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Autore: Yoan Seiyryu    02/04/2014    1 recensioni
[ Mad Wolf (Ruby Jefferson) + accenni Outlaw Queen ]
Nella Foresta Incantata Regina desidera distruggere Snow White annullando quelle amicizie che rendono la figliastra forte ed audace. Decide di servirsi di Jefferson per compiere un gesto estremo nei confronti di una giovane ragazza dal Cappuccio Rosso che vive al villaggio di Nottingham. Jefferson, per offrire un futuro migliore a sua figlia Grace, accetta il patto con Regina ed è intenzionato ad eseguire gli ordini.
A Storybrooke Jefferson ricorda perfettamente il suo passato e tenta con ogni mezzo di far riemergere la memoria perduta di Ruby con cui è stato legato prima del sortilegio, ma affronteranno entrambi diverse problematiche prima di conoscersi davvero secondo la propria natura.
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"E' ironico che sia tu a parlare di mentire, del passato, di conoscersi per ciò che si è [...] quando sei tu il vero mostro fra noi due"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Jefferson/Cappellaio Matto, Paige/Grace, Ruby/Cappuccetto Rosso, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Hat 




 
Foresta Incantata

 
I passi lenti e silenziosi di Grace si arrestarono nel momento in cui arrivando all’ingresso si ritrovò davanti ad una tavola colma di biscotti appena preparati e al tè caldo e fumante posizionato al centro.
Gli occhi si illuminarono quando incontrarono la figura di Red che, accortasi di lei, le andò incontro per poterle dare un bacio sulla guancia.
“Buongiorno a te” le sorrise prima di accompagnarla fino alla sedia per farla accomodare.
Grace quasi non credé ai suoi occhi, non aveva mai visto tante cose così buone tutte insieme e non aveva idea da dove cominciare. La ringraziò per averle preparato una colazione così ricca, doveva essersi alzata presto per cuocere tutti quei biscotti diversi e lo aveva fatto per lei.
Red si ripulì le mani su uno strofinaccio per poi abbandonarlo da una parte e sedersi a tavola accanto a lei, senza mancare di rivolgerle un sorriso solare.
“Hai preparato tutto questo, è meraviglioso!”
“Tuo padre è dovuto uscire all’alba per svolgere delle commissioni, mi ha chiesto di badare a te durante la sua assenza” le comunicò prima di versarle del tè nella tazza bianca che aveva davanti, si era ricordata che Grace ne usava una in particolare e non le aveva fatto ritrovare proprio quella.
La bambina tirò le labbra in una smorfia, da quella sera della fiera non gli aveva rivolto granché la parola, era ancora molto arrabbiata per ciò che aveva fatto e non si era sentita di perdonarlo subito, anche se in fondo desiderava riappacificarsi il prima possibile con lui.
Red si accorse di quel velo di tristezza nei suoi occhi e aggiunse: “Vuoi tenere il muso con lui ancora per molto? E’ davvero dispiaciuto, non voleva spaventarti”.
Grace nascose il viso dietro la tazza di tè che iniziò a bere lentamente, assaporandone il retrogusto delicato. Era stato preparato appositamente da Red, rosso come il colore del suo mantello.
“Non voglio che gli accada nulla, mi ha promesso che non mi avrebbe mai lasciata sola, ma se si comporta in questo modo riuscirà difficilmente a mantenere la parola” le confidò prima di iniziare ad assaggiare i primi biscotti e rimanerne assolutamente entusiasta.
Red sospirò ascoltando quell’affermazione. La notte della fiera, oltre allo spavento che entrambe si erano procurate, lei e Jefferson si erano anche scambiati un bacio. Difficile da credere, visto che lui sembrava sopportarla molto poco, mentre altre si apriva nei suoi confronti lasciando uscire la parte migliore di sé. Avevano dormito nello stesso letto, ognuno confinato al proprio angolo e la mattina dopo si svegliarono come se nulla fosse accaduto. Red aveva avvertito una morsa allo stomaco per quasi tutta la giornata, non era nemmeno riuscita a guardarlo in volto, intimidita per aver ricambiato un sentimento che sembrava esser nato. Una debolezza, nient’altro. Poi tutto era scemato e tornò esattamente come prima. I medesimi sorrisi, le medesime smorfie di disappunto.
 “Sei la cosa a cui tiene di più al mondo, Grace. Non farebbe mai nulla che possa farti soffrire, ma tuo padre ha un incredibile senso della giustizia, perciò è normale che a volte si faccia sfuggire qualche comportamento imprevedibile.” sorrise all’idea di ciò che aveva appena detto.
Era vero, inizialmente non credeva che fosse predisposto di un animo simile ma credé di esser riuscita a riconoscerlo.
Grace sospirò e finì per sorridere, lieta di ascoltare quelle parole.
“Ti piace, non è vero?” le domandò con un sogghigno del tutto innocente.
Red di fronte a quella domanda avvampò fino ad avvertire il rossore coprirle le guance, cosa le veniva in mente?
“No, certo che no!” si schiarì la voce per cercare di sembrare convincente “tuo padre è sicuramente un uomo onesto, leale, a volte ha atteggiamenti decisamente strambi e anormali, ma non potrebbe mai piacermi”.
Solitamente le bambine non erano gelose dei propri padri, perché Grace pareva curiosa di conoscere quella risposta? Fatto sta che il sorriso che si era formato sulle sue labbra si trasformò in un’espressione triste.
“Sai, devo confessarti che un po’ lo speravo” sussurrò prima di terminare di fare colazione e posare le mani sulle ginocchia “non voglio che tu vada via Red, la tua ferita sta guarendo e presto partirai” così dicendo si alzò in piedi e si gettò tra le sue braccia, per stringerla vigorosamente.
Red sgranò appena gli occhi e non riuscì a fare a meno di avvertire una sensazione strana all’interno del suo cuore, era così affezionata a lei da non riuscire a distaccarla da lei, quindi la accolse per stringerla allo stesso modo.
“Mia dolce Grace, una partenza comporta sempre un ritorno. Ti prometto che quando porterò a termine il mio compito, verrò a trovarti tutte le volte che vorrai vedermi” la consolò, fedele alle parole che aveva pronunciato.
La bambina sollevò appena gli occhi scuri per poter ricadere in quelli di lei e sorrise.
“Allora dovrai essere sempre in viaggio, perché io voglio vederti sempre”.
Risero entrambe di quell’affermazione, poi si alzarono per potersi dirigere verso il giaciglio su cui Red era tornata a dormire in quegli ultimi giorni e si sedettero su di esso.
“Proviamo una nuova acconciatura, così quando tornerà tuo padre sarai in perfetta forma per riappacificarti con lui” così facendo si mise all’opera.
Divise in tre parti i capelli ed iniziò ad intrecciarli con cura, quando aveva la sua età, Granny faceva lo stesso dicendole che un viso così grazioso dove avere lo spazio adatto per essere notato e con i capelli raccolti risaltavano meglio i suoi occhi furbi.
Grace le raccontò diversi aneddoti su Jefferson, ma senza accennare mai a sua madre, sembrava che non fosse intenzionata a parlarne. Molto spesso Red si era chiesta che fine avesse fatto, ma nessuno aveva mai accennato all’argomento, dunque non si era mai permessa di porre domande al riguardo. Il rapporto che vi era tra padre e figlia era assolutamente sincero, l’uno si occupava dell’altra con una tenerezza invidiabile. Red l’aveva notato sin dall’inizio e non omise mai di aver desiderato di ricevere quel medesimo aspetto. Grace in realtà l’aveva inclusa quasi da subito, Jefferson invece continuava a non volerne sapere nulla. Ma perché? Non riusciva a spiegarselo.
“Mi chiedo quali commissioni dovesse svolgere” disse la bambina prima di trarre un respiro profondo “spero che non riguardino la Regina Cattiva” le parole uscirono quasi sovrapensiero.
Red credé di aver udito male, tant’è che fermò la mano con una delle ciocche da sistemare e si sporse lievemente in avanti per cercare i suoi occhi.
“Che intendi dire?”
“Qualche tempo fa, mentre tornavamo verso casa, vi trovammo davanti la carrozza della Regina Cattiva. Papà mi disse di non entrare, così rimasi lontana in attesa del suo ritorno. Non so che cosa fosse venuta a fare, non mi ha voluto dire nulla, ma mi auguro solo che non abbia ripreso a lavorare per lei” lo aveva messo in guardia sul fatto che a lei bastava la sua semplice presenza e che non doveva tornare a svolgere commissioni per persone così malvagie come la Regina.
Red abbandonò la presa sui capelli, lasciando che le mani scivolassero in grembo, avvertendo i battiti del cuore farsi prepotenti nel petto.
“Tuo padre lavorava per la Regina Cattiva?” le domandò insistentemente.
Grace annuì, aggiungendo che però aveva lasciato il suo precedente lavoro da molto tempo, per occuparsi di lei. Ciò non equivaleva alla sicurezza di Red che in quel momento cadde completamente.
Jefferson le aveva detto di detestare Regina e che era dalla parte di Snow White e di Charming. Tutto iniziava a chiarirsi nella sua mente, tutti i dubbi che aveva avuto in quel modo riuscivano ad infrangersi.
Quel giorno che era stata attaccata da Robin Hood e che Jefferson si trovava proprio da quelle parti, era stato solo un caso? E ciò che aveva detto a Guy di Guisborne non era una bugia per proteggerlo? L’insistenza nel non farsi vedere, nel non indossare il mantello rosso fuori di casa, tutte scuse per trattenerla dal compito che doveva svolgere?
Ogni certezza crollò, ma non poteva esserne davvero sicura. Jefferson lavorava per Regina, dunque non avrebbe dovuto più incontrarla. Allora perché quella sensazione di inquietudine si faceva strada nel suo cuore?
Jefferson quella mattina all’alba era uscito per recarsi al luogo stabilito per l’incontro, un corvo messaggero si era posizionato davanti alla finestra di casa. Ali oscure, oscure parole. Soltanto Regina poteva richiedere l’attenzione su di lei in quel modo. Quando sopraggiunse al limitare della Foresta di Sherwood, incontrò la carrozza da cui discese l’allieva di Tremotino, la donna che aveva imparato le arti oscure della magia.
“Da quanto tempo, Jefferson” si avvicinò per poi arrestarsi a pochi passi da lui, allungando le labbra di lato, sorridendo alla sua maniera “mi auguro che tu abbia buone notizie per me”.
“Dipende se è ciò che vuoi sentirti dire. Ho fatto in modo che Red Hood non raggiungesse il principe Charming e al momento si trova ancora a casa mia” le comunicò incrociando le braccia al petto.
Regina coprì la distanza per fermarsi di fronte al suo viso e analizzare le tracce delle ferite che ancora non si erano chiuse del tutto, ma non era lì per informarsi della sua salute.
“Ottimo lavoro. Domani verrò a prenderla e la condurrò nella torre insieme a tutti coloro che hanno osato tentare di fermarmi” gli comunicò in un sogghigno.
Jefferson strinse le labbra con forza, aveva riflettuto a lungo sul da farsi e non poteva tornare indietro. Era piuttosto ovvio che si fosse infatuato di Red, sarebbe stato da sciocchi non ammettere una cosa simile, ma al tempo stesso doveva proteggere la sua Grace ad ogni costo. La soluzione migliore sarebbe stata il tornare indietro nel tempo e non accettare mai l’offerta di Regina, solo che ormai le cose erano andate per il verso sbagliato. Regina credé di cogliere quel nuovo particolare nell’espressione dei suoi occhi ma preferì non indagare, ciò che le serviva era stato portato a termine e presto sarebbe riuscita a sconfiggere Snow White, una volta per tutte.
“E tu manterrai la promessa che mi hai fatto?”
“Certamente, non dovrai più preoccuparti del futuro di tua figlia, potrà vivere in una condizione decisamente migliore di quella che puoi offrirgli tu al momento” sorrise per poi decidere che era giunta l’ora di congedarsi. Aveva altri impegni da portare avanti.
Quando risalì in carrozza e si allontanò, Jefferson rimase di nuovo solo, avvolto nei suoi pensieri. In un moto di rabbia finì per colpire con forza dei sassi che trovò sulla strada. Stava sacrificando la felicità di Red per la propria, l’aveva ingannata e fino all’ultimo l’avrebbe trascinata nell’oscurità. Come poteva permettersi di fare una cosa simile?
Se non avesse provato nulla per lei, se gli fosse stata completamente indifferente, non avrebbe avuto alcun senso di colpa. Invece se ne sentiva divorare da giorni e giorni. Per un attimo aveva persino pensato di liberarla, confidarle ogni cosa, ricevere tutto il suo odio ma almeno sarebbe stata libera. Ma non l’aveva fatto perché lui, in un modo o nell’altro, era tornato ad essere il Jefferson di un tempo. E Grace? Lo avrebbe compreso?
Quando fece ritorno verso casa e aprì la porta d’ingresso, ritrovò Red intenta ad intrecciare i capelli della bambina che sorrideva felice di ricevere quelle attenzioni in più. Sorrise, non vi sarebbero più stati quei momenti. Red non avrebbe più fatto parte della loro vita e una dolce quanto amara consapevolezza iniziava a risalire in lui. L’amore di un padre spesso va oltre quello della donna di cui ci si innamora e per proteggerla  farebbe qualunque cosa. Se solo avesse compreso che Grace che non aveva bisogno di nulla che già non avesse, probabilmente non sarebbe finito in quel vortice di follia.
Red alzò gli occhi su di lui, abbandonando l’acconciatura ormai completa, gli occhi erano velati di lacrime che non avrebbe fatto scendere. Sussurrò all’orecchio di Grace di andare a riappacificarsi con suo padre e lei obbedì immediatamente.





 
**


 
Storybrooke, durante il sortilegio 

Camminare al freddo gli faceva schiarire le idee, teneva le mani nelle tasche del lungo cappotto grigio, di modo da non farle addormentare. Il viso pungeva come se avesse ricevuto il contatto con mille aghi gelidi, ma non gli procurava alcun fastidio. La sua testa era da un’altra parte, i suoi pensieri vagavano lontani verso un mondo che non avrebbe mai più rivisto. Molto presto però la sua maledizione sarebbe terminata e la sofferenza sarebbe svanita, lasciandolo ricominciare dall’inizio.
Giunse di fronte ad una casa che aveva l’aria di essere abbandonata, la porta era semichiusa e alcune finestre avevano i vetri rotti, era decadente e nessuno si era mai preoccupato di farla sistemare. Infatti al suo interno non poteva che abitarvi Locksley, il nullafacente cleptomane che si guadagnava da vivere rubando per poi sfamare tutti i più miserabili di Storybrooke. Gli aveva chiesto tante e spesse volte se desiderasse un altro posto in cui vivere, lo avrebbe aiutato a risalire la scala sociale, ma Locksley non desiderava più nulla da quando sua moglie era morta. L’unica ragione di vita che continuava a conservare era la vendetta che non avrebbe mai potuto compiere verso l’uomo che più detestava al mondo.
Quando vi si ritrovò davanti si avvide che proprio all’ingresso era parcheggiata un’automobile che conosceva piuttosto bene, sullo specchietto era appeso un lupo rosso. Trasse un lungo sospiro e roteò gli occhi al cielo, non poteva capitare in un momento più sfortunato. Ma soprattutto, lei che cosa ci faceva in quel luogo? Lo avrebbe scoperto a breve. Si introdusse sulla soglia, appoggiando una spalla allo stipite della porta, per poter origliare all’interno.
“Tu conosci il motivo per cui Jefferson si comporta in modo così strano?” la voce di Ruby gli arrivò facilmente alle orecchie, l’avrebbe riconosciuta ovunque.
Ripensò a ciò che era accaduto la sera di San Valentino e avvertì una contrazione all’altezza dello stomaco.
La risata di Locksley sferzò l’aria, nonostante la tristezza dei suoi occhi, riusciva sempre ad andare oltre se stesso. Era davvero certo di volersi aizzare contro l’unica che persona che fino a quel momento gli era stato accanto?
“Sei venuta qui perché credi che ti possa dare una risposta? Non c’è un motivo per le stranezze di Jefferson, è sempre stato così, da quando lo conosco”.
Riuscì a spiare la scena all’interno del piccolo salotto che fungeva anche da ingresso, Ruby se ne stava seduta su una poltrona di pelle imbrunita dal tempo e bruciata in alcuni punti. Locksley era sistemato davanti al caminetto da cui crepitava un fuoco leggero e per nulla riscaldante, l’elettricità non era attaccata ed infatti vi erano diverse candele posizionati in punti strategici per poter vedere meglio.
“E’ proprio questo il punto, Locksley. Da quanto lo conosci?” sembrava particolarmente interessata alla sua risposta.
Gli occhi azzurri e limpidi di lui si persero per qualche istante nel crepitare del fuoco, alla ricerca di una risposta. A dire il vero non riusciva a scavare così a fondo da trovare la soluzione.
“Da qualche parte, qui” si sfiorò la testa “so che lo conosco da molto tempo, ma non ricordo esattamente come…” la voce gli mancò ma non si pose alcun problema a riguardo, forse era solo molto stanco.
Ruby sospirò e accavallò le gambe l’una sull’altra.
“E’ quello che accade anche a me, ma non solo nei suoi confronti, persino con tutti gli altri amici che ho”.
Sapeva che le sue parole avrebbero avuto effetto, Ruby era in grado di ascoltare, la sua sensibilità era rimasta e non era cambiata da quel punto di vista.
Ma non era arrivato fin lì per sentirsi soddisfatto o per origliare le loro parole, doveva prendere ciò che cercava e riportarlo a Regina. Fu il momento di intervenire, soprattutto perché il freddo lo rendeva irrequieto e l’immobilità di quella posizione lo infastidiva oltre ogni dire.
“Toc, toc” si annunciò in questo modo mentre allo stesso tempo bussava alla porta che non era stata chiusa, così facendo entrò con il suo solito modo di fare e la richiuse dietro di sé. Sfilò i guanti lentamente, alzando il mento per poterli guardare dall’alto. “Spero di non disturbare”.
Locksley tirò giù il braccio dal caminetto mentre Ruby si alzava in piedi, quasi spaventata da quel suo arrivo inaspettato. Studiò il suo viso, ricordando come la sera di San Valentino l’aveva lasciato con ferite e tumefazioni. Deglutì a vuoto chiudendosi in un abbraccio solitario, come se si sentisse improvvisamente nuda di fronte a lui che sapeva leggerla così bene in fondo al cuore.
“Jefferson” l’amico sorrise mentre gli andava incontro per potergli tendere la mano “parlavamo proprio di te”.
Ruby sfiorò le gambe vestite di  pantaloni di pelle così attillati da non lasciar spazio all’immaginazione, Jefferson fu costretto a non guardarla, come accadeva ogni volta. I suoi abiti provocanti gli facevano perdere la concentrazione e la cosa non gli piaceva per niente. Lei cercò di accennare ad un mezzo saluto ma non ricevette alcuna risposta.
“Non mi interessano le vostre conversazioni” la risposta secca non ammetteva nulla di cui non desiderasse parlare lui e spostò lo sguardo su Locksley, senza accettare la sua mano.
Lo fissò con attenzione prima di inumidirsi le labbra.
“Sono venuto qui per riprendere una cosa che non ti appartiene” gli sussurrò mentre faceva un passo avanti in segno di sfida.
Ciò che Locksley rubava non tornava mai indietro, questo lo sapeva bene. Ma aveva bisogno più di ogni altra cosa del cappello magico, avrebbe  calpestato anche i suoi amici pur di ottenerlo. Aveva superato il limite così tante volte che ormai non si rendeva conto di quanto stesse sprofondando in un abisso senza ritorno.
“Di che stai parlando?” sogghignò Locksley che fu prontamente raggiunto da Ruby, preoccupata per l’aria minacciosa che Jefferson iniziava a tirare fuori.
“Oh, sai molto bene di che si tratta. Ti sei intrufolato nella casa del sindaco e hai rubato un cappello molto particolare. Dove si trova?” gli domandò arrestandosi di fronte a lui e portando le mani ai fianchi.
“Parli di Regina” sorrise Locksley, per nulla spaventato ma anzi interessato alla questione. Aveva sempre creduto che quella donna avesse qualcosa da raccontare oltre la rabbia che mostrava ogni volta che avevano occasione di incontrarsi  “avanti, non vorrai dirmi che ti ha mandato qui per recuperarlo?”.
“Probabile” disse Jefferson roteando gli occhi al cielo, la conversazione si stava facendo sin troppo lunga, ma c’era qualcosa che desiderava sapere “dimmi una cosa Locksley, di tutte le cose che potevi trascinare via, perché proprio un cappello di discutibile importanza?”.
Ruby rimase indietro ad osservare la scena in silenzio, non aveva idea di che cosa stessero parlando e preferì non intervenire. Per quale motivo Jefferson ne era a conoscenza? Che Regina avesse davvero chiesto a lui aiuto? Le venne in mente la sera in cui aveva adocchiato lei e Gary confabulare su qualcosa che Locksley le aveva sottratto e forse ora ne sarebbe venuta a conoscenza.
“Se non fosse importante non saresti qui. Non ho avuto alcun motivo valido per sottrarglielo” scrollò le spalle “quando l’ho trovato mi sono reso conto di aver provato un senso di nostalgia a riguardo, come se avesse richiamato dei ricordi lontani. Quindi l’ho portato via con me. Ma immagino che Regina lo rivoglia indietro” sospirò portando le mani dietro la nuca.
Jefferson sgranò gli occhi di fronte a quella dichiarazione, non riusciva quasi a credere alle parole di lui. Vedendo il cappello si era scaturito qualcosa di molto simile ad un ricordo, così come in Ruby si era accesa una consapevolezza che non le era del tutto chiara. Qualcosa stava mettendo alla prova il sortilegio, forse l’arrivo di Emma Swan avrebbe davvero potuto mutare le cose. Ma se non ci fosse riuscita, lui sarebbe rimasto avvolto dalla sua maledizione e non ne poteva più di soffrire e di impazzire sempre di più. Gli occhi cerchiati dalle notti insonne si fecero più profondi, più ostili.
“Restituiscimelo” gli ordinò, voleva risolvere la questione in fretta visto che ormai era vicino alla salvezza della sua mente.
Locksley si morse a forza le labbra, Jefferson molte volte lo aveva sollevato da situazioni a dir poco piacevoli, negargli quella richiesta avrebbe significato sprofondare nell’ingratitudine. Certo, era infastidito da quel suo comportamento così perentorio, ma aveva la strana idea che vi fosse qualcosa di più importante e sotto e lui non era nessuno per impedire al fato di interrompere la strada da prendere.
“Se non ho altra scelta” disse prima di svanire in un’altra stanza per portare indietro ciò che era stato richiesto.
Nel breve momento in cui Ruby e Jefferson rimasero da soli, il silenzio calò precipitosamente. Lei lo osservava di sottecchi, ancora timorosa di far notare una presenza che era difficile da non notare. Non volevano scambiarsi alcun pensiero, visto il modo in cui si erano lasciati l’ultima volta.
Quando Locksley tornò con il cappello, un rombo fastidioso giunse alle orecchie di tutti, la porta cedette di fronte all’irruente arrivo di Gary che l’aveva smontata con la forza di un calcio.
Si girarono a guardarlo, mostrava occhi colmi di soddisfazione, il sorriso era dipinto sulle labbra mentre si faceva avanti per osservare i tre che aveva davanti.
“Ottimo lavoro Jefferson, finalmente sono riuscito a prenderlo con le mani nel sacco” disse mentre si avvicinava a Locksley tirando fuori un paio di manette.
Ruby sgranò gli occhi e si pose di fronte a lui.
“Non hai alcun diritto di arrestare una persona, quella è una competenza dello Sceriffo” cercò di proteggerlo, continuando a tenersi di fronte a lui.
“Gary?” sussurrò Jefferson, completamente stupito dal suo arrivo, non riusciva a comprendere cosa stesse accadendo.
Regina sopraggiunse poco dopo di lui, scavalcando la porta che era caduta all’ingresso, mostrandosi impettita e lieta di esser riuscita nel suo intento.
“Il Sindaco è qui per questo, Signorina Lucas, mi è concessa la possibilità di arrestare chiunque sia colto in flagrante e Gary ha la mia autorizzazione. Perciò, esegui gli ordini” gli disse.
Non se lo fece ripetere ed ammanettò Locksley senza che egli provò a tentare una fuga. Lo stupore era visibile sui volti di tutti, tanto meno Jefferson era avvolto nell’oscurità più profonda. Che valore aveva tutto ciò che stava accadendo?
“Non erano questi i patti, Regina! Non mi hai chiesto di portarti Locksley, avrei dovuto prendere il cappello e…” Jefferson cercò di non compromettere la situazione in modo più grave di quanto non fosse già, ma Regina si limitò ad ammutolirlo, scuotendo la testa.
“E cosa? Non impari mai” sorrise Regina mentre scostava una ciocca di capelli dal viso “la famiglia non va mai abbandonata e gli amici non si tradiscono”.
Gary condusse fuori di casa Locksley tenendolo per le braccia, i polsi erano stati ammanettati ma non tentava nemmeno di liberarsi. Non riusciva a credere di esser stato intrappolato in quel modo, dopo tutto quel tempo trascorso a fuggire e a rifugiarsi per rimanere libero. Voltò appena la testa verso Jefferson che cercava di riparare il guaio che aveva causato.
“Come hai potuto farmi questo?” la sua voce era grigia e rabbiosa “Proprio tu, che sai quanto io detesti quest’uomo, mi hai gettato nelle sue fauci!” iniziò a gridare per divincolarsi ma Gary lo colpì tra le scapole per calmarlo e trascinarlo all’interno della macchina.
Regina lo raggiunse in fretta mentre si riappropriava del cappello che era caduto a terra in tutto quel trambusto e seguì Gary per poter portare in prigione Locksley e terminare quella messinscena che era durata sin troppo a lungo. Jefferson uscì dalla casa fatiscente per poterli seguire, inveendo contro Regina che lo aveva ingannato ancora una volta. L’aveva usato solo per arrivare alla sua preda e toglierlo di mezzo, recuperando anche ciò che le era stato sottratto. Ruby lo inseguì e si fermò a pochi passi da lui, stringendo con forza le labbra, mentre lo osservava torturarsi.
Si passò una mano sugli occhi, sussurrando quasi senza rendersene conto: “Ogni dannata volta che mi fido di lei, finisco per perdere una parte importante di me. Sono come un puzzle a cui vengono sottratti di continuo i pezzi più importanti”.
Ruby gli appoggiò una mano sulla spalla, chinandosi verso di lui per poterlo guardare in viso.
“Piangersi addosso non servirà a niente, ti riaccompagno a casa, magari puoi parlarmi meglio dei tuoi problemi con Regina”.
Jefferson scoppiò a ridere nervosamente, lasciandosi sfiorare in quel modo che era tanto vicino al conforto che spesso lei gli aveva dato.
“Oh, credimi. Non vorresti conoscere nulla di tutto questo. Ma accetto il passaggio, devo pensare ad un modo per trarre Locksley in salvo”. 







// NdA: 

La storia prosegue! Red pare abbia scoperto un certo inganno da parte di Jefferson, cosa avrà intenzione di fare?
Invece  a Storybrooke abbiamo la cattura del più amorevole fuorilegge che conosciamo! Avendo scritto questa storia mesi fa mi sono basata su un Robin Hood diverso da quella serie, perciò anche la storia tra lui e Regina sarà diversa. 
In tutto la storia costa di 17 capitoli, quindi ci avviciniamo alla fine. 
Alla prossima! 
   
 
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