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Autore: PRINCESS SERENITY    02/04/2014    1 recensioni
Bucky si rifiuta di vedere Steve dopo essere stato deprogrammato.
SPOILER PER CHI NON HA ANCORA VISTO THE WINTER SOLDIER
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Steve Rogers
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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You got blood on your hands (and i know it's mine)



Note: solo perché domenica sono andata a vedere Captain America – The Winter Soldier e ho un sacco di Steve/Bucky feels, non ho saputo resistere a tradurre una One!Shot su di loro. Enjoy! :D questo è il link alla fic originale https://archiveofourown.org/works/1394032


 

Poi ditemi che ne pensate del film ;)


 

“Non vuole vederti” dice Natasha bruscamente, lasciando senza molte cerimonia, da primo visitatore richiesto dalla loro fonte di informazioni, la cella di contenimento dove è tenuto il Soldato d'Inverno. Steve sente affondare lo stomaco fino ai piedi.


 

“Ha detto perché?” chiede Steve. “E' vivo, Steve, e sa chi è. Non c'è nient'altro che puoi chiedergli.”


 

“Non sto chiedendo nulla” grugnisce Steve. “Voglio solo vederlo. Parlargli.”


 

Natasha lo fissa per un lungo momento e Steve si sente assolutamente trafitto: come se lei avesse guardato dentro di lui e non fosse molto soddisfatta. Sposta il perso da destra a sinistra, come se si preparasse a girarsi e schivare. “Non capisci” dice lei, tranquilla. “Non sai cosa significhi, Steve. Quando ti rendono ciò che sei, prendono tutto quello che eri e lo ingigantiscono. Tu eri buono, buono dentro, e ti hanno reso grandioso. Per James e me...” Natasha fa una pausa. “Per noi noi è così. Non eravamo puliti all'inizio. E ci hanno reso ancora più sporchi.”


 

“Natasha” mormora Steve teneramente.


 

“Siamo tutti armi create dall'uomo” dice Natasha semplicemente. “Qualcuno altro ci puntava verso un obiettivo e poi scioglieva il guinzaglio. Quello che è importante adesso è che James ha una possibilità di fare progetti per se stesso. Non ha avuto autonomia per decenni.”


 

“Quindi quando dice che non vuole vedermi...” comincia Steve.


 

“Sta facendo la sua prima scelta dopo anni” finisce Natasha. “Quindi perdonami se lo assecondo.”


 

– – – –


 

Steve doppia Sam per la settima volta alla fine della loro corsa mattutina.


 

“Quindi, non ne parleremo affatto?” tira fuori Sam, correndo verso il marciapiede. Il cuore di Steve sta galoppando – – una maratona gli farebbe lo stesso effetto – – e invece di rispondere, si volta a guardare il fiume Hudson. Dopo aver battuto il Soldato d'Inverno, aveva deciso che tornare a Brooklyn fosse doveroso, e Sam lo aveva seguito.


 

“E' passato un mese. Credo che il silenzio radio di Natasha sia un messaggio abbastanza chiaro.” Steve alza le spalle. “Non vuole vedermi e io non voglio forzare le cose. Onestamente, il solo sapere che è vivo e sta bene è abbastanza per me.”


 

“Bè, è vivo” puntualizza Sam, “non hai alcuna idea se stia bene. Perché il tuo unico amico, che è tornato dal regno dei morti, non vuole vederti.”


 

“Hey – – noi siamo amici.” Steve sorride, buttandosi su una panchina. Sam lo segue (Steve ha la sensazione che lui facesse la prima mossa per sedersi, così da essere in dovere).


 

“Sono la tua ala destra più bella, per intenderci, cazzo.” Sam sospira, il fiato ancora pesante nel petto. “Cosa farai a riguardo, Steve?”


 

“Niente, credo” dice lui. “Aspetterò.”


 

“Aspetterai cosa?” chiede Sam.


 

“Lui.” Steve sospira.


 

“Hai un profondo senso di fedeltà, Rogers” gli dice Sam, balzando dalla panchina. “Tipo, fedeltà stile Ryan Gosling da “Le pagine della nostra vita”. È triste.”


 

“Tu...sei triste” lo contraddice Steve, desiderando di avere una risposta migliore.


 

Sam alza un sopracciglio. “Ho un secondo appuntamento con la più bella assassina russa che conosciamo. Fidati se ti dico che non sono triste.”


 

– – – –


 

Bucky viene rilasciato dopo tre mesi di supervisione e deprogrammazione. Natasha manda un messaggio a Steve riguardo il trasferimento di Bucky nel suo nuovo appartamento. Steve immaginava sarebbe andato tutto diversamente.


 

– – – –


 

“Cos'hai in programma?” chiede Natasha a Steve, dopo il suo undicesimo shot.


 

Steve abbassa il suo bicchiere e alza le spalle innocentemente. “Niente. Sto solo prendendo un drink con un'amica.”


 

“Drink che il tuo metabolismo inghiottirà come se fosse acqua. Sono russa, ma non sono...” Natasha indica...tutto Steve.


 

Steve sbatte gli occhi innocentemente e spera che la reputazione da boy scout lo salvi da questa situazione. Lo aiuta il fatto che quando Natasha sta per sparare altre motivazioni è a tre quarti di una bottiglia che ha fatto 'lasciare' sul bancone al barista. Steve le prende il cellulare dalla tasca e scappa fingendo di aver bisogno del bagno.


 

Steve scorre tra i contatti – – nessuna traccia. Legge una conversazione recente nella casella messaggi che potrebbe essere con Bucky, ma non c'è nessun nome al contatto. Steve rischia e chiama.


 

“La bevuta con Steve è andata così male?” chiede Bucky dall'altra parte della linea, un sorriso nella sua voce e un principio di risata nelle sue parole. Steve può sentire il proprio sangue pompare nelle orecchie.


 

“Bucky?” chiede dolcemente.


 

La comunicazione viene interrotta.


 

Steve richiama.


 

“Natasha sta giacendo in un fossato da qualche parte? Perché questo è l'unico motivo per cui tu possa avere il suo cellulare” sibila Bucky attraverso la linea il secondo in cui risponde di nuovo. C'è della rabbia che Steve non si aspettava e viene zittito dallo shock. Nello stesso momento, Natasha irrompe dalla porta del bagno degli uomini (porta che Steve aveva barricato).


 

“Steve Rogers” dice Natasha tranquillamente, il tono mortale come una vipera. “Esci da qui, adesso.”


 

“Lascia che ti veda” prega Steve attraverso il cellulare.


 

“No” dice freddo Bucky. La sua voce è come ghiaccio e Steve rabbrividisce. “E smetti di chiederlo.”


 

Steve ridà il cellulare a Natasha, che ha un'espressione avvelenata.


 

“Se farai di nuovo una cosa del genere...” comincia Natasha.


 

“Mi ucciderai, lo so” sospira Steve. Gli occhi di Natasha si assottigliano.


 

“No, Steve” dice tranquilla, “ma non sentirai mai più una parola su James Barnes. Come sta. Cosa fa. Degli amici che si è fatto. Della ragazza che ha baciato nel parco dove va a correre. Hai capito?” Natasha lo spinge contro il muro. “Sono la tua informatrice. Sono la tua spia, maledizione. Non sprecarmi per cazzate del genere.”


 

– – – –


 

Natasha non parla con Steve per qualche settimana – – tutto quello che riceve da Sam è uno spassionato “Hai fatto una cazzata, amico.”


 

“Sì, lo so” sospira Steve. “Però dovevo provare.”

Si getta nel lavoro: partecipa ad un paio di missioni speciali per conto di Fury; esce dagli Stati Uniti. All'estero, non deve pensare a Bucky o a Natasha o all'essere Captain America; quando è all'estero, c'è la missione, e nient'altro. È stranamente un'esistenza invidiabile, lasciare che Fury lo metta in una squadra tattica e di assalto. È la routine. È facile. Ma quando Steve è stanco della strada facile, richiede di andarsene. Il Soldato d'Inverno non ha mai avuto questa opzione. Fury gli chiede di fare un'ultima cosa prima del suo auto-imposto anno sabato (finché l'AIM non cerca di far esplodere di nuovo Washington, o Dr. Destino combina qualcosa con la sua macchina per il terremoto nella Costa Occidentale).

È un grosso favore, ed è un favore che spedisce Steve in terapia intensiva.


 

– – – –


 

Steve apre gli occhi su Bucky.


 

“Cosa...” comincia Steve. Bucky lo guarda dal lato del letto d'ospedale.


 

“Bene, sei sveglio” dice, conciso. Si alza per andarsene.


 

“Perché” prova Steve, ma la sua bocca è asciutta e le sue corde vocali non sembrano voler emettere suono. “Perché sei qui?”


 

“Io...” comincia Bucky, ma poi si ferma. “Cazzo, non lo so. Ci vediamo, Steve. Anzi, no, in realtà.”


 

Steve chiude gli occhi. “Ti prego resta.”


 

Sente i passi degli stivali di Bucky sul pavimento di amianto e sopprime il suono che vorrebbe emettere quando avverte la mano di Bucky scorrere sulla sua fronte. È la mano di metallo, ed è fredda a tocco, ma Steve cerca di non reagire e men che meno far credere a Bucky che provi repulsione. Il che non è vero. È lontano dalla repulsione.


 

“Non è così semplice” dice Bucky dolcemente. “Non ti ho ancora perdonato.”


 

“Cosa?” chiede Steve, scioccato. Apre gli occhi su una stanza vuota. “Cosa?” ripete.


 

– – – –


 

Sam porge un pezzo di carta a Steve all'inzio della loro corsa. C'è un indirizzo sopra. “Non ringraziarmi” dice Sam franco. “Mi sento già abbastanza una merda per tradire la sua fiducia. Ma voi due avete bisogno di chiarirvi faccia a faccia.”


 

“Ci hai parlato?” chiede Steve, memorizzando l'indirizzo e mettendo il pezzo di carta in tasca.


 

“E' alquanto solitario.” Sam alza le spalle. “Aveva bisogno di un po' di tempo lontano da Natasha. Io ho fatto del mio meglio, ma...non lo conosco bene. Non come lo conoscevi tu. Non come lo conosce lei.”


 

– – – –


 

“Sapevo che Sam avrebbe ceduto” sospira Bucky. “Speravo di no, ma. Immagino che andrò in questo modo.”


 

“Posso entrare?” chiede Steve.


 

“Se dico di no, te ne andrai?” Bucky lo squadra, ed è un'occhiata che pietrifica Steve all'interno.


 

L'appartamento di Bucky è, per mancanza di parole migliori, vuoto. È uno spazio impersonale, non riflette per niente l'uomo arrogante che era Bucky Barnes prima della guerra, il soldato coraggioso e premuroso che era durante la guerra, e bé, Steve non è esattamente sicuro sicuro cosa sia Bucky Burnes dopo la guerra, dopo molte guerre. Ma spera di scoprirlo.


 

“Hai detto che non mi hai perdonato...” prova Steve.


 

“Vuoi qualcosa da bere?” lo interrompe Bucky.


 

“Sto bene così” dice Steve debolmente.


 

“Ho fatto del caffè” dice Bucky, e riempie due tazze. Porgendogliene una, Bucky si sporge contro il bancone, e Steve si prende un momento per esaminare bene il braccio di metallo. Non l'hai mai guardato veramente durante l'attacco iniziale del Soldato d'Inverno a Washington – – era più un'operazione colpisci prima, guarda dopo.


 

“Hai cambiato la stella” fa notare Steve.


 

“Osservatore” dice Bucky tranquillamente. “Sì, avevo bisogno di cambiare. Rosso è un po' comunista, sai. È quello che dicono.”


 

“Mi dispiace” dice Steve solennemente. “Per qualsiasi cosa abbia fatto. Sono scuse serie.”


 

Bucky socchiude gli occhi. “Oh?” chiede derisorio. In un secondo, c'è un coltello nella sua mano.


 

“Bucky...” dice Steve spalancando gli occhi. Alza le braccia per difendersi, ma poi Bucky mette il coltello nella sua mano e guida la lama al suo stesso collo. Il caffè di Steve cade a terra versandosi e la tazza di ceramica si rompe contro il legno duro, ma nessunodei due uomini interrompe il contatto visivo.


 

“Fallo, allora” ringhia Bucky. “E ti perdonerò, cazzo.”


 

“Cosa?” chiede Steve. Sono così vicini che potrebbe avvicinarsi e baciarlo. Una parte di lui vuole, ma è soprattutto titubante per la paura. “Bucky. No.”


 

“Avresti dovuto farmi fuori, Cap” urla Bucky. “Ti ho implorato, cazzo. Sono un pericolo per me e per gli altri. L'unica ragione per cui ancora non l'ho fatto è perché uno dei loro telepati ha messo una cosa anti-suicidio che fotte la mente nella mia testa. Non posso saltare da un palazzo, non posso nemmeno puntarmi una pistola contro. Ma tu potresti farlo. Metti la parola fine alla mia infelicità. Potresti farlo, Steve, e andrebbe bene. Pulito. Giusto.” Bucky si spinge contro il coltello, ed è così affilato che gli fa uscire del sangue. “Ti prego.”


 

“No” sibila Steve, scansando Bucky e rimando lì in piedi, senza parole. “Che cazzo, Bucky.”


 

“Mi odio, Steve” dice Bucky a bassa voce, togliendosi il sangue dal collo. “Ho ucciso così tante persone. Ho ucciso donne indifese. Anche bambini. Ero io, Steve.”


 

“Era il Soldato d'Inverno” dice Steve amaramente. “Ti hanno fatto il lavaggio del cervello.”


 

“Ma ricordo tutto” dice Bucky quasi urlando. “Ricordo che mi è piaciuto; la fretta di completare la missione. Uccidere persone.”


 

“Non avevi il controllo” mormora Steve.


 

“Non posso vivere così, Steve” dice Bucky, ora ha gli occhi rossi, e la voce gli si spezza.


 

“Bé, io non posso vivere senza di te” urla Steve, arrabbiato.


 

“Cazzate. E, merda, è quello che stai facendo da quando ti sei svegliato” controbatte Bucky.


 

“Forse sono egoista” prova Steve, esasperato. “Perché non ti ucciderò, Buck. Non potrei mai farlo.” Steve improvvisamente si sente molto vecchio. “Tutti quello che ho amato prima della guerra sono tutti morti” aggiunge tranquillo. “Eccetto te.”


 

“Steve” grugnisce Bucky. “Tu ed io sappiamo che questo per me non è vivere.”


 

“La maggior parte della mia vita mi sono sbattuto per il bene superiore” continua Steve, come se Bucky non lo avesse mai interrotto. “Servi il tuo paese. Indossa il costume. Tieni il morale alto. Getta nel ghiaccio l'aereo. Sii un Avenger, cazzo.” Guarda verso Bucky, il quale si è lasciato scivolare per sedersi sul pavimento. “Quindi mi dispiace di essere stato egoista con te. Credo dovesse succedere in qualche modo. Non ci ho potuto fare niente.”


 

Steve fa un passo e si siede accanto a Bucky. Non lo guarda. Non crede di riuscirci.


 

Si vergogna.


 

“Credo che salvarto sia stata la cosa più egoistica che abbia mai fatto.”


 

Bucky tiene il coltello nella luce mattutina della cucina. Ha ancora il suo sangue sopra, che bagna la punta, e cola unendosi a qualcosa di marrone che Steve reputa essere dello sporco.


 

“Hill aveva detto che non c'era rimasto nulla di te, che il vero Bucky era morto molto tempo fa in un abisso di ghiaccio e acqua. Che il guscio che portava la tua faccia era solo una finzione. Sai, forse aveva ragione. C'è la possibilità che il Bucky del mio passato avrebbe preferito essere fatto fuori.”


 

“Sì” sussurra Bucky, premendo di nuovo il coltello della mano di Steve. “Sì, ti prego. Ti prego, Steve.”


 

“Potresti smetterla di porgermi questo coso?” sospira Steve, lanciando il coltello per la stanza seppellendolo tra le mura dell'appartamento di Bucky. “Cazzo.”


 

“Valeva la pena provare” dice Bucky, l'ombra di un sorriso sul suo viso.


 

“Non ti ho salvato per te, Buck. Ti ho salvato per me” continua Steve. “Non potevo lasciarti andare, non ancora. Mi dispiace. E mi dispiace di non essere dispiaciuto di sedere qui con te, imperfetto e tutto.”


 

“Imperfetto e tutto” sospira Bucky. “Dio. Sei incredibile.”


 

– – – –


 

Bucky scrive il suo numero nel cellulare di Steve prima che se ne vada.


 

“Ti chiamo” dice tranquillamente.


 

“No, non lo farai” sospira Steve.


 

“Già, probabilmente non lo farò.” Bucky sorride, ed è come se si sia tolto un peso dalle spalle, un peso che è stato lì da quando Steve lo ha costretto a ricordare la sua vita passata da Casanove di Brooklyn con storie di guerra da raccontare.


 

“Teppista” dice Steve, sentendosi vuoto.


 

“Stronzo” risponde Bucky, automaticamente.


 

Steve ha fatto pochi passi giù per il portico, quando Bucky aggiunge “Credo di aver vissuto troppo a lungo. Forse un giorno, quando mi sentirò meritevole di vivere, ti perdonerò. Ma non è questo il giorno, nemmeno domani, né un futuro prossimo.” Steve guarda Bucky da sopra la spalla e il suo cuore si rompe. “Sai cosa avrei voluto. Lo sapevi.”


 

“Ti volevo indietro” dice Steve, e sa che questo è vero. C'è differenza tra volere e avere bisogno: cibo, acqua, un riparo. Questi sono bisogni. Bucky è sempre stato voluto. Ma volere e avere bisogno? Possono essere difficili da distinguere.


 

“Aspetta” dice Bucky, guardando la strada completamente vuota intorno a loro. Scende lungo il portico e rimane fermo un momento di fronte a Steve.

Steve non sa cosa farà Bucky, e sembra che per un bel po' neanche Buky lo sappia finché non lo prende tra le braccia e lo tiene stretto.


 

Bucky è il fantasma più caldo che abbia mai toccato, e Steve si aggrappa più stretto a lui nella luce mattutina di New York City. Quando Bucky porta la sua bocca sulla guancia di Steve, sembra naturale. È giusto. Le sue labbra trovano quelle di Steve, ma non si baciano – – semplicemente rimangono fermi e si sfiorano per quella che sembra un'eternità. Bucky odora di caffè e Steve passa un dito sul marchio del coltello sul suo collo. Questo fa smettere Bukcy di respirare e Steve fa finta di non avere il cuore in gola. Non si dicono addio, Steve per paura che le sue parole non escano come parole ma come un singolo singulto, e Bucky perché è andato via prima che Steve possa sbattere le palpebre.


 

– – – –


 

Sono passati sei mesi dal giorno in cui hanno battuto il Soldato d'Inverno quando Bucky si presenta alla porta di Steve con una sacca e un sorriso. Una settimana da quando l'ultimo messaggio di Steve a Bucky era stato ignorato.


 

“Sei umano” sospira Bucky. “Abbiamo tutti dei desideri. Siamo tutti egoisti. Nessuna divisa con la bandiera americana può nasconderlo a me. Al tuo migliore amico.”


 

“Mi dispiace” dice Steve, intendendo quello e molto altro: intendendo mi dispiace che ti amo mi dispiace di essere fottutamente solo.


 

“Lo so.” Bucky sorrise, prendendo la sua mano. “Mi dispiace di essere stato uno stronzo al riguardo.” Fa cadere il suo cappotto sullo zerbino di Steve. “E, ehm, grazie per non avermi ucciso. Entrambe le volte.”


 

“Quando vuoi” dice Steve deciso, le mano un po' rigide. Bucky lascia andare la sua borsa e lo afferra dall'asola della cintura. Lento ed intimo, in un modo che riempie il cuore di Steve.


 

“Ok?” chiede Bucky, e Steve annuisce. E quando si baciano, tutte le parole che non possono dire passano da una bocca all'altra; ogni brutale mi sei mancato che hanno pensato nel corso degli anni, ogni pensiero che hanno avuto sulla solitudine si scioglie in un'espressione di affetto. È un abbraccio che li prende entrambi, che lascia segni sulle labbra e sul collo, quasi fossero ancora in guerra. Steve è cosciente che forse saranno sempre un po' bizzarri. È un sacrificio che compierebbe sempre, e con le labbra di Bucky sul suo collo, tutto quello che riesce a pensare è sei una persona maledettamente egoista, Rogers. Volerlo in questo modo. Volere tutto da lui.


 

Alla fine, tutti abbiamo i propri difetti.

  
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