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Autore: beagle26    02/04/2014    6 recensioni
Elena: occhi sinceri, energia positiva e un’osservatrice acuta. Ha un passato complicato che ha cercato di affrontare e elaborare a modo suo.
Damon: esuberante, spiritoso, e' cresciuto all'ombra del fratello minore, più remissivo, ma in fondo non gli ha mai invidiato niente... Eccetto Elena.
Elena saprà leggere negli occhi di Damon ma avrà paura di guardarli troppo a fondo.
Damon si avvicinerà a lei, ma questo comporterà un confronto con sé stesso che forse non è pronto ad affrontare.
Due anime solitarie per motivi diversi, attratte una verso l'altra da un'intesa profonda che se da una parte li unisce, dall'altra li porta a respingersi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena, Elena/Stefan
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1 - Everything in its right place
 
 
La mia vita è stata tutta così... piena di piccoli segni che mi vengono a cercare.               
 
Non ti muovere – Margaret Mazzantini
 
 
 
Sei mesi dopo
 
 
“Che te ne pare?”
 
Cerco il riflesso di Caroline nello specchio davanti a me. Da una buona mezz’ora sto lottando contro i miei capelli per cercare di dar loro una forma un po’ più ricercata del solito, e dopo vari tentativi maldestri li ho raccolti in una specie di chignon.
Mentre aspetto un cenno di approvazione da parte della mia amica, notoriamente più esperta di me in fatto di look, soffio via alcune ciocche ribelli che sono già sfuggite all’acconciatura e mi ricadono sul viso disordinate.
Care, che se ne sta distesa da un’ora sul mio letto a contemplare il soffitto, si solleva sui gomiti per guardarmi, scuotendo i suoi bei capelli biondi con disapprovazione.
 
“Sul serio? vuoi presentarti al brunch perfetto nel giardino perfetto del tuo fidanzato perfetto con quella specie di crocchia in testa? Sembri mia nonna Lena!”
 
“Dici?” rispondo delusa, levandomi automaticamente l’elastico e lasciando che i capelli mi scivolino sulle spalle, esattamente come al solito. Andranno bene lo stesso per un brunch? Ma soprattutto, che cavolo è un brunch?
 
Caroline si solleva sbuffando dal mio letto, si piazza alle mie spalle e inizia ad armeggiare con la mia chioma con disinvoltura. La lascio fare e nel frattempo getto un’occhiata preoccupata al mio vestito blu. Trovo che sia un po’ troppo scollato, ma la mia amica non è assolutamente d’accordo con me.
 
“Finiscila di fare quella faccia Elena. Questo abito va benissimo… in fondo stai andando alla festa di laurea del tuo ragazzo, non puoi mica presentarti in jeans e t-shirt.”
 
Già. Mentre tutte le persone che conosco festeggerebbero la fine degli studi ubriacandosi fino all’incoscienza, Stefan è stato costretto dal padre a sorbirsi questa noiosissima riunione di famiglia, alla quale nemmeno uno dei suoi amici è stato invitato… eccetto io.
 
“Che ne dici di fare a cambio Care? Mi mette in imbarazzo conoscere il padre di Stefan. Da come ne parla lui sembra un tipo piuttosto rigido e altèro. E poi pare che Mr. Salvatore senior non stia nella pelle dalla voglia vedere che faccia ha la ragazza di suo figlio. Cito testuali parole.”
 
“Ha detto proprio così? In effetti non suona molto simpatico. Ma non preoccuparti, dubito che starà sempre a badare a te che gironzoli nel suo giardino. Avrà altro da fare non pensi? Guarda che capolavoro!” esclama, indicando con aria trionfale la treccia a spina di pesce che è riuscita a realizzare in pochi secondi.
Per tutta risposta torno a fissare lo specchio, che mi restituisce un’immagine troppo diversa dall’Elena acqua e sapone a cui sono abituata. Nonostante ciò afferro il mascara e inizio ad applicarlo sulle ciglia, piantonata a vista dalla sentinella bionda.
 
“Allora, cosa pensa di fare Stefan dopo la laurea?” chiede lei, tornando a sprofondare nel mio letto.
La vedo afferrare una rivista dal pavimento e iniziare a sfogliarla con aria annoiata.
 
“Inizierà subito a lavorare nella banca di suo padre come consulente.” rispondo distratta, cercando disperatamente di non far sbavare il mio trucco.
 
“Consulente?”
 
“Azioni… quella roba lì.”
 
Care mi guarda con aria interrogativa. In effetti nemmeno lei è mai stata un genio della matematica, proprio come me. Ci siamo conosciute alla Berkeley, dove si è iscritta per studiare sociologia.
In realtà non è mai stata molto interessata all’argomento, ma dato che i suoi possono permettersi di finanziarle gli studi è stata ben felice di poter posticipare il suo ingresso nel mondo del lavoro di qualche anno e godersi un po’ la vita universitaria.
Nonostante le nostre evidenti diversità, è talmente allegra e divertente che in pochissimo tempo siamo diventate inseparabili. Prima di mettermi con Stefan trascorrevo ogni momento libero con lei, ma ultimamente, complice il mio ragazzo, devo ammettere che la sto trascurando un po’.
 
Stefan invece, a differenza di noi due, è un vero genio. Per lui i numeri sono un gioco da ragazzi, esattamente come per suo padre, che ha iniziato la sua carriera nel mondo bancario da giovanissimo e che ormai da parecchi anni è direttore di un istituto di credito tra i più rinomati di San Francisco.
 
“Io non ci capisco assolutamente niente di azioni!” ammette candidamente la mia amica, tornando a sfogliare la sua rivista. “Hai visto Elena? L’estate segnerà il grande ritorno del color radiant orchid! Lo sapevo io!” aggiunge, puntando il dito sulla pagina aperta di fronte a lei.
 
“Cos’è una malattia? Comunque, nemmeno io sono molto ferrata in materia di borsa. So solo che il fidanzato numero quattro di mia madre faceva il broker. Era un pazzo isterico.”
 
Peter, così si chiamava questo tizio, era veramente inquietante. Secondo me si drogava pure per riuscire a tenere quei ritmi… fortunatamente con Miranda è durata pochi mesi. Quando si sono lasciati lei si è messa con… con… cavolo, perché non riesco a ricordare quello che è venuto dopo Peter?
 
“Speriamo che Stefan non diventi così.” continua Care, facendomi l’occhiolino.
 
“Ma figurati! È la persona più dolce che io abbia mai conosciuto.” rispondo, con un sorriso sognante.
 
“Non mi guardare con quegli occhietti a cuoricino per cortesia Elena. Piuttosto, lo vuoi un consiglio? Se vuoi fare una buona impressione su suo padre, lascia a casa quel cavolo di dolce.” ribatte lei, riferendosi alla torta di mele che ho preparato questa mattina con tanta apprensione, e che giace perfettamente impacchettata sul tavolo della cucina, pronta per accompagnarmi a casa Salvatore.
 
“Perché dici così? Mi sembrava carino portare qualcosa…”
 
“Potevi andare in pasticceria. Non è mica un pic-nic!”
 
Incrocio le braccia sotto il seno e stringo gli occhi a mo’ di fessure, rivolgendo a Care la mia espressione più irritata.
 
“Starai scherzando! La torta di mele è un’antica ricetta dei Gilbert… si tramanda di generazione in generazione e…”
 
Care spalanca gli occhioni azzurri e sbatte le ciglia, sollevando una mano nella mia direzione come per bloccare la mia arringa difensiva.
 
“Ok, ok. Come vuoi Elena, presentati pure da Stefan con il tuo capolavoro culinario. Poi non dire che non ti avevo avvertita.”
 
 
La villetta dei genitori di Stefan si trova in Powell Street, nel quartiere residenziale di Nob Hill.
Parcheggio la macchina poco più avanti dell’ingresso, per non dare nell’occhio e avere il tempo di guardarmi intorno e rilassarmi un po’.
Devo dire che è proprio una bella casa, abbastanza semplice ma molto curata, e in effetti è circondata da un giardino splendido, con l’erba perfettamente tagliata e un sacco di piante fiorite. Oggi poi è una magnifica giornata di sole, il tempo ideale per stare all’aperto.
Osservo con preoccupazione il pacco appoggiato sul sedile accanto a me, ma poi mi faccio coraggio e lo afferro, smontando dalla  macchina e dirigendomi a passo spedito verso il vialetto d’ingresso.
Appena metto piede sul ghiaino la porta di casa si apre. Vedo subito uscire Stefan e tiro un sospiro di sollievo. Mi accoglie con il suo sorriso dolce, che esercita su di me il solito effetto calmante. Cammina verso di me e ci incontriamo a metà strada.
 
“Ti ho vista arrivare. Sembri agitata Elena, tutto a posto?” chiede, lasciandomi un veloce bacio su una tempia e avvolgendomi le spalle con  un braccio.
 
“È tutto ok Stef, davvero. Sono solo un po’ nervosa all’idea di conoscere i tuoi.”
 
“Stai tranquilla, andrà tutto bene. A proposito, sei bellissima oggi.”
 
Ci incamminiamo lungo il vialetto, dirigendoci direttamente sul retro della casa, dove c’è già parecchia gente che mangia e chiacchiera tranquillamente. Per la maggior parte sono uomini e tutti piuttosto ingessati, devo dire.
A quanto ne so io Stefan non conosce quasi nessuno: ad eccezione di qualche parente, gli altri sono tutti clienti e colleghi del padre, che, come è naturale per uno che ricopre il suo ruolo, frequenta mezza San Francisco.
Questa giornata rappresenta un’ottima occasione per Stefan anche per incontrare potenziali clienti, ma lui non sembra affatto in pensiero. È calmo e disinvolto, come sempre.
Esattamente come la prima volta che ci siamo incontrati, o meglio, la prima volta che abbiamo parlato.
Dopo esserci visti di sfuggita quel giorno di pioggia di sei mesi fa, è tornato spesso a farmi visita alla stazione di servizio di Haight-Ashbury. Da lì a iniziare a uscire il passo è stato breve.
Quando ci siamo messi insieme Bonnie, la mia collega, mi ha costretta a fare i doppi turni per una settimana.
Avevamo fatto una piccola scommessa. Lei aveva capito fin da subito che Stef aveva un debole per la sottoscritta, ma io le rispondevo sempre “Figurati se uno così perde tempo dietro a una come me…”.
E invece, eccoci qua.
 
Stefan mi conduce verso un uomo di mezza età che intuisco essere il famoso Giuseppe. È più basso del figlio, ha gli occhi chiari e gelidi. Quando ci vede camminare verso di lui distoglie per un attimo l’attenzione dalla conversazione a cui sta partecipando e mi squadra da capo a piedi, impassibile.
Metto su la mia espressione più educata, quella che di solito utilizzo con i clienti rompicoglioni che sproloquiano per mezz’ora sul prezzo troppo alto della benzina.
 
“Papà ti presento Elena.”
 
“Piacere di conoscerti.” risponde l’uomo, allungando la mano verso di me. Proprio in quel momento mi rendo conto che sto ancora reggendo il mio dolce, ma con un po’ di fatica libero la mano destra e gliela porgo. La sua stretta è forte e decisa, ma lo sguardo rimane freddo e indagatore.
 
“Bene bene Stefan, devo dire ammettere che la tua ragazza è proprio deliziosa. Dimmi Elena, è vero che lavori alla stazione di servizio di Haight-Ashbury per mantenerti agli studi? Di un po’ non ti sembra un lavoro poco adatto a te?”
 
“In che senso Mr. Salvatore?” ribatto, un po’ confusa dal tono allusivo della sua domanda.
 
“Forse è un po’… pericoloso per una ragazza così giovane. Che ne pensa Grayson, tuo padre?”
 
Com’è che lo conosco da due minuti e già non lo sopporto? Forse perché ha appena nominato l’unica persona sulla faccia della terra capace di innervosirmi anche solo con il pensiero. Suo figlio deve aver preso tutto dalla madre, non c’è altra spiegazione. Nonostante tutto non voglio polemizzare più del dovuto, rischiando di mettere in imbarazzo Stefan. Respiro a fondo cercando di non far trapelare in nessun modo la mia irritazione e sforzandomi di non abbassare lo sguardo di fronte all’uomo che mi sta davanti e mi osserva divertito, quasi come se ci provasse gusto a mettermi a disagio.
 
“Vede, mio padre è convinto che il lavoro, purché dignitoso, sia ancora più importante della scuola per formare il carattere. Non ha idea di quante cose ho imparato rapportandomi tutti i giorni con la gente.” rispondo con il sorriso più cordiale che mi riesce, rubando le parole a John, l’ex compagno di mia madre, e scacciando dalla mente l’immagine di mio padre che, tutte le volte che ci incontriamo, mi fa la predica perché si sente in imbarazzo per me.
 
“Sarà…” risponde lui con sufficienza, per poi rivolgersi al figlio. “Stefan vorrei presentarti il mio amico Harold, sicuramente sarà uno dei tuoi prossimi clienti… Ci scusi un attimo Elena?”
 
“Certo, ci mancherebbe.” sorrido, cercando di mantenere un tono cortese e rassicurando Stefan con lo sguardo. “Fai con comodo, io vado a posare questa roba.” mormoro a denti stretti, ansiosa di trovare una via di fuga.
 
“La cucina è da quella parte.” sussurra Stefan, indicandomi la porta sul retro della casa per poi riportare l’attenzione sul padre, che sta sghignazzando con l’uomo incravattato e completamente calvo al suo fianco. Trovo tutta la scena insopportabile e sono ben contenta di allontanarmi per un po’, nella speranza che Giuseppe non monopolizzi suo figlio per l’intero pomeriggio.
 
Mi incammino verso la casa, cercando di non sprofondare nell’erba con i tacchi. Una volta dentro tiro un sospiro di sollievo, appoggio il pacchetto sul tavolo della cucina ingombro di vassoi pieni di cibo e mi lascio cadere su una sedia, chiudendo gli occhi e massaggiandomi le tempie.
Come inizio non c’è male, davvero. Cerco di consolarmi giurando a me stessa che un’occasione del genere non si ripeterà più, neanche se Stefan dovesse pregarmi in ginocchio.
 
“Ti sei già stancata di fare salotto con l’alta società?”
 
Per poco non faccio un colpo quando sento quella voce. Riapro gli occhi di scatto e mi imbatto nella figura di… Damon. Che diavolo ci fa qui?
Se ne sta appoggiato contro il bancone della cucina, mi osserva con la testa piegata da un lato e mi rivolge un mezzo sorriso. Possibile che non l’abbia notato quando sono entrata in cucina? Sbatto le palpebre un paio di volte e mi prendo qualche istante per studiarlo. Lui sta lì in silenzio con l’aria divertita, vestito completamente di nero come la prima volta che l’ho visto.
La prima e l’ultima, tra le altre cose, perché negli ultimi sei mesi è letteralmente scomparso dalla faccia della terra e quando ho cercato di chiedere qualche vaga spiegazione a suo fratello, ho sempre ricevuto risposte piuttosto evasive. Da quel poco che ho capito ha trascorso un periodo nella Grande Mela per lavoro, ma non so nient’altro. A dire il vero non sapevo neppure che sarebbe tornato, tantomeno avrei pensato di rivederlo proprio oggi.
Improvvisamente mi rendo conto che con ogni probabilità Damon non ha idea di chi io sia. Se escludiamo la brevissima conversazione che abbiamo avuto un secolo fa e che lui ha certamente dimenticato, non ci siamo mai più incontrati. Chissà se Stefan gli ha mai detto qualcosa di me.
 
“Sembri sorpresa. Ti ho spaventata?” mi chiede, probabilmente per via della faccia imbambolata che devo avere in questo momento. Scuoto la testa come per scacciare via tutti i pensieri che si sono affastellati nella mia mente in pochi secondi, e torno a rivolgergli la mia attenzione.
 
“No… no, scusami ero sovrappensiero. Io sono…”
 
“..Elena, la ragazza di Stefan. Vi ho visti insieme.” risponde tranquillamente. Annuisco, senza aggiungere una parola. Lui invece si avvicina a me, tendendomi la mano.
 
“Io sono Damon, il fratello di Stef.” dice, guardandomi negli occhi. Perfetto, non si ricorda. Forse è meglio così.
 
“Lo so.”
 
Adesso è lui quello sorpreso. Il sorriso scompare dal suo viso, sostituito in men che non si dica da un’espressione che mischia stupore e domande inespresse.
 
“Davvero Stefan ti ha parlato di me?” chiede,  fin troppo meravigliato.
 
“Beh, più o meno.”
 
“Che strano. Di solito non è uno che si vanta. E che ti ha detto?”
 
“Che sei stato via per un po’… per lavoro. Allora com’è New York? Non ci sono mai stata.”
 
“Ti ha raccontato che sono stato a New York? Interessante.” Sembra sempre più sbalordito e non riesco a intuirne il motivo. Lo vedo scuotere la testa soffocando una risatina nervosa, quasi come se fosse contrariato, per poi tornare a fissarmi dritto negli occhi. I suoi sono di una sfumatura indefinibile di azzurro, ancora più bella di come ricordavo.
 
“Che cos’è quello?” mi dice, indicando il pacco con la torta.
 
“Beh ho portato un dolce…”
 
“Me lo fai assaggiare?”
 
“Veramente… non sono sicura che sia buono.”
 
“Coraggio. Non vuoi il parere di un esperto?”
 
Un po’ titubante strappo la carta, mentre lui si allontana per un attimo per aprire un cassetto della cucina e prendere un coltello, con il quale taglia una bella fetta della mia torta di mele.
Dopo averne preso un boccone lo mastica per qualche secondo, rivolgendomi un’occhiata indecifrabile.
 
“Com’è?” chiedo dubbiosa.
 
Evo eere incero?” risponde, continuando a masticare. Annuisco, speranzosa mentre lui deglutisce a fatica.
 
“Fa veramente schifo Elena.”
 
La sua espressione è a metà strada fra l’ironia e il disgusto più totale. Lo guardo a bocca aperta, senza riuscire a dire niente. Caspita, Caroline aveva ragione. Eppure ho seguito la ricetta alla lettera. Damon scoppia a ridere e io, dopo un primo momento di imbarazzo, non posso fare a meno di unirmi alla sua risata.
 
“Mi dispiace… Sono proprio una frana in cucina, me lo dicono tutti ma mi ostino a voler dimostrare il contrario.” confesso, continuando a ridacchiare e rilassandomi un po’.
Per tutta risposta lui posa la fetta di dolce su un tovagliolo e mi rivolge un’occhiata penetrante, senza più traccia di ilarità.
 
“Insomma Elena, mi sembra di capire che alla fine l’hai scoperto. Quello che vuoi intendo. Ti ricordi?”
 
***
Buon pomeriggio! Sono in anticipo, che brava! In realtà questo è un periodo di fuoco e sono riuscita a scrivere questa roba ieri sera, a letto col portatile ;)
Mi scuso se si interrompe sul più bello ma rischiava di diventare un po’ un poema, e poi dai… manteniamo un po’ di alone di mistero, in fondo siamo solo al primo capitolo.
Mi dispiace anche se è un po’ noioso, ma come sapete ci vuole un po’ di tempo per introdurre i vari personaggi.
Ciuseppi è tornato, ma non avrà un ruolo particolarmente cruciale per la trama, almeno per l’idea che mi sono fatta adesso :D Insomma, tutti vivi e vegeti questa volta, anzi Elena ha una sovrabbondanza di figure paterne tra le più disparate.
Che altro aggiungere? Spero non sia stato troppo noioso e ci vediamo presto, compatibilmente con i miei impegni che in questo periodo mi stanno sfiancando. Sigh!
Grazie a chi è riuscito ad arrivare fino a qui e a tutte le persone che sono state così carine da leggere il prologo e darmi fiducia iniziando a seguire la storia.
Un bacio
Chiara
  
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