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Autore: Salmcroe    01/04/2014    2 recensioni
Era stanco, si sentiva vuoto, privato del peso che l'aveva accompagnato per migliaia di anni, quel caldo e luminoso senso di gloria che l'aveva legato al cielo, che lo aveva reso una creatura celeste, un angelo del Signore, che gli aveva dato le sue ali.
La mia prima Destiel, spero vi piaccia. Ambientata nel primo episodio della nona stagione. Ho modificato alcuni aspetti della trama per scrivere.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Ottava stagione
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Capitolo secondo
 




Non pianse. Castiel nemmeno pensò al pianto. Per lui, le lacrime, erano solo un inutile spreco di acqua. Gli angeli non potevano farlo, solo gli umani ne erano capaci, e per quanto umano quell'uomo fosse diventato, si sentiva ancora un soldato di Dio, e rifiutava ogni emozione come tale, soprattutto quel genere di emozioni, soprattutto in presenza di Dean. Sentii però che il dolore lo stava già facendo impazzire, lo soffocava, lo stava facendo annegare, trascinandolo giù, sempre di più. Riusciva a vedere solo buio, a sentire solo silenzio, che lo percorreva lasciandolo vuoto, rimbombando nella cavità che la sua grazia gli aveva lasciato nel petto. Uno squarcio profondo che una volta avrebbe potuto curare con un solo tocco, e che adesso riusciva solo a farlo autoparagonare alla terra stessa che gli aveva sporcato i pantaloni del completo, microscopico ed inutile. Aveva perso tutto, sé stesso e i suoi fratelli, che si era trascinato dietro nella sua inevitabile caduta. Perchè non bastava l'essersi creduto Dio, e l'aver fatto strage di milioni di angeli in paradiso, ora era sua anche la colpa di averli esclusi dal loro stesso regno. Aveva aiutato un pazzo, forse meritava quello che gli stava accadendo.

Voleva però interrompere il silenzio che lo avvolgeva, perchè riusciva a fargli sentire ogni piuma che si incrinava staccandosi dalle sue ali scure, ne percepiva ogni movimento prima che cadesse invisibile sull'asfalto della strada, e si aggiungesse alle altre che già lo circondavano, in una macabra imitazione dei cerchi di olio santo che i cacciatori usavano per imprigionare gli angeli. Ed era così che si vedeva, imprigionato, chiuso nella sua condanna, quella di non vedere più i cieli dall'alto, come faceva prima.

Decise di reagire, di distrarsi, di scuotersi e riemergere dall'oblio. Doveva muoversi, doveva uscirne. Sciolse allora le mani dall'intrico dei capelli, appoggiandole prima alle ginocchia, avvicinandole poi al terreno. Aprì palmi, sentendo sotto la pelle spessa dei polpastrelli la superficie ruvida, e sotto lo sguardo triste del cacciatore, che aveva guardato Castiel disperarsi, ansimando e stingendosi la testa quasi per farla esplodere, cominciò a colpire la strada a pugni chiusi.

Sferrava colpi violenti, forti. Sussurrava piano qualcosa, una preghiera forse, o solo imprecazioni, mentre la pelle delle nocche si apriva colorandogli le mani di rosso. Dean sentiva il rumore sordo delle ossa contro la superficie ruvida, sempre più convinto che avrebbe sentito tra poco anche un urlo provenire dall'amico. All'inizio era spaventato dalla reazione che il soldato aveva avuto, si voleva avvicinare per risvegliarlo dalla sua pazzia, ma appena al primo pugno sferrato, alla vista del sangue, aveva capito.

Gli angeli non sanguinano. Castiel non era un angelo, non più.

 

L'aveva lasciato sfogarsi in quella battaglia persa contro la strada. L'ex angelo si fermò solo quando, esausto, l'unica cosa che riuscì a fare fu cadere, ancora cadere.

Sentiva debole la voce dell'amico, che lo chiamava e probabilmente gli era corso affianco. Era quasi sicuro di essersi accasciato completamente, proprio nel punto dove si era accanito sull'asfalto ruvido. Percepiva l'odore di terra e polvere. Sentiva il suo sangue umano riscaldargli la guancia.

Però Castiel guardava davanti a sé non vedendo nulla. L'unica visione che aveva era quella delle sue piume, della sua gabbia nera, del suo oblio personale. Forse doveva andarne fiero, provare un dolore così vicino agli angeli era ancora un privilegio per lui, una gentile concessione che gli era stata fatta.

Il dolore è follia, pensò, chiedendosi se stesse già delirando.

 

Dean aveva chiuso gli occhi serrando le palpebre così forte da piegarne le ciglia dorate. Aveva osservato attonito l'amico fino a che la sua rabbia non era cessata, fino a che non si era accasciato sulla strada, quando aveva perso i sensi. Allora li aveva chiusi, per soli pochi attimi, ed era rimasto ad ascoltare il silenzio grave che li avvolgeva in quella scena. Poi era subito scattato in avanti, gridando il nome del soldato, gridandolo forte, così tanto che la sua voce riempì il parcheggio vuoto e rimbalzò sulle pareti di cemento. Gli si era inginocchiato affianco, tirandolo fuori dal rosso che gli aveva colorato il volto, scuotendolo con forza, implorandolo a pieni polmoni di risvegliarsi, di tornare da lui, dalla sua famiglia, di reagire; ma Castiel era ancora perso nel buio che lo annebbiava, e Dean poteva solo sperare che lo sentisse.

L'uomo rimaneva incosciente nelle braccia dell'amico, mentre sentiva un numero sempre maggiore di ossa spezzarsi all'interno delle sue ali, massacrate dalle mani forti di chi lo stava stringendo, rotte dall'indelicatezza di quelle dita; e aveva urlato forte, urlato per un dolore che adesso era più umano. Ma nessuno poteva sentirlo, neanche Dean, per cui stava lottando debolmente, da cui Castiel voleva tornare.

Il cacciatore lasciò il corpo dell'amico, facendoselo scivolare sulle gambe, poi verso terra. Sembrava volesse liberarsi dalla sua presa.

 

Il soldato riuscì a salvarsi da se stesso, uscendo dalla gabbia in cui si era chiuso, riprendendo lentamente consapevolezza del proprio copro umano, sentendosi stranamente pesante nonostante le sue ali si stessero spogliando delle piume. Non ci fece caso, e tentò di riaprire gli occhi, distratto dalla sempre maggiore sensazione di gelo che lo pervadeva, trapassandogli le ossa ed i muscoli della schiena, inumidendogli la pelle. Sforzò le palpebre, sentendo sempre meno vicino, però, il calore di Dean.

Il cacciatore si allontanò dal sangue e dalla polvere di cui odorava Cass, portandosi a sedere qualche metro distante dal corpo. Era incosciente da troppo, e aveva paura che al primo scontro con la sua nuova realtà, Castiel fosse stato schiacciato dall'umanità, che si era portata via lui insieme alla sua grazia. Ma Dean non voleva perdere nessun altro, aveva dovuto sopportare già troppe morti. Il giovane si portò una mano sugli occhi, in un gesto ormai automatico, per togliere il pungente fastidio delle lacrime trattenute. In quel momento le iridi blu trafissero l'aria che pesava sopra l'ex angelo.








Ehi lettori! Eccomi qui... ho pubblicato in solo due giorni, un record, davvero, conoscendo i miei tempi. Spero che questo capitolo vi piaccia tanto quanto a me. Ho adorato scrivere questa parte... ed anche se inizialmente doveva essere un'unica storia, e poi una da soli due capitoli, beh , capite come mi sia sfuggita di mano la cosa haha :) Comunque.. aspetto vostre recensioni, vorrei sapere cosa ne pensate. Grazie a chi legge, state diventando davvero tanti <3 ok, al prossimo capitolo.. 

  
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