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Autore: __iriis    02/04/2014    1 recensioni
Sono ormai al quarto capitolo, quando ad un tratto sento qualcuno sedersi accanto a me e poggiarsi contro il mio stesso albero.
Chiudo il libro, segnando la pagina con una piccola orecchietta, poi lo guardo. Si tiene i capelli scuri in una mano, tirandoli leggermente. Ha gli occhi chiusi, serrati, la mascella contratta.
«Tutto okay?» azzardo, continuando a guardarlo. Ha davvero l'aria di chi nella vita ne ha passate di cotte e di crude.
«Ti sembra tutto okay?» controbatte lui, quasi rudemente. Mi tiro indietro, stringendo il libro al petto. «Scusa, non volevo essere scortese.» dice subito, aprendo finalmente gli occhi e dandomi l’occasione di potermici perdere completamente.
«Nessun problema.» distolgo lo sguardo, abbassandolo sulle mie gambe distese sull’erba. L’occhio mi cade istintivamente sulle sue mani, tanto da poter vedere le bende circondargli i polsi. Rabbrividisco.

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One Shot ispirata alla fanfiction 'Mala Sangre' di Lilac.
Hope you enjoy it.
Genere: Drammatico, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Giorno 25.
Sono passati esattamente 25 giorni da quando i miei genitori mi hanno spedita in riabilitazione presso questa clinica situata nel bel mezzo della campagna inglese. Da allora li sento solo per telefono, e raramente passano a farmi visita. I medici mi hanno vietato di vedere persone almeno per il primo mese. Non sono ancora sicuri di cosa soffra precisamente, ma una cosa l’ho capita; fuori di qui il mondo è davvero un inferno. La pace che mi circonda, tutte le cure e le attenzioni che mi danno mi fanno sentire un po’ più speciale di quando ero la semplice e sfigata Joanne; quella che tutti odiavano senza un motivo, la stessa che è qui perché non è riuscita a sconfiggere da sola quel dolore che giorno dopo giorno si intensificava sempre di più. Jo, io, che non ho saputo frenare le mie mani tremanti che ogni volta hanno tagliato e torturato la pelle candida e delicata. Io non sono stata forte, non ce l’ho fatta. Forse non lo sono mai stata e se adesso sono qui, distesa su un semplice letto spoglio e dai colori freddi, è solo colpa mia.
«Jo, il pranzo è pronto.» Qui non dividiamo le camere, ognuno ha la propria, ma ogni volta questa dolce ragazza dai capelli rasati passa ad avvisarmi del pranzo e talvolta anche della cena.
Le rivolgo un sorriso e le dico che tra cinque minuti la raggiungo. Sono tre giorni che mi hanno lasciata ‘libera’. Prima avevo chi mi stava accanto ogni singolo attimo della giornata per paura che potessi cadere in tentazione. La verità è che anche adesso la tentazione è forte più che mai, ma io non demordo. Qualcuno ha riposto fiducia in me ed io ci sto mettendo davvero tutta me stessa per non dare delusioni a nessuno.
Non posso però trattenermi a lungo e sono costretta perciò ad andare in contro al mio nemico più temuto: il cibo. Durante questo periodo ho scoperto dell’esistenza di alcuni cibi di cui non ne ero a conoscenza prima. Mi piacciono molto le verdure ed il fatto che non facciano ingrassare mi piace ancor di più.
All’età di nove anni ho iniziato a manifestare i primi disturbi alimentari, ma mia madre non vi prestava molta attenzione. Per lei erano semplici capricci.
Solo quando i segni rossi sui polsi iniziarono a diventare più evidenti le cose peggiorarono.
Io passavo le giornate fuori casa e quando rientravo occupavo il bagno per la maggior parte del tempo. Sentivo mamma e papà urlarsi cose orribili riguardanti la mia situazione, poi dopo un po’ sono arrivate le carte per il divorzio e da allora si parlano a stento. Mi hanno scortata alla Marilyn Priory e hanno battuto il loro record, conversando per cinque minuti.
Attraverso il lungo corridoio bianco, tappezzato da strani quadri astratti e tutti colorati, arrivando infine a mensa. Sembra quella della scuola, con la sola differenza che qui non mi nascondo. Non ho paura che gli altri mi indichino e mormorino di me. Siamo tutti uguali in questa stanza, chi con problemi più gravi e chi di meno. Le persone che ci aiutano sono sempre sorridenti, mattino, pomeriggio e sera, e credo che il sorriso sia la cosa più importante, soprattutto qui.
Prendo posto ad un tavolo ancora vuoto, quello accanto alla finestra che da sul giardino. Mi piace guardare fuori e perdermi nel verde.
Dopo pochi secondi una signora mi si avvicina e mi mette davanti un vassoio con verdura di tutti i tipi ed un’omelette dall’aspetto invitante.
Mi viene naturale storcere il naso a quell’ultima pietanza che non mi aspettavo affatto.
«Devi mangiare tutto Joanne, almeno metà della frittata.» dice la donna guardandomi con sguardo ammonitore. Gonfio le guance e butto fuori l’aria.
«Va bene.» mi limito solo a quello, afferrando la forchetta rigorosamente di plastica. Inforco un po’ d’insalata e inizio a mangiare lentamente, osservando gli altri parlottare, altri starsene per i fatti loro con le espressioni corrucciate e chi invece non ho mai visto prima d’ora.
Uno in particolare. E’ un ragazzo sulla ventina, non di più. Si guarda attorno spaesato e ha lo sguardo smarrito, spento. E’ a pochi metri di distanza da me ed il suo vassoio è ancora stracolmo. Jerry, uno dei tanti angeli della Marilyn, gli si avvicina e gli dice qualcosa, indicando poi la sua porzione di cibo. Il ragazzo annuisce, non molto convinto e  poi afferra anche lui le sue posate.
Improvvisamente Giselle spunta dietro le mie spalle e con la sua voce squillante mi fa sobbalzare.
«Cosa aspetti a mangiare? Guarda che si fredda ed io non te la riscaldo!» mi rimprovera, puntellandosi i pugni sui fianchi. Ridacchio e riprendo a mangiare. Non mi ero accorta, tanto ero presa da quella scena, che avevo quasi dimenticato il mio piatto.
In cinque minuti, e con mio grande stupore, ho finito il pranzo, inghiottendo anche tutta la frittata.
Non mi sento piena a tal punto da scoppiare e sono a posto con me stessa per la prima volta da tanto tempo.
Decido di uscire fuori sul prato, magari leggerò il libro che la cuoca mi ha prestato giorni fa e che ancora non ho avuto modo di cominciare. Con il cardigan di lana che ho addosso si sta bene all’aria aperta, ed il sole caldo mi riscalda in profondità.


Sono ormai al quarto capitolo, quando ad un tratto sento qualcuno sedersi accanto a me e poggiarsi contro il mio stesso albero. Chiudo il libro, segnando la pagina con una piccola orecchietta, poi lo guardo. Si tiene i capelli scuri in una mano, tirandoli leggermente. Ha gli occhi chiusi, serrati, la mascella contratta.
«Tutto okay?» azzardo, continuando a guardarlo. Ha davvero l'aria di chi nella vita ne ha passate di cotte e di crude.
«Ti sembra tutto okay?» controbatte lui, quasi rudemente. Mi tiro indietro, stringendo il libro al petto. «Scusa, non volevo essere scortese.» dice subito, aprendo finalmente gli occhi e dandomi l’occasione di potermici perdere completamente.
«Nessun problema.» distolgo lo sguardo, abbassandolo sulle mie gambe distese sull’erba. L’occhio mi cade istintivamente sulle sue mani, tanto da poter vedere le bende circondargli i polsi. Rabbrividisco. Quelle ferite sembrano essere ancora fresche, e quella visione mi riporta alla mente tutti i miei tagli, ormai cicatrizzati. Li ricordo uno ad uno.
«Mi chiamo Harry comunque.» dice poi allungandomi la mano destra.
L’afferro con la mia tremolante e mi maledico mentalmente.
«Joanne, molto piacere.» La Marilyn non è una clinica privata per sole donne o uomini, ma accoglie tutti, con lo scopo di aiutarli distintamente dal sesso.
«Da quanto sei qui?» inizia, fissandomi insistentemente.
«Venticinque giorni. Tu sei nuovo?» inizio a guardarmi le mani, scaricando tutta quell’ansia sulle mie povere pellicine.
«Sono arrivato una settimana fa, ma è la prima volta che pranzo in mensa.» sorride leggermente, un sorriso evidentemente forzato.
«Capisco.» Si sfila la camicia a quadri e le sue braccia tatuate attirano immediatamente la mia attenzione.
«Sono tanti, lo so.» ridacchia, alzando un po’ le braccia.
«Belli. –affermo, fissandoli estasiata- Io ero sempre frenata dal farne uno per colpa dei miei genitori.» faccio spallucce, spostando il libro accanto a me. «Appena uscirò so già cosa fare.»
«Posso accompagnarti da uno davvero bravo. Sempre se ti va di aspettare anche me.» Ride ed il suono della sua risata contagia anche me.
«Certo.» Mi sposto un ciuffo di capelli dietro l’orecchio e noto che il sole inizia a calare ed un leggero venticello autunnale smuove le foglie degli alberi.
«Ora vado, si staranno chiedendo che fine abbia fatto.» si alza e raccoglie la camicia dal prato, stringendola in una mano. «Sono ancora sotto sorveglianza.» mi rivolge un ultimo sorriso e poi con un breve saluto si allontana.
Resto qui, sotto quest’albero ancora per un po’, sorridendo rilassata e con la testa libera da ogni pensiero opprimente, non consapevole del fatto che questa sarebbe stata la prima ed ultima volta in cui avrei visto Harry alla Marilyn Priory.
 

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Hellou girls.
Questo piccolo sgorbietto è ispirato alla fanfic Mala Sagre che molto probabilmente tutte voi leggete hahaha uu
Avrei voluto scriverlo diversamente, ma poi ho capito che per quello che avevo in mente dovevo trasformarlo in una vera e propria FF e sapete che attualmente non posso permettermelo. 
Che dire, spero vi sia piaciuta e ringrazio Lilac per avermi dato il permesso uu (anche se non me lo davi la scrivevo lo stesso, prr.)
Recensite e recensite! ^^
See ya soon,
        Iriis


 
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It's AMAZING! <3
  
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