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Autore: Beauty    31/03/2014    6 recensioni
Nel mondo delle favole, tutto ha sempre seguito un preciso ordine. I buoni vincono, i cattivi perdono, e tutti, alla fine, hanno il loro lieto fine. Ma le cose stanno per cambiare.
Quando un brutale omicidio sconvolge l'ordine del Regno delle Favole, governato dalla perfida Regina Cattiva, ad indagare viene chiamato, dalla vita reale, il capitano Hadleigh, e con lui giungono le sue figlie, Anya ed Elizabeth. Attraverso le fiabe che noi tutti conosciamo, "Cenerentola", "Biancaneve", "La Bella e la Bestia"..., le due ragazze si ritroveranno ad affrontare una realtà senza più regole e ordine, in cui niente è come sembra e anche le favole più belle possono trasformarsi nel peggiore degli incubi...
Inizia così un viaggio che le porterà a scoprire loro stesse e il Vero Amore, sulle tracce della leggendaria "Pietra del Male" che, se nelle mani sbagliate, può avere conseguenze devastanti...
Il lieto fine sarà ancora possibile? Riusciranno Anya ed Elizabeth, e gli altri personaggi delle favole, ad avere il loro "e vissero per sempre felici e contenti"?
Genere: Dark, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Broken
 
Per loro somma fortuna, il campo dei ribelli a cui i nani avevano promesso di condurli non era troppo lontano dal Castello di Rovi, cosicché Vincent non dovette percorrere troppa strada in quelle condizioni, ma anche quel breve tratto fu per lui una sofferenza. Uno dei nani aveva gettato ad Anya una pezza mezza stracciata affinché la utilizzasse per fermare il sangue; la ragazza l’aveva premuta sul morso il più accuratamente che aveva potuto, ma questa non solo si era subito inzuppata, ma non era neppure riuscita ad arginare quel fiotto di liquido rosso e nero che continuava a spillare copiosamente dalla spalla del Primo Ministro. Per un attimo aveva anche temuto che stesse per morire dissanguato nel bel mezzo di quella foresta, ma l’emorragia aveva iniziato lentamente e inspiegabilmente a diminuire a mano a mano che si erano avvicinati al campo dei ribelli, anche se non era del tutto cessata. Così come, evidentemente, non era cessato il dolore che il morso di quel cadavere aveva provocato.
Anya si era aspettata, se non un vero e proprio intervento di pronto soccorso, quantomeno delle cure e magari qualche sorta di antidolorifico – prendendo per buona la supposizione che in quel mondo esistesse qualcosa di simile a esso; invece, quando erano arrivati a destinazione, si era radunata intorno a loro una gran folla di gente, e tutto ciò che era stato fatto per Vincent era stato condurlo in una sorta di capanna di legno e abbandonarlo disteso su un pagliericcio con l’unico ausilio di un lenzuolo sporco che in capo a due minuti non aveva tardato a imbrattarsi anch’esso di sangue.
Il Primo Ministro aveva continuato a tenere gli occhi serrati per tutto il tempo, e Anya era sicura che non li avrebbe riaperti fino a che non ci fosse stato più nessuno intorno, o se non altro finché il sole non fosse sorto. Non aveva idea del perché non volesse che gli altri vedessero i suoi occhi – lui stesso le aveva intimato di non guardarlo, un attimo prima che venissero aggrediti da Rosaspina –, eppure il loro solo colore e le pupille a forma di fessura erano sufficienti a chiarire che qualcosa non andava.
Anya era rimasta parecchio scioccata dalla vista di quegli occhi, non lo negava, e ancora non era certa di essersi del tutto ripresa. In quel momento, tuttavia, non erano gli occhi di Vincent che la preoccupavano, ma lo stesso Vincent, che continuava a contorcersi per il dolore.
Teneva una mano premuta sulla spalla, all’altezza del morso che non la smetteva di sanguinare, i denti serrati e il volto contratto rivolto verso la parete di quella catapecchia in legno – Anya sospettava si trattasse di un’infermeria improvvisata o qualcosa di simile. Era madido di sudore, e la ragazza avrebbe potuto giurare che faticasse a respirare. Gli occhi serrati non facevano altro che dare ancora di più l’idea che stesse soffrendo, e parecchio.
- Vedrai che domani mattina starà meglio - disse una donna sulla settantina, piccola e rotonda, con i capelli acconciati in una crocchia, rivolta ad Anya. La ragazza si voltò a guardarla, sgranando gli occhi, quindi tornò a fissare Vincent.
- Domani mattina?!- ripeté, spostando lo sguardo dall’uno all’altra.- Domani mattina?! Ma porca puttana, non vedete che continua a perdere sangue?! Fate qualcosa!- strillò.
- E’ meglio se perde sangue…- borbottò Brontolo, in piedi accanto all’anziana signora.- Vuol dire che il corpo sta espellendo il veleno. Quando non ne rimarrà più, allora smetterà anche di sanguinare.
- Il veleno?
Quel cadavere che lo aveva morso l’aveva avvelenato. A dire il vero, per un atroce attimo Anya aveva temuto che Vincent stesse per trasformarsi in uno zombie, un po’ come in quei film horror apocalittici in cui la terra era stata invasa dai non-morti. Il fatto che in capo a un’ora non fosse ancora accaduto la rincuorava non poco, ma la parola veleno non suonava affatto rassicurante nella sua testa.
Quasi a darle ragione, in quel momento Vincent scattò seduto sul pagliericcio, tossendo un fiotto di sangue che andò a sporcare ancora di più il lenzuolo e quel letto improvvisato.
- Hai intenzione di finirla presto con questo schifo?!- ringhiò Brontolo, accennando alla chiazza rossa e nera formatasi sulla coperta. Vincent riprese a contorcersi, sempre tenendo gli occhi serrati.
- Ma non vedi che sta male, stronzo?!- gridò Anya, scandalizzata.- Insomma, non state lì a guardare! Dategli qualcosa…non so, un…un…una medicina, che ne so!, qualcosa che faccia passare il male…!
- Il dolore cesserà solo quando tutto il veleno sarà espulso - spiegò tranquillamente la donna. Si chinò sul pavimento, prendendo fra le mani una ciotola contenente dell’acqua e alcune pezzuole. Ne bagnò una, cercando di avvicinarla al volto di Vincent, ma lui si ritrasse di scatto, quasi come se temesse che volesse ferirlo.
- Uscite…!- ringhiò.- Uscite, non voglio il pubblico! Andate via, tutti!
- Ehi, ma chi ti credi di essere?- urlò Brontolo.- Non sei tu che comandi qui, hai capito?!
- E’ meglio fare come dice…- mormorò la donna, pacata. Guardò negli occhi il nano.- Brontolo, ha tutto il diritto di voler rimanere da solo, e d’altra parte noi non potremmo fare niente…
- Andate via, ho detto!
- Andiamo. Fuori!- incitò la donna, rivolta ai quattro nani che erano entrati e a un ragazzo che era presente lì con loro, un ventenne con i capelli color miele che aveva tutta l’aria di essere un boscaiolo o un cacciatore. Brontolo scoccò a Vincent uno sguardo furioso, ma ubbidì e insieme agli altri si diresse verso la tenda che delimitava il confine fra esterno e interno della capanna. L’anziana signora chiuse la fila, guardando Anya.
- E’ meglio se vieni anche tu, cara…- mormorò, prima di uscire a sua volta.
La ragazza finse deliberatamente di non aver sentito, e si inginocchiò accanto al pagliericcio su cui era malamente disteso Vincent. Rimase a fissarlo immobile e con le mani a mezz’aria, completamente ignara di ciò che dovesse fare. Avrebbe voluto aiutarlo, quantomeno fare qualcosa per alleviare il dolore, ma era sempre stata una frana come infermiera, e per di più si trovava in un mondo e in una situazione in cui tutto era diverso da ciò che era stata abituata a conoscere.
- Che fai ancora qui?- Vincent si era azzardato socchiudere appena gli occhi quando aveva compreso che tutti se n’erano andati, fatta eccezione per l’unica persona a cui non avrebbe più potuto nascondere la verità. O così almeno supponeva Anya. Deglutì: anche se a malapena, il bagliore giallo scuro delle iridi s’intravedeva perfettamente e risaltava ancora di più nel buio della capanna.
Anya si umettò nervosamente le labbra; prese coraggio e si avvicinò a lui, circondandogli piano il torace con le braccia nel tentativo di sistemarlo un po’ meglio su quel letto improvvisato sul quale era malamente disteso. L’uomo sbuffò in un misto di fastidio e di dolore.
- Che stai facendo?!- rantolò.- Lasciami andare, mi stai torturando, dannazione!
- Ho finito, ho finito…!- si affrettò a rispondere Anya.- E stai giù…!- sbuffò.
Vincent digrignò i denti, premendosi ancora di più una mano contro la ferita, e abbandonò il capo sul pagliericcio.
- Ragazza, quando ho detto di andare via ce l’avevo anche con te!
- Non mi fido di quello che dicono, un essere umano non può perdere così tanto sangue senza che…
- E invece hanno ragione, impicciona che non sei altro!- Vincent aveva smesso di contorcersi, ma tremava violentemente e aveva la fronte imperlata di sudore.- E’ veleno quello che ho in corpo, e l’unica cura è aspettare che l’effetto svanisca da solo! Evita di fare la compassionevole e vai a darti una sistemata, sei ridotta a uno straccio!
Anya ignorò la critica e fece per posargli una delle pezzuole bagnate sulla fronte, ma Vincent fu abbastanza veloce da strappargliela di mano.
- Faccio da me. Lascia qui l’acqua ed esci, faccio da solo…!
- Certo che non smetti di comportarti da bastardo neppure quando stai male!- ringhiò Anya, punta sul vivo. Che cavolo, lei stava solo cercando di dargli una mano, perché la doveva trattare come una benemerita rompiscatole anche in quel frangente?
Vincent si premette la pezzuola sulla bocca per soffocare un altro colpo di tosse. Chiuse gli occhi, inspirando a fondo, quindi ricominciò a tremare. Si voltò verso la parete, dandole le spalle.
Ad Anya parve quasi che si vergognasse a farsi vedere in quello stato.
- Per favore, esci…- soffiò il Primo Ministro, quasi implorando.
- Continui a perdere sangue, non è normale…
- Ho detto di uscire…!- Vincent provò a risponderle male un’altra volta, ma venne colto da un improvviso ascesso di tosse. Stavolta non sputò un fiotto di sangue, ma alcune goccioline rosse e nere colorarono la pezzuola che teneva ancora premuta sulla bocca. Iniziò a tremare ancora più forte.
- Il veleno sta cominciando a perdere intensità…- osservò, a mezza voce, quasi come se stesse parlando più a se stesso che a lei. Anya si scostò una ciocca di capelli dietro a un orecchio, allontanandosi un poco. Non sapeva cosa fare: da una parte le sembrava giusto rimanere – quando una persona stava male il peggio che le poteva capitare era di venire lasciata da sola a patire –, ma dall’altra si sentiva completamente inutile e di fatto non avrebbe potuto combinare niente. E poi, le aveva chiaramente detto che non la voleva, e più di una volta…però, diavolo!, continuava a tremare e non era sicura che tutto ciò fosse normale come stavano cercando di darle a bere…
- Esci - ripeté Vincent, con voce strascicata. Si voltò ancora di più verso la parete, di fatto escludendola da tutto ciò che lo riguardava. Anya sospirò, alzandosi in piedi.
- Come vuoi…- rispose rassegnata.- Lascio qui l’acqua, allora…
- Fai quello che ti pare, basta che te ne vai!- ringhiò l’uomo, improvvisamente di nuovo ostile.
Anya incrociò le braccia al petto, sicura che, se anche lui non la stava guardando, avrebbe certamente intuito che nella sua mente lo stava mandando all’inferno. Arricciò le labbra, mordendosi l’interno di una guancia.
- Va bene…- acconsentì.- Se ti servisse aiuto…
- Non mi servirà.
- …chiama. Imbecille - borbottò Anya, dandogli le spalle e iniziando ad avviarsi verso l’uscita. Vincent mugolò qualcosa, quindi biascicò un ehi! soffocato per richiamare la sua attenzione. La ragazza, pressoché giunta alla porta, voltò il capo infastidita.
- Che c’è, stai per morire?- chiese, acida.
- Grazie…- rantolò Vincent, e per un attimo Anya credette di aver capito male. Sbatté più volte le palpebre, perplessa. Magari, pensò, aveva la febbre e stava delirando.
- Che hai detto?
- Ho detto grazie…- ripeté l’uomo, chiaramente di malavoglia. Sembrava che pronunciare quella parola gli costasse parecchia fatica. Anya rimase interdetta, cercando di fare mente locale per comprendere a che cosa Vincent si stesse riferendo e, quando ci riuscì, un sorrisetto trionfante le si disegnò involontariamente sulle labbra. Si trattenne dal mettersi a saltellare dalla contentezza.
L’attacco di quello scheletro non era stato del tutto nocivo, almeno per lei.
- Non c’è di che…!- ghignò, uscendo dalla tenda mentre, alle sue spalle, Vincent borbottava una maledizione utilizzando quel linguaggio degno di un libro fantasy di quel mondo e che, se tradotto in gergo newyorkese, rasentava qualcosa di simile al mandarla a quel paese. Iniziò a tossire, stavolta più debolmente, ma ad Anya non sfuggì il fatto che altre goccioline di sangue fossero andate a imbrattare la pezzuola. Quella vista fu in grado di smorzare anche quel poco buon umore che aveva riacquistato, e le cancellò il sorrisetto trionfante che aveva assunto.
Lanciò un’ultima occhiata a Vincent prima di uscire definitivamente dalla tenda.
La lieve brezza notturna le sferzò appena sul volto, e le fece un gran bene. Anya chiuse gli occhi, sentendo le tempie pulsarle. Si scostò con una mano alcune ciocche di capelli che le erano finite di fronte agli occhi. Si sentiva stanca ma soprattutto sporca, con gli abiti e la pelle coperti di polvere e ragnatele.
- Non ti devi preoccupare - disse una voce femminile e gentile, al che Anya riaprì gli occhi. A parlare era stata l’anziana signora che fino a pochi minuti prima aveva assistito Vincent insieme a lei e ai nani. Di questi ultimi, si accorse, nei paraggi era rimasto solo Brontolo.- Vedrai che presto tuo marito starà meglio…- aggiunse la donna.
- Non è mio marito - puntualizzò Anya, guardandola negli occhi.- E non sono sicura che quello che dite sia vero. Un uomo non può perdere così tanto sangue senza perlomeno svenire o…
- Ne hai di cose da imparare, ragazzina - sputò Brontolo, diretto.- Il veleno dei non-morti non è letale per nessuno, e tuo marito, il tuo amico o chi diamine è non ha perso poi molto sangue. Dovrà restare a riposo per un po’, ma quanto sono veri i Grimm si riprenderà…
- Ha ragione - confermò la donna.- Sono sicura che il peggio sia già passato…
Anya non replicò ma nemmeno annuì, rimanendo a guardarli entrambi, seria. Istintivamente, si allontanò da loro di un passo. Brontolo le venne incontro.
- Comunque, abbiamo cose più serie di cui discutere - allungò una mano callosa verso di lei, il palmo aperto.- Ce l’hai quello che vi abbiamo chiesto?
Anya, incredibilmente, si ricordò solo in quel momento di avere ancora la bellezza nella morte stretta nella mano. Se n’era praticamente dimenticata in quelle poche ore in cui si era lasciata alle spalle il Castello di Rovi, ma aveva continuato a tenere le dita chiuse intorno a essa come guidata da un istinto protettivo. Annuì, e aprì il palmo per mostrare la pietra a Brontolo: ora non sembrava più nemmeno un oggetto magico come si era dimostrato essere durante l’attacco di Rosaspina, anzi, il bagliore si era completamente estinto e quella appariva come una semplice pietruzza rossa.
- Molto bene - il nano allungò una mano con il palmo aperto.- Consegnamela.
Sulle prime, la ragazza fece per ubbidire quasi meccanicamente, ma in capo a due secondi si riprese. Richiuse le dita intorno alla bellezza nella morte, serrando le mascelle e indietreggiando di un passo. Nascose il pugno in una delle tasche di quel che restava dei suoi jeans.
- Hai sentito quello che ti ho detto?- incalzò Brontolo.- Che ti prende, si può sapere? Dammi la chiave.
- No!- Anya indietreggiò ancora, scuotendo il capo con forza.- No, io non ti do proprio niente…!
- Che cosa?!- abbaiò Brontolo, mentre la donna anziana alle sue spalle si portava una mano alla bocca, gli occhi sgranati.- Come sarebbe a dire no? Ti ha dato di volta il cervello, ragazzina?
- Siete voi che avete il cervello bacato, non io!- replicò Anya con ferocia.- Io e Vincent ci siamo quasi fatti ammazzare per prendere questa fottuta pietra, ci avete spediti contro un’orda di cadaveri e adesso tutto quello che sapete fare è chiederci di darvi qualcosa che noi abbiamo preso?! Ma te lo scordi!- Anya strinse ancora più le dita intorno alla chiave.- Io non ti do niente. Tanto volenti o nolenti io e Vincent dovremo stare qui, no? Bene, allora non cambia nulla se la tengo io o tu…
- Cambia eccome, sgualdrinella!- ringhiò il nano, avvicinandosi a lei con fare minaccioso.- Tu non hai idea di cosa stai tenendo fra le dita! Non sai neppure a che cosa potrebbe portare quella chiave se cadesse nelle mani sbagliate…
- So che vi serve, e questo mi basta - replicò Anya.- Bene, anche a me serve. Ho perso mia sorella quasi tre giorni fa, e questa potrebbe aiutarmi a…
- Qui ognuno pensa per sé, e per quel che ne sappiamo la tua sorellina potrebbe anche essere morta! Non ho intenzione di correre dei rischi inutili per un capriccio, quindi ora vedi di…
- Brontolo…- sussurrò la donna, quasi implorando.- Brontolo, calmati…Forse è meglio se chiamiamo Kay, lui saprà risolvere la situazione…
- Non c’è niente da risolvere! E la gestisco io, non mi occorre l’ausilio di quel ragazzino che è stato appena svezzato!- ululò il nano di rimando.- Tu, vedi di darmi subito quella dannata chiave o giuro che ti…
Scattò in avanti per afferrarle il braccio, al che Anya si scansò, andando a sbattere contro qualcuno alle sue spalle. Si ritrasse istintivamente, voltandosi a guardare chi aveva urtato. Brontolo si era zittito.
Si trattava dello stesso ragazzo con i capelli color miele che aveva assistito Vincent insieme a lei e alla signora anziana. Ora, alla luce delle torce e delle stelle, riusciva a vederlo meglio: aveva tutta l’aria di un boscaiolo, ma sembrava più vecchio di quanto aveva giudicato a una prima occhiata – ventuno o ventidue anni. Ma forse quest’impressione era alimentata dalla barba chiara che portava leggera, anche se un po’ incolta.
- Kay…- sospirò la donna, con evidente sollievo.- Meno male, sei arrivato! Brontolo…
- State tranquilla, Madama Holle. Ho sentito tutto…- Kay abbozzò un sorriso, quindi tornò serio, guardando ora il nano ora Anya.- Vorrei solo sapere qual è il fulcro del problema…
- Nessun problema, Kay, qui me la vedo io - sputò Brontolo; la ragazza pensò che non doveva essere molto felice di essere stato ripreso.- Madamigella, qui, si rifiuta di darci la chiave. Non può tenerla lei, non…
- Brontolo - lo bloccò il ragazzo.- Brontolo, ho l’impressione che tu ti stia facendo salire il sangue alla testa per niente.
- Ah, no? Di’ un po’, ragazzino, come osi dirmi che…
- L’ha recuperata lei, vero?- aveva posto la domanda al nano, ma nel dirlo aveva guardato Anya. La ragazza chinò il capo brevemente, quindi annuì con decisione.
- Lui e quegli altri hanno minacciato me e…l’uomo che stava con me di ucciderci, se non fossimo entrati in quel castello e non avessimo…
- E’ vero quello che sta dicendo, Brontolo?- domandò Kay, senza lasciarla finire. Anya vide che la rivelazione l’aveva parecchio irritato, e si era incupito. Il nano sembrò in difficoltà.
- Erano caduti nella trappola - borbottò, a mo’ di giustificazione.
- Non è un buon motivo per minacciare di morte degli innocenti - ribatté Kay.
Brontolo emise un verso gutturale molto simile a un ruggito.
- Di che t’immischi, ragazzino?- latrò.- Ho il triplo della tua esperienza, so cosa fare e come farlo!
- Il Principe Filippo mi ha affidato il comando, quindi devi rispondere a me di tutto ciò che fai.
- Il Principe Filippo è solo un codardo che se l’è data a gambe alla prima difficoltà!
- Forse. Ma nel frattempo, cosa è giusto e cosa è sbagliato lo decido io - ribatté Kay, fermamente; Anya si sentì posare una mano su una spalla.- Questa ragazza ha rischiato la vita per prendere la chiave, dunque è giusto che anche lei prenda parte alla decisione su come utilizzarla. Senza contare… - si schiarì la voce.- Senza contare che prima di lei ben tre compagni hanno perso la vita, che le forze del Bene li abbiano in gloria. Poi, lei e suo marito sono riusciti a scampare all’attacco di Rosaspina e dei suoi sudditi…non pensi che questo voglia dire qualcosa, Brontolo?
Anya stava per insorgere per mettere in chiaro che Vincent non era suo marito, ma non appena comprese la voce le morì in gola. Kay aveva mangiato la foglia, o perlomeno ci era molto vicino. Aveva intuito che lei doveva essere…che cosa?!
Non lo sapeva neppure lei che cos’era. Sapeva solo che si chiamava Anya Christine Hadleigh, che era una cameriera e che aveva perso sua sorella. Tutta quella storia della Salvatrice non la riguardava, né riguardava Liz. Il fatto che la bellezza nella morte si fosse illuminata fra le sue dita e avesse guidato lei e Vincent in salvo…non sapeva che cosa volesse dire né voleva saperlo.
Kay la guardò, chinando il capo in segno di scuse.
- Vi chiedo perdono per il comportamento del mio amico…- mormorò; Anya vide con la coda dell’occhio che Brontolo aveva girato i tacchi e se n’era andato. Di fronte a loro restava solo la donna anziana.- Non intendeva essere brusco, è solo un po’ nervoso per quanto sta accadendo. State bene? Rosaspina vi ha ferita?
Anya scosse il capo in segno di diniego, evitando di guardarlo. Quel darle del voi e tutta quella galanteria la mettevano a disagio.
- Capisco che siate sconvolta, ma…se posso darvi un consiglio: la chiave è molto importante, è rischioso tenerla nelle tasche di quella…calzamaglia - Kay gettò un’occhiata oltremodo sconcertata ai suoi pantaloni stracciati.
- Sono jeans - disse Anya, laconica.
- Comunque…permettetemi almeno di fornivi qualcosa per tenerla al sicuro.
- Va bene.
- Madama Holle - Kay si rivolse nuovamente alla donna anziana.- Madama Holle, volete provvedere voi a questa ragazza…perdonatemi, non ho afferrato il nome…
- Certo, Kay, sta’ tranquillo…- assicurò Madama Holle, con il sorriso un poco ritrovato.- Chiederò a Riccioli d’Oro di prestarmi un vestito. Vieni, cara…
Madama Holle fece per prenderle la mano, ma Anya si ritrasse istintivamente; solo dopo si rese conto di essere stata maleducata, ma non vi badò troppo.
- Dove mi portate?- chiese, un po’ in apprensione. Sapeva che non era educato neppure un po’, ma dopo che le erano volati addosso Biancaneve impazzita, un licantropo e la Bella Addormentata in versione Warm Bodies riteneva di potersi permettere di essere quantomeno guardinga.
- Solo nella mia tenda - rispose Madama Holle.- Hai bisogno di un bagno e di vestiti integri. E ti darò anche qualcosa per contenere la chiave.
- A questo proposito…c’è bisogno che vi ricordi a cosa occorre?- incalzò Kay.
- No, lo so benissimo - rispose Anya. In realtà non era propriamente sicura, ma stava cercando di non vacillare.
- Allora, sapete anche quanto importante sia per noi. La terrete al sicuro fino al momento opportuno, vero?
- Certo.
Anya aveva cercato di fare la dura, ma si sentiva ancora restia ad andare con Madama Holle. Kay se ne accorse, e le sorrise.
- Non preoccupatevi. Non vi faremo del male. Non potremmo mai…
Quel brillio negli occhi del ragazzo fu sufficiente a convincerla che avesse compreso tutto. Inspirò a fondo, ancora incerta. La parola di uno sconosciuto era ben poca cosa, e per una come lei che era nata e cresciuta a New York ed era sempre stata circondata da falsi e bugiardi non valeva nulla come promessa. Ma d’altra parte, Vincent stava male, e lei non poteva andarsene da lì, non finché lui non si fosse sentito meglio.
Annuì, ancora titubante, seguendo Madama Holle. Le aveva promesso un bagno e non poteva esserne più felice, ma in cuor suo sentiva che non era giusto lasciare Vincent da solo.
Quasi leggendole nel pensiero, la donna le rivolse un sorriso rassicurante.
- Sta’ tranquilla, tesoro. Il tuo amico si riprenderà. Il veleno dei non-morti è doloroso, ma mai letale, e Kay avrà già provveduto affinché qualcuno resti al di fuori della porta, nel caso gli servisse aiuto. Vieni, ti faccio strada…
Anya ubbidì, seguendo Madama Holle lungo un percorso che si rivelò tutto sommato breve, ma sufficiente a fornirle una panoramica del luogo in cui si trovava. Quando era giunta al campo dei ribelli era troppo occupata a preoccuparsi per Vincent per dare un’occhiata in giro, ma ora poteva osservare tutto a suo piacimento: la sede della Ribellione sorgeva in una radura abbastanza grande, ma si estendeva anche ad alcuni metri al di là degli alberi. La maggior parte delle strutture erano tende di stoffa grezza, tenute su da pali di legno piantati nel terreno; c’erano solo tre edifici di legno, una delle quali era l’infermeria, o quella che avrebbe dovuto fungere da essa. Al centro dell’accampamento vi era un piccolo fuoco che stava dando gli ultimi guizzi.
Era pieno di gente. Anya si accorse che, sebbene molti di loro tirassero dritto quando l’incontravano, poi le scoccavano occhiate di sottecchi non appena lei passava oltre. Questo non fece altro che metterla a disagio ancora di più.
Si chiese brevemente come stesse Vincent, prima che Madama Holle la conducesse all’interno di una delle costruzioni in legno.
 
***
 
Elizabeth si raggomitolò su se stessa, fissando le scintille create dalle due pietre che il Cacciatore stava sfregando una contro l’altra, fino a che queste non produssero una fiammella che si legò alla legna che avevano raccolto e ammassato al centro di quel piccolo spazio fra gli alberi, creando un fuocherello che, anche se non troppo vistoso, fu quantomeno in grado di riscaldarli un poco.
Si strinse nella felpa, nascondendo le mani oltre l’orlo delle maniche: la temperatura si era abbassata di parecchi gradi, e l’aria era più fredda di quando era giunta lì.
Il Cacciatore sospirò, sedendosi accanto al fuoco, proprio di fronte a lei e a Cenerentola. Sorrise, ma si vedeva che non era tranquillo: Elizabeth lo aveva notato sin da quando aveva annunciato che era tempo di accamparsi. A lei era sembrato un po’ presto, dato che il sole non aveva neppure iniziato a calare, e anche Cenerentola, a giudicare dalla faccia che aveva fatto, doveva pensarla come lei; in ogni caso, nessuna delle due aveva obiettato, e avevano cominciato a raccogliere della legna da ardere.
Ora, vedeva Elizabeth, il Cacciatore continuava a scrutare il cielo nel quale il sole aveva preso lentamente a calare.
- Domani saremo a Salem - commentò tranquillamente – o almeno, all’apparenza sembrava tranquillo.
- Per fortuna…- soffiò Cenerentola.- Non ne posso più di camminare scalza e di mangiare briciole.
Elizabeth scoccò un’occhiata alle gambe della bionda: i suoi piedi erano ancora fasciati, ma le bende recavano tracce di sangue fresco. Rosso misto a nero.
Cenerentola prese fra le mani il fagotto in cui aveva avvolto i viveri alla loro partenza, aprendolo: ne estrasse dei pezzi di pane e un pezzo di formaggio stagionato, spezzandolo in tre e distribuendolo.
- Grazie…- mormorò il Cacciatore.
- Di niente…- Cenerentola sbuffò, distendendo le gambe di fronte a sé.- Incredibile…- bisbigliò, fissando il tronco di una quercia alla sua sinistra.
- Che cosa?
- Il fatto che fino a due giorni fa pensavo solo a come sopravvivere agli orchi e ora sono praticamente un membro dei ribelli - Cenerentola fece un sorriso che aveva un po’ dell’amaro.- Chi l’avrebbe mai immaginato che la mia scarpetta fosse una delle chiavi che conducevano ai fratelli Grimm…
- Ancora non so se ti ho fatto un favore o meno a piombarti in casa…- Elizabeth fece una risatina nervosa, addentando un pezzo di formaggio.
- Scherzi? Probabilmente a quest’ora sarei caduta nelle grinfie dei soldati, se non fossi arrivata tu…- Cenerentola guardò il Cacciatore, quindi arrossì.- E anche voi, naturalmente…- iniziò a guardarsi intorno, fino a che non incontrò il libro di favole che Elizabeth teneva sulle ginocchia, quasi fosse stato un neonato.
- A proposito…ha parlato ancora quell’affare?- s’informò.
- No…- la ragazza scosse il capo, quindi lo prese fra le mani e lo aprì sulle due pagine recanti una il triangolo inscritto nel cerchio con il sogno infranto e l’altra il testo monco della profezia.
- Bisogna avere pazienza - disse il Cacciatore.- La magia è potente, e ancora di più lo sono le profezie. Come ogni cosa dotata di forza, occorre tempo perché si sveli completamente.
A Elizabeth quella descrizione riportava alla mente le imprecazioni di sua sorella mentre cercava di far funzionare un cellulare all’ultimo modello, ma preferì non esternare questo pensiero, anche in virtù del fatto che né Cenerentola né il Cacciatore avevano idea di cosa fosse un cellulare. Prese invece a sfogliare attentamente le pagine del volume, soffermandosi su ognuna di esse: in quasi tutte l’inchiostro era sbiadito o quasi cancellato, e le parole si leggevano a malapena. Di tanto in tanto s’incontrava un’illustrazione, ma anche questa era o sbiadita oppure così strana che a malapena si comprendeva di che favola si trattasse.
Elizabeth sorpassò velocemente la fiaba di Cappuccetto Rosso, incontrando il titolo successivo: Hansel e Gretel. Il testo della favola era praticamente illeggibile, ma in compenso c’era un’illustrazione ad acquerello ben conservata: si trattava della classica casetta di marzapane dal cui comignolo usciva un fumo talmente nero e talmente denso da far paura. Accanto a essa non c’erano né due bambini né un’anziana fattucchiera come Elizabeth si sarebbe aspettata, bensì una giovane donna vestita di nero, con labbra rosse e carnose distese in un sorriso.
La ragazza sfogliò le pagine finché non giunse a un’altra favola: Cenerentola. Stando bene attenta a non lasciar intravedere nulla alla bionda, corse a leggere le ultime righe della storia.
 
“La povera Cenerentola attese e attese a lungo, restando giorni interi accanto alla porta d’ingresso nella speranza che il Principe Azzurro si ricordasse della splendida dama con cui aveva danzato e volesse cercarla. Aspettò per giorni, e i giorni divennero settimane, e le settimane mesi, e i mesi anni, ma nessuno si fece vedere, e Cenerentola presto perse la speranza, continuando la sua vita di sempre fra le angherie della matrigna e delle perfide sorellastre fino a che, un giorno, una pestilenza se le portò via. Ma Cenerentola non poté più essere felice, e da allora trascorse tutta la sua vita in quella casa, sola, senza amici e senza amore, finendo per morire vecchia e dimenticata da tutti, con la sola compagnia di quell’unica scarpetta di cristallo che le era rimasta”.
 
Era deprimente anche solo leggerlo, ma a completare il quadro ci si metteva un’illustrazione il cui acquerello era un poco colato, ma nella quale si distingueva ancora la sagoma di una fanciulla bionda seduta su uno sgabello, sola, con il volto nascosto nelle mani per celare il pianto.
Elizabeth rabbrividì, voltando velocemente la pagina. La storia che seguiva s’intitolava La figlia del mugnaio. Sulle prime, la ragazza non ricordò di averla mai letta, ma non appena scorse le righe iniziali l’intera favola le tornò alla mente: non era una delle sue preferite, anzi, il solo pensiero di quel folletto maligno rapitore di neonati l’inquietava parecchio, da bambina. Voltò la pagina, sobbalzando quando vide l’illustrazione della fiaba: si trattava della stanza dove la figlia del mugnaio era stata rinchiusa, una torre colma di paglia con un arcolaio in sottofondo. Ma non c’era la protagonista della storia: bensì, l’immagine mostrava Tremotino – sì, lui, quell’uomo che avevano incontrato lei e Anya – girato di spalle, con il mantello nero che svolazzava, il capo voltato di lato e il profilo affilato che sorrideva malignamente, appena in ombra come tutta la sua figura.
- Qualcosa non va?- domandò Cenerentola, sporgendosi verso di lei.
Elizabeth scosse il capo con forza, voltando velocemente altre tre o quattro pagine, fino a ritrovarsi a fissare un testo il cui inchiostro, sorprendentemente, non era né colato né deformato in modo da distorcere le parole scritte. Fu questo particolare che l’incuriosì, più che altro: infatti, in cima alla pagina non vi era il titolo di alcuna fiaba, nulla.
Elizabeth iniziò a scorrere alcune righe, aggottando le sopracciglia. Sia Cenerentola che il Cacciatore si sporsero verso di lei, vedendo che la ragazza aveva assunto un’espressione strana, quasi sgomenta.
- Qualcosa non va?- domandò l’uomo.
- No, è che…ehm…non lo so, non ne sono sicura…- Elizabeth si mordicchiò il labbro inferiore, porgendo al Cacciatore il libro di favole aperto sulla pagina che stava leggendo.- Forse è meglio se dai un’occhiata anche tu…
L’uomo prese il volume con titubanza, guardando ciò che gli aveva indicato. Le due ragazze lo videro assumere quella stessa espressione accigliata di quando aveva visto il testo monco della profezia; quindi, con un sorriso gentile ma tirato, restituì il libro ad Elizabeth.
- Potreste leggerlo voi per me?- chiese.
Cenerentola inarcò un sopracciglio, perplessa, mentre la ragazza riprendeva in mano il libro di favole, anche lei chiaramente sorpresa da quella richiesta. Non le dava fastidio, ma..non poteva leggerlo da solo? Perché le aveva posto una domanda simile?
- Va bene…- si schiarì la voce, cominciando a leggere.- Narra la leggenda che, centinaia di anni fa, vissero due fratelli, il cui cuore un tempo puro era stato corrotto dal dolore, dall’odio e dalla brama di potere di coloro che, invece di amarli, desideravano solo la grandezza. I due fratelli cominciarono a praticare le arti oscure, divenendo in poco tempo i più potenti stregoni di questo mondo e degli altri. Essi crearono con il solo aiuto di carta e inchiostro una terra che apparteneva solo a loro, popolata da abitanti a cui essi stessi avevano dato vita con il loro calamaio stregato e malefico. Ma i due fratelli non erano padri e regnanti amorevoli: essi avevano creato quel mondo e il suo popolo con il solo scopo di distruggerlo a poco a poco, vedendo soffrire la sua gente infliggendole atroci sofferenze, condannandola all’infelicità fino a che non riportavano i loro figli alla forma d’inchiostro da cui erano nati, precipitandoli nell’Oscurità Eterna. Quando la loro superbia si spinse così oltre da voler conquistare anche gli altri mondi, un’antica famiglia di regali natali mosse guerra contro di loro, alleandosi con tutte le creature create nei secoli dai due fratelli. I Pendragon, questo era il nome della famiglia, intrappolarono gli stregoni, i quali tuttavia riuscirono a impiegare le ultime energie per spargere fra i mondi esistenti tutte le chiavi necessarie a rendere possibile, un giorno, la loro liberazione. Una profezia scritta a metà annuncia che quel giorno giungerà con l’ambasciata del Grande Inverno e con l’avvento di un traditore e della sua progenie, la Salvatrice il cui compito sarà di impedire che la madre di un mai nato compia il rito, spargendo sangue innocente misto a quello rosso e sporco della discendenza dei due fratelli, così come era stato in passato. Solo allora le loro vittime potranno ritornare dalle tenebre in cui sono state precipitate. Beh…- gracchiò Elizabeth quando ebbe finito, sentendosi la gola secca e nel frattempo non riuscendo a deglutire.- E’…particolare – commentò, non trovando niente di meglio.
- E’ solo la leggenda che preannuncia il ritorno dei fratelli Grimm – disse Cenerentola; non era tranquilla, ma non sembrava nemmeno sconvolta come lo era Elizabeth.
- Io la trovo un po’…inquietante – la ragazza avvertì un altro brivido correrle lungo la colonna vertebrale. Richiuse il libro, guardando entrambi.
- Beh, lo è se pensi che sta per avverarsi…- Cenerentola ricambiò lo sguardo.- Ti riguarda direttamente: sei la Salvatrice.
- Non lo sono. Almeno, credo. C’è anche mia sorella che…ehm…- Elizabeth si guardò intorno, prendendo tempo. Tamburellò nervosamente sulla copertina del libro.- Io…comunque, non ho capito diverse cose, specialmente alla fine – buttò lì, nel tentativo di sembrare spavalda.- Tanto per cominciare, cos’è l’Oscurità Eterna?
- E’ un luogo senza spazio e senza tempo, dove regna la disperazione e l’oblio – rispose il Cacciatore, cupo.- E’ dove finivano tutti coloro che Jacob e Wilhelm Grimm decidevano di cancellare, di far sparire dalla faccia di questo mondo. E dove…- si bloccò. Le sue riflessioni si stavano insinuando fra le sue parole, e se non stava attento rischiava di rivelare la verità su Cappuccetto Rosso e la nonna: era che lui le aveva condannate a vagare in eterno, uccidendole. Inspirò a fondo, passandosi una mano fra i capelli.
- Okay…- mugolò Elizabeth, incerta se continuare a farsi del male psicologico continuando a porre domande, ma alla fine la curiosità prevalse.- E…qui parla della madre di un mai nato. Chi è?
- Questo nessuno lo sa. Ma immagino sia colei che più di tutti vuole il ritorno dei fratelli Grimm.
- La Regina Cattiva?- fece Cenerentola.- No, non è possibile. La Regina Cattiva non ha figli. O almeno, così dicono…
- Lo so, ma chi se non lei potrebbe esserlo? E’ la Regina Cattiva che vuole il ritorno di Jacob e Wilhelm.
- Ma qui dice che si tratta della madre di un mai nato – ripeté Elizabeth.- Come fa una donna a essere madre se non è nato nessun bambino?
- Un altro mistero – mormorò Cenerentola.- Profezie e leggende non sono mai chiare. Altrimenti, a quest’ora sapremmo con esattezza quali sono le chiavi e dove trovarle…
- E…qui ci sono una marea di altre cose che non si spiegano – la ragazza riaprì il libro sulla pagina dove era scritta la leggenda dei fratelli Grimm; le sembrava quasi di vivere un incubo.- Ad esempio, qui parla di odio, dolore, potere…che è successo? Io ho sempre saputo che erano due scrittori, che hanno raccolto e riscritto le storie della loro cultura…e qui invece salta fuori che erano due stregoni! Come sono diventati così? Che è successo? E qui, ancora, dice che per risvegliarli occorre…il sangue del loro sangue, se non ho capito male…ci sono altri esseri come loro qui in giro? Che so, dei figli, o…
- Queste sono domande a cui potremo dare risposa quando troveremo le chiavi, forse – il Cacciatore la guardò come a scusarsi.- Anche se non credo che certe storie debbano essere riportate alla luce.
- Io ho sempre preferito una brutta verità a una bella bugia - disse Cenerentola, e in cuor suo Elizabeth non poté fare altro se non darle ragione. Anche per lei era sempre stato così…o almeno, ci era stata costretta, a fare i conti con la realtà e ad abbandonare le fiabe.
Quando tua madre è una pazza isterica in grado solo di farti del male, il lieto fine lascia il tempo che trova, ammesso che ne trovi. Nel suo caso, non era successo.
- Anch’io, ma non dimenticate che abbiamo a che fare con Jacob e Wilhelm Grimm – ribatté il Cacciatore.- Ricordate i Tempi Bui, vero? Ricordate cosa accadeva? Io preferisco avere a che fare con loro il meno possibile, e impiegare le mie energie per trovare un modo per sconfiggerli. Poi, forse, un giorno noi o i ribelli riusciremo a comprendere cosa li ha trasformati nei due esseri di cui parla la leggenda…
- A proposito…è da quando vi ho incontrato che desidero chiedervelo - Cenerentola si sporse verso di lui.- Com’è la Ribellione? Siete…una specie di esercito, o…
- Esercito?- il Cacciatore fece uno sbuffo a metà fra l’amaro e il divertito.- Esercito? Io ci definirei piuttosto un manipolo di disperati che hanno tutto o niente da perdere…
- Non pensate di essere un po’ troppo duro con ciò che state facendo?- Cenerentola lo guardò.- Come avete detto voi stesso, è con Jacob e Wilhelm Grimm che abbiamo a che fare. Nessuno che non avesse coraggio si azzarderebbe mai a sfidarli, così come chi non credesse in ciò per cui combatte si metterebbe contro la Regina Cattiva…
- Mi sopravvalutate. Io ho assistito alla fondazione della Ribellione, e mi sono arruolato nelle sue fila solo perché questa è la mia terra, ed ero stanco di vederla rovinata da una tiranna. Senza contare che preferirei morire piuttosto che consegnare le persone a cui tengo nelle mani dei Grimm.
- Ma torneranno?- chiese Elizabeth con apprensione.- Voglio dire…c’è…c’è modo che tornino?
- C’è una leggenda che lo prevede, e la profezia non lascia scampo. Ma io sono fermamente convinto che siamo noi i primi a scrivere le nostre profezie. Se saremo più astuti e più veloci della Regina nel trovare le chiavi e la Pietra, allora forse può darsi che riusciremo a impedirglielo. E ora, vi chiedo perdono…- il Cacciatore si alzò in piedi, inaspettatamente, guadagnandosi delle occhiate interrogative da parte delle due ragazze.- Io vado a raccogliere dell’altra legna.
- Ma…ne abbiamo a sufficienza - provò a obiettare la bionda.
- Preferisco non rischiare. Di questi tempi, rimanere completamente all’oscurità non è sicuro. Non sei mai certo di cosa si celi nel buio della notte…- il Cacciatore rivolse loro un altro sorriso tirato, iniziando ad avviarsi verso l’interno della Foresta Incantata. Cenerentola fece per alzarsi in piedi.
- Allora veniamo con voi!
- No. Vi ringrazio, ma occorre qualcuno che resti qui a controllare il fuoco, ed è meglio se non vi separate. Piuttosto, vi consiglierei di provare a dormire: domattina saremo a Salem, ricordate?- il Cacciatore si allontanò.- Non preoccupatevi, ho il pugnale. Sarò di ritorno fra breve, voi dormite.
Nessuna delle due rispose, ed entrambe rimasero a guardarlo finché non sparì oltre gli alberi. Il sole era ormai quasi calato, e la notte era vicina. Cenerentola si strinse a Elizabeth.
- Secondo te abbiamo fatto bene a lasciarlo andare da solo?- domandò.
- No…- la ragazza posò il libro di favole sull’erba.- Ma non ha torto. Qualcuno doveva restare qui…- mormorò, sperando vivamente di non apparire come una codarda. Stava solo cercando la soluzione migliore e più razionale fra le possibili, tutto qui. Nemmeno lei avrebbe voluto lasciarlo andare da solo, ma conosceva talmente poco di quel mondo che ormai si affidava completamente a ciò che diceva il Cacciatore. Sperava solo di non essersi sbagliata, riguardo al lasciarlo fare di testa sua.
Cenerentola sbuffò, distendendosi sull’erba accanto a lei.
- No che non ha torto: domani saremo a Salem, e io sono stanca morta…- si portò un avambraccio all’altezza della fronte, coprendosi gli occhi.- Non voglio dormire, accidenti! Credo che dovremmo aspettarlo…
- Sì, anche io lo credo. Tu dormi pure…- le disse poi Elizabeth, gentilmente.- Sei stanca, si vede. Resto io sveglia ad aspettarlo.
- No, mi sentirei un’infame a lasciarti a fare la guardia da sola…- protestò la bionda, cercando di rimettersi a sedere, ma era chiaro che fosse stanca. Elizabeth ricordò che lei, fra di loro, era quella che più aveva faticato a mantenere il passo durante il giorno, quindi aveva un ragione in più per permetterle di riposare. Scosse il capo in segno di diniego.
- No, tranquilla. Ha detto che non ci metterà molto, per me va bene.
- No, io…
- Dormi pure, se c’è qualche problema ti chiamo…- insistette Elizabeth.
Cenerentola la guardò.
- Sei sicura? Voglio dire, non…
- Sicura. Vedrai che andrà bene.
La bionda le rivolse un’occhiata incerta, quindi si distese nuovamente sull’erba, girandosi su un fianco.
- Grazie, allora…- ridacchiò brevemente.- Sai, in cinque minuti sei riuscita a dire almeno dieci frasi che le mie sorellastre non mi hanno mai rivolto in tutta la vita…
Elizabeth non seppe cosa replicare, quindi tacque. Appoggiò il dorso contro un tronco di quercia, raggomitolandosi su se stessa. Cenerentola si mosse ancora un paio di volte per trovare una posizione comoda, quindi chiuse gli occhi, e in pochi minuti il respiro si fece più leggero, ed Elizabeth seppe che si era addormentata.
La ragazza sospirò, abbandonando il capo reclinato su una spalla, in attesa del ritorno del Cacciatore.
 
***
 
Anya era rimasta immobile e in silenzio all’interno di quella capanna per almeno un quarto d’ora, durante il quale Madama Holle – nome che non aveva mai udito prima, ma d’altra parte aveva quasi smesso di porsi domande a cui era consapevole di non saper dare una risposta – aveva riempito con dei secchi d’acqua calda una tinozza di legno posta al centro dell’edificio, le aveva portato dei teli di stoffa pesante e aveva sistemato accanto a quella vasca da bagno improvvisata dei vestiti puliti e piegati, e uno specchietto. Le sorrise con affabilità.
- Ecco, l’abito di Riccioli d’Oro dovrebbe fare al caso tuo. Domani chiederò a qualche altra ragazza di fornirmi un cambio…
- La ringrazio, signora, ma è proprio necessario?- chiese Anya, guardando la tinozza come se fosse stata riempita di magma liquido allo stato puro. Si sentiva sporca e impolverata, lo ammetteva, ma non le sembrava proprio il caso di fare un bagno , in quel preciso istante, in una catapecchia costruita in mezzo al nulla e con mezzi precari. A dire la verità, ancora non riusciva a spiegarsi cosa ci facesse ancora in quel luogo: patto dei nani o meno, lei non ci voleva stare, e in un’altra situazione sarebbe scappata via già da un pezzo. Ma da sola non avrebbe campato a lungo in quel posto, e Vincent non stava bene…le toccava fare buon viso a cattivo gioco, almeno finché lui non si fosse sentito meglio e – conoscendolo – non si fosse inventato qualcosa per uscire da quella situazione – perché Anya aveva la sensazione che neppure Vincent fosse troppo felice di essere al campo dei ribelli.
Sì, avrebbe fatto così…ma il bagno assolutamente no!
- Beh, decisamente sì…- Madama Holle ridacchiò.- E’ evidente che non ti sei ancora guardata allo specchio, tesoro, perché in questo caso non avresti esitato un attimo a tuffarti in quella tinozza! E poi, approfittane ora che ne hai la possibilità…non hai idea di quante donne qui vorrebbero essere al tuo posto, almeno per una volta! Questa è un’eccezione, sai? Di norma per lavarsi si va giù al fiume, a un centinaio di metri da qui…Ci sono dei turni per le donne e per gli uomini, te li illustrerò domattina. Oh, e ci facciamo anche il bucato…!
- Meraviglioso…- borbottò la ragazza, fra i denti, attenta a non farsi sentire.
- E poi, è un ordine di Kay - la frase suonava quasi come una minaccia, ma il tono di Madama Holle aveva tutto fuorché del minaccioso e anzi, il suo sorriso si allargò ancora di più.- Facciamo tutti come dice lui, qui, e non ce ne siamo mai pentiti…
- E’ il capo?- s’informò Anya.
- Oh, sì! Voglio dire, è diventato il capo dopo che il Principe Filippo se n’è andato. E’ stato lui a nominarlo come suo successore, nel caso gli fosse accaduto qualcosa…ma se anche così non fosse stato, credo che lo sarebbe diventato comunque. E’ molto giovane ma estremamente perspicace, sai? Ha solo ventidue anni, eppure è un ottimo stratega, sa risolvere gli enigmi più difficili…è stato lui a decifrare cosa fosse la bellezza nella morte e a trovare la sua ubicazione, te l’hanno detto? E non solo, è molto magnanimo e comprensivo…Ma non farti illusioni, cara: molte fanciulle qui avrebbero dato qualsiasi cosa pur di ricevere uno sguardo o un sorriso da parte sua, ma lui s’è lasciato dietro una scia di cuori infranti quando si è sposato…
Anya avrebbe voluto rispondere che non le era neppure passato per la testa di farsi un pensierino su Kay, ma le sembrava poco opportuno interrompere Madama Holle mentre tesseva le lodi del ragazzo. La donna le fece l’occhiolino, avviandosi al di fuori della tenda.
- Beh, tesoro, fai pure con comodo…chiamami, quando hai finito…
Anya rimase a guardarla finché non fu uscita, quindi incrociò le braccia al petto e prese a fissare la tinozza con palese sfida. Non voleva entrare, punto e stop. Sì, d’accordo, aveva un disperato bisogno di lavarsi, ma…era da una vita che non faceva un bagno. Dodici anni, per la precisione.
Cioè, naturalmente curava il proprio igiene personale come qualunque essere umano sano di mente, ma ringraziando il cielo il suo appartamento era fornito di una meravigliosa doccia dove potevi lavarti in maniera completa e rapida. Il problema era che da dodici anni a quella parte non era più stata a mollo in una vasca da bagno! Anzi, che ricordasse, suo padre non era più riuscito a farvi entrare né lei né Elizabeth da quando…
Sospirò, chinandosi appena per esaminare il vestito che Madama Holle le aveva portato in modo che potesse gettare via i suoi, ridotti a pezzi. Nel fare ciò, incrociò la propria immagine riflessa nello specchietto posato lì accanto, e per un attimo stentò a riconoscersi.
(E’ evidente che non ti sei ancora guardata allo specchio, tesoro, perché in questo caso non avresti esitato un attimo a tuffarti in quella tinozza!)
(Evita di fare la compassionevole e vai a darti una sistemata, sei ridotta a uno straccio!)
Aveva pensato che quelle frasi fossero state pronunciate così, giusto per indurla a fare ciò che le si chiedeva, ma ora capiva che né Madama Holle né Vincent avevano parlato tanto per dare aria alla bocca. Sgranò gli occhi: quella riflessa nello specchio era una megera con il volto smorto e annerito dalla polvere, l’espressione smarrita di un animaletto abbandonato sul ciglio della strada, i capelli sporchi e intrecciati con le ragnatele spettinati in maniera quasi grottesca.
Non sembrava neanche più lei.
Anya gemette, sbuffando infastidita mentre si aggrappava con entrambe le mani al bordo della tinozza. Quello era quasi un segno del destino, un segno del destino che le ordinava di entrare in acqua, ora e subito. Aveva un disperato bisogno di un bagno, non c’era scampo…
Serrò le mascelle, chiudendo gli occhi. Sapeva cosa la stava frenando, e non era di certo il luogo e il modo con cui era stata preparata la tinozza; lo sapeva che cos’era, lo sapeva da dodici anni ma, proprio ora che non poteva farne a meno, era venuto il momento di scrollarselo di dosso.
- Va’ all’inferno, mamma…!- augurò rivolta al soffitto, iniziando a sfilarsi la maglietta.- A meno che tu non ci sia già…
 
***
 
La Regina rimase a fissare la propria immagine riflessa nello specchio che aveva appena terminato di mostrare loro gli eventi avvenuti a Camelot la notte del ballo. Non si voltò, ma udì distintamente i passi di Malefica che rimbombavano nervosamente sul pavimento della stanza.
- A cosa stai pensando?
- A cosa vuoi che pensi?- sibilò la strega, acida.- Penso che se non ci diamo una mossa, per Tremotino sarà un gioco da bambini prendere il sopravvento e sbaragliarci. Neppure tu mi sei sembrata più così tranquilla, quando lo specchio ce lo ha mostrato!
- No, infatti. Ma non voglio farmi prendere dal panico, con la mente accecata dalla paura non si ragiona in modo lucido - dichiarò la Regina Cattiva.- Troveremo un modo per fermare anche lui, stanne certa. Ha molti più nemici di quanti amici possieda, ammesso e non concesso che esista qualcuno a cui importi veramente di lui. Presto o tardi, qualcuno si deciderà a ribellarsi a lui, ma nel frattempo…ricorda che noi e lui abbiamo lo stesso obiettivo, e ultimamente le sue mosse hanno preceduto le nostre, evitando di attirare sospetti su di noi.
- Ti stai riferendo a James Hook, non è vero? Non è neppure riuscito ad ammazzarlo!- ringhiò Malefica.
- Hai ragione, ma come ben sai Tremotino è pieno di risorse, e Capitan Uncino non è altro che un ragazzo. Sarà anche il comandante di un veliero, ma è talmente giovane che la sua impulsività lo guiderà inevitabilmente verso la disfatta.
- Purché questa non si estenda anche a noi - ribatté la strega.- Ciò che intende fare potrebbe far pendere la bilancia verso la parte del Bene, e non possiamo permetterci l’intervento di…
- Lo so. Per questo è necessario attendere - la Regina Cattiva si avvicinò a lei, posandole una mano su un braccio e sorridendole.- Sai meglio di me che tentare di fronteggiare Tremotino adesso sarebbe come firmare la nostra condanna a morte. Per questo motivo è opportuno attendere e cercare di sfruttare le sue mosse a nostro favore, quando non possiamo anticiparle. Non tarderà a tramare qualcos’altro per attentare alla vita di Capitan Uncino, e il giovane pirata ci è più utile da morto che da vivo.
- E che mi dici di quello che è successo con la figlia di Artù?- incalzò Malefica, allontanandosi di un passo in modo da annullare un contatto fisico che la stava infastidendo.- Il fatto che l’abbia avvicinata non è stato un evento fortuito: uno come Tremotino non può volere niente da quella bambina viziata. E’ ovvio che ha intenzione di usarla per raggiungere ciò che Merlino tiene così gelosamente custodito. Anche lui mira a impossessarsene…
- Ha solo trovato una via alternativa alla nostra. Non dimenticare che Morgana sta compiendo un ottimo lavoro…
- A proposito…come hai fatto a convincerla a passare dalla nostra parte?- Malefica inarcò un sopracciglio.- Cosa le hai promesso in cambio?
- Oh, nulla di cui ti debba angustiare. Diciamo che il ritorno dei fratelli Grimm ribalterà parecchie carte in tavola, e sono in molti quelli che vogliono approfittarne…- la Regina Cattiva si finse noncurante, ma subito si corrucciò, e la voce le si abbassò di diversi toni.- Purché riesca a gestire quella guastafeste di sua figlia. Ha quasi rischiato di mandare all’aria tutto quanto…
- Adesso non mi dirai che ti spaventa una servetta diciannovenne e spaurita!- esclamò Malefica, con evidente divertimento.- Sei stata tu stessa a invitarmi ad assistere alla sua entrata in scena, o sbaglio?
- La credevo un po’ più perspicace, in quanto figlia di Morgana.
- Non che Mordred sia molto più intelligente…In ogni caso, ritengo che il trattamento riservato da Morgana a sua figlia sia stato oltremodo villano - dichiarò la strega, al che la Regina Cattiva si voltò a guardarla, stupefatta.
- Che cosa?!- esclamò, per poi lasciarsi andare a una fragorosa risata.- Oh, amica mia, non credo alle mie orecchie! Comprendo che il tuo passato sia molto simile a quello di Odile, ma questo non vuol dire che tu debba prendere le difese di una…
- Non rivangare un passato che non ha alcun motivo per essere riportato alla luce, Grimilde - la freddò Malefica, con uno sguardo truce.- Non sto prendendo le difese di nessuno. Sto solo cercando di farti notare che la figlia di Morgana ha avuto grinta e spirito d’iniziativa. Quante serve conosci che hanno avuto il coraggio di sfidare le convenzioni, sostituirsi a una donna di sangue blu e spacciarsi per lei solo per volontà di rivincita, o per conquistare un amore?
- Nessuna, ma se così fosse, stai pur certa che non avrebbe vissuto per raccontarlo - rispose la Regina, palesemente annoiata.
- Io ritengo che Odile abbia carattere e una classe che la mocciosa dei Pendragon non possiederà mai neppure fra mille anni. Ha delle doti nascoste, tutto sta nel portarle allo scoperto…
- E intendi occupartene tu?
Malefica non rispose, ma sostenne a lungo lo sguardo ironico della Regina Cattiva, quindi prese a fissare la finestra chiusa della camera da letto, incrociando le braccia al petto.
- Si vedrà - rispose a bassa voce, guardando la notte che era calata sulla Foresta Incantata.- D’altronde, tutto è possibile. I tempi sono ancora lunghi, e avremo bisogno di alleati anche negli altri mondi, per raggiungere il nostro scopo. Odile potrebbe sempre tornare utile. A questo proposito…notizie dal Paese delle Meraviglie?
- Poche, e nessuna di piccola o grande rilevanza.
- E da Agrabah?
- Come al solito. Jafar ha un po’ di difficoltà a stabilire il nuovo ordine.
- Non si è dimenticato dell’accordo, vero?- ringhiò Malefica.
- Ma certo che no. Jafar mantiene sempre la sua parola.
- Meglio di quanto abbia dimostrato la propria fedeltà al Sultano, mi auguro.
- Non inquietarti. E’ tutto sotto controllo. Avremo tempo di conquistare tutti i mondi che vorrai, il Paese delle Meraviglie, il Regno di Oz…E, Malefica?
- Che cosa vuoi?
- Non ti sembra che sia un po’…ipocrita, da parte tua?- la Regina fece un sorrisetto divertito.- Intendo, critichi tanto Jafar, ma lui ha un’intera città da governare, mentre noi ancora dobbiamo sistemare due ragazzine appena svezzate…
- Era compito tuo occupartene, lo sai bene!- sibilò la strega.- Ma ora il tuo adorato Primo Ministro e la sorella maggiore sono in un luogo protetto dalla Polvere di Fata, inaccessibile anche al tuo specchio, e insisti affinché della minore si occupi Tremotino…
- Per l’appunto. Ma questo non ci autorizza a starcene con le mani in mano…
La Regina Cattiva si lasciò cadere seduta sulla poltrona con aria soddisfatta, mentre Malefica si voltava a guardarla, inarcando un sopracciglio.
- Che intendi dire?
- Beh, Malefica, non vedi?- la sovrana accennò alla notte buia e senza stelle che era calata sulla Foresta Incantata, ben visibile attraverso i vetri della finestra.- La notte è scesa, tutte le fiammelle e le candele sono state spente…anche la Salvatrice avrà bisogno di riposare, non è vero? Bene, io dico di augurarle la buona notte a modo nostro…- ghignò, sporgendosi un poco in avanti.- Tu, amica mia, sei sempre stata estremamente capace nel governare gli incantesimi del sonno…vuoi avere tu l’onore di garantire dei sogni d’oro alle nostre giovani eroine?
Malefica la guardò seria per qualche istante, quindi, lentamente, si aprì in un sorriso complice che fece risplendere il suo volto ancora giovane incorniciato dai capelli biondi.
Stese le mani in avanti, quindi aprì piano le braccia: nello stesso tempo, anche i vetri della finestra si aprirono, lasciando entrare una lieve brezza notturna. Malefica si avvicinò al davanzale, posandovi delicatamente le mani. Chiuse gli occhi, beandosi per un poco di quel lieve venticello, quindi li riaprì, e si portò il palmo aperto della destra all’altezza delle labbra.
- Buona notte, piccole care. Che possiate avere cento e uno incubi, stanotte…
Soffiò sulla punta delle dita, e da queste si sprigionò una nuvoletta di polvere nera che si disperse nell’aria, iniziando a viaggiare nella notte, sovrastando la Foresta Incantata.
 
***
 
Elizabeth fissava il fuoco, sentendosi le palpebre pesanti ma nel contempo cercando disperatamente di tenere gli occhi aperti. Era trascorsa almeno mezz’ora, e il Cacciatore non era ancora tornato: per un paio di volte era stata sul punto di alzarsi e andare a cercarlo, ma non avrebbe saputo dire da che parte si fosse diretto, e da sola in mezzo alla Foresta Incantata si sarebbe certamente persa…senza contare che Cenerentola stava dormendo di fianco a lei, e le aveva promesso di rimanere a fare la guardia e tenere acceso il fuoco.
Elizabeth gettò sopra a quest’ultimo due legnetti, più per tenersi sveglia che per vera necessità, quindi tornò ad abbandonarsi contro il tronco di quercia, con la testa che le doleva. Si sentiva così stanca…tanto stanca che le pareva quasi di veder danzare una strana polvere nera di fronte agli occhi…
Sbadigliò, rannicchiandosi su se stessa. Ormai le palpebre erano pesantissime, tenerle aperte diventava sempre più difficoltoso…la polvere nera non la smetteva di danzarle di fronte…
Gli occhi erano semichiusi, quando Elizabeth udì un rumore di passi attutiti avvicinarsi a lei e a Cenerentola, ma non ebbe la forza di guardare chi fosse.
- Ha funzionato. Stanno dormendo…
Con un immane sforzo riuscì a riconoscere quella voce come quella del Cacciatore, ma non fu in grado di spiegarsi che cosa volessero dire quelle parole. Le parve d’intravedere un paio di bagliori gialli nel buio, ma attribuì tutto alla stanchezza, quindi chiuse gli occhi e scivolò nel sonno.
 
***
 
I primi minuti immersa in acqua erano stati…snervanti.
Anya si era tenuta con le mani aggrappate al bordo per almeno i primi cinque minuti, e solo dopo e con parecchia riluttanza si era decisa a lasciare la presa e allungare le gambe sott’acqua; quest’ultima era calda al punto giusto, invitava a rilassarsi e la ragazza, anziché dare retta all’istinto che le suggeriva di lavarsi in fretta e furia e uscire immediatamente da lì, aveva deciso di provare almeno a tranquillizzarsi, per quel che le era concesso. Aveva poggiato la nuca contro il bordo della tinozza, inspirando ed espirando a fondo fino a che non aveva sentito i suoi muscoli distendersi almeno un poco.
Va tutto bene, lei non può più farti niente…Va tutto bene, va tutto bene, sei al sicuro…va tutto bene, va tutto bene…, aveva continuato a ripetersi quella specie di cantilena nella mente per un po’, e alla fine era parso funzionare, tanto che si era ritrovata a non pensare più a niente e a godersi la sensazione dell’acqua calda che lavava via la polvere e le ragnatele.
Fu solo quando udì qualcuno avvicinarsi alla tinozza che si riprese.
Socchiuse piano gli occhi per vedere chi fosse. Anya non avrebbe saputo dire per quanto tempo aveva tenuto gli occhi chiusi. Forse, nel tentativo di rilassarsi e di non pensare a quei brutti ricordi che l’assalivano ogni volta che optava per un bagno caldo invece di una doccia, si era anche addormentata.
Sussultò, spalancando gli occhi non appena vide chi le stava di fronte.
In un’altra situazione avrebbe iniziato a urlare insulti o quantomeno a cercare di coprirsi, ma in quel momento riusciva solo a fissare quegli occhi gialli e cattivi – occhi da lupo! – che la scrutavano dall’alto, oltre il bordo della tinozza.
- Vincent…- mormorò, stralunata.- Che…che cosa fai qui? Non dovresti essere…
Senza dire una parola, inaspettatamente, l’uomo le afferrò violentemente i capelli, strattonandoglieli all’altezza della radice. Anya emise un gemito di dolore, alzando le braccia sopra la testa e piantandogli le unghie nei polsi nel tentativo di farlo smettere.
- Ma che stai facendo?! Sei impazzito, per cas…- le parole le morirono in gola non appena vide l’acqua nella tinozza: non era più limpida e trasparente, ma…rossa. Di un rosso puro e acceso.
Era sangue.
Anya sollevò nuovamente lo sguardo. Il quale, in un attimo, si riempì di terrore.
Gli occhi gialli erano ancora lì, ma stavolta il volto non era quello di Vincent, bensì quello ancora giovane di una donna, il cui sorriso maligno era circondato da una chioma di lunghi capelli neri.
Anya boccheggiò, sentendosi raggelare.
- Mamma…- soffiò, con la voce incrinata.
Un secondo dopo, Christine Hadleigh aumentò la presa ai capelli di sua figlia, spingendola verso il basso. Anya si ritrovò in men che non si dica con la testa completamente sott’acqua.
Cercò di dibattersi nel tentativo di divincolarsi, ma Christine continuava a tenerle la testa sotto. Anya spalancò la bocca come per urlare, ma ciò che riuscì a fare fu solo ingoiare quell’acqua dal sapore metallico del sangue. Si aggrappò con le mani ai bordi della tinozza, facendo forza fino a che non riuscì a tirare il capo fuori fino al mento.
- Mamma, no!- strillò, quasi implorando, ma ebbe appena il tempo di prendere una boccata d’aria, prima che Christine la spingesse nuovamente sotto. Anya si dibatté con tutta la forza che aveva, sentendo il fiato venirle meno. Con uno sforzo immane, riuscì nuovamente a tirarsi su.
- Mamma, ti prego, basta!- neppure questa volta servì, e Christine la ricacciò di nuovo sott’acqua. Stavolta ce la tenne più a lungo, e Anya pensò davvero che sarebbe riuscita ad annegarla quando, improvvisamente, la presa intorno ai suoi capelli scomparve.
La ragazza spalancò gli occhi, riemergendo velocemente. Prese una lunga boccata d’aria, accasciandosi contro il bordo della tinozza e iniziando a tossire con furia, ma senza smettere di guardarsi intorno con gli occhi sgranati dal terrore. Nessuno. Non c’era nessuno, la stanza era completamente vuota: non c’era traccia né di Christine né di Vincent né di nessun altro.
I capelli le si erano appiccicati al volto e al cranio. Anya se li scostò con le mani che tremavano, senza smettere di guardarsi intorno. Inspirò a fondo nel vano tentativo di calmarsi, ma non riusciva a smettere di tremare.
Un incubo, realizzò con sollievo.
Era solo un incubo.
 
***
 
L’acqua è sporca di sangue. Lei non riesce a muoversi. Vorrebbe piangere, ma fatica anche a respirare. La corda gialla intorno ai polsi e alle caviglie le provoca un dolore lancinante, ma nessuno fa niente. Dov’è papà? Perché Anya non si muove più? E perché la mamma le sta facendo del male? Non ha fatto niente, è stata brava…
Il pavimento bagnato le da fastidio, ma non riesce a sollevarsi.
L’unica cosa che può fare è gridare di dolore mentre la lama affonda nella carne…
 
Elizabeth si svegliò emettendo un grido, prontamente soffocato quando la ragazza si piantò una mano sulla bocca, un gesto istintivo: le era capitato talmente tante volte di risvegliarsi urlando, che per paura di svegliare papà o Anya aveva imparato a soffocare i suoi strilli sul nascere.
Respirò affannosamente, guardandosi intorno, gli occhi spalancati nel buio: Cenerentola stava ancora dormendo, ma aveva cambiato posizione, ed ora era distesa supina. Il fuoco era ridotto ormai a poche braci che ancora spiccavano nell’oscurità ma che presto si sarebbero spente. Il Cacciatore era tornato, per fortuna, e dava loro le spalle, probabilmente anche lui doveva essere addormentato.
Elizabeth impiegò diversi secondi prima di riuscire a regolarizzare il battito cardiaco e il ritmo respiratorio, quindi cercò di rilassarsi un poco. Aveva avuto un incubo, ma non un incubo qualsiasi…l’incubo di un incubo reale.
Inspirò a fondo. Non le capitava più di fare simili sogni da anni, doveva aver smesso quando era circa una dodicenne. Da una parte ne era stata sollevata, ma dall’altra sentiva come di aver perso l’unica cosa che le ricordasse almeno un po’ quel che era accaduto.
Già, perché lei non aveva memoria di quanto era successo, quel giorno. La polizia, al tempo, aveva cercato di cavarle fuori qualcosa, e così anche gli assistenti sociali e tutto l’entourage di esperti ma, mentre sua sorella, seppur fra un pianto e l’altro, era riuscita a dire qualcosa di quanto fosse accaduto, lei non aveva fatto altro che scuotere il capo e dire che non ricordava nulla. I medici dissero che lo shock era stato talmente forte che la sua mente lo aveva rimosso.
Che fosse un bene o un male, questo Elizabeth non lo sapeva.
Istintivamente, si portò una mano sotto la maglietta, nello stesso punto che le doleva nel sogno. Il dolore era sparito, non c’era più da tanti anni, ma ciò non toglieva che la sua causa fosse ancora lì presente, incisa nella sua carne: una cicatrice all’altezza del fianco destro, profonda e larga quanto poteva esserlo il coltello che l’aveva inflitta, anche se non abbastanza da ucciderla. Una sua gemella era stampata sulla spalla sinistra.
I segni indelebili di ciò che lei aveva scordato.
Elizabeth sospirò, stendendosi sull’erba cercando di riprendere sonno, ma tutto ciò che poté fare fu rimanere a fissare il cielo nero senza stelle sopra le loro teste.
Adesso basta così, mamma…Lasciaci in pace…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice: Come vi avevo anticipato, questo capitolo è di mezzo, anche se ho aggiunto un po’ di cose ad arricchirlo, a cominciare dalla leggenda. Vi avviso, è solo un assaggio, dal momento che mi sentirò in dovere di descrivere la storia dei fratelli Grimm con dovizia di particolari e di flashback, quindi preparatevi :D. Questo spiegherà anche la faccenda della madre di un mai nato, del sangue dei Grimm, ecc.
In più abbiamo uno scorcio di quello che la cara Christine Hadleigh ha cercato di fare e, sebbene credo che sia tutto abbastanza chiaro, ci saranno ulteriori parti dedicate a questo. Ultima ma non ultima, l’entrata in scena di Kay e di Madama Holle (e di Riccioli d’Oro, che qui non compare ma per la quale ho in serbo un non lieto fine decisamente poco soft!). Madama Holle…allora, la sua favola è poco conosciuta, magari tutti voi ne avete già sentito parlare o l’avete letta, ma in caso contrario allego qui il link con il testo della fiaba.
 
http://www.paroledautore.net/fiabe/classiche/grimm/holle.htm
 
Il suo volto è quello di Maggie Smith.
 
Madama Holle (Maggie Smith):
 
http://files.zapster.it/zapster-media/multimedia/1200/1177/big/10.jpg
 
Kay, invece, appartiene alla fiaba La Regina delle Nevi by Andersen, che invece sono sicura conoscerete tutti. Il suo volto appartiene a Jamie Dornan.
 
Kay (Jamie Dornan):
 
http://media.tumblr.com/tumblr_lvwyo7s7ch1qctv31.jpg
 
Entrambi, soprattutto lui, torneranno in futuro. Passando alla Vinya…lo so che qui l’avvicinamento è ben misero, ma con il carattere di entrambi ci vuole tempo e pazienza, vedrete che dalla prossima volta le cose andranno meglio ;).
Ringrazio CoolIrresistibile1D, VanEss, Jessica21, x_LucyW e Sylphs per aver recensito :). Il prossimo capitolo s’intitolerà Witch Hunt in omaggio alla terza stagione di Once Upon a Time e vedrà l’arrivo di Liz e Co. a Salem e l’introduzione di ben QUATTRO nuovi personaggi, nonché il ritorno di quella bestia nera di Gretel ;).
Ciao a tutti!
Un bacio,
Beauty
  
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