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Autore: OfeliaMontgomery    02/04/2014    1 recensioni
Il mio nome è Tiffany Rose e il giorno di Halloween ho perso tutti. Ho perso una madre dolce e apprensiva, una piccola sorellina giocherellona che amavo tanto e un padre protettivo che sarebbe andato contro tutti e tutto pur di proteggermi. I miei amici, Lola dolce e ingenua e Ryan forte e sempre con la battuta pronta. Se stavi male cercava in ogni modo di tirarti su di morale. E ora non ci sono più, sono tutti morti. Sono rimasta sola con l’altra mia sorella minore, l’unica che sono riuscita a salvare in quel maledetto giorno.
Quel giorno che tutti avevamo atteso con ansia si è trasformato in una carneficina vera e propria. I mostri camminavano in mezzo a noi. Quella notte i morti viventi, quegli zombie hanno attaccato ogni forma di vita distruggendola. Si sono nutriti di persone innocenti. Hanno infettato con il loro morso molte persone, trasformandole in zombie. E hanno ucciso, mangiato, squartato tutti, compresa la mia famiglia e i miei amici.
Nessuno sa il motivo di questa invasione, nessuno sa da dove sia potuto iniziare il virus. Per adesso l’unica mia preoccupazione è portare al sicuro mia sorella Alice. Il più lontano possibile dalla città.
Genere: Dark, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Avevamo fatto dolcetto o scherzetto in quasi tutte le case del nostro quartiere. Ne mancava solamente una, ma un urlo agghiacciante squarciò l’aria festosa di quel giorno. Una donna con le mani e i vestiti insanguinati correva dalla nostra parte. Moltissima gente iniziò a correre via spaventata. Io restai a guardare nascondendo Alice dietro di me. Dietro alla donna apparvero due uomini dalla camminata lenta e goffa. Li guardai meglio e notai che erano ricoperti di sangue. Più si avvicinavo e più si notava la putrefazione della loro carne. Erano schifosi e dannatamente spaventosi. Pezzi del loro corpo cadevano a terra facendo un rumore sordo. Erano zombie, dei dannati non morti. Era uno scherzo vero? Cioè era tutta scena della città vero? No perché facevano davvero paura.
Uno zombie si avvicinò ad una donna che stava uscendo di casa e le morse un braccio fino a staccarglielo. La donna urlava dal dolore mentre anche gli altri due zombie si avvicinarono per poi mangiarsela anche loro. C’era sangue ovunque. Sembrava di essere in un film dell’orrore. Peccato che era la realtà.
Presi Alice da un braccio e la trascinai via da lì. Mi guardai in giro in cerca di qualcosa. Trovai una macchina con lo sportello aperto. Non c’era traccia del guidatore o di un possibile passeggero. In quel momento non mi importava di chi fosse la macchina, il mio unico pensiero ero di proteggere Alice.
– Alice vieni. Muoviti – dissi spaventata correndo verso la macchina. La prima cosa che feci, fu guardare dentro alla macchina in caso uno di quei mostri si trovava lì.
– Tiffany stanno arrivando – strillò Alice entrando in macchina.
Mi guardai in dietro e notai gli zombie moltiplicarsi ed avvicinarsi sempre di più alle persone. Ero terrorizzata. Non mi ero mai sentita così. Il cuore sembrava pronto ad uscirmi dal petto. Il mio respiro si era accelerato. Stavo andando nel panico.
Cercai di tornare in me e dando una manata alla portiera della macchina, entrai facendola partire. Sgommai così forte che come mimino avevo lasciato un bel segno sulla carreggiata. Non che me ne importava in quel momento.
Mi feci spazio fra le persone suonando il clacson. Non volevo uccidere nessuno, ma dovevo arrivare il prima possibile a casa.
– Alice ti prego chiama la mamma – dissi sconvolta e preoccupata guardando attentamente la strada in caso spuntassero quei così fuori dai boschi.
Alice agitata e spaventata prese il cellulare dalla tasca del mio vestito e digitò il numero dei nostri genitori. Li chiamò. Nessuna risposta, cinque, sei, sette, otto….dodici squilli e niente. Il telefono di casa squillava a vuoto. Dove diamine era? Era successo qualcosa a casa? Mamma, papà e Lottie? E I miei migliori amici? Dov’erano tutti?
Alice iniziò a piangere, piangeva come una fontana, aveva già gli occhi rossi e respirava a fatica. Il labbro inferiore iniziò a tremarle. Tremava tutta. Era terrorizzata e non sapevo cosa fare.
– Ali, ti prego calmati. Mi fai stare male se fai così – disse staccando dal volante una mano per accarezzarle una guancia bagnata dalle lacrime.
Lei tremò ancora e si rannicchiò su se stessa, appoggiandosi contro lo schienale del sedile.
– Dove sono la mamma, il papà e Lottie? Sono stati mangiati come quella donna? Chi erano quei mostri? Erano zombie? – Alice mi tempestò di domande tirando su con il naso ogni tanto.
Lo faceva sempre quando era agitata. Ti tempestava di domande. Invece quando doveva venir interrogata a scuola, faceva scena muta oppure balbettava frasi senza senso per poi tornare al banco con una bella F.
– Non lo so. Alice non lo so. Non so più niente – dissi senza parole. Non potevano essere morti. Non dovevano essere morti.
Per tutto il tragitto Alice se ne stette zitta e ogni tanto faceva qualche domanda. Ma quando vedeva che non le rispondevo, anche perché non sapevo cosa risponderle, smetteva e non chiedeva più. Alla radio trasmisero la notizia ‘Un virus ha trasformato metà della popolazione in zombie. Non sappiamo da dove sia cominciata e perché. Se mi state ascoltando e non siete infetti, venite in Louisiana a New Orleans. Lì abbiamo cibo, abiti puliti e cure. Ripeto se non siete infette ci troveremo a New Orleans al centro di protezione.’ Ascoltai la notizia con il batticuore. Era mondiale. Il virus stava trasformando la popolazione in zombie. Guardai Alice mentre guardava fuori dal finestrino. Non potevo, dovevo portarla via da qui. Dovevo proteggerla. Dovevo portala a New Orleans.
Eravamo quasi arrivate. Mancava pochi minuti e finalmente saremmo tornate a casa. Notai che una macchina era incendiata e che a terra c’erano dei corpi. Uno si mosse e con scatti quasi robotici si alzò in piedi. Era Taylor Erickson, la figlia dei nostri vicini. Abitavano di fronte a noi. A Taylor mancava un braccio, aveva la faccia piena di sangue e zoppicando si avvicinò ad un cadavere per mangiare quello che ne era rimasto del corpo. Quasi mi venne il voltastomaco.
Senza neanche fermarmi accelerai e la presi in pieno. Taylor balzò in aria poi cadde ad un lato della strada ed iniziò a strisciare. In quel momento aveva una gamba rotta, era senza un braccio e si tirava avanti solamente con l’unico arto superiore che le era rimasto. Non sentiva dolore. Non sentiva niente.
– Tiffany non ti fermare, vai – strillò Alice tirandomi un braccio. Feci quello che mi disse, non mi fermai. Continuai per la mia strada fermandomi solamente quando fummo arrivati davanti alla nostra casa.
Scesi per prima poi aiutai Alice e tenendola per mano entrammo in casa. Le luci erano spente. Non c’era alcun rumore. Andai in cucina e cercando di fare il minor rumore possibile presi un coltello da cucina. Quello che nostra madre usava per cucinare il buon cibo che faceva per noi.
Tenendo Alice stretta a me, uscimmo dal retro, dove c’era il nostro piccolo giardino e la piscina. Trovammo Margaret intenta a cenare con i corpi dei nostri genitori ormai morti. La donna alzò lo sguardo e mi fissò negli occhi. Erano completamente bianchi. Si incamminò con passo lento verso di noi. Alice tremò dietro alle mie spalle. Io senza neanche pensarci corsi verso la ormai zombie e le conficcai il coltello nella testa. Tirando forte il coltello riuscì a liberarlo dal cranio di Margaret che cadde a terra, questa volta morta davvero. Corsi dai miei genitori. Erano morti, non respiravano più. Ad un tratto mia madre si svegliò. Gli occhi erano bianchi e aveva metà del corpo mangiato. Emise un lamento sconnesso, allungando una mano verso di me. Chiusi gli occhi e senza guardare conficcai nel cranio di mia madre il coltello, uccidendola per la seconda volta. Feci lo stesso con mio padre che ancora non si era svegliato. Era per prevenire il suo risveglio in versione zombie.
Ero ricoperta del loro sangue. Il mio vestito di Alice completamente zuppo di sangue. Anche il mio viso era sporco di schizzi di sangue di Margaret. Mi veniva da vomitare. Il mio stomaco era sotto sopra. Mi spostai da lì e quando girai la testa verso Alice notai che tremava e piangeva. Corsi verso di lei e prendendola per mano, entrammo in casa. Controllai che non ci fosse nessuno zombie. Quando lo ebbi constatato, presi fra le mani il viso di Alice ricoperto di lacrime e le parlai – Alice…piccola, ascoltami bene, okay? – mia sorella annuì tirando su con il naso – Prendi qualche vestito. Io intanto prende del cibo. Ce ne andiamo via da qui –. L’avrei portata a New Orleans, almeno lì saremmo state al sicuro.
Alice annuì correndo su per le scale. Io la seguii poco dopo. Presi il borsone che usavo per palestra e tornando in cucina, lo riempii di cibo. Non so quanto ci avremmo messo per arrivare in New Orleans. Era sempre meglio essere pronte in caso ci saremmo dovute fermare da qualche parte.
Alice riapparse sulle scale poco dopo. Fece rotolare giù dalle scale il borsone perché pesava troppo e poi scese anche lei. La guardai ed annuii, pronta ad andarmene da lì. Presi i due borsoni e tenendo per mano Alice uscimmo di casa. Alice staccò la sua mano dalla mia e corse velocemente in macchina. Mi guardai in giro mentre mi avvicinavo alla macchina poi buttando i borsoni sui sedili posteriori, salii in macchina.
Notai in lontananza altri zombie che si stavano avvicinando. Guardando meglio notai che due di quegli zombie erano i miei migliori amici. Con un groppo in gola feci partire la macchina e sgommando a tutto gas, mi lasciai indietro la mia casa e i miei migliori amici - o almeno quello che ne rimaneva, ormai erano zombie – e dissi addio alla mia vita di prima.
Ci lasciammo indietro Allentown quando ci dirigemmo con la macchina verso ovest da Tilghman St e andammo verso la N 14th St.
Addio mamma, addio papà. Addio Lola e addio Ryan. Mi mancherete tantissimo.

 
  
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