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Autore: Pandora86    01/04/2014    5 recensioni
Hanamichi ha finito la riabilitazione ma una nuova sfida lo attende: quella con il suo vero volto.
Ma non sarà solo; ad accompagnarlo ci sarà l’onnipresente Yohei che, nel frattempo, si troverà alle prese con la domanda più importante: cos’è l’amore?
Ultima parte de “Il tuo vero volto”.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Yohei Mito
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi con il nuovo capitolo.
Ringrazio chi ha recensito quello precedente e chi ha inserito la storia tra le preferite, seguite e ricordate!
Ovviamente, grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Ci vediamo a fine capitolo per le note.
Buona lettura.
 
Capitolo 3. Condivisione
 

Hanamichi era steso sul letto della sua nuova camera con le braccia incrociate dietro la testa.

Guardò l’ora: erano le dieci di sera passate.

Il suo primo pensiero andò a Yohei.

Yohei che lavorava al posto suo al Cat’s Eye.

Considerando che aveva rilevato i suoi stessi turni, sicuramente a quell’ora stava ancora lavorando.

Quando Yohei glielo aveva detto, dopo essere arrivati a casa di Rukawa, Hanamichi aveva creduto di esplodere.

In quel momento, infatti, si era sentito come se gli avessero tolto tutto: la sua indipendenza, il suo lavoro e anche Yohei, visto l’alloggio che avevano deciso gli altri al posto suo.

Anche l’armata aveva evitato di farsi sentire in quei giorni e Hanamichi era esploso.

Le sue urla dovevano essere arrivate anche al piano inferiore.

Ma Mito, che lo conosceva come le sue tasche, aveva deciso di soprassedere lasciandolo sfogare e infine si erano abbracciati, segno che comunque non sarebbe cambiato nulla.

Tuttavia, in quel momento, alle dieci di sera passate, Hanamichi fu colpito da un pensiero abbastanza singolare: in tutta la giornata, solo in quel momento aveva pensato a Yohei e solo quando si era separato dalla kitsune per andare a dormire.

Si mise a sedere, un po’ confuso.

In effetti, la giornata era volata.

E lui, d’altra parte, aveva avuto un bel po’ d’affare nel cercare di stare dietro a Rukawa.

Rukawa che prima provava a preparargli il caffè, poi che proponeva un pranzo improbabile riuscendo a tirare fuori solo del riso bollito.

Poi ancora, che si piantava sul letto della sua stanza, con la scusa che Hanamichi andava tenuto d’occhio mentre sistemava la sua roba, altrimenti avrebbe potuto anche distruggergli la casa, e così via.

Rukawa, in effetti, non aveva fatto altro che palesare la sua presenza tutta la giornata impedendo al numero dieci di pensare.

Che l’abbia fatto apposta?

Fu questa la domanda di Hanamichi in quel momento.

La risposta, ovviamente, era sì.

Rukawa non aveva fatto altro che cercare di metterlo a suo agio; aveva anche detto che
l’indomani si sarebbe recato solo agli allenamenti, nel campetto vicino casa, senza andare a scuola, sempre per controllare la sua abitazione, questa era la scusa ufficiale.

Non che per Rukawa fosse un sacrificio così grande non recarsi a scuola, tuttavia, Hanamichi capì in quel momento che quando c’era Rukawa ogni cosa sembrava passare in secondo piano.

Il numero undici sembrava, infatti, conoscerlo a menadito, prevenendo tutti i suoi bisogni e anticipandoli.

Aveva addirittura fornito il suo bagno privato con le creme antiffiammatorie che necessitava, senza però proporsi per applicargliele.

E, anche questo, lo aveva fatto per lui ovviamente.

Conosceva il suo orgoglio e non aveva forzato la mano.

Hanamichi si intenerì a quel pensiero.

Fu per questo che si alzò, decidendo di ricambiare l’altro per tutte le gentilezze che gli aveva riservato.
 

***
 

Rukawa si rigirò nel letto per l’ennesima volta.

Chissà se Hanamichi si era ricordato di applicarsi la crema.

Il medico, e anche il fisioterapista, erano stati chiari: la schiena, seppur guarita, necessitava comunque di creme e massaggi.

Inoltre, anche se il trauma si era riassorbito, Hanamichi avrebbe comunque dovuto evitare di sovraccaricare la zona, non sforzandosi con pesi e movimenti inutili.

Ma come diamine avrebbe fatto a massaggiarsi da solo?!

Questa era la domanda di Rukawa che, per la prima volta in quei giorni, si chiese se effettivamente quella convivenza fosse stata la scelta giusta.

Sicuramente, Mito non avrebbe avuto problemi ad applicargli le creme.

Anzi, in realtà, Hanamichi non avrebbe avuto problemi a farsele applicare da Mito.

Però Rukawa, conoscendo la situazione già di per se complicata, aveva preferito omettere questa cosa e fare semplicemente presente al numero dieci che tutto quello di cui necessitava era in bagno.

Ora, colmo dei colmi, non riusciva nemmeno a prendere sonno.

La giornata era volata, o comunque a lui era sembrato così.

Lui aveva cercato di stare vicino il più possibile al numero dieci senza però fargli capire in alcun modo che lo stesse controllando.

Ci sarebbe mancato solo quello!

Rukawa aveva, infatti, ancora ben presenti le urla che erano giunte in salotto quando Mito aveva comunicato a Hanamichi che non avrebbe più lavorato.

In quel momento, lui e Sendoh (che si era praticamente autoinvitato, imponendo la sua presenza) si erano guardati perplessi, indecisi se intervenire o meno.

Poi, avevano rinunciato; in fondo, Mito era l’unico che poteva uscire vivo da quella stanza con il numero dieci di quell’umore.

Poi, erano andati via e la giornata, in un modo o in un altro, era passata.

Rukawa sapeva che era presto e che il numero dieci aveva bisogno di tempo per adattarsi.

Era uno spirito libero, proprio come lui.

Era indipendente, proprio come lui.

Ora, la cosa che però avrebbe dovuto capire era che non perdeva la sua indipendenza, anzi, nessuno dei due la perdeva, in quella convivenza.

Però, Rukawa lo sapeva, ci sarebbe voluto un bel po’ tempo.

Per questo, decise di scacchiare i dubbi inutili e mettersi finalmente a dormire.

Stava per assopirsi quando sentì bussare alla sua camera.

Aprì di scatto gli occhi; solo una persona poteva essere fuori dalla sua porta.
 

***
 

Yohei saltò sul suo inseparabile motorino, mettendo in moto e dirigendosi verso casa.

Le parole di Sendoh, dopo l’uscita teatrale dal locale di quest’ultimo, continuavano a balenargli in testa.

Era vero, era preoccupato.

Ma, d’altro canto, non si era mai trovato in una situazione del genere, quindi poteva essere comprensibile.

La domanda però era: perché Sendoh ne faceva un caso di stato?

Aveva bisogno di abituarsi all’idea, tutto qui!

E poi, non era lui ad avere dei problemi né quello che andava assistito.

Era Hanamichi che era in difficoltà, quindi perché avrebbe dovuto essere lui, Yohei Mito, ad avere dei problemi?

Era solo preoccupato, tutto qui!

Ma la preoccupazione non era un motivo sufficiente per lamentarsi.

Eppure, secondo Akira (come Yohei lo chiamava talvolta nei suoi pensieri) avrebbe dovuto essere più aperto e parlare.
Di cosa, poi?

Yohei proprio non lo sapeva.

O meglio, lo aveva capito ma lo riteneva sciocco.

Inoltre, quell’assurda insinuazione sul suo lavoro.

Perché il giocatore insisteva su quel punto?

Sono fatti miei!

Si ostinò Yohei nella sua mente.

Però… se erano una coppia, non significava che erano fatti di entrambi?

Ma lui che diamine ne sapeva di come ci si comportava in una coppia?

E poi, erano questo o si frequentavano?

Oppure ancora, avevano una relazione?

Mah… in fondo, erano solo sinonimi di uno stesso significato, in pratica, due persone che decidono di condividere qualcosa.

Condivisione…

Quindi, si intendeva anche una condivisione delle preoccupazioni?

Questa era la domanda di Yohei.

E se queste preoccupazioni non erano altro che inutili film mentali?

Non era meglio tenersi tutto per sé ed evitare di fare l’idiota davanti all’altro?

Ancora una volta, Yohei non sapeva rispondersi.

Con uno scatto brusco, invertì la direzione del motorino.

Sapeva che era tardi, tuttavia, forse, poteva trovare le risposte che voleva.
 

***
 

Hanamichi entrò titubante.

Una cosa era dirlo, una cosa era farlo.

Questo era il suo pensiero mentre entrava in camera di Rukawa.

Notò le coperte sfatte, segno che forse la kitsune stava già dormendo.

Tuttavia, non era quello il momento di perdersi in dubbi inutili.

Vide che Rukawa lo guardava perplesso… forse era ancora addormentato.

“Sei sveglio, volpe?” gli domandò Hanamichi, più che altro per spezzare quel silenzio imbarazzante.

“Nh” fu la prevedibile risposta di Rukawa che gli riservò la sua migliore occhiata truce del suo repertorio.

Hanamichi se ne accorse e si irritò.

“Ehi, chi mi assicura che tu non sia sonnambulo?” gli strepitò contro.

“Volevo assicurarmi di non dovermi chiudere a chiave dentro!” s’imbronciò, sedendosi sul letto dell’altro a gambe incrociate.

“Do’hao” fu la prevedibile risposta del numero undici che, solo in quel momento, sembrò notare cos’aveva Hanamichi in mano.

Il numero dieci seguì la traiettoria dello sguardo dell’altro e arrossì leggermente.

“Nemmeno i Tensai riescono a massaggiarsi da soli tutta la schiena!” gli urlò contro arrossendo, stavolta, fino alla cima dei capelli.

“Nh” rispose Rukawa decidendo di soprassedere e chiedendosi perché l’altro dovesse sempre e comunque urlare.

“Stenditi” gli ordinò, strappandogli il tubetto di mano.

Hanamichi obbedì in silenzio, borbottando insulti come una pentola a pressione.

“Do’hao” lo insultò nuovamente Rukawa.

“Mi spieghi adesso che ho fatto, baka?” urlò ancora Hanamichi, poggiandosi su un gomito.

“La maglia, do’hao” gli fece notare Rukawa.

Come diamine sperava che gli applicasse la crema se non si toglieva la maglia?

“Ah… già” borbottò il numero dieci, sfilandosi la maglia e arrossendo ancora di più.

Rukawa osservò la schiena dell’altro sentendo i suoi battiti accelerare.

Calmo! Doveva stare calmo!

E soprattutto, doveva controllarsi!

Con decisione, salì cavalcioni sull’altro senza pesargli addosso e, dopo aver spalmato una buona dose di crema, fu con trepidazione che avvicinò le mani alla pelle dell’altro.

Tuttavia, nonostante quello che provava dentro di sé, nessuna incertezza manifestavano i suoi movimenti che erano dolci e decisi allo stesso tempo.

“È fredda!” si lamentò il numero dieci, appena la crema fu a contatto con la sua pelle.

“Fermo, do'hao!” lo richiamò Rukawa severo, iniziando a massaggiare.

“Non darmi ordini, baka kitsune!” gli strepitò contro il numero dieci, obbedendo tuttavia all’ordine e provando a stare fermo.

Non era mica cosa facile, con Rukawa su di lui che gli massaggiava la schiena.

Sono un Tensai! Si rassicurò mentalmente.

O comunque, ci provò, decidendo di chiudere gli occhi e provando a rilassarsi.

Rukawa se ne accorse e sospirò di sollievo dentro di sé.

Tutto si aspettava, quella sera, tranne che Hanamichi gli chiedesse di aiutarlo con la crema.

Era un gesto di poco conto, a un occhio esterno.

Era un gesto che significava tantissimo, ai suoi occhi.

Hanamichi che rinunciava a un po’ del suo orgoglio, anche per una cosa banale come quella.

Sicuramente, era stato a pensarci almeno venti minuti buoni, magari camminando avanti e indietro nella sua stanza.

Rukawa sorrise intenerito a quel pensiero, continuando a massaggiare e assaporando il contatto con la pelle dell’altro.

Era quanto più potesse sperare per quella giornata e non poteva che esserne lieto.

Hanamichi, nel frattempo, si beava del tocco di Rukawa desiderando che quel momento non finisse mai.

Le mani del numero undici erano veloci e sicure ma anche molto delicate.

Quando sentì che si spostavano sui fianchi, Hanamichi rabbrividì istantaneamente ma non per il freddo: quel contatto lo stava eccitando.

Da quando i suoi fianchi erano così sensibili?

Non lo sapeva; sapeva solamente che ne voleva di più, molto di più.

Fu per questo che, istintivamente, alzò leggermente il bacino, sperando che quel contatto non finisse.

Rukawa, d’altro canto, sembrò capirlo visto che continuò in carezze sempre più audaci.

Il numero undici fissava ipnotizzato la schiena di Hanamichi, prima i dorsali ben delineati, poi la muscolatura sviluppata delle spalle, per finire sui fianchi snelli e ben definiti.

Per questo le sue mani si erano spostate; non era riuscito a trattenersi.

Hanamichi, in un primo momento, era rabbrividito, poi aveva leggermente alzato il bacino in un tacito invito a continuare.

Fu per questo che Rukawa decise di avanzare in carezze sempre più audaci, muovendosi lentamente dai fianchi fino alla base della schiena, proprio sull’orlo del pigiama di Hanamichi.

Decise di procedere lentamente, senza fretta, continuando il movimento delle mani che aveva assunto cadenze ipnotiche.

Sfiorò l’orlo del pigiama di Hanamichi, muovendosi sempre di più verso il basso.

Il numero dieci sembrò gradire quel contatto visto il mugolio sommesso che non era riuscito a trattenere o che forse, non aveva voluto trattenere.

Rukawa lo sapeva; anche Hanamichi lo desiderava in pari misura e con la sua stessa intensità.

Fu per questo che continuò, deciso a far impazzire l’altro, proprio come l’altro, con la sua immobilità e il suo copro statuario, stava facendo impazzire lui.

Si abbassò lentamente, andando a baciare il collo di Sakuragi e annusando il profumo dei suoi capelli.

Sfiorò quella pelle con piccoli baci, mentre con le mani abbassava sempre di più il pigiama arrivando finalmente a sfiorare il fondoschiena dell’altro.

Quanto gli era mancato quel contatto?

Impossibile misurarlo.

E anche Hanamichi doveva pensarla allo stesso modo poiché portò una mano sulla testa di
Rukawa, invitandolo, con quel gesto, a continuare.

Continuarono così per un po’, in quella posizione, entrambi troppo eccitati e felici per interrompere quelle lente e audaci carezze.

Rukawa si beò a lungo della pelle di Hanamichi, Hanamichi assaporò le sensazioni che la bocca e le mani di Rukawa sapevano dargli.

Fino a che, entrambi, come per tacito accordo, fecero sfiorare le loro labbra.

Hanamichi si girò, deciso ad approfondire il bacio.

Rukawa lo accontentò, non desiderando niente di meno.

Le carezze divennero più audaci e i baci sempre più vogliosi.

Gli indumenti, in quel momento, erano solo una fastidiosa barriera che Rukawa badò a eliminare.

Senza fretta, sfilò il pigiama all’altro, mentre Sakuragi provvedeva a fare lo stesso con lui.

Quando i loro corpi nudi entrarono a contatto, a entrambi sembrò di impazzire per il piacere.

L’incendio sembrò divampare.

Tutta la tensione provata, tutta la paura, tutte le ansie e i dubbi, sembrarono svanire all’istante.

Entrambi con un solo desiderio: volevano di più, sempre di più.

“Ti amo… Kaede!” sussurrò Hanamichi sulle labbra dell’altro, ripetendo la stessa frase di mesi addietro.

“Anche io, Hanamichi” rispose con voce ancora più bassa il numero undici, prendendo la mano dell’altro e portandola dentro di se.

Lo voleva.

Lo voleva fino allo sfinimento.

Lo voleva prima di impazzire del tutto.

E Hanamichi lo accontentò.

Il resto fu solo un amarsi dolce e passionale.

Il resto fu solo una danza di corpi vecchia come il mondo.

Fu solo un ritrovarsi dopo tanto tempo; fu solo amore.
 

Continua…
 
Note:

Non ho molto da dire su questo capitolo.

Ho cercato di trattare l’introspezione di ogni personaggio considerata la situazione nuova che sia Hanamichi, sia Kaede, sia Yohei stanno vivendo.

Spero di aver fatto un buon lavoro e che anche questo capitolo vi sia piaciuto.

Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate.

Nel frattempo, grazie a chi è giunto fin qui.

Ci vediamo martedì prossimo con il nuovo capitolo.

Pandora86
  
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