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Autore: the princess    07/07/2008    1 recensioni
Anni addietro, in un luogo che di fantastico ormai non aveva nulla, viveva in un castello una docile principessa. Capelli di un tenue marrone, occhi grandi ed espressivi, un sorriso che riusciva a rallegrare sudditi e re, cavalieri e giullari… lei era Elizabeth. [Prima storia ambientata in questo periodo... qualche commento non mi dispiacerebbe... grazie]. La storia è dedicata ad una delle mie migliori amiche.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ed ecco giunto il giorno tanto atteso.

Nel villaggio giravano voci che questo sarebbe stato la festa del secolo, che la principessa Elizabeth sarebbe stata la regina migliore di tutti i tempi.

Solo una cosa poteva rovinare un momento così speciale.

Nel primo pomeriggio un messaggero, giunse al castello della principessa, e fu ricevuto da questa nella sala ante stante il primo corridoio.

La principessa che controllava le ultime cose prima di passare alla sua di preparazione, si sedette per ascoltare le notizie portatele.

-Principessa…- iniziò quello, con un inchino di circostanza.

Passarono alcuni secondi prima che l’uomo iniziasse ad illustrarle la situazione.

Quella stessa notte il cavaliere Edward era scomparso.

All’udire di quelle parole il cuore della ragazza perse un battito, per poco non svenne, ma decise di tenere duro per ascoltare il resto.

Il messaggero dopo essersi rassicurato sulle sue condizioni fisiche continuò raccontando dell’immenso dispiacere che provava la famiglia Eliot, e di rassicurarla da parte di questi.

La principessa lo congedò gentilmente, come era solita fare, ma bastarono alcuni secondi di silenzio per farla esplodere.

Si chinò sul pavimento, sparendo tra il vestito rigonfio.

Pianse addolorata, come se fosse stata privata di una parte d’anima.

I suoi singhiozzi attirarono l’attenzione del buon Christopher, che non poté fare altro di avvicinarsi e stringerla come solo un uomo, quasi un padre, potesse fare.

Rimasero in quella posizione fino alla fine di quelle lacrime.

Quando queste smisero di bagnarle il volto e il vestito, rivolse uno sguardo al suo consolatore e si alzò dirigendosi fuori.

Pensava a dove quello poteva essere, a cosa era rivolto il suo fantastico sguardo e a chi stava parlando con quelle splendide labbra rosee.

Ad un tratto tutto gli fu chiaro, sapeva chi aveva fatto questo, e il saperlo fece sopraggiungere la rabbia al dolore.

Alcune dame le si accostarono, non sapendo la situazione, iniziando a chiederle di raggiungerle per indossare l’abito e sistemare i capelli.

Quando la videro in lacrime chiesero cosa fosse successo, ma la voce era sparita e quella non riuscì a spiegare nulla alle povere donne.

Uscì dai giardini del castello senza nessuna meta precisa.

Arrivò ad un’osteria davanti alla quale alcuni cavalli erano legati.

Non seppe pensare ad altro che non fosse l’uomo che amava.

Prese uno di quegli animali, e ringraziando Christopher per averla costretta a prendere lezioni di equitazione, salì in sella.

Conosceva dov’era il regno del Rotterdam francese, ed era convinta di dirigersi lì per sistemare le cose.

Cosa fare quando fosse giunta là ancora non lo sapeva, ma sperava che il vento sulla pelle umida, la velocità, l’aiutassero a pensare ad un piano migliore.

Cavalcò per minuti o ore, spronando il suo cavallo a correre sempre più veloce, fino a quando il castello non le apparse d’innanzi.

La sua reggia in confronto appariva piccola, non degna neanche del re di un porcaio.

Il cavallo nitrì forte, e quella dovette accarezzargli la criniera per tranquillizzarlo.

Attraversarono un ponte per arrivare all’entrata, le porte massicce non sembravano apribili, e per questo la ragazza decise di girare intorno alla residenza, trovando una porta molto più accessibile.

Scese da cavallo, per poi lasciarlo correre via, e fissare l’ombra di polvere che questo aveva alzato.

Ormai il sole era sparito dietro i monti e le nuvole prevedevano un potente temporale.

Proprio come quello che la loro prima sera aveva incorniciato il loro incontro.

Entrò nelle stanze del castello, dove lui fosse rinchiuso le era sconosciuto, ma sapeva che lui era lì, e dovunque fosse l’avrebbe trovato.

Il vestito che indossava, aveva perso gran parte del tessuto durante il tragitto e ora era diminuito notevolmente di spessore.

Pensare che avrebbe dovuto indossare quel meraviglioso abito e ballare con il suo Edward fece tornare in prima linea la rabbia, prima placata.

Camminò silenziosamente per i corridoi, non incontrando anima viva, neanche la servitù le era venuta incontro, fino a quando dopo aver sceso file e file di tetri gradini giunse in un antro scuro.

Alcune candele appese alle pareti illuminavano delle sbarre e facevano intravedere camere simili a celle.

Prigionieri di guerra, ladri, assassini, con loro era imprigionato quel caro uomo.

Le bastò emettere un sospiro che dall’ultima cella un voce si alzò.

-Elizabeth siete voi?- chiese lui, avvicinandosi alle sbarre, stringendole tra le dita bianche.

-Edward… sono io…- rispose quella, accostandosi alle sue mani, appoggiandosi sopra le sue.

-Cosa ci fate qui?- domandò il ragazzo, mentre con lo sguardo salvava nella sua memoria quel visto tanto bello.

-Il mio regno non potrà mai essere completo senza voi al mio fianco…- si fece scappare la principessa, per poi arrossire quasi volesse rimangiarsi le parole dette.

-Ed il mio cuore non può essere completo senza il suo…- questa frase la rassicurò notevolmente, i due si voltarono per scambiarsi uno sguardo pieno di emozione.

La ragazza notò immediatamente un mazzo di chiavi lasciato incustodito accanto ad una candela, lo afferrò e libero il suo amato.

I due si abbracciarono, per poi correre via.

Salirono le scale velocemente, stringendosi la mano, fino ad arrivare molto vicini alla porta dalla quale la principessa era entrata.

Ma lì il re e la figlia maggiore erano ad aspettarli.

-Salve principessa Elizabeth…- salutò quello, schernendola inchinandosi.

-Dove state andando?- domandò incrociando le braccia al petto, i suoi occhi brillavano nell’oscurità.

-Che sovrano è lei, che rinchiude un cavaliere solo per la conquista di un terreno?- Elizabeth non riuscì a trattenersi, ma la sua ira non fece che aumentare l’ilarità dell’uomo.

-Guardie, prendeteli… entrambi- concluse, prima di passare accanto alla ragazza.

Prima che le guardie, appostate dietro ai due, fossero abbastanza vicini per prenderli, la porta si spalancò.

La figlia del re, che era appostata dietro Edward, corse immediatamente a chiamare il padre.

Dalla porta la famiglia Eliot entrò con passo spedito, brandendo le spade, e minacciando di usarle.

Dietro di loro, contadini, mercanti, signori, cavalieri, incitavano alla battaglia.

Arrivò qualche attimo dopo il re, che spaventato non poté fare altro che cercare inutilmente di fuggire dalla folla.

Ma non riuscì a salvarsi il re codardo, il popolo lo catturò proprio come lui aveva fatto con molte persone innocenti.

Fra sorrisi e lacrime di gioia, i due futuri sovrani del regno uscirono dal castello per dirigersi alla festa, finalmente.

 

La sala era colma di gente da tutte le parti della società, la musica era soave e accompagnava tutti alle danze… anche la principessa, che dopo aver indossato il suo vestito aveva fatto la sua entrata trionfale dalla grande scalinata.

Sguardi di ammirazione le furono rivolti, applausi, inchini, tutto per lei. Ma uno sguardo tra tutti era quello che lei aveva seguito per tutta la discesa.

Edward era infondo alla scalinata ad aspettarla, ed insieme i due aprirono ufficialmente le danze.

Lui la fece roteare, le sorrise varie volte, la strinse a se come fosse il suo più caro bene.

Senti voci di amici attorno, ed in quel momento seppe di aver portato la gioia al suo regno, quella gioia perduta.

E come nel suo regno anche nel suo cuore qualcosa era cambiato…

Proprio come aveva desiderato.

 

 

 

 

Fine

  
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