorarsi. Si crede uno schifo solo perché si è portato a letto molte ragazze diverse, non dico che sia una cosa stupenda ma non vedo dove sia tutto questo male. Se sei bello, giovane e single, te lo puoi permettere. Comprendo che sia un errore, l'importante è capire dove si ha sbagliato e cercare di cambiare in meglio. Si può sempre migliorare.
A domani,

Violetta

 

 

Chiudo il diario e lo ripongo nel cassetto del comodino, osservo la maglia che sto indossando e sorrido ripensando alla pazzia fatta oggi. Non è da tutti scorrazzare per le vie di Buenos Aires illegalmente. Improvvisamente mi torna alla mente una frase che Leon mi aveva detto ieri sera quando eravamo stesi sul letto: “Sono solo e tu colmi il mio vuoto”.
 

 

ANGOLO DELL'AUTRICE

Eccomi qua con un nuovo capitolo, credo non ci sia molto da dire a parte il fatto che ho qualche dubbio su alcuni punti. E a voi che ve ne pare? Vi piace la forma e il contenuto? Necessito dei vostri pareri. Spero continuerete a seguire la mia fanfiction per vederne gli sviluppi, questo è solo l'inizio. Immagino già che molti di voi saranno felicissimi di questo passo in avanti nella storia fra Violetta e Leon, ma sarà tutto così sereno o ci sarà qualche complicazione? Per scoprirlo non vi resta che continuare a seguire i prossimi capitoli! Infine ci tengo a ringraziare tutti gli utenti che mi recensiscono e che mi contattano privatamente facendomi i complimenti, senza di voi non sarei arrivata a questo punto della storia. Grazie di cuore :)

  
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