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Autore: Manuel WillyWonka    31/03/2014    2 recensioni
Tutta la storia é tratta da un sogno. Tutti i personaggi esistono davvero nella realtà, ho soltanto cambiato i nomi. Il titolo è un omaggio a " I topi nel muro" di Lovecraft. Come ben sapete, anche lui scriveva racconti partendo dai suoi sogni. Visto che è tratta da un sogno, non mi va di modificarla cercando di dargli un senso.
Genere: Horror, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scrivo questa sorta di deposizione solo perché obbligato dalle autorità. Mi scuso in anticipo con loro per le mie scarse doti di narratore. Purtroppo, nonostante siano state presenti più persone durante quel maledetto giorno, io sono l'unico a, diciamo, esser stato dietro le quinte, per quanto io sia del tutto estraneo ai fatti e mai avrei immaginato a cosa andavo incontro. Ho già dichiarato di non fare uso di droghe e di non bere alcolici. Anche perché é difficile che 50 persone si trovino ubriache nello stesso momento, vedendo le stesse cose. Cominciamo dall'inizio, da quando ho conosciuto Alessandro (di cui spero verrà ritrovato presto il corpo, o quantomeno i resti). Come hanno già testimoniato più persone, Alessandro esisteva. Io non so perché secondo l'anagrafe italiana non é mai esistito. Incontrai per la prima volta Alessandro mentre portavo a passeggio il mio cane. Ci siamo rivolti per la prima volta la parola perché anche lui era intento a far passeggiare il suo cane, un barboncino. Dopo essersi presentato, mi raccontò che si era appena trasferito da non so dove in un condominio molto lussuoso. Sapevo bene dove si trovava, visto che era distante circa cento metri dalla mia abitazione. Aveva preso un appartamento con le sue due sorelle. Alessandro era sulla cinquantina (so quello che state pensando: Alessandro é un nome insolito per un cinquantenne; l'ipotesi del falso nome è valida) capelli brizzolati, alto circa un metro e settanta cm. Dopo quel giorno lo incontrai diverse volte. Mi raccontò delle due sorelle, circa della sua età: lui e la sorella minore non si erano mai sposati per prestare assistenza alla maggiore, malata. Non so i nomi: ripensandoci ora, quando mi raccontava della maggiore, i suoi occhi imploravano come una ricerca d'aiuto. Io non riuscivo a capire quale malattia possa richiedere l'assistenza di due persone ventiquattro ore su ventiquattro: non sembrava povero, dato i suoi vestiti fatti su misura diversi ogni giorno. Perché rinunciare alla propria vita quando esistono le case di cura e gli ospedali? Ovviamente questi pensieri avvenivano nella mia testa: sarebbe stato scortese dire cose simili. Anche se lui faceva accenni piuttosto intimi sulla sua situazione familiare con uno conosciuto da tre giorni. Quella stessa sera iniziò l'incubo. Alessandro abitava, come già ho spiegato, in un condimio, diciamo di lusso. Questo condominio (inteso come palazzo) faceva parte di un complesso di condomini, cinque palazzi per l'esattezza. Questi cinque palazzi circondavano un parcheggio a cielo aperto per gli inquilini, ricoperto di ghiaia. Cominciò tutto cosí, anche se chiunque possa raccontarvelo, specialmente gli inquilini che avevano un posto in prima fila. Verso le ventidue di sera il signor Montanari rientrava dal lavoro sulla sua berlina. Si sentì un tonfo, seguito dall'acceleratore che faceva girare le ruote a vuoto. Il suolo del parcheggio aveva ceduto, più precisamente l'entrata. Più che ceduto si rivelò vuoto, dopo che la ghiaia era corsa via insieme all'acqua, dato che una tubatura delle fogne si era rivelata rotta. Mi rendo conto di non saperlo spiegare bene. Nemmeno provo a spiegarmi meglio visto che diversi geofisici non si spiegano la cosa. Per quanto è spiegabile l'assenza di ghiaia, non si spiega il getto dell'acqua stile geyser, dopo qualche minuto dalla caduta dell'auto. Il signor Montanari fu aiutato ad uscire dall'auto dai condomini. Era troppo tardi per chiamare un carro attrezzi, decise quindi di lasciare l'auto nella buca. Il mattino dopo, verso le sette, arrivò il carro attrezzi. Mi recai sul posto, ma ancora il mio cervello non si rende conto bene di quello che notai. L'auto, una berlina di due anni, era ridotta a rottame. La sua verniciatura, un grigio metallizzato fino a poche ore prima, era ora di un marrone ruggine. Come se fossero passati diversi lustri in una sola notte. Aveva perso inoltre diversi pezzi, tra cui cerchioni e sportelli, che non sono stati ancora ritrovati. Nel frattempo, fra la folla, era comparso Alessandro. L'auto fu sollevata, rendendo visibile la buca. Era alta circa due metri e qualche centimetro, con in mezzo il tubo spaccato delle fognature. Dal tubo spaccato fuoriuscivano diverse ossa. Gli operai comunali, che erano appena arrivati, affermarono che era del tutto normale. É facile che, lavando i piatti, un qualche osso di pollo scivoli nel lavello. O almeno, questo pensavano prima di cominciare a riparare. Estrassero, nell'ordine: un teschio umano tagliato a metà, diversi arti, scheletri interi di uccellini, il teschio di un coniglio, una spina dorsale di circa venti centimetri, un tronco umano, un secondo teschio umano intero. Gli operai, la folla, io, eravamo tutti increduli. Gli operai cercavano di fare ipotesi: quella roba non poteva passare per lo scarico; qualcuno, passando sotto l'auto, li aveva infilati lí poche ore prima. Prima dell'arrivo della polizia, Alessandro fece ritorno in casa, altra prova che non era amante delle autorità. Incontrai Alessandro per diversi giorni, senza fare mai accenno agli scheletri. Avevo paura di lui, visto che il suo arrivo era coinciso con il ritrovo di... circa 4 cadaveri? Quanto mi sbagliavo. Credo di aver saltato una parte sul condominio. La buca non poteva essere ancora chiusa, visto che i poliziotti erano impegnati nelle indagini. Quindi il parcheggio era off limits. Diversi condomini venivano quindi a parcheggiare le auto nel viale di casa mia, invitati da me. Invitati proprio la mattina del ritrovamento, visto che le auto furono sollevate tutte dal carro attrezzi e messe in strada, facendole oltrepassare un muretto, a destra della buca. Feci l'invito, mostrando una gentilezza inaspettata, ma si che rivelò fondamentale. Infatti feci amicizia con quattro di loro, dato che parcheggiavano nel mio viale. Come ringraziamento per la mia gentilezza, mi invitarono a cena in un ristorante dei castelli romani. Quella sera cominciarono le prime ipotesi sulle ossa. Mostravano un certa fantasia, ma per quanto ogni ipotesi era sempre più fantasiosa, il colpevole era sempre e comunque Alessandro. Evito di fare le presentazioni dei quattro signori, dato che anche loro sono stati sentiti più volte dalle autorità. Mi limito ad elencare i loro cognomi: Roi, Grassani, Freghieri e Casertano. Circa due sere dopo la cena, verso mezzanotte, portai il mio cane a passeggio. So che sembra una strana ora, ma il mio cane non ha orari. Quando esco di casa, sono costretto a passare in prossimità della buca. E vidi qualcosa di davvero strano. Una signora di età imprecisata, alta circa un metro e venti, era sull'orlo della buca. Gettava quelli che sembravano avanzi della cena lí dentro, ridendo in modo inquietante. Visto che la strada è sempre ben illuminata, ho notato la somiglianza con Alessandro; era senza dubbio una delle sue sorelle. La mattina seguente, chiesi ai mie quattro nuovi amici se avevano visto l'anziana signora. Sfortunamente fui l'unico ad assistere allo strano spettacolo. Lo stesso pomeriggio incontrai Alessandro, chiedendo informazioni sulla sorella. Avevo infatti indovinato: era la sorella maggiore malata quella vicino alla buca, che secondo la versione del fratello, stava solo prendendo una boccata d'aria. Nel suo sguardo trovai la solita richiesta d'aiuto, anche se quello che più chiedeva aiuto ero io, visto che all'epoca, pensavo di parlare con un assassino. La sera stessa ne parlai ai quattro: ora sia la sorella che Alessandro era colpevoli di un qualcosa che andava dall'occultamento di cadavere all'omicidio. Passò qualche giorno. Facevamo a turno, verso la mezzanotte, per controllare la strana signora. Tutte le sere, a mezzanotte in punto, si trovava davanti la buca occupata nella sua strana mansione. Posso confermare che questa è la cosa più strana a cui abbiamo assistito (ovviamente prima della giornata del rito). C'è però un fatto inedito. Prima della giornata del rito, come mio solito incontrai Alessandro. Sembrava l'ombra di se stesso: pallido, emaciato. Non mi salutò, cominciò il discorso con un "l'ho mangiata". Non capivo a cosa si riferisse. Con voce più alta "ho dovuto mangiarla". Pensavo fosse ubriaco. "Mi ha obbligato a mangiarla, intera. Ora sono da solo contro di lei". E se ne andò. Questa fu l'ultima volta che lo vidi. Potete capire che era inutile chiamare le autorità per una cosa così stupida. Le sue erano soltanto frasi rivolte a non so cosa. Ho parlato della giornata del rito. O almeno é questo il nome dato dai giornali a quel maledetto giorno. Infatti, io ho visto quello che hanno visto tutti gli altri. La giornata seguente alla mia ultima chiacchierata con Alessandro ci fu quello che molti chiamano comunemente terremoto. Anche se è strano un terremoto localizzato interamente in un parcheggio. Avevano finito di tappare la buca la mattina, era pomeriggio. Verso le cinque del pomeriggio si udirono delle scosse non molto forti. Tutto l'isolato era in strada, per sicurezza. Sentivamo tutti un rumore di scosse, anche se per ora la terra era ferma. Le scosse venivano dal parcheggio, dove ci recammo immediatamente. Una piccola premessa: ricordo a tutti che non si è trattato di una semplice allucinazione comune, non eravamo ubriachi. Cinquanta persone non sbagliano. Se i sismografi quel giorno non hanno rivelato nessuna scossa, evidentemente erano rotti. Questo fu quello che trovammo al parcheggio. La buca era di nuovo aperta, emanando una sorta di energia che non so spiegare. Sulla buca levitavano tre gabbie con tre uccellini, decisamente spaventati. Dalla buca ora salivano, tramite dei fili, tre piatti con tre tacchini arrosto. I tacchini si muovevano, come se stessero per schiudersi. Arrivati davanti la gabbia, si dividevano a metà, mostrando un tipo di volatile sconosciuto. L' unica cosa che ricordo precisamente sono i loro becchi che ingoiarono intere le tre gabbie. Eravamo tutti sconcertati. Una ragazza, guardando in alto, urlò, vedendo il motivo per cui tutti i presenti sono in terapia da uno psichiatra. A circa quattro metri dal suolo, levitava nel suo completo di pelle nera la sorella maggiore di Alessandro, con la testa che ruotava in cerchio come se il collo fosse un perno, più che un sostegno. In mano aveva i fili collegati ai piatti contenenti i tre tacchini. Lei cominciò a ridere di gusto, per circa dieci secondi. Dopo circa dieci secondi, infatti, dove era presente la bocca prese posto un foro di proiettile. Il signor Montanari, grazie alla posizione rialzata dal suo attico, mise fine a quello che sembrava un proprio e vero rito. Appena spirò i suoi e i resti dei tre uccelli divennero ghiaia, mischiandosi nel vento. Questo è tutto quello che so. Posso scrivere le mie ultime considerazioni, anche se difficilmente avranno senso, dato che il mondo non sembra più averne. Probabilmente, senza il signor Montanari e il suo fucile, io non avrei scritto questa deposizione. Proclamo la sua innocenza, visto che probabilmente ha salvato cinquanta vite. Spero che lo Stato si prenda cura di lui, dopo esser impazzito. Posso affermare che un pazzo non riuscirebbe a sparare da dieci metri in piena testa a una vecchia che vola. Credo di aver concluso, anche se ogni tanto mi illudo ancora che sia un sogno.
  
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