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Autore: CheshireClown    07/07/2008    6 recensioni
[Attraverso gli occhi di un novellino]
Niente più regole, niente più restrizioni, niente più vincoli,
che sapore ha la vita da criminale?
[Spoiler lievissimi][One-shot][Prima classificata al concorso sull'Akatsuki indetto da Akuro e rekichan]
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akasuna no Sasori , Akatsuki, Deidara
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Contenuti forti
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through raw's eyes
Through raw's eyes
[Attraverso gli occhi di un novellino]






[Lento,

il kunai incide la liscia superficie fredda
Incerto, sorpassa le incisioni al centro
Veloce,
scivola verso la fine della targhetta
Per poi sollevarsi
Appena ne raggiunge il limite.
Finendo la sua opera d'arte:
Un targhetta in ferro
Perfettamente tagliata a metà
da una riga orizzontale.

Niente più vincoli.
Niente più regole.
Niente più restrizioni.
Che sapore ha la libertà?]

Scarlatto, il rivolo di sangue fendeva lento l'umido suolo, intaccato da scure impurità.
Risplendeva, alla luce della luna, avvicinandosi subdolamente ai sandali cobalto del ninja nascosto nell'ombra.
Il disgusto attanagliava le viscere del giovane mentre il celeste occhio, con riluttanza, scandagliava la stretta vallata racchiusa da maestosi massicci rocciosi.
Dinanzi a lui, abbandonati sul terreno come giocattoli rotti, due cadaveri. I loro corpi, ancora caldi, riposavano sotto una stupenda notte di luna piena, adagiati in un lago dalle dense acque color cremisi.
Rabbrividì, il ninja, nel seguire le imperfette linee delle ferite. L'animo veniva turbato dalla vista della carne fresca esposta a quello sguardo ancora così inesperto.
Poteva vedere i muscoli, filamento per filamento. Poteva scorgere le ossa, candido frammento per candido frammento.
Deglutì, raccogliendo il coraggio.
Non aveva il diritto di lasciarsi assalire dalla paura, non dopo aver compiuto la sua scelta.
Inconsapevolmente, la mano si levò fino a raggiungere la fronte. Carezzò la ruvida stoffa del coprifronte prima di saggiare leggera la fredda superficie liscia della targhetta.
I polpastrelli, ancora intorpiditi per la bassa temperatura, percorsero il disegno inciso sul metallo, soffermandosi incerti sul graffio che ne deturpava la bellezza.
Una semplice riga percorreva da un estremo all'altro la targhetta, sancendo la condanna di eterno tradimento a colui che avrebbe indossato il coprifronte.
La mano, seguendo le volontà del proprio padrone, si scostò velocemente da quell'incisione, giungendo in prossimità della cascata di dorati ciuffi che morbida ricadeva sul viso.
Con le dita la pettinò, cercando di distogliere i pensieri dal profondo turbamento.
Si sentiva insicuro, abbandonato e spaesato in una realtà a lui del tutto nuova.
Era veramente questa la sua volontà?
Avrebbe voluto poter tornare indietro nel tempo fino al fatale giorno del suo tradimento. Se solo non fosse rimasto al covo fra le montagna, se solo se ne fosse andato prima dell'arrivo dei tre criminali appartenenti all'Akatsuki...
Maledisse la sua testardaggine e l'infinita serie di futili motivi che l'avevano portato a compiere con così tanta leggerezza una scelta talmente importante.
Rinnegare le sue origini solamente per vendicarsi di quel bastardo con le occhiaie, che gesto infantile.
Oramai, però, era tardi per ammettere i propri errori. Doveva andare avanti, perseguire la strada da lui scelta.
Ignorò, quindi, i sentimenti di disgusto e disapprovazione che aleggiavano nel suo cuore. Chiuse per pochi istanti gli occhi, riposando la vista tanto provata.
Volse la schiena a quello spettacolo di morte e riaprì le palpebre.
Tremava ancora, forse per il freddo, forse per ben altri motivi.
Avanzò, lentamente, allontanandosi dalla sua opera.
Una creazione che avrebbe voluto abbandonare in un angolo e dimenticare, nascondendola con sculture d'argilla.
-Finalmente.-
Una profonda e roca voce lo fece trasalire.
Si voltò di scatto verso la fonte del suono.
Dal buio apparve una bassa e tozza figura dalla forma vagamente simile a quella di una tartaruga.
-Sasori...- mormorò il giovane dai capelli biondi, colto alla sprovvista.
-Hai impiegato troppo tempo, moccioso. Sai che io odio aspettare, e non sopporto coloro che rimangono incerti di fronte ad un compito assegnatoli.-
Aggrottò la fronte, stizzito, il biondo.
-Gradirei che la smettessi di chiamarmi moccioso, uhn. E non mi dispiacerebbe se comprendessi almeno in minima parte quanto possa essere difficile eseguire per la prima volta una missione tanto delicata, uhn.-
-Uccidere due insulsi ninja non è impossibile, moccioso. Sei solamente immaturo.-
Sasori, senza degnare di un altro sguardo il mukenin, si allontanò.
Imprecò a denti stretti, il giovane biondo. Il suo orgoglio, macchiato ancora dall'infantile egocentrismo, mai avrebbe permesso che ammettesse la verità nelle parole dell'uomo.
Si auto-convinse del suo vittimismo, ignorando le voci che dal profondo del cuore, preoccupate, gli chiedevano di abbandonare la solita insolenza.
In silenzio, seguì la figura che, dinanzi a lui, si inoltrava nella boscaglia.
-Muoviti moccioso. Entro domani dobbiamo raggiungere il nuovo nascondiglio.- lo riprese Sasori con tono indifferente.
-E cosa ne faremo dei cadaveri, uhn?-
-Zetsu penserà a loro, ora sbrigati.-
Vittima della curiosità, il biondo volse il capo verso la vallata in cui prima si trovava.
Sgranò gli occhi nel contemplare l'orrendo spettacolo.
Un uomo, se così si poteva definire, apparso dal nulla si chinava con esasperante calma sul corpo senza vita adagiato ai suoi piedi.
Le due ampie foglie ai lati della testa fremettero, eccitate. Con un movimento veloce privarono il corpo dell'arto destro, catturandolo.
Il giovane spettatore, spaventato, decise di dimenticare quanto appena visto.
Dopo alcuni secondi di smarrimento si ridestò dal suo torpore, riprendendo il cammino.
Aveva completato la sua prima missione in veste di membro dell'Akatsuki, doveva andarne fiero.
Era un membro della più prestigiosa banda di criminali presente fra le terre ninja, doveva esserne felice.
Era libero dai vincoli che solitamente legavano gli shinobi ai loro villaggi, doveva esserne entusiasta.
Cos'era, allora, quello strano senso di angoscia che aleggiava nel suo cuore?

*

Urla.
Strazianti canti senza fine.
Interminabili nenie, fastidiosi ronzii macabri.
Offuscato, il ricordo, dal vigliacco inconscio.
Offuscata, la vista, dalle vili lacrime.
Un'opera di macerie e falò, di corpi abbandonati e sangue.
Un pazzo artista, il colpevole.
O solo un'ingenua creatura terrorizzata dalle sue stesse azioni?
In lontananza, la sentiva ancora.
Quella voce, dolce.
Quel melodioso suono solente accompagnarlo ogni notte nelle braccia di Morfeo.
Ora implorava, flebile.
Richiamava la piccola figura inginocchiata in mezzo a quella che un tempo era la piazza.
Tentava di ottenere l'attenzione del bambino dai capelli biondi, invano.
Le orecchie del piccolo erano sorde, capaci di percepire solo le urla strazianti di coloro a metà fra l'aldilà e il mondo dei vivi.
Non udì mai, quel bambino, la sua madre.
Non udì quella donna che, fino alla fine, ripeté sempre la stessa parola, implorante.
“Deidara”.

*

Si svegliò di soprassalto, il giovane mukenin.
Aveva il fiatone, il cuore pareva aver accelerato i battiti e non aver intenzione di calmarsi.
Portò una mano al petto, stringendo fra le dita la stoffa presso l'organo.
Chiuse gli occhi, strizzandoli fino a sentire lievi vibrazioni di dolore.
Strinse i denti, nella lotta contro il suo inconscio.
Era la quinta notte, ormai, che il suo sonno veniva turbato da quel sogno. Pareva una punizione, la tortura in cambio delle sue azioni.
Sospirò, finalmente tranquillo.
Si coricò nuovamente, inspirando. Abbassò le palpebre, senza però scivolare nuovamente nel sonno. Sapeva benissimo che una volta arresosi all'oblio del mondo dei sogni, i ricordi sarebbero tornati per tormentarlo.
Fantasmi, lo seguivano da tempo. Fedeli, non l'avevano mai abbandonato per undici anni.
I suoi unici compagni di vita. Sorrise, sarcastico, al pensiero.
-Sei strano, bimbo.-
Vicino a lui Sasori sostava ai piedi di un albero.
Il biondo non lo degnò di un'occhiata, né gli rispose.
-Ti svegli di colpo, spaventato, ti calmi e sorridi. Che comportamento bizzarro.-
Rimase in silenzio, il biondo, continuando a fissare il manto stellato dinanzi al celeste occhio lasciato scoperto dal lungo ciuffo biondo.
Sasori non meritava chiarimenti sul suo conto, non aveva il diritto di eludere la sua sorveglianza per poter scavare nel suo passato.
Il giovane mukenin non sapeva nulla del suo compagno di team, se non della sua incredibile bravura nell'arte delle marionette. Non era interessato alla sua storia, nonostante durante quella missione più volte l'aveva osservato di sottecchi chiedendosi cosa celasse la nera maschera atta a nascondergli il volto dal naso al mento.
Un sorriso, molto simile a una smorfia, si dipinse sul volto del biondo.
Sasori lo definiva bizzarro quando lui stesso vantava un aspetto esteriore alquanto anomalo.
Come in un bambino, la curiosità riempì l'animo del biondo, insidiandolo con la volontà di spiare il suo compagno una volta giunti al nuovo nascondiglio per poter svelare il mistero celato da quella nera cappa decorata da rosse nuvole.
Girò il capo, poggiandolo sull'improvvisato cuscino costituito da una sacca contenente argilla. Sotto di essa, accuratamente steso sul prato, vi era una cappa identica a quella indossata da Sasori.
E il biondo vi era disteso sopra.
Adagiato su quel mare color pece macchiato di denso sangue.
Accarezzò con le dita una manica.
[Avrebbe dovuto portare addosso il ricordo del sangue delle sue vittime per sempre?]
Sasori lo osservava, inespressivo.
-Mi chiedo come un ragazzino come te possa essere il responsabile della strage di Iwa.- la voce cavernosa dell'uomo con la maschera ruppe il silenzio.
Il biondo lo guardò, interrogativo.
-Cosa vorresti insinuare, uhn?-
Per quanto fossero stati insieme per poco tempo, il giovane mukenin aveva imparato presto che il suo collega provava divertimento nell'irritarlo. Non che lui stesso non avesse provato un paio di volte a tentare di infuriarlo, giusto per saziare la sua curiosità.
Fino ad ora, però, Sasori aveva resistito ad ogni attacco, senza mai perdere le staffe.
-Non sto insinuando niente, moccioso. Mi meraviglio solamente di come tu ora tentenni al solo pensiero di dover uccidere un nemico quando, nel tuo profilo, vanti di una leggendaria strage compiuta a soli sei anni. O abbiamo sbagliato e tu non sei quel Deidara?-
Se solo non fosse stato stanco, il biondo sarebbe scattato in piedi e avrebbe volentieri tirato un kunai in mezzo agli occhi del suo compagno.
Perché, proprio quando stava per sconfiggere i fantasmi del passato, Sasori li doveva ripescare nel denso lago quale era la sua memoria?
Rivolse un'occhiata furiosa all'uomo, per poi ignorarlo bellamente, incrociando le braccia al petto.
-Ti comporti proprio come un bambino.- sottolineò Sasori, infastidito da quell'atteggiamento dai tratti infantili.
Deidara, fra sé, ripensava alle parole del collega. Mai avrebbe ammesso la verità nascosta in quella breve frase.
Era rimasto bambino, e lo sapeva.
La sua infanzia, bruscamente interrotta da quel tragico evento, mai aveva permesso al giovane di abbandonare il fantasma del bambino che un tempo fu e che non ebbe il tempo di vivere appieno i primi anni della sua vita.
Ancora lo sentiva, il bimbo biondo, ridere nella sua mente.
Ancora lo sentiva, il piccolo se stesso, piangere rannicchiato in oscuro angolo della sua anima.
Si mosse lievemente, stendendosi sul fianco.
Portò le gambe al petto, un braccio a cingere le ginocchia.
In posizione fetale, come quando era piccolo e aveva paura, ritrovò un lieve senso di serenità.
Si lasciò ammaliare da Morfeo, per poi scivolare addormentato fra le sue braccia.

*

Pugnali nel cuore, quegli astiosi sguardi.
Violenti schiaffi, quegli insulti carichi d'odio.
Avrebbe voluto essere cieco, per poter ignorare le occhiate della gente.
Avrebbe voluto essere sordo, per poter ignorare le parole della gente.
Si sentiva solo,incompreso.
Non lo volevano, il suo animo macchiato di un imperdonabile peccato.
Un crudele prezzo da pagare per una involontaria colpa.
Lui non avrebbe mai voluto, otto anni prima, esplodere quel grazioso uccellino d'argilla.
Lui non avrebbe mai voluto, otto anni prima, contemplare la sua opera mentre distruggeva la città in un devastante incendio.
Era solo un bambino, troppo ingenuo per sapere e troppo debole per evitare la catastrofe.
Quale poteva essere il suo futuro, se al villaggio nessuno voleva più vederlo?
Doveva esaudire i loro desideri?
Si era scoperto osservare spesso le grotte celate fra le montagne che circondavano Iwa.
Più volte aveva ceduto alle dolci e allettanti proposte di fuga che un angolo della sua mente insinuava in lui.
Per un ragazzino scappare dai problemi era la soluzione migliore.

*

Il nuovo nascondiglio era un vero e proprio labirinto scavato nei monti del paese dell'Erba.
Avevano impiegato due ore buone, Deidara e Sasori, prima di riuscire a trovare l'antro in cui si era celato Pein, colui a cui dovevano fare rapporto.
L'uomo li aveva liquidati in breve tempo, indignando Deidara per la mancanza di un minimo segno di benvenuto verso di lui.
Effettivamente, dei pochi membri dell'Akatsuki finora conosciuti nessuno lo aveva accolto a dovere, anzi, lo avevano tutti ignorato.
Lo stesso Sasori per gran parte del viaggio non lo aveva degnato del minimo sguardo e le uniche parole da lui ricevute erano rimproveri o scherni.
Il biondo mukenin mai si sarebbe aspettato una così fredda accoglienza. Aveva sempre immaginato l'Akatsuki come un'affiatata organizzazione di criminali dallo scopo comune.
In quel momento, tuttavia, in lui si era insinuato il dubbio che la realtà fosse ben diversa.
I vari membri parevano detestarsi fra loro, ognuno impegnato a correre dietro al proprio obbiettivo personale.
Ancora una volta maledisse l'infida indole infantile, troppo incline a cedere alle illusioni di perfezione, che, tenace, persisteva nel suo animo.
Cercò di distrarsi prendendo fra le mani un tocco d'argilla e permettendo alla bocca posta sul suo palmo di ingoiarlo, per poi masticarlo con gusto.
Modellò la creta impastata al suo chakra, seduto sulla sua cappa ripiegata.
Sasori, fermo accanto a lui, osservò la scena inespressivo, lasciando un flebile gemito di disgusto scivolare via dalle labbra.
Irritato, Deidara puntò lo sguardo nelle iridi color pece del compagno.
-Qualche problema, tartarugone, uhn?-
-No.- il volto non tradiva alcuna espressione, eppure nella sua voce vi era una chiara vena d'ira.
-Allora perché continui a fissarmi, uhn?-
-Mi chiedo cosa tu voglia fare con quell'insignificante tocco di creta, marmocchio.-
Strinse i denti, Deidara.
-Con questo “insignificante tocco di creta” creerò una delle mie opere d'arte, uhn!-
-E tu definisci quella “arte”?-
Il biondo era sorpreso nel notare la mancanza di espressioni sul viso di Sasori e al contempo percepire la voce scettica o irritata. Solitamente i suoni venivano accompagnati da eloquenti smorfie, perché allora quel volto rimaneva intatto, privo di emozioni?
-Questo è solo parte della mia opera, uhn. La vera bellezza giunge nel momento in cui la scultura viene fatta esplodere dal sottoscritto, uhn. L'arte è esplosione, uhn!-
Una risata gutturale e profonda riecheggiò nella stretta galleria in cui i due mukenin sostavano.
Rabbrividì, Deidara, al suono di quel suono così metallico.
-Non farmi ridere, ragazzino. L'arte è eterna.-
Il biondo si infervorò, rispondendo senza fermarsi a riflettere.
-La vera arte dura pochi istanti, è effimera, come un esplosione, uhn!-
Un'altra risata, screziata da vibrazioni d'irritazione.
-L'arte perdura nel tempo, la bellezza si preserva in eterno. La tua è solo presunzione, moccioso.-
Scattò in piedi, Deidara, fronteggiando il compagno di team.
-Non permetto che un tartarugone vigliacco derida la mia arte, uhn!-
Sasori avanzò, in silenzio. Il biondo avrebbe voluto muoversi, ma d'improvviso si era ritrovato paralizzato.
Stupito, sgranò gli occhi, incapace di capire cosa stesse succedendo.
Portò lo sguardo sull'uomo dinanzi a sé e vide la sua schiena sollevarsi.
Davanti ai suoi occhi, dietro la forma a tartaruga dell'uomo, apparve un giovane uomo dai capelli rossi come il sangue e la pelle nivea.
Poco più grande di Deidara, più alto di pochi centimetri, il ragazzo indossava la cappa caratteristica dell'Akatsuki.
-C-chi sei t-tu?- furono le uniche parole che riuscì a pronunciare Deidara, preda dello stupore.
-Akasuna No Sasori, idiota.- la voce manteneva la sua calma, eppure era più delicata, più naturale.
-Ma...ma...- il biondo riportò lo sguardo sul corpo inanimato di colui che fino a pochi minuti fa riteneva essere il suo vero collega.
-Quella è solo una marionetta che mi diverto a manovrare dall'interno la maggior parte del tempo. A quanto pare il mio tranello ha funzionato, vista la tua espressione.-
Deidara era completamente sbigottito. Aveva sempre creduto in una falsa verità, lasciandosi ingannare da Sasori. Veramente astuto.
In cuor suo ormai si era arreso: il suo compagno aveva molta più esperienza di lui, nonché pareva essere un artista più esperto.
Esteriormente, però, mai avrebbe ceduto.
-Vigliacco anche nei piani più astuti, uhn.- commentò, un ghigno stampato sul volto.
Con violenza, venne scaraventato contro il muro.
Si accasciò a terra, la schiena che pulsava dal dolore.
Sasori era ancora fermo dietro alla sua marionetta, freddo e inespressivo.
Non riusciva a capire, Deidara. Lo sguardo percorse il suo corpo, incredulo, finché non li vidi.
Azzurri, quasi trasparenti, fili di chakra lo bloccavano, catturandogli gli arti.
Li seguì, fino a risalire alla mano tesa di Sasori.
L'aveva manovrato per tutto il tempo.
Deidara era stato abbastanza ingenuo da cadere nel suo tranello e diventare una delle sue marionette.
Il rosso avanzò, stringendo la morsa in cui era prigioniero il biondo.
-Non fai più lo sbruffone, moccioso?- ghignò, una luce sadica negli occhi.
-Rimane un atto vile bloccare l'avversario, uhn.- replicò a capo chino.
Rude, Sasori catturò il mento del biondo in una mano e lo sollevò, costringendo il celeste occhio a incatenarsi al suo freddo sguardo.
-Qui l'unico vigliacco sei tu.-
Sgranò gli occhi Deidara, a quella semplice sentenza.
Il suo corpo, il tempo, la sua anima, si bloccarono.
Non si accorse del kunai governato dai fili di chakra che lento, sinuoso, si avvicinava alla sua coscia.
Ignorò la lama incidere la pelle, macchiandosi di scarlatti rivoli.
Non prestò attenzione all'arma mentre si sollevava per raggiungere il suo braccio.
Non avvertì il freddo metallo solcare la pelle, decorandola di cremisi scie.
Risalì ancora, il kunai, fino a giungere al perfetto viso.
Screziò la delicata guancia con liquidi rubini.
Deidara non avvertiva il dolore, né qualsiasi altra sensazione.
Il tempo si era fermato, così come il suo respiro.
Non riusciva, non voleva, distogliere lo sguardo da quei magnifici occhi castani.
L'avevano incantato, freddi.
La calma voce lo aveva sedotto.
Si sentiva debole di fronte a Sasori.
Il marionettista riusciva a leggergli l'anima, ingannandolo, giocando con lui.
Era il suo burattino.
Era un ingenuo bambino prigioniero di bugie più volte ripetute.
Era un giovane ribelle a cui era appena stata rivelata la verità.
Non si accorse di essere ormai libero dai fili di chakra, né vide allontanarsi Sasori, nascosto nella enorme marionetta.
Crollò a terra, come un'inanimata bambola.
Raggiunse il freddo suolo, e il dolore prima dimenticato lo invase in un'unica onda.
Un unico brivido.
Fra le ferite ardenti come fuochi, fra i gemiti, fu solo capace di sussurrare un'ultima parola.
 -Danna...-
Chiuse gli occhi, serrando le labbra.
Aveva ragione, Sasori.
Lui non era altro che un vigliacco.
Non aveva protetto sua madre, impaurito dall'immenso incendio, undici anni prima.
Non era riuscito ad affrontare i propri problemi, tre anni prima.
Non riusciva ad accettare le sue debolezze, ora.
Era solo una presuntuosa pedina abbandonata in una crudele scacchiera.
Un semplice pedone, l'unico vanto di cui disponeva era la sua codardia.
L'avrebbero manovrato, l'avrebbero usato.
E lui, da vigliacco quale era, si sarebbe rifugiato nel suo mondo di bugie e illusioni.
Non si sarebbe lasciato più stupire, non avrebbe più guardato il mondo attraverso il suo ingenuo sguardo.
Avrebbe ignorato(*) ogni crudeltà, ogni crimine, continuando a vivere nella sua perfetta e intaccata realtà.
Non avrebbe più permesso a quel bambino di vedere un mondo di dolore e disperazione.

[Lenta,
la goccia di sangue percorre la guancia fredda
incerta, si mischia alla lacrima solitaria
Veloce,
accarezza gli angoli della bocca
Per poi cadere
appena raggiunto il mento
Finendo la sua opera d'arte
Un volto pallido
rigato da un'unica continua
scia di sangue.

Niente più gioia
[quella è solo per i servi dei villaggi]
Niente più ingenuità
[quella è per i genin appena promossi]
Niente più vita
[quella è per i "buoni"]
Che sapore ha la vita da criminale?]








*******




(*)Nella versione originale, ovvero quella spedita al concorso, il verbo era "avrebbe ignorando". Mia svista grammaticale, corretta per rendere la lettura più scorrevole.


Fic prima classificata al concorso sull'Akatsuki indetto da Akuro e rekichan.
Che dire se non che non ci credo ancora? *-*
Non me lo sarei mai aspettato, già già. In tutta sincerità c'era qualcosa che non mi "sconfinferava", ma non riuscivo a capire cosa. Quando ho letto i risultati ho cominciato a saltellare qua e là come un coniglio schizzato xD Dopotutto ci tenevo molto a questo contest, era sulla mia amata Akatsuki *-*
Grazie alle giudici per i giudizi e complimenti a tutte le altre partecipanti ^-^

Venendo alla fic, alcuni appunti. Per prima cosa, il mio obbiettivo principale era descrivere l'Akatsuki per come è, dura e cruda, in tutta la sua crudeltà. E Deidara appena arruolato mi pareva perfetto per quel ruolo. Il suo passato è una mia invenzione, scritto e ideato mentre ascoltavo la canzone Zombie dei Cranberries (ascoltatela nel leggere il primo flashback, credo che renda al meglio l'ambientazione). Le parti in corsivo poste all'interno del testo sono flashback mentre le parti in corsivo poste fra parentesi quadre all'inizio e alla fine sono semplici riflessioni.Verso la fine, Sasori è descritto più alto di Deidara, nonostante solitamente lo si ritenga più basso. Non è una mia invenzione, poichè in un'immagine ufficiale dove la vera corporatura del rosso e quella del biondo vengono messe a confronto e si nota come Sasori sia più alto. In alcune frasi viene citato solo uno dei due occhi di Deidara, poichè l'altro è coperto dal ciuffo e quindi, a mio parere, invisibile e/o incapace di osservare. Mia invenzione anche l'insolenza di Deidara nei confronti di Sasori, di cui non conosce nulla

Mamma mia che note lunghe O-O
Che nessuno leggerà mai molto probabilmente xD
Suvvia, sono soddisfatta della fic e felice del primo posto *-*

That's all folks!

kiara_chan

  
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