Si chiamava John, il defunto. Ne parlarono tutti i giornali. La sua morte era strana ed affascinante, macabra e intrigante.
John era un pianista. Le sue dita sfioravano quei tasti, e la sua mente volava altrove. Per John ogni nota era un'emozione, un colore.
John non riusciva a comporre niente, per quanto si sforzasse.
Il foglio restava bianco, nessuna nota, nessun colore se non il bianco. John odiava il bianco, per lui rappresentava il fallimento. Nemmeno oggi era riuscito a comporre qualcosa.
La sua fidanzata, Elisabeth, lo consolava sempre, gli dava l'amore che egli desiderava, lo riempiva di attenzioni; ma John non la apprezzava, pensava che i suoi gesti di affetto fossero solo azioni mosse dalla pietà.
Il 31 Luglio, Elizabeth morì.
John rimase da solo, non aveva famiglia nè amici.
John era rimasto da solo col suo piano.
Non riuscì mai a superare la morte di Elisabeth, ed impazzì.
Un giorno iniziò a suonare, e non smise più.
Non mangiò, non dormì, continuò a suonare.
Le sue dita sanguinavano, i tasti ormai erano impregnati di sangue. Non erano più emozioni diverse, tutte le note erano disprezzo, rabbia, rimorsi e rimpianti.
Non erano colori distinti, erano tutti rossi, tutto l'amore per Elisabeth era lì, su quei tasti.
John fu ritrovato morto, riverso sul suo pianoforte, con dei fogli in mano.
Su quei fogli c'era la sua composizione, era dedicata ad Elisabeth e, sull'ultimo foglio, c'era scritto: 'Sto venendo da te. Ascolterai le note che non ti ho mai suonato, i colori che non hai mai visto, le emozioni che non hai mai sentito. Arrivo Elisabeth, arrivo.'